Premessa
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Premessa
Con questa tesi si vuole dimostrare l’importanza cruciale delle risorse
umane come fattore di successo di un’impresa. L’argomento centrale è il
comportamento all’interno delle organizzazioni, non tra organizzazioni. La
tesi che sostengo definisce un’organizzazione come organismo vivente
unico nel suo genere, la cui componente di base è l’individuo, l’elemento
fondamentale del mio studio. Il lavoro è stato focalizzato sul reperimento di
applicazioni pratiche ai principi di efficienza oggetto della ricerca,
finalizzate a migliorare sensibilmente la gestione economica d’impresa
agendo sulla componente delle risorse umane attraverso metodologie di
leadership e motivazione. In particolar modo è stato dato spazio alla
motivazione e incentivazione del personale, perchØ si ritiene sia uno dei
Premessa
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fattori chiave del successo di un’organizzazione. Sono stati inoltre
esaminati i concetti di leadership, sviluppo personale e apertura al
cambiamento.
La scelta di trattare questi temi è stata il proseguo naturale
dell’approfondimento di interessi che già esistevano a livello privato. Ho
esaminato le caratteristiche di persone che hanno raggiunto il successo a
livello personale ed economico in qualche attività. Queste persone,
apparentemente diversissime, hanno qualcosa che le unisce, una
combinazione particolare fra componente tecnica, personalità e carattere
vincente, che ha permesso di raggiungere i loro obiettivi. Così,
specialmente negli ultimi due anni, ho cominciato ad interessarmi agli
argomenti quali la crescita personale e la formazione professionale,
seguendo proprio i consigli di alcune persone di successo (in particolar
modo imprenditori) che ho avuto il piacere e la fortuna di incontrare. E
dopo aver preso spunto dalla lettura di diversi autori ed aver partecipato a
numerosi incontri, seminari e corsi, ho maturato l’idea di voler
approfondire, con il progetto di tesi magistrale, le applicazioni nel mondo
del lavoro di tutto ciò che avevo appreso. Aver trovato un argomento che
mi coinvolga personalmente, è sicuramente fonte di profonda motivazione,
che è stata fondamentale durante tutta la stesura.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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1 Le risorse focus
1.1 L’obiettivo principale di ogni
impresa: il ROI
La ragione di fondo dell’esistenza di un’impresa commerciale, ovvero
lo scopo ufficialmente dichiarato nell’oggetto sociale al momento dell’atto
costitutivo, è di operare per svolgere una determinata attività il cui
obiettivo finale è realizzare volumi di affari per ottenere un utile.
Il conseguimento degli obiettivi dipende senza alcun dubbio dalla
validità del modello di business scelto e dalla disponibilità del sostegno
finanziario necessario, ma nello stesso tempo il successo dell’iniziativa
dipende in misura determinante dalle persone che lo compongono a tutti i
Capitolo 1 - Le risorse focus
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livelli, siano essi titolari, dirigenti, consulenti, collaboratori temporanei o
dipendenti impegnati nelle diverse funzioni aziendali. In generale ogni
organizzazione impiega un capitale (risorse finanziarie) in attività che
producano un reddito, con impianti produttivi (risorse tecniche) gestiti, con
l’ausilio dell’automazione, da persone (risorse umane). Il capitale è ben
definito, non è soggetto a variabilità. Un impianto produttivo ha delle
specifiche stabilite, così come un computer possiede una definita capacità
di memoria. Un essere umano, invece, risulta essere la grande variabile
nell’impiego delle risorse: esistono aziende con grandi capitali investiti,
con impianti produttivi all’avanguardia, che ottengono spesso risultati
operativi inferiori a causa della poca attenzione nei confronti dei
collaboratori. Al contrario, organizzazioni con capitali inferiori ed impianti
produttivi appena sufficienti, ottengono risultati superiori per le capacità
dimostrate dai collaboratori.
La grande differenza quindi, a parità di impieghi tecnologici e
finanziari, sta nell’uomo, in quello che esprime ed in quello che potrebbe
esprimere in produttività: raramente, infatti, le persone si esprimono al
meglio delle loro potenzialità.
