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L’interleuchina 1 (IL-1) è una citochina secreta da vari tipi di cellule del sistema immunitario tra cui
macrofagi, monociti e cellule dendritiche, ma anche da fibroblasti e cellule endoteliali. Questa proteina
viene prodotta tra l'altro in risposta a infezioni batteriche (la sua produzione viene stimolata soprattutto
dall' LPS, una endotossina dei batteri Gram negativi), alla presenza di TNF e dall'interazione delle
cellule produttrici con linfociti T - CD4 positivi [Dinarello. 1996].
L’IL-1 ha molteplici effetti a livello sia locale che generale nell'organismo, tra cui quello di favorire
processi infiammatori in risposta ad infezioni batteriche quali vasodilatazione, crampi e febbre. Inoltre
stimola la produzione di prostaglandine da parte di vari tipi di cellule (muscolari, epiteliali, ecc), la
produzione di altre citochine quali IL-2 e l'attivazione e il reclutamento di altre cellule del sistema
immunitario [Dinarello. 1996].
Queste attività sono caratteristiche di questa molecola che ha un ruolo fondamentale nella fase di
attivazione della risposta infiammatoria acuta: infatti stimolando la vasodilatazione dei vasi sanguigni
(per mezzo delle prostaglandine), favorisce la migrazione di cellule immunitarie quali macrofagi e
linfociti verso il sito di infezione. Inoltre aumenta l'espressione di molecole di adesione nelle cellule
dell'endotelio dei vasi sanguigni, favorendo l'ancoraggio dei leucociti alle pareti dei vasi stessi e la loro
migrazione verso i tessuti. Un'altra capacità di questa citochina è quella di contribuire ad attivare
linfociti T helper e alla maturazione e all'espansione clonale (moltiplicazione di linfociti B in grado di
riconoscere lo stesso antigene) dei linfociti B. In caso di infezione sistemica, l'IL-1 agisce in maniera
simile al TNF-alfa, stimolando la produzione nel fegato delle cosiddette proteine di fase acuta
[Dinarello. 1996].
Oltre a stimolare processi infiammatori, l'IL-1 è in grado direttamente e autonomamente di stimolare la
febbre anche in assenza di altri stimoli (antigeni batterici), ed è per questo conosciuto come un
pirogeno endogeno. Questa citochina si lega a recettori presenti nelle cellule endoteliali dell'ipotalamo
e sembra essere in grado di "resettare" il suo centro termoregolatore facendo aumentare la temperatura
del corpo provocando febbre. In queste condizioni la replicazione batterica e virale diminuisce mentre
la risposta immune diviene più efficiente.
Esistono due forme biologiche ( e ) dell’IL-1; sebbene tra le loro strutture proteiche l’omologia di
sequenza sia scarsa (solo 26%) e siano prodotte da geni distinti, mantengono una regione minima di
omologia [Arend et al., 1990] che viene riconosciuta dal recettore per l’IL-1. Entrambe le isoforme,
infatti, possono svolgere gli stessi ruoli biologici e sono sintetizzate a partire da precursori (33 kDa)
che in seguito a processamento originano le forme attive (circa 17 kDa).
Si pensa che l’isoforma venga prevalentemente destinata al legame sulla membrana plasmatica,
mediando così gli effetti autocrini e paracrini dell’IL-1. Si ritiene invece che l’IL-1 sia secreta, e che
potendo entrare in circolo, sia la causa degli effetti sistemici della citochina [Dinarello. 1996].
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1.1.1. Effetti dell’IL-1
Il legame dell’IL-1 con le cellule che esprimono il recettore è capace di indurre la sintesi di
altre citochine, come l’interleuchina-6, gli interferoni o le chemochine. A seconda del tipo di
cellula bersaglio, avremo effetti diversi, ma tutti concorrenti ad attivare l’infiammazione.
