INTRODUZIONE
2
finanziario e delle politiche adottate nelle nazioni potenzialmente
soggette ad un attacco speculativo contro la propria valuta.
Le crisi finanziarie nelle nazioni dei mercati emergenti, in
alcuni casi, si sono diffuse anche tra paesi con legami commerciali o
finanziari apparentemente limitati e in assenza di un significativo
shock comune. Questo fenomeno inusuale potrebbe essere, in parte,
il risultato di un aumento della globalizzazione dei mercati finanziari
che, da una parte, offre i benefici dell’accesso ad un mercato dei
capitali di dimensioni più ampie quindi con maggiori possibilità di
ottenere finanziamenti e di diversificazione del portafoglio , ma
dall’altra, rende le economie più vulnerabili ad improvvisi e netti
cambiamenti nelle aspettative degli investitori. La maggiore
globalizzazione dei mercati finanziari ha enfatizzato il ruolo del
conto corrente nelle crisi di bilancia dei pagamenti ed ha contribuito
a rendere le stesse meno prevedibili.
La crisi che ha colpito le ragioni del Sud-Est asiatico, nel 1997-
98, ha portato al collasso dei sistemi finanziari delle economie
coinvolte. Si è trattato di una crisi causata dall’illiquidità del settore
finanziario, di cui si sono già avuti esempi in passato, nei cosiddetti
mercati emergenti. Il Cile, nel 1982 ed il Messico, nel 1994, sono i
più chiari, anche se non gli unici, precedenti. Queste crisi finanziarie
classiche hanno cinque elementi distintivi
1
.
Al centro della questione c’è l’illiquidità internazionale, che
comporta una situazione di fragilità ed è condizione necessaria e
sufficiente per i crolli finanziari e/o le crisi di bilancia dei
pagamenti. Il problema chiave è la non corrispondenza delle
scadenze di attività e passività: il sistema finanziario di una nazione
è internazionalmente illiquido se le sue obbligazioni potenziali a
breve termine e in valuta straniera eccedono l’ammontare di valuta
estera cui esso ha accesso con breve preavviso.
L’illiquidità del sistema finanziario è quasi sempre il risultato
di un precedente periodo di liberalizzazione finanziaria, che accentua
INTRODUZIONE
3
la differenza nelle scadenze di attività e passività internazionali.
Inoltre, gli afflussi di capitale dall’estero rendono disponibili grossi
ammontari di risorse che possono essere intermediate dalle banche
domestiche, ingrandendo ulteriormente il problema. Se, infatti, i
prestiti addizionali in valuta estera sono a breve scadenza, possono
improvvisamente accrescere la vulnerabilità delle banche: un rifiuto
da parte dei creditori di rinnovare tali prestiti, potrebbe dar luogo ad
una “corsa agli sportelli” che si autorealizza con effetti a catena.
Un terzo elemento comune alle più recenti crisi valutarie è il
fatto che esse non sono state causate da una cattiva politica
monetaria, consistente nella monetizzazione di ampi ed insostenibili
deficit di bilancio. Un fatto sorprendente, condiviso dal Messico, nel
’94, e dall’Asia, nel ’97, è che i governi, in entrambi i casi, stavano
sperimentando surplus di bilancio o, comunque, piccoli deficit. Il
problema, quindi non è di natura fiscale, ma potrebbe diventarlo ex-
post, nel senso che il costo del fallimento deteriora la posizione
fiscale.
Il crollo della parità fissa che, negli ultimi due decenni, ha
interessato parecchie valute, si è verificato perché la stabilità del
sistema bancario e la fissazione del tasso di cambio sono diventati
due obiettivi mutuamente incompatibili. Per aiutare le banche
nazionali, infatti, la Banca Centrale deve perseguire una politica
espansiva, impedendo ai tassi d’interesse di aumentare oppure
fornendo fondi come prestatore di ultima istanza. In entrambi i casi,
gli agenti privati ottengono valuta domestica aggiuntiva, che può
essere usata per comprare riserve, causando il crollo finale del tasso
di cambio fisso.