1.2 Il capitale umano, un asset
strategico
Durante gli ultimi cento anni di storia abbiamo assistito a dei
cambiamenti impressionanti che superano quasi l’immaginazione.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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Inizialmente per i paesi occidentali la spinta allo sviluppo è stata
decisamente piø marcata, ma il testimone ora è passato alle economie
emergenti orientali, in particolar modo mi riferisco alla Cina che, dai dati
pubblicati direttamente dall’osservatorio statistico Giapponese
1
, dal 2010 è
diventata il secondo paese produttore piø importante, dietro agli Stati Uniti
e superando proprio il Giappone. Ma in un momento in cui dovremmo
godere di un’età dell’oro e dell’abbondanza, ci ritroviamo immersi nei
conflitti: conflitti fra stati, conflitti tra direzioni e lavoratori, addirittura
conflitti fra vicini. Proprio in queste settimane iniziali del 2011 si sta
diffondendo nell’area nord africana del Maghreb fino al Medioriente
un’epidemia di rivolte a catena della popolazione contro i regimi autoritari
che hanno regnato indisturbati per decenni. La maggior parte dei problemi
piø critici non appartiene, infatti, al mondo delle cose, ma al mondo delle
persone. Poco dopo la seconda guerra mondiale, Elton Mayo
2
metteva a
fuoco questo problema osservando che: “le conseguenze dello squilibrio tra
lo sviluppo della capacità tecnica e quello della capacità sociale sono state
catastrofiche per la società”.
Oggi, le richieste del mondo del lavoro non lasciano alcun margine di
errore, e chi ne commette spesso non ha seconde chance. Ma non fare errori
non basta. La globalizzazione, il progresso tecnologico, le pressioni dei
concorrenti e la necessità di offrire qualcosa di sempre innovativo, nonchØ
altamente specializzato, obbligano le organizzazioni a trovare una leva
concorrenziale che sia efficace, durevole nel tempo e a prova di imitazione.
La soluzione è proprio il capitale umano. PerchØ le organizzazioni sono i
propri uomini, sono le persone che ci lavorano, per sØ stessi e per il bene
1
Fonte: Il Sole 24 ore, 15 Febbraio 2011, p. 10.
2
Mayo Elton, The social problem of an industrial Civilization, p. 23, Harvard Business School, 1945.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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del gruppo. Le risorse umane sono responsabili della nascita, della crescita,
del successo e anche dei fallimenti di ogni impresa.
A supporto di quanto sia importante la centralità delle risorse umane in
un’organizzazione aziendale, Bob Garrat
3
e Charles Handy
4
convergono
sull’idea che il valore del patrimonio intellettuale possa venire inserito nei
bilanci aziendali. La celebre Harvard Business School, nel suo corso di
Master in Business Administration, aveva ritagliato uno spazio per
affrontare il tema delle risorse umane
5
. La Unilever, uno dei giganti fra i
grandi trust internazionali (si stima che il fatturato consolidato sia vicino al
bilancio dello Stato Italiano) investe lo 0,8% nell'addestramento e nelle
iniziative a favore del personale.
L’uomo è quindi la prima e piø importante risorsa dell’organizzazione,
perciò, se lo scopo da perseguire è lo sviluppo di questa risorsa e il
raggiungimento di un vantaggio competitivo, è fondamentale gestirla nel
modo migliore e piø efficace possibile. Gestire le risorse umane, significa
utilizzare il maggior numero di potenzialità del singolo e del gruppo per il
raggiungimento di obiettivi comuni, per farle diventare la variabile
principale del successo aziendale.
Come si è fin’ora chiaramente espresso, ogni organizzazione dovrebbe
mettere al primo posto le persone, il capitale umano, i collaboratori, i
dipendenti, e tutte le risorse umane, ma a volte questo atteggiamento può
divenire un palinsesto inflazionato e in realtà poco applicato. In effetti,
sono davvero poche le organizzazioni che riescono a farlo. Molti manager,
3
Presidente dell'Association for Management Education and Development e consulente delle piø
importanti aziende inglesi.
4
Professore di Economia Aziendale a Cambridge, autore di successo e membro di numerosi consigli di
amministrazione.