Grazie all’IL-1 vengono prodotte sostanze che stimolano le cellule immunocompetenti a
proliferare e differenziarsi. Inoltre a livello vascolare l’IL-1 provoca vasodilatazione e aumento
dell’adesività dell’endotelio ai leucociti, e allo stesso tempo dà il via a meccanismi di
riparazione e crescita cellulare (di cellule muscolari lisce e fibroblasti) [Arend et al., 1990]. A
livello sistemico l’IL-1 provoca febbre, sintesi di proteine della fase acuta, neutrofilia e
linfopenia, aumento dell’adesività dei leucociti alle pareti dei vasi.
In conclusione, l’IL-1 segnala all’organismo l’insorgenza di malattie, e quest’ultimo mette in
atto delle misure difensive a livello cellulare e sistemico con lo scopo ultimo di eliminare la
malattia.
1.1.2. Regolazione dell’IL-1
La sensibilità delle cellule alla stimolazione da parte dell’IL-1 è molto alta: se una cellula
presenta sulla sua superficie cinque recettori per questa citochina, si riesce a ottenere una
risposta biologica completa anche con soltanto tre di questi recettori occupati dall’agonista
[Arend et al., 1990]. Ne consegue che la modulazione dell’attività biologica dell’IL-1 è di
fondamentale importanza per regolarne gli effetti pro-infiammatori e di riparazione tissutale.
Il nostro organismo ha messo in atto vari meccanismi per regolare il pathway dell’IL-1:
-Down-regolazione del recettore da parte della stessa IL-1;
-Esistenza di un decoy receptor;
-Possibilità di secernere il recettore in forma solubile;
-Sintesi endogena di un antagonista recettoriale dell’IL-1.
Se questa stretta regolazione venisse a mancare si avrebbe un’iperproduzione dell’IL-1, che si
tradurrebbe infine in disturbi tipici delle malattie infiammatorie croniche [Arend. 2000].
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1.1.3. IL-1 nel miocardio ischemico
L’esatto meccanismo con cui si esplica il rimodellamento cardiaco non è chiaro, ma è stato
proposto che un ruolo importante sia svolto dalle citochine, in particolare TNF e IL-1. Queste
molecole pro-infiammatorie non sono espresse costitutivamente nel miocardio, ma la loro
espressione può essere indotta rapidamente e consistentemente in risposta a vari tipi di insulto
[Kapadia et al., 1995] in tutti i tipi cellulari del cuore, inclusi i cardiomiociti stessi.
Un’espressione a breve termine dell’IL-1 ha effetti benefici: l’IL-1β induce NF-κB, il quale
attiva la trascrizione di geni protettivi per il cardiomiocita, come MnSOD, Bcl2, c-IAP1
[Kapadia et al., 1997].
Al contrario, le evidenze sperimentali hanno dimostrato che un’espressione continuativa di IL-1
determina una diminuzione della contrattilità miocardica in vitro nonché un calo del
cronotropismo in cardiomiociti isolati di ratti [Wakatsuki et al ., 2004].
Inoltre si è osservato che l’IL-1 induce la trascrizione di geni per la sintesi di proteine della
matrice extracellulare (ECM) nei fibroblasti e per il rimaneggiamento della ECM neoformata
(come le metalloproteinasi e le gelatinasi); si rende quindi responsabile della formazione di una
cicatrice in un infarto. Inoltre si è osservato che l’IL-1 induce l’ipertrofia dei cardiomiociti in
vivo, l’IL-1 è quindi capace di mediare tutte le trasformazioni tissutali che avvengono nel
rimodellamento cardiaco. Infine, è stato dimostrato che l’iperproduzione di citochine
infiammatorie nel miocardio è capace di attivare l’apoptosi delle cellule [Wakatsuki et al .,
2004].
1.2. Recettore dell’interleuchina-1
I recettori per l’IL-1 (IL-1R) appartengono alla superfamiglia delle immunoglobuline e contengono tre
domini Ig-like nella loro porzione extracellulare [Whisenand et al., 1995]. Ne esistono due tipi: l’IL-
1RI, capace di trasmettere un segnale all’interno della cellula bersaglio e un decoy receptor, IL-1RII,
che non genera risposte intracellulari.
In un secondo tempo è stata scoperta la proteina accessoria del recettore dell’IL-1 (IL-1R AcP).