Infine, una regolarità osservata negli episodi di crisi è il fatto
che la “punizione” è più pesante del “crimine”. Fondamentali
moderatamente deboli (specialmente sopravvalutazioni del tasso di
cambio reale) e piccoli cambiamenti nelle circostanze esogene hanno
causato grossi cambiamenti nei prezzi delle attività e profonde
1
Vedi Chang e Velasco (1998).
INTRODUZIONE
4
modificazioni dell’ambiente economico generale. Il meccanismo che
ingrandisce il tutto è il sistema finanziario, il cui collasso causa
costose liquidazioni di attività ed un credit crunch non necessario.
La ragione di uno studio sul contagio si spiega alla luce delle
ripercussioni che la crisi asiatica del 1997 ha avuto sulle economie
di altre nazioni. La svalutazione del baht tailandese, infatti, ha
innescato una serie di effetti a catena che hanno contribuito a creare
i presupposti per i successivi attacchi speculativi contro il rublo
russo e il real brasiliano, rispettivamente ad agosto del 1998 e a
gennaio del 1999.
La crisi asiatica ha contribuito ad aumentare i costi dei
finanziamenti e a ridurre i prezzi del petrolio e delle altre merci,
ponendo sotto pressione le economie dei mercati emergenti di altre
regioni.
In particolare, la Russia ha subito pesantemente gli effetti della
crisi finanziaria dell’Asia. La valuta nazionale, il rublo, è stato
sottoposto ai primi attacchi speculativi nell’ottobre del 1997: la
banca centrale è riuscita a contrastarli, ma al prezzo di significativi
rialzi dei tassi d’interesse, che sono più che raddoppiati in poche
settimane. Ciò ha contribuito a soffocare l’economia russa, già
afflitta da profondi squilibri strutturali e da gravi carenze
istituzionali. Nei mesi successivi l’attività economica si è indebolita,
anche a seguito del crollo dei prezzi dei prodotti energetici, di cui il
paese è un importante esportatore. Il deterioramento del quadro
economico, la caduta delle ragioni di scambio, l’incapacità delle
autorità di risolvere l’annoso problema della generalizzata evasione
fiscale hanno determinato una crescente difficoltà per la Russia di
rinnovare i titoli del debito a scadenza. Alla fine di maggio del 1998,
i tassi d’interesse sui titoli del Tesoro a breve termine denominati in
rubli sono saliti in pochi giorni dal 50 ad oltre l’80 per cento.
Contemporaneamente, il mancato pagamento di stipendi e pensioni
arretrati ha riacceso le tensioni sociali. Nelle settimane successive, i
timori di una svalutazione del rublo hanno alimentato una fuga di
INTRODUZIONE
5
capitali che le autorità hanno contrastato con ingenti interventi sui
mercati dei cambi e con ulteriori incrementi dei tassi d’interesse (che
hanno raggiunto livelli prossimi al 150 per cento).
Per contenere la crisi ed evitarne l’estensione ad altri paesi
emergenti, alla metà di luglio il FMI ha coordinato un programma di
aiuti per 22,6 miliardi di dollari, a sostegno di un nuovo piano di
risanamento da realizzare nel biennio 1998-1999. L’incertezza
sull’evoluzione della situazione politica e sulla realizzabilità del
piano di risanamento ha determinato, dalla seconda settimana di
agosto, un’intensificazione delle pressioni sul rublo. Il 17 agosto, le
autorità russe hanno annunciato una serie di misure drastiche:
l’allargamento della banda di oscillazione per il cambio nei confronti
del dollaro (da 5,3-7,1 a 6,0-9,5 rubli per dollaro) cui ha
corrisposto una svalutazione di fatto di oltre il 30 per cento; una
moratoria di 90 giorni sul debito estero del settore privato; una
ristrutturazione del debito pubblico denominato in rubli, con
scadenza entro il 31 dicembre 1999; alcune restrizioni ai movimenti
di capitale. Ne sono seguiti un ulteriore deprezzamento del cambio e
un calo del 42 per cento dell’indice di borsa in soli dieci giorni.
