PREMESSA  
 
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Le modalità d’uso del territorio e delle risorse naturali sottoposte alla pressione 
antropica e allo sviluppo economico delle comunità umane rappresentano l’elemento 
cardine attorno a cui ruotano tutti i grandi problemi ambientali che stanno assumendo 
carattere di “globalità” e che rappresentano, nelle società attuali e nel contesto 
sovranazionale, i fattori critici dello sviluppo sostenibile.  
Tra questi grandi problemi ambientali assumono rilevanza straordinaria i cambiamenti 
climatici, la biodiversità, la desertificazione. 
Questi problemi non sono fra loro separati, ma strettamente interconnessi in quanto 
aspetti dello stesso problema di fondo: lo sviluppo socio-economico di tutti i popoli 
della terra compatibile con le capacità ricettive dell’ambiente globale del nostro pianeta, 
cioè il problema dello sviluppo sostenibile. 
L’interconnessione tra clima, biodiversità, desertificazione ed altri problemi a 
carattere globale (le alterazioni nella composizione qualitativa e quantitativa 
dell’atmosfera, i cambiamenti nell’uso del suolo, le invasione biologiche) non è solo 
evidente perché le conseguenze di un problema diventano cause di altri problemi, ma è 
evidente anche dal fatto che le varie problematiche a carattere globale sono fra lo legate 
e collegate direttamente dai grandi cicli che esistono in natura, come il ciclo dell’acqua 
e del carbonio, ma anche indirettamente attraverso processi o fenomeni a grande scala 
quali l’inquinamento transfrontaliero, la riduzione dell’ozono stratosferico, le correnti 
oceaniche e relative anomalie termodinamiche (fenomeno di “El Nino”).  
Un sistema di questo genere, in cui esistono sia processi di causa-effetto sia processi di 
retroazione (o feed-back) tra effetti e cause che li hanno prodotti, viene definito 
“sistema complesso”. 
E il sistema ambientale globale è un sistema complesso le cui componenti principali 
atmosfera, oceano, biosfera e geosfera sono strettamente interdipendenti ed 
interagiscono fra loro scambiandosi flussi di calore, flussi energetici e flussi di materia 
attraverso cicli fondamentali che esistono in natura, come appunto i già citati cicli 
dell’acqua e del carbonio. 
L’equilibrio complessivo di questo sistema che fino a non molto tempo fa è stato 
di tipo “omeostatico” cioè oscillante in modo reversibile entro i limiti delle capacità 
ricettive naturali del sistema, sta subendo, a causa delle attività umane, un cambiamento 
PREMESSA  
 