Anch’essa appartiene alla superfamiglia delle Ig e rappresenta la seconda subunità del complesso
recettoriale [Greenfeder et al., 1995]. Quando l’Il-1 lega la subunità principale del recettore di tipo I, vi
provoca un cambiamento conformazionale che permette l’interazione con la subunità accessoria;
entrambi i domini citoplasmatici delle due subunità del complesso recettoriale sono indispensabili per
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la trasduzione intracellulare del segnale, come dimostrato dall’assenza di risposta all’IL-1 in cellule
che non esprimono IL-1R AcP [Arend et al., 1998].
Il pathway attivato dal legame dell’IL-1 sul recettore consiste nell’attivazione di una cascata di chinasi
che porta alla fosforilazione e conseguente inattivazione di IB; avviene quindi la traslocazione nel
nucleo del fattore di trascrizione (TF) NF-B. Questo è un tipico TF per geni della risposta
immunitaria [Arend. et al., 1998].
La porzione extracellulare del recettore può essere processata proteoliticamente e liberata
nell’ambiente extracellulare (IL-1sRI e IL-1sRII). Queste forme solubili del recettore si trovano anche
a livello sistemico. Tra i due, il recettore che lega più avidamente IL-1 è quello di tipo II [Arend et
al., 2000]. Esso sequestra l’IL-1 presente nel plasma e negli interstizi, per cui è un regolatore negativo
in vivo dell’attività proinfiammatoria dell’IL-1.
1.3. Scoperta dell’IL-1ra
Già negli anni 1983/1984, prima del clonaggio dell’IL-1, si sospettava l’esistenza di un potenziale
inibitore dell’IL-1. Infatti, mentre si cercava di isolare grandi quantità di IL-1 usando il saggio
biologico della stimolazione di collagenasi e prostaglandina nelle cellule della sinovia, l’attenzione si
rivolse anche a patologie associate alla presenza di grandi quantità di monociti - cioè alla leucemia
monocitaria o a malattie associate a temperatura elevata o a patologie croniche debilitanti quali l’AR e
l’artrite reumatoide giovanile. Con sorpresa non si rilevava attività biologica dell’IL-1 nel siero o
nell’urina di pazienti gravemente affetti delle citate patologie. Si consideri che la ricerca dell’IL-1
poteva avvalersi solo di un saggio biologico, poiché a quel tempo non si disponeva di saggi
immunologici Questo indusse a ipotizzare che la presenza di IL-1 potesse essere mascherata da
molecole inibitorie. La purificazione chimica condusse all’isolamento di un fattore di circa 17 kDa
dall’urina di pazienti con leucemia monocitaria. Questo fattore bloccava specificamente le attività
biologiche dell’IL-1, senza influire su quelle del TNF. Si trattava della prima identificazione
dell’antagonista endogeno del recettore dell’IL-1. Nel 1985 W. Arend rilevò la presenza di un inibitore
della risposta di condrociti e timociti all’IL-1 in colture di monociti umani; il meccanismo d’azione
dell’inibitore, tuttavia, non era noto. Nel 1987 si identificò attraverso esperimenti di legame
recettoriale, il meccanismo d’azione che giustificava la denominazione “antagonista del recettore” (IL-
1ra): IL-1ra naturale purificato interferiva con il legame di IL-1 ai linfociti. Lo stesso anno si fece la
prima osservazione clinica della variazione dei livelli di IL-1ra in varie patologie: in pazienti con
artrite reumatoide giovanile, elevati livelli di IL-1ra erano associati alla fase a febbrile e bassi livelli
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alla fase febbrile della malattia. In seguito all’osservazione che l’IL-1ra naturale bloccava il legame di
IL-1 alle cellule, l’IL-1ra fu clonato presso Synergen nel 1990 [Dayer et al., 2004].
1.4. Gene dell’IL-1ra
Il gene dell’IL-1ra (IL1RN) mappa all’interno del braccio lungo del cromosoma 2, tra le bande 14 e
21. È interessante notare che questo gene è situato a poche kb dai geni per le due isoforme di IL-1,
nonché nello stesso braccio del cromosoma dove si trovano i geni per IL-1R [Arend et al., 1998].