Nell’ottobre del 1997, l’aggravarsi della crisi asiatica ha avuto
pesanti conseguenze anche in Brasile, determinando una brusca
caduta dei valori azionari e pressioni al ribasso sul real. Con il
propagarsi della crisi alla Russia, il paese è stato investito da nuove
e forti turbolenze. Le autorità hanno contrastato i massicci deflussi
di capitale sia con rialzi dei tassi d’interesse a breve termine, sia con
interventi sui mercati valutari in difesa del cambio.
Contemporaneamente sono state varate alcune misure fiscali volte a
ridurre l’elevato e crescente disavanzo del bilancio pubblico.
I forti aumenti dei tassi d’interesse, la caduta dei prezzi delle
materia prime (di cui il Brasile è uno dei maggiori esportatori) e
l’avversa congiuntura internazionale hanno determinato un ulteriore
peggioramento della situazione economica del paese. Nel corso del
1998, la crescita del prodotto ha subito una brusca flessione (dal 3,2
INTRODUZIONE
6
per cento del 1997, allo 0,5), il disavanzo pubblico è passato dal 6,3
all’8,1 per cento del PIL e il valore delle esportazioni in dollari è
diminuito di oltre il 4 per cento. La difesa del tasso di cambio che
dal 1994 prevedeva una banda di oscillazione nei confronti del
dollaro rivista periodicamente si è rivelata oltremodo onerosa,
nonostante l’ampia disponibilità di riserve ufficiali (72 miliardi di
dollari, alla fine di maggio). La situazione è stata resa più difficile
dall’elevato livello del debito estero, stimato in oltre 230 miliardi di
dollari alla fine del 1998 (pari a circa il 30 per cento del PIL)
Per prevenire una crisi valutaria, con potenziali effetti
destabilizzanti per il resto del mondo, la comunità internazionale,
forte dell’esperienza (e probabilmente degli errori) della crisi
asiatica, ha predisposto un programma di aiuti finanziari al Brasile
condizionati a un severo piano di risanamento concordato con il
FMI. L’accordo prevedeva una drastica riduzione del disavanzo
pubblico, nel 1999 (al 4,7 per cento del PIL), da conseguire
attraverso un cospicuo avanzo primario. A questo scopo, si
rendevano necessari la riforma del sistema pensionistico, il riassetto
del sistema di tassazione indiretta e dei rapporti finanziari tra Stati e
governo federale.
L’attuazione di tali misure ha però incontrato notevoli
difficoltà. La fiducia degli operatori internazionali è stata fortemente
compromessa quando, all’inizio di gennaio del 1999, la tensioni tra
alcuni Stati e il governo federale sono sfociate in una dichiarazione
di moratoria sul servizio del debito da parte dello Stato di Minas
Gerais.
Tra l’8 e il 13 gennaio, le pressioni sulla valuta hanno prodotto
una perdita di riserve ufficiali di oltre 2 miliardi di dollari. Il 13
gennaio, le autorità hanno innalzato il limite superiore della banda di
oscillazione del cambio, con una svalutazione di fatto di circa l’8 per
cento. Questa misura, però, è apparsa subito insufficiente e, il 15
gennaio, è stato annunciato il passaggio a un regime di fluttuazione
libera. Il cambio si è ulteriormente deprezzato di oltre l’8 per cento.
INTRODUZIONE
7
La crisi brasiliana, nonostante i suoi effetti di contagio limitati,
ha impartito un nuovo impulso restrittivo all’economia mondiale e ha
imposto condizioni finanziarie estremamente severe per molte
nazioni dei mercati emergenti. Essa, inoltre, ha evidenziato
nuovamente l’importanza di appropriate politiche macroeconomiche
per supportare la credibilità di un regime di tasso di cambio fisso.
Questo lavoro è organizzato nel modo seguente. Il primo
capitolo è, in un certo senso, una premessa: esso introduce alcuni
concetti fondamentali, da cui non si può prescindere per poter
comprendere i fenomeni di crisi valutarie. In particolare, si
discutono i concetti di prodotto interno lordo, di debito pubblico e di
bilancia dei pagamenti, con particolare riguardo al conto corrente.