2
che potrebbe portare a conseguenze imprevedibili e, comunque, al di fuori dei naturali 
meccanismi omeostatici (United Nations Framework Convention on Climate Change). 
L’emissione in atmosfera di anidride carbonica e di altri gas ad effetto serra 
provenienti dalle attività umane e dal crescente uso di combustibili fossili, oltre che 
dalla deforestazione, dalle trasformazioni territoriali e dal crescente uso delle risorse 
naturali, stanno lentamente modificando il clima globale e tali modifiche appaiono 
ormai non più trascurabili. 
Poiché i cambiamenti climatici produrranno una intensificazione del ciclo globale 
dell’acqua, le conseguenze sulle risorse idriche potrebbero essere anche rilevanti. 
Variazioni della quantità totale, frequenza ed intensità delle precipitazioni influiranno 
direttamente sull’entità e sui tempi di deflusso delle acque pluviali, nonché 
sull’intensificazione dei fenomeni di siccità. 
Al centro di queste modificazioni si trovano molto spesso le foreste. 
Gli ecosistemi forestali, che attualmente occupano circa un quarto della superficie 
terrestre (3.4 Gha.: FAO, 1993) e rappresentano una componente fondamentale del 
sistema climatico globale, per la loro posizione di collegamento tra atmosfera e biosfera 
rispondono ai cambiamenti ambientali in modo complesso e spesso di difficile 
interpretazione in quanto le modificazioni agiscono e interagiscono ai diversi livelli 
ecosistemici. 
La valutazione dell’impatto della siccità sulle foreste acquista interesse ed 
importanza in relazione alla previsione del cambiamento climatico. 
In parallelo ad un riscaldamento globale indotto dalle attività umane, la cui entità 
media sarebbe compresa fra 1 e 3.5 °C entro il secolo in corso (IPCC, 1996), per l’area 
mediterranea, in particolare, si prevede nel prossimo cinquantennio la diminuzione del 
rapporto fra precipitazioni ed evapotraspirazione e la riduzione del 15-25 % del 
contenuto idrico del suolo nel periodo estivo. 
Paradossalmente in Italia potrebbe esserci maggiore quantità di acqua nelle zone 
dove attualmente le risorse idriche sono già abbondanti e minore quantità di acqua dove 
attualmente le carenze idriche sono già un grave problema. 
Se la limitazione idrica diventerà severa potranno aver luogo variazioni 
dell’indice di area fogliare, dei tassi di accrescimento e della composizione specifica 
delle comunità forestali. Si potranno anche verificare processi di destabilizzazione degli 
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ecosistemi forestali, soprattutto laddove le foreste crescono in vicinanza del loro limite 
pluviometrico (IPCC, 1996). 
Poiché la velocità con cui il clima tende a cambiare è superiore alla velocità con 
cui le specie forestali crescono, si riproducono e si adattano all’habitat naturale 
esistente, i sistemi forestali potranno subire cambiamenti nella composizione delle 
specie e insediarsi nuovi ecosistemi. 
La previsione è che con l’aumento del rifornimento della CO
2
 alle piante decresce 
il loro rifornimento idrico (Perry, 1992, Borghetti et al., 1997). Una adeguata 
conoscenza e valutazione dei meccanismi di risposta delle piante alla scarsità idrica è un 
prerequisito essenziale per fare previsioni sull’impatto del cambiamento climatico sulle 
foreste mediterranee. 
Nel quadro di questi scenari, è stato condotto un esperimento in una foresta di 
pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.), lungo la fascia jonica, finalizzato allo studio di 
una prolungata manipolazione della disponibilità idrica del suolo con effetti 
sull’accrescimento della pineta medesima. 
 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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Capitolo 1 
I CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE 
MEDITERRANEA 
In anni recenti, gli esseri umani hanno scoperto di essere probabilmente riusciti ad 
ottenere un inatteso e spiacevole risultato: le tecnologie in nostro possesso e il grande 
numero di utenti hanno, infatti, con ogni probabilità iniziato ad alterare il clima del 
pianeta. 
E’ l’autorevole Secondo Rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on 
Climate Change) presentato a Roma nel dicembre 1995 ad affermare, per la prima volta, 
che “il peso dell’evidenza suggerisce una chiara influenza umana sul cambiamento 
climatico globale”. 
Il cambiamento alquanto rapido della composizione dell’atmosfera che si è 
verificato nel secolo appena trascorso e che sta addirittura accelerando negli ultimi anni 
è un esempio di esperimento “non intenzionale”: in particolare si tratta di una 
modificazione che avviene per la prima volta da quando l’umanità abita il pianeta Terra 
e, molto probabilmente, pur nel caso degli sconvolgimenti naturali del passato, non era 
mai accaduto alla velocità con cui si verifica attualmente. 
Infatti con l’inizio dell’era industriale l’uomo ha modificato, ancorché 
involontariamente, la composizione chimica e le proprietà fisiche dell’atmosfera: gas 
come l’anidride carbonica (CO
2
), il metano (CH
4
), l’ossido di azoto (N
2
O) e altri gas 