1.4.1. Polimorfismi del gene e malattie associate:
Nel secondo introne di IL1RN è presente un polimorfismo dovuto a un diverso numero di
ripetizioni possibili di una sequenza di 86 bp che genera cinque alleli. L’allele A1 (IL1RN*1)
con 4 ripetizioni in tandem di questa sequenza è il più comune ed è presente nel 73% della
popolazione. L’allele A2 (IL1RN*2)con due ripetizioni in tandem di questa sequenza è
presente nella popolazione per il 21% ed è stato associato con una serie di malattie umane, tra
le quali psoriasi e LES [Arend et al., 1998], disturbi tipicamente dovuti a disordini
dell’infiammazione e di origine epiteliale. Non si può escludere tuttavia che l’associazione tra
IL1RN e la malattia sia dovuto a linkage col locus malattia.
1.5. Isoforme dell’IL-1ra
Inizialmente fu identificata un’isoforma secreta della proteina (sIL-1ra) da 17 kDa, che veniva prodotta
con diversi gradi di glicosilazione (22-25 kDa) per lo più da monociti, macrofagi, neutrofili, epatociti,
cellule della microglia [Arend et al., 1991].
Successivamente fu descritta una seconda isoforma, non secreta bensì intracellulare (icIL-1ra1) da 18
kDa, generata per splicing alternativo su un sito accettore di splicing interno al primo esone,
localizzato vicino al 3’ della sequenza codificante per il peptide segnale della sIL-1Ra.[Arend et al.,
1993].
Poiché la forma intracellulare manca di questa sequenza di indirizzamento al RE, essa rimane nel
citoplasma delle cellule e non viene glicosilata. Questa isoforma è stata individuata prevalentemente in
cheratinociti e altre cellule epiteliali, e in misura minore in monociti e macrofagi.
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Recentemente sono state caratterizzate altre due isoforme intracellulari da 25 e 16 kDa [Arend, 2000].
Della prima (icIL-1ra2) si è potuto finora analizzare soltanto la proteina ricombinante clonata a partire
da cDNA ottenuto da neutrofili, infatti la proteina non è tuttora stata rinvenuta in alcun tipo di cellule
in vivo. Il cDNA di quest’isoforma presenta una sequenza da 63 bp inserita tra il primo e secondo
esone di icIL-1ra1.
L’isoforma da 16kDa (icIL-1ra3) è una variante di splicing dell’isoforma intracitoplasmatica 2 (icIL-
1ra2). È stata rinvenuta prevalentemente in epatociti e neutrofili.
Per quanto riguarda le caratteristiche di legame al recettore, le varie isoforme ricombinanti sono state
poste in soluzione con IL-1R. Da questi esperimenti si evince che la prima isoforma intracellulare e
quella solubile hanno pari affinità per il recettore, laddove icIL-1ra3 lega cinque volte meno
avidamente [Arend et al., 2000].
L’esistenza di vari tipi di IL-1Ra suggerisce che questa citochina interpreti un ruolo piuttosto
importante nella fisiologia dell’organismo.
1.6. Funzioni biologiche dell’IL-1ra
IL-1ra è un inibitore naturale del recettore della IL-1 o più precisamente un antagonista, prodotto
principalmente da leucociti sia costituzionalmente sia in corso di attivazione flogistica. Il gene che
codifica per il IL-1ra viene prima trascritto in una singola catena di pre-mRNA, che successivamente,
può essere riarrangiata in più forme. Tali forme possono essere tradotte con o senza un peptide di
secrezione (leader peptide). La forma di IL-1ra priva del leader peptide, rimane all’interno della cellula
e viene indicata come IL-1ra intracellulare. Al contrario, la forma associata al leader peptide
rappresenta la forma di IL-1ra extracellulare. Comunque, tutte e due le forme di IL-1ra (intra ed
extracellulare), rappresentano inibitori funzionali della IL-1, infatti pur legandone il recettore (IL-1RI),
non determinano la trasduzione del segnale che normalmente avviene quando l’IL-1 si lega al recettore
di membrana (IL-1RI).