Quest’ultimo, infatti, ha un ruolo essenziale nelle crisi di bilancia
dei pagamenti e nello spiegare la diffusione delle stesse tra le
nazioni.
Nel secondo capitolo si introduce il concetto di crisi di bilancia
dei pagamenti, analizzandone la natura e le cause.
I capitoli terzo e quarto sono dedicati alla descrizione della
letteratura esistente sulle crisi di bilancia dei pagamenti,
distinguendo tra modelli di prima e di seconda generazione. Le
spiegazioni e i modelli di crisi valutarie, fino agli episodi dello SME
(1992-93) e del Messico (1994), enfatizzavano il ruolo dei
fondamentali macroeconomici. È questa la caratteristica distintiva
dei modelli di “prima generazione”, secondo i quali un attacco
speculativo è il risultato inevitabile dell’incompatibilità tra la
politica monetaria che prevede il finanziamento di ampi deficit
fiscali mediante creazione di moneta ed il mantenimento di un
tasso di cambio fisso. L’eccessiva espansione del credito interno
erode le riserve internazionali a disposizione della banca centrale per
la difesa del cambio e, alla fine, conduce all’inevitabile abbandono
della parità fissa.
INTRODUZIONE
8
La novità introdotta dai modelli di “seconda generazione”
consiste nella considerazione esplicita dei costi e dei benefici della
difesa di un tasso di cambio fisso. Secondo tali modelli, dal
momento che i governi hanno obiettivi multipli oltre al
mantenimento del cambio fisso, un governo potrebbe voler limitare
le sue obbligazioni di servizio del debito, conseguire un basso livello
di disoccupazione, o salvaguardare un sistema bancario fragile
esiste un trade-off tra questi e la politica del tasso di cambio. La
valutazione di costi e benefici da parte del governo è influenzata
dalle aspettative del mercato circa la sostenibilità del cambio. Un
attacco speculativo, quindi, non è necessariamente dovuto ad una
politica inconsistente, ma può essere causato da un improvviso ed
imprevisto cambiamento dei sentimenti del mercato. Se l’attacco
determina un aumento dei costi di mantenimento della parità fissa
tanto da indurre le autorità ad abbandonarla, la crisi diventa self-
fulfilling: la svalutazione conferma le aspettative del mercato.
Nei capitoli terzo e quarto vengono presentati i modelli più
rappresentativi e più significativi di entrambi i filoni di letteratura e,
per ciascuno di essi, si procede ad una descrizione della struttura
analitica e delle principali conclusioni cui essi pervengono.
I capitoli quinto e sesto sono dedicati più specificamente agli
effetti contagio nelle crisi valutarie, illustrati dal punto di vista
teorico e mediante modelli analitici, con un costante riferimento agli
episodi della realtà economica.
Per una più agevole comprensione del fenomeno del contagio
finanziario, nel settimo capitolo, sono descritte due analisi empiriche
effettuate sulla base dei dati relativi alle principali crisi valutarie
degli anni ’90. In particolare, la prima analisi cui si fa riferimento è
una sorta di criterio classificatorio implementato dal Fondo
Monetario Internazionale per l’individuazione delle situazioni di
crisi. La seconda analisi, invece, è più specifica, nel senso che
esamina i dati relativi alle economie coinvolte nella tempesta
valutaria asiatica.
INTRODUZIONE
9
La parte finale della tesi è riservata alle conclusioni e alla
bibliografia.
CAPITOLO 1
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
Per poter analizzare le cause delle crisi finanziarie bisogna,
prima di tutto, avere una certa familiarità con alcuni concetti
macroeconomici basilari per un’economia aperta, quali il prodotto
interno lordo (PIL), le attività estere nette (o debito estero netto) e la
bilancia dei pagamenti (in particolare il conto corrente della stessa).
In questo capitolo verranno introdotti tali concetti, con una
breve analisi delle loro caratteristiche e della loro importanza per le
economie aperte. Particolare attenzione è riservata al conto corrente
della bilancia dei pagamenti, dati i suoi legami con le riserve
internazionali, lo stock di debito pubblico ed il regime del tasso di
cambio di una nazione.