ancora sono aumentati rispettivamente del 30%, del 45% e del 15% per effetto in gran 
parte delle attività antropiche. Se nel mondo vi sono ancora incertezze e, in alcuni casi, 
scetticismo sulla reale portata dei cambiamenti ambientali o climatici, l’aumento di 
concentrazione di questi gas nell’atmosfera allontana queste incertezze e  dimostra che 
l’uomo sta effettivamente modificando, e pesantemente, l’ambiente in cui vive. 
L’esperimento di cui siamo attori e, al contempo, possibili vittime, riguarda 
appunto i processi innescati da queste alterazioni delle proprietà dell’atmosfera. 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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I climatologi concordano sul fatto che nell’ultimo secolo la temperatura media 
globale sia aumentata di circa mezzo grado centigrado. Dato che la popolazione, le 
attività economiche e l’uso della tecnologia stanno costantemente crescendo, ci si 
attende che la temperatura media globale continui ad aumentare, in misura compresa tra 
1.0 e 3.5 gradi centigradi, entro l’anno 2100 (IPCC, 1996). 
Il rapporto della Commissione internazionale per lo studio dei cambiamenti 
climatici (IPCC, 1995) definisce, in particolare, come “variazione climatica” il risultato 
di modificazioni del clima indotte da cause naturali (aerosols dovute all’attività 
vulcanica), mentre come “cambiamento climatico” l’effetto sul clima prodotto 
dall’attività umana. 
Sulla base degli studi che mostrano come il clima della Terra sia cambiato 
nell’ultimo secolo – con un rialzo della temperatura globale – e anche sulla base di 
sofisticati modelli climatici, sembra ora di poter affermare che il riscaldamento sarà 
associato a sensibili cambiamenti delle condizioni meteorologiche locali. 
Il cambiamento del clima condizionerebbe anche la distribuzione delle piogge e di 
altre precipitazioni: alcune aree ne riceverebbero di più e altre di meno e verrebbero 
alterate in maniera  imprevedibile le zone soggette a siccità e a inondazioni. 
Esistono due metodi principali e complementari per lo studio dei cambiamenti 
climatici. Sono disponibili registrazioni meteorologiche dettagliate per gli ultimi 100 
anni circa, e proprio in questo arco di tempo si è verificato l’incremento globale di 
temperatura di mezzo grado. Esaminando le misure e le registrazioni disponibili, i 
climatologi stanno cominciando a ricavare un quadro di come e dove si siano verificati 
gli estremi meteorologici e climatici. 
Gli scienziati sono particolarmente interessati ai rapporti tra questi estremi e 
l’incremento generalizzato di temperatura. Ed è proprio qui che intervengono altri 
strumenti di ricerca di importanza critica: i modelli climatici globali oceano-atmosfera. 
Questi programmi simulano i principali processi dell’atmosfera e degli oceani, fornendo 
elementi per studiare le connessioni tra le attività umane e i grandi eventi climatici. 
La terra, com’è noto, assorbe la radiazione solare principalmente in superficie. 
Questa energia viene, quindi, distribuita attraverso la circolazione atmosferica e 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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oceanica e irradiata nello spazio a lunghezze d’onda maggiori (4-100 Πm). Alcuni gas 
presenti nell’atmosfera, in particolare il vapore acqueo, l’anidride carbonica, il metano, 
gli ossidi di azoto ed altri di recente immissione, come i clorofluorocarburi, assorbono 
questa radiazione termica e la riemettono in tutte le direzioni provocando il 
riscaldamento dell’atmosfera e della superficie terrestre. Questo fenomeno è noto come 
“effetto serra” ed è fondamentale nel determinare la temperatura superficiale del nostro 
pianeta. 
L’importanza relativa dei gas serra può essere calcolata tenendo conto della loro 
capacità di assorbimento dell’energia termica, della loro concentrazione nell’atmosfera, 
dei tempi di vita medi, delle quantità emesse. 
 Tutti i gas-serra antropogenici (la cui origine, cioè, è da ricondurre all’attività 
umana) hanno di gran lunga il maggior impatto sul bilancio termico globale (inteso 
come differenze tra la quantità di calore assorbita dal pianeta e quella reirradiata nello 
spazio). 
Il secondo effetto antropogenico in ordine d’importanza per il suo impatto sul 
bilancio termico globale è probabilmente quello degli aerosol. Questi sono costituiti da 
minuscole particelle solide, talvolta rivestite da una pellicola liquida, disperse 
nell’atmosfera. Anche gli aerosol sono prodotti dalla combustione, ma provengono pure 
da fondi naturali, in primo luogo i vulcani. Bloccando o riflettendo la luce, le particelle 
tendono a mitigare il riscaldamento a scale sia locale che globale. Contrariamente 
all’anidride carbonica, gli aerosol hanno tempi brevi di permanenza nell’atmosfera e, 
pertanto, sono concentrati nei pressi delle loro fonti (Hansen et al., 1992; IPCC, 1996).
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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1.1    CAMBIAMENTI CLIMATICI : RUOLO DELLA CO
2
 ATMOSFERICA. 
 