1.6.1. sIL-1ra
La produzione di IL-1ra può essere indotta in vitro previa stimolazione delle cellule con varie
sostanze implicate nel processo di flogosi: altre citochine (IL-4, IL-10), IgG aderenti,
componenti batteriche (LPS) o virali; ciò indica che l’IL-1ra potrebbe essere prontamente
espressa in vivo in numerose malattie infiammatorie croniche nonché in malattie infettive.
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Studi clinici hanno rilevato alti livelli di IL-1ra in sangue periferico di pazienti con sepsi,
malattie reumatiche croniche e post-operati [Arend et al., 2000].
Studi su topi knock-out per il gene IL1RN hanno rivelato un fenotipo normale (a parte per le
minori dimensioni degli animali mutati). Iniezioni intraperitoneali di LPS risultano però più
letali nei topi mutati che nei wilde type; ciò dimostra che IL-1ra ha un effetto benefico nello
shock settico in modelli animali. Inoltre, si è visto che i knock-out sviluppano infiammazione
cronica della parete delle arterie. Infine, modelli animali di malattie infiammatorie croniche
sono stati trattati con Ab neutralizzanti l’IL-1ra; questi studi hanno dimostrato che la
produzione endogena di IL-1ra è importante nel controbilanciare l’infiammazione e il danno
tissutale dovuti a un eccesso nella produzione di IL-1 [Arend et al., 2000].
Pertanto, i numerosi studi effettuati sull’isoforma secreta dell’IL-1ra indicano che la sua
principale funzione è la regolazione negativa degli effetti proinfiammatori dell’IL-1. Infatti, la
forma secreta dell’IL-1ra lega IL-1RI, ma inibisce la sua associazione con IL-1R AcP,
bloccando in vivo l’azione dell’IL-1. È questo il motivo per cui IL-1ra è considerata una
citochina antiinfiammatoria.
L’isoforma secreta può inoltre interagire con la forma solubile del recettore per l’IL-1, la quale
svolge un ruolo antiinfiammatorio. L’IL-1sR di tipo II ha maggiore affinità per IL-1 piuttosto
che per sIL-1ra [Arend et al., 1998], per cui il recettore solubile sequestra l’IL-1 e mantiene le
sue proprietà antiinfiammatorie. Al contrario, l’IL-1sRI ha maggiore affinità per l’IL-1ra. Ciò
implica che l’IL-1 circolante non sarà captata dal recettore solubile e potrà trasmettere alla
cellula bersaglio il suo segnale proinfiammatorio. Al contempo, sIL-1ra sarà sequestrato da IL-
1sRI, e ne sarà così neutralizzata l’azione antiinfiammatoria.
1.6.2 icIL-1ra
Gli studi sugli effetti biologici delle isoforme intracellulari sono poco approfonditi. Le isoforme
intracellulari 1 e 2 legano IL-1RI con un’affinità paragonabile a sIL-1ra. Inoltre, studi su
cheratinociti hanno dimostrato che queste cellule sono in grado di rilasciare nell’ambiente
esterno piccole quantità di icIL-1ra1 [Clay et al., 1994].
Sarebbe lecito sostenere che le isoforme intracellulari esistano al solo scopo di svolgere la
medesima funzione dell’isoforma secreta, dal momento che quando una cellula muore il suo
contenuto viene rilasciato nell’ambiente extracellulare. L’evoluzione ha però conservato ben tre
forme diverse dell’icIL-1ra, tra le quali una – l’isoforma 3 – lega con scarsa affinità l’IL-1RI;
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questo ci induce a pensare che esplichino il loro ruolo principale nel citoplasma delle cellule in
cui sono prodotte [Arend et al., 2000].
Difatti è stato riscontrato che l’icIL-1ra1 riesce a bloccare l’espressione di geni indotta dall’IL-
1 direttamente dall’interno della cellula. Attualmente non sono stati chiariti i meccanismi con
cui l’icIL-1ra1 inibisce l’azione dell’IL-1, ma si pensa che essa possa influenzare la stabilità o
la degradazione degli mRNA indotti; recentemente è stato proposto da Arend et al. un modello
secondo cui l’icIL-1ra1 inibisce la fosforilazione di alcune proteine intracellulari coinvolte
nella trasmissione del segnale dato dall’IL-1.