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
11
1.1 Prodotto Interno Lordo ed Attività Estere Nette in
un’economia aperta
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) ed il Prodotto Nazionale Lordo
(PNL) sono grandezze strettamente legate tra loro: entrambe
misurano la produzione totale di beni e servizi dell’economia
considerata, in un particolare intervallo temporale.
La produzione totale di un’economia può essere vista come la
somma delle produzioni di tutte le imprese individuali. La questione
è come misurare il contributo di ciascuna impresa alla produzione
totale della nazione. Il modo più semplice consiste nel considerare
soltanto il valore che ogni impresa aggiunge agli input. Un altro
modo per calcolare il valore aggiunto è sommare i pagamenti
effettuati a favore dei fattori produttivi, lavoro e capitale
Il PIL misura il valore aggiunto totale prodotto dalle imprese
che operano in un certo paese; il PNL, invece, misura il valore
aggiunto generato dai fattori produttivi (capitale e lavoro) posseduti
dai residenti del paese considerato. C’è una leggera differenza tra i
due concetti, perché ci sono fattori produttivi esteri (lavoro e
capitale) nel paese e fattori produttivi nazionali all’estero:
PNL = PIL pagamenti agli stranieri
1
(1)
+ pagamenti dall’estero ai residenti
2
Le attività estere nette (AEN) di una nazione possono essere
definite come:
AEN= Attività possedute dai residenti all’estero
Passività dei residenti nei confronti degli stranieri = (2)
Attività estere nazionali Debito estero nazionale
1
Dividendi, interessi, rendita agli stranieri residenti che possiedono attività nazionali e salari ai residenti esteri
che lavorano nel paese.
2
Dividendi, interessi, rendite ai residenti che possiedono attività all’estero e salari dei residenti che lavorano
all’estero.
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
12
Quindi, se AEN>0, la nazione è creditrice nei confronti del resto del
mondo; se AEN<0, la nazione è debitrice.
Indicando con i il tasso d’interesse medio (tasso di rendimento)
sulle attività estere nette, il PNL può essere espresso come:
PNL = PIL + iAEN = PIL + reddito netto dall’estero (3)
Dalla (3) risulta che il PNL sarà tanto più grande (più piccolo) del
PIL quanto più il paese è un creditore netto (debitore netto).
1.1.1 La scomposizione del PIL: identità contabili
Il PIL può essere scomposto in numerosi modi, ciascuno dei
quali conduce ad una particolare identità contabile.
Il primo modo consiste nel pensare al valore aggiunto come ai
pagamenti per il lavoro e il capitale. I ricavi delle vendite sono il
reddito di qualcuno: i beni intermedi sono reddito per le imprese che
li realizzano, i salari sono reddito dei lavoratori, e i profitti sono
reddito dei proprietari delle imprese. Il PIL, quindi, può essere
pensato come una misura sia del reddito sia dell’output: i due numeri
sono la stessa cosa.
È possibile analizzare il PIL anche dal punto di vista degli
acquirenti dei beni finali (consumatori, imprese, governo, o
stranieri), ottenendo, in tal modo, la scomposizione più
comunemente utilizzata:
PIL = spese per consumo + investimento
+ acquisti di beni e servizi da parte del governo
+ esportazioni nette
oppure, in notazione più compatta:
PIL = C +I + G + NX (4)
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
13
dove C indica il consumo, cioè la spesa delle famiglie per beni
finali; I indica l’investimento, inteso come accumulazione di capitale
fisico (acquisti di nuovi edifici e macchine, impianti e attrezzature).
G indica il consumo del governo, che consiste nell’acquisto di beni e
servizi e non include gli esborsi per la sicurezza sociale, i sussidi per
la disoccupazione o gli interessi sul debito pubblico. Infine, il
termine NX rappresenta le esportazioni nette (anche dette bilancia
commerciale), date dalla differenza tra esportazioni (X) e
importazioni (M): NX = X M.