La forza guida del clima è l’energia solare. Qualsiasi fattore che altera l’energia 
disponibile per il sistema climatico globale o la sua distribuzione tra atmosfera, terre 
emerse e oceani modifica il clima. 
La variabilità climatica, nello spazio e nel tempo, è il risultato di processi naturali; 
i cambiamenti climatici si intendono quelli derivanti dalle attività umane dell’ultimo 
secolo (WMO, 1984). 
L’incremento dell’effetto serra può essere descritto come una perturbazione 
negativa degli equilibri di scambio energia-calore fra la terra e l’atmosfera. 
Nella condizione di equilibrio, la Terra irradia nello spazio la stessa quantità di 
calore che assorbe dalla radiazione solare, pari a circa 240 Watt/m
2
. 
La modifica di questi equilibri prende il nome di “radiative forcing”: positiva 
quando si registra un aumento di temperatura, negativa nel caso inverso. 
Nella Tab.1.1 sono riportati i valori di concentrazione dei principali gas serra per 
diversi periodi storici ed il loro tasso attuale di incremento (Houghton et al., 1990). 
 
Concentrazione atmosferica CO
2 
CH
4 
CFC-11 CFC-12 N
2
0 
 ppmv ppbv pptv pptv ppbv
Pre-industriale (1750-1800) 280 700 0 0 288 
Concentrazione nel 1994 358 1720 280 484 310 
Incremento attuale annuo 1.8 10 0 5 0.8 
Tempo di vita atmosferico * 
1 ppmv = 1 parte per milione in volume = 0,0001 % 
1 ppbv = 1 parte per bilione in volume = 0,0000001 % 
1 pptv =1 parte per trilione in volume = 0,0000000001% 
50-200 12 50 130 120 
 
Tab 1.1 – Concentrazioni passate e presenti di alcuni gas serra (IPCC, 1996) 
* Si intende il tempo necessario perché un singolo impulso di CO
2
 possa essere ridistribuito nei      
vari comparti, fino alle nuove condizioni di equilibrio. 
 
 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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Rimasta costante fino al 1800, la CO
2 
presenta oggi il valore più alto degli ultimi 
200.000 anni, passando dalle 280 ppmv (parti per milione in volume) del periodo 
preindustriale alle attuali 358. La presenza di CH
4 
è salita da 700 a 1720 ppbv (parti per 
miliardo in volume); l’N
2
O da 288 a 310; i CFC-11 e 12, prima inesistenti, hanno 
raggiunto concentrazioni di 0.28 e 0.48 ppbv. 
Il “radiative forcing” è stato calcolato rispettivamente in 1.56 Watt/m
2
 per la CO
2
, 
0.5 per il CH
4
, 0.1 per l’N
2
O e 0.3 per i CFC presi nel loro complesso. 
Allo scopo di valutare l’importanza relativa dei diversi gas nel determinare 
l’effetto serra, è stato messo a punto un indice che, tenendo conto delle loro 
caratteristiche di assorbimento, del loro tempo di vita e delle quantità emesse, calcola il 
potenziale di riscaldamento globale (Global Warming Potendials). Dall’analisi dei 
valori di questo indice, calcolati su un periodo di 100 anni, è stato possibile stabilire che 
la CO
2
 ha un’importanza pari al 61% dell’effetto totale (Shine et al., 1990). 
Esaminando le variazioni del contenuto di CO
2
 atmosferica nelle passate ere 
geocronologiche, Budyko (1982) ha mostrato, in accordo con la teoria, una stretta 
correlazione fra la temperatura superficiale terrestre e il livello di CO
2
. In particolare, 
nel Cretaceo con una concentrazione di CO
2
 pari a 2.700 ppm si è stimata, per le 
latitudini comprese fra 30° e 80° N, una temperatura superficiale più alta di 17,4 °C 
rispetto all’attuale. Un’ulteriore conferma dell’importanza della concentrazione di CO
2
 