Comunque è opinione diffusa che almeno le isoforme intracellulari 2 e 3 dell’IL-1ra svolgano
compiti aggiuntivi all’interno delle cellule [Arend et al., 2000].
1.7. IL-1ra nel cuore
L’IL-1 media l’infiammazione acuta nel cuore in seguito a un danno da ischemia-riperfusione (I/R).
Questo processo flogistico porta alla morte dei cardiomiociti per necrosi o apoptosi.
Suzuki et al. trasfettarono dei cuori di ratto con vettori d’espressione contenenti il gene IL-1RN;
crearono così dei modelli animali in cui era iperespresso l’IL-1ra. In questi ratti fu poi simulato un
infarto mediante occlusione temporanea (30 minuti) di un’arteria coronarica e successiva riperfusione
di 24 ore. Il gruppo di Suzuki trovò che la zona dell’infarto era sensibilmente ridimensionata nei cuori
trasfettati rispetto ai cuori wilde type di controllo; con l’iperespressione dell’IL-1ra diminuiva inoltre
l’infiltrato infiammatorio nella zona ischemica; infine, l’apoptosi dei cardiomiociti nei cuori trasfettati
era ridotta rispetto al controllo [Suzuki et al., 2001].
IL-1ra quindi potrebbe proteggere il tessuto cardiaco agendo in due modi distinti. Primo attenuando la
risposta flogistica in vivo competendo con l’IL-1 e per il legame con l’IL-1RI secondo inibendo
l’apoptosi dei cardiomiociti (meccanismo non noto).
1.8. Forma commerciale dell’IL-1ra “Anakinra”
L’IL-1ra ricombinante è stata immessa sul mercato con il nome commerciale Kineret (Anakinra), ed
è stata sviluppata dalla ditta Amgen (Thousand Oaks, CA); è prodotta in E. Coli ed è analoga
all’isoforma secreta dell’IL-1ra, ad eccezione dell'aggiunta di un solo residuo di metionina in posizione
ammino-terminale, ma non è glicosilata.
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Kineret® (anakinra) viene ben assorbito in seguito a iniezione sottocutanea. La biodisponibilità
assoluta del farmaco, in seguito all'iniezione sottocutanea di 70 mg in bolo in soggetti sani è pari al
95%. L'emivita varia da 4 a 6 ore. Kineret® (anakinra) è indicato per il trattamento dei segni e dei
sintomi dell'AR (Artrite Reumatoide)in associazione con metotrexato (MTX), nei pazienti con risposta
inadeguata al solo MTX. Il trattamento con anakinra e metotrexato in associazione dimostra una
riduzione statisticamente e clinicamente significativa dei segni e dei sintomi dell'AR in pazienti che
hanno mostrato una risposta inadeguata al solo MTX. Inoltre, dopo 24 settimane di trattamento con
Kineret® (anakinra) in queste popolazioni di pazienti, sono stati osservati significativi miglioramenti
del numero di articolazioni dolenti, dei livelli di mediatori della fase acuta e dei componenti di
valutazione globale.
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2. MIOCARDIO ISCHEMICO
Il cuore è capace di adattare la capacità contrattile (essenzialmente cronotropismo e inotropismo) in
funzione di variazioni nelle richieste metaboliche dell’organismo. Se l’aumento delle richieste è
temporaneo, il cuore mette in atto una serie di meccanismi transienti come la legge di Frank-Starling o
la stimolazione del ritmo cardiaco mediante rilascio di catecolamine. Se invece l’aumento delle richieste
è ripetitivo o cronico, il cuore va incontro ad una serie di modifiche che si definiscono
complessivamente con il termine “rimodellamento cardiaco” [Wakatsuki et al., 2004].