Partendo da quest’ultima definizione, l’identità del reddito
nazionale può essere riscritta come:
PIL+M =C+I+G+X (5)
Il lato sinistro della (5) rappresenta l’offerta totale di beni
disponibile nella nazione, che è pari alla somma dell’offerta
domestica (PIL o beni prodotti internamente) e di quella estera
(importazioni). Il lato destro indica la destinazione dell’offerta totale
di beni, che è acquistata dai consumatori privati (C), dalle imprese a
scopo d’investimento (I), dal governo per il consumo pubblico (G) o
dagli agenti stranieri in forma di esportazioni (X).
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
14
1.2 La bilancia dei pagamenti
La bilancia dei pagamenti è il documento contabile nel quale si
registrano le transazioni economiche che avvengono in un
determinato periodo tra residenti e non residenti di un paese, e dalle
quali normalmente scaturiscono esborsi ed introiti di valute estere (o
divise)
3
. Ogni transazione che si rifletta in un pagamento a favore di
uno straniero entra nella contabilità della bilancia dei pagamenti
come debito, cui viene attribuito il segno negativo ( ). Al contrario,
qualsiasi transazione cui si associ un introito proveniente dall’estero
viene registrata come credito, e vi si attribuisce segno positivo (+).
La bilancia dei pagamenti è composta da due sezioni: partite
correnti e movimenti di capitale.
Le partite correnti
Le partite correnti registrano le importazioni ed esportazioni di
beni e servizi
4
ed i trasferimenti unilaterali
5
; esse sono ulteriormente
distinte in “bilancia commerciale”, relativa alle sole transazioni di
beni, e “partite invisibili”, comprensive di tutte le transazioni
rimanenti.
Le importazioni dipendono dal livello della domanda, a sua
volta funzione della propensione ad importare (m) e del livello del
reddito interno (Y):
M = mY (6)
La propensione ad importare viene in prima approssimazione
considerata come un dato, ma in realtà dipende da fattori strutturali,
che variano soltanto nel lungo periodo, e da fattori di competitività,
3
Biglietti di banca ed altre attestazioni debitorie espresse in moneta estera
4
I servizi comprendono i noli, le assicurazioni, i redditi da capitale, i redditi da lavoro 8temporaneamente
emigrato), proventi del turismo.
5
Sia pubblici (contribuzioni a/da enti internazionali come l’Unione europea; doni pubblici quali quelli della
cooperazione con i PVS), sia privati (doni privati, rimesse di emigrati definitivi, considerati no più residenti,
e quindi assimilabili a donazioni)
ALCUNI CONCETTI PRELIMINARI
15
che, a loro volta, derivano dalle caratteristiche qualitative e tecniche
dei beni, nonché dai prezzi dei beni nazionali rispetto a quelli esteri.
I fattori strutturali sono influenzati dalle politiche industriali,
che normalmente hanno effetto nel lungo periodo; sui fattori di
prezzo e di domanda, invece, incidono soprattutto le politiche
macroeconomiche di breve periodo. Le importazioni, infatti, sono
funzione crescente del livello generale dei prezzi interni e funzione
decrescente del livello dei prezzi del Resto del mondo e del cambio
nominale:
M = m (p, p*, e) Y
dove p è il livello generale dei prezzi all’interno del Paese
considerato, p* indica il livello dei prezzi nel Resto del mondo ed e
è il tasso di cambio nominale. Introducendo il cambio reale e
r
, si ha:
M = m(e
r
)Y
dove e
r
= (ep*)/p. Le importazioni dipendono negativamente dal
tasso di cambio reale, perché questo misura il potere d’acquisto
Ad una simile espressione si perviene per quel che riguarda le
esportazioni, X, dal momento che esse costituiscono le importazioni
per il resto del mondo, M*:
X = M* = m*(p, p*, e) Y* (9)
dove M*, m* e Y* sono le importazioni, la propensione ad importare
e la domanda del Resto del mondo
6
, rispettivamente. Introducendo il
cambio reale e
r
, si ha:
X = M* = m*(e
r
)Y* (10)
6
Questa, almeno in prima approssimazione, deve essere considerata data perché non può essere influenzata
da un piccolo paese attraverso variazioni del suo reddito e, quindi, delle sue importazioni dal Resto del
mondo.