atmosferica nel modificare la temperatura terrestre è data dalla stretta correlazione 
esistente fra le oscillazioni termiche degli ultimi 160.000 anni e la concentrazione di 
CO
2
 (Houghton et al., 1990; Lorius et al., 1990).  
A partire dal 1958 presso la stazione di Manua Loa (Hawaii) vengono misurati i 
livelli di concentrazione di CO
2
 atmosferica; in tempi più recenti sono state installate 
altre stazioni di monitoraggio in diverse località del mondo, tra cui in Italia sul Monte 
Cimone.  
Le previsioni sull’andamento futuro delle concentrazioni di CO
2
 e degli altri gas 
serra rivestono una grande importanza, poiché sono indispensabili per poter costruire 
scenari sufficientemente credibili sull’evoluzione del clima nei prossimi decenni. A tale 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
MEDITERRANEA. 
 
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scopo l’IPCC ha sviluppato una serie di previsioni sulle emissioni dei gas-serra per tutto 
il prossimo secolo (scenari IS92). 
 
Fig. 1.1 Concentrazione della CO
2
 atmosferica prevista per il periodo  
1990-2100 (IPCC, 1996). 
 
Limitatamente alla CO
2
, gli scenari IS92 (Fig.1.1) combinati con l’impiego di 
modelli sul ciclo del carbonio portano a prevedere, per la fine del prossimo secolo (anno 
2100), concentrazioni di CO
2
 comprese tra 450 ppm, nel caso dello scenario più 
ottimistico (IS92c) basato sulla riduzione delle emissioni al di sotto dei livelli del 1990, 
e fino a 1000 ppm nel caso in cui le emissioni dovessero continuare ad aumentare senza 
controllo (IS92e). 
Si può ragionevolmente ritenere che, nonostante le limitazioni imposte dal 
protocollo di Kyoto, la concentrazione atmosferica di CO
2
 continuerà a crescere in 
futuro. Infatti, se a Kyoto i paesi industrializzati si sono impegnati a ridurre, nel periodo 
2008 – 2012, le loro emissioni annuali di CO
2
 del 5% rispetto ai livelli del 1990, e non 
si è sicuri che effettivamente ne saranno capaci, gli altri Paesi dell’Asia, del Sud 
America e dell’Africa continueranno ad aumentare le loro emissioni con un ritmo del 3-
4 % all’anno, almeno fino al 2020, anche se con marcate differenze da un’area all’altra 
del globo. Ciò dimostra che l’accordo di Kyoto, pur avendo segnato una tappa 
fondamentale nell’avvio di una tanto attesa politica ambientale a dimensione planetaria, 
dovrà essere modificato, in futuro, in senso fortemente restrittivo; infatti le proiezioni 
scientifiche basate su uno scenario di sostenibilità climatica, corrispondente ad una 
CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI CLIMATICI A SCALA PLANETARIA E NELLA REGIONE  
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concentrazione di CO
2
 di equilibrio all’incirca prossima all’attuale e compresa tra 360 e 
450 ppmv, richiedono la riduzione complessiva delle emissioni del 50% rispetto al 1990 
per tutto il pianeta (Molocchi, 1998). 
 
 
Fig. 1.2 – Cambiamenti nei parametri termici avvenuti negli ultimi decenni; NH SH corrispondono a 
emisfero nord e sud, rispettivamente (da Scarascia-M. et al.,1998 - IPCC, 1996). 
 
L’aumento della concentrazione dei gas-serra nell’atmosfera, dall’inizio della 
Rivoluzione industriale ad oggi, è comunque la prova più evidente che i cambiamenti 
ambientali a scala globale sono già in atto. Ancora molto dibattuto è, invece, l’effetto 
dei gas-serra sugli equilibri climatici a scala planetaria e regionale. Infatti le più recenti 
analisi ed evidenze scientifiche (IPCC, 1996) hanno dimostrato che, per le terre emerse, 
la temperatura dell’aria alla superficie del pianeta è aumentata di 0.3-0.6 °C nell’ultimo 
secolo; l’aumento più elevato si è verificato alle latitudini comprese tra 40° N e 70° N. 
Inoltre, le temperature minime sono generalmente aumentate più rapidamente delle 
massime determinando una generale tendenza alla riduzione delle escursioni termiche 
diurne.