2.1. Rimodellamento cardiaco
Il rimodellamento può essere provocato da svariate condizioni: negli adulti le cause più comuni
derivano da cardiopatie ischemiche, dovute all’ostruzione delle arterie coronariche (in genere a causa
della malattia aterosclerotica). Fra le cause non ischemiche, le più frequenti sono l'affaticamento del
cuore dovuto a ipertensione arteriosa sistemica o polmonare, aritmie, cardiopatie congenite,
cardiomiopatie dilatative, valvulopatie (insufficienza o stenosi valvolare), miocarditi, uso di farmaci,
stimoli sociali (abuso di alcol o droghe) [Swedberg K et al., 2005]. L’organismo tenta di sopperire
all’insufficiente portata cardiaca mettendo in atto vari processi di adattamento. L'evento centrale del
rimodellamento è l'ipertrofia dei cardiomiociti: il cuore è capace di implementare il numero di
sarcomeri per cellula, aumentando così la massa miocardica contrattile [Braunwald et al., 2000].
2.1.1. Stress meccanico
L' ipertrofia miocardica nel rimodellamento è data dallo stress meccanico: il sovraccarico
emodinamico (pressorio e volumetrico) del cuore provoca lo stiramento delle cellule e induce il
loro accrescimento, la massa muscolare cardiaca incrementa, e di pari passo aumenta anche la
forza esercitata dal cuore [Sadoshima et al., 1997].
2.1.2. Stress biochimico
Viene inoltre avviata una serie di attività neuroendocrine che comportano [Hammond et al.,
1984]:
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- l’aumento della secrezione di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) che svolgono una
diretta stimolazione cronotropo- e inotropo-positiva sulle cellule del cuore, tentando così di
aumentarne la contrattilità e quindi l'efficienza;
- lo stiramento delle cellule dovuto al sovraccarico pressorio promuove la sintesi di
angiotensina II da parte dei cardiomiociti stessi [Kajstura et al., 2001];
- produzione di endotelina;
- la produzione di fattori di crescita (GH/STH) per i cardiomiociti;
- sintesi di ossido nitrico (NO), che provoca vasodilatazione periferica e quindi diminuzione
del pre-carico [Bolli et al.,1997];
- rilascio di istamina, che lega i recettori H1 nel cuore provocando tachicardia;
- la produzione locale di citochine infiammatorie come TNF e IL-1 [Kapadia et al., 1995].
Tutti questi mediatori dello stress biochimico tentano di risolvere l’insufficiente irrorazione
degli organi, ma allo stesso tempo la stimolazione costante con questi mediatori biochimici
contribuisce alla progressione dell’insufficienza cardiaca.
Inoltre, alcuni tra questi mediatori dello stress biochimico stimolano direttamente l’ipertrofia
dei cardiomiociti, come è stato ampiamente documentato nel caso dell’angiotensina II
[Wakatsuki et al., 2004] o dell’IL-1. Nel contempo, è stato osservato che a lungo andare questi
fattori protettivi possono avere effetti tossici e provocare l’apoptosi dei cardiomiociti
[Wakatsuki et al., 2004].
In ultima analisi, il rimodellamento cardiaco provoca l’apoptosi dei cardiomiociti con dei meccanismi
non noti indotti dallo stress biochimico. Inoltre, lo stesso aumento delle richieste metaboliche fa sì che
i cardiomiociti subiscano un maggiore stress ossidativo, il quale può portare a danno mitocondriale e
innesco della via intrinseca dell’apoptosi. La morte programmata dei cardiomiociti non comporta
perdita di funzione del tessuto poiché non interviene la fibrosi, ma è un processo comunque dannoso
per il miocardio, in quanto può indurre assottigliamento della parete ventricolare e dilatazione delle
camere. Queste modificazioni anatomiche provocano una sempre maggiore riduzione della forza di
contrazione sviluppata dal cuore [Codd et al., 1989].
A lungo andare, il volume telediastolico cardiaco del ventricolo sinistro raggiunge valori elevati, cui il
rimodellamento non è in grado di far fronte; inoltre, l’apoptosi dei cardiomiociti contribuisce alla
progressiva perdita di funzione del cuore. A questo punto sopraggiungono episodi acuti di
insufficienza cardiaca, in cui il cuore non è capace di pompare sangue in misura sufficiente a
soddisfare le esigenze dell’organismo e di destinare agli organi vitali il giusto apporto di ossigeno
[Searle et al., 1982].