5
Kaplan R. e Norton D. P., Putting the balance score card to work, Harvard Business Review, Sept 1992.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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pur affermando che le HR sono il loro asset strategico, spesso si
comportano in modi che dimostrano che le loro priorità sono altre. Spesso
questo atteggiamento si spiega con il fatto che i capi possono considerare i
loro collaboratori come uno dei tanti stakeholder, i cui interessi devono
essere bilanciati con quelli degli altri portatori di interessi. Se i manager
ponessero realmente le necessità delle loro persone in primo piano, queste
sarebbero portate a focalizzare il loro impegno sulle necessità dei
consumatori piø che su loro stessi. Ad esempio Fedex adotta lo slogan
“People, service, profit” e forma i propri manager sul principio che la parte
principale del loro compito è creare un ambiente di lavoro tale da mettere le
persone nelle condizioni di svolgere la propria attività lavorativa al meglio
e generare così ottimi risultati di business. Molti dirigenti delle migliori
aziende sostengono che si ottengono risultati migliori quando si
concentrano gli sforzi nella creazione di un eccellente ambiente lavorativo,
in cui le persone siano stimolate all’innovazione e risultino cooperative. In
tal modo le aziende sono in grado di mettere in primo piano i dipendenti e
al contempo andare incontro alle necessità loro, dei clienti e di tutti i
portatori di interesse.
¨ importante sottolineare che la dimensione societaria non conta molto,
quindi anche nel mondo delle piccole medie imprese italiane, ogni azienda
può diventare un “great place to work”
6
, poichØ il vero fattore chiave che
determina se un’azienda è vincente oppure no è il livello di fiducia tra
management e dipendenti a prescindere che si tratti di una multinazionale
americana o di una PMI italiana. Ovviamente il modo in cui la fiducia
viene costruita può poi variare a seconda del tipo di organizzazione. Nelle
piccole medie imprese i manager sono avvantaggiati perchØ riescono ad
6
Robert Levering, A great place to work, Random House Value Publishing, 1995.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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avere un contatto piø immediato e meno filtrato con le persone. I capi di
organizzazioni dalle dimensioni contenute utilizzano molteplici modi per
avere un contatto personale con i propri collaboratori: lo fanno attraverso
incontri di piccoli gruppi o prendendo del tempo per parlare con le persone
nei loro uffici. Questo tipo di relazione personale aiuta a costruire la fiducia
dando la possibilità alle persone di porre direttamente delle domande, così
da comprendere le motivazioni sottostanti alle scelte di business.
Con queste argomentazioni si vuole sottolineare il concetto centrale di
questa tesi, ovvero che il patrimonio di un’organizzazione, e di un’azienda
in particolare, non è dato soltanto dalle masse finanziarie di cui può
disporre, ma anche e soprattutto dalle risorse umane di cui si avvale. Sono
proprio le idee degli uomini che inventano nuove tecnologie, che aprono
nuovi mercati, che studiano e realizzano nuove strategie per migliorare le
posizioni di mercato, che trovano partner o finanziamenti e che, in
generale, trovano il modo di superare brillantemente situazioni,
inizialmente definite, “impossibili”.
1.3 Le capacità necessarie
Se in passato si considerava importante porre l’accento sulle capacità
umane, oggi lo si ritiene addirittura fondamentale. Un grande imprenditore,
John D. Rockfeller
7
, dichiarò: “Sono pronto a pagare la capacità di trattare
con la gente piø di qualsiasi altra capacità al mondo”. Secondo un’indagine
7
Citato in Garrett B. e William H., Organizational relations and management action, p.3, McGraw-Hill
1966.
Capitolo 1 - Le risorse focus
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della American Management association, la stragrande maggioranza dei
manager che avevano risposto al questionario sosteneva che la dote piø
importante di un dirigente aziendale è la sua capacità di cavarsela con le
persone. In questa indagine, i manager classificarono questa capacità come
piø essenziale dell’intelligenza, della preparazione professionale, della
capacità decisionale o di quella lavorativa. Anche se in questa tesi si
metterà l’accento sullo sviluppo della capacità umana, bisogna rendersi
conto che le organizzazioni in cui operano la maggior parte dei manager
sono sistemi sociali comprendenti molti sottosistemi collegati tra loro, e
che solo uno di questi è un sistema umano/sociale. Gli altri possono
rappresentare sottosistemi amministrativo/strutturale,
informativo/decisionale e sottosistemi economico/tecnologici.
Figura 1. I sottoinsiemi di un'organizzazione collegati fra loro.
BenchØ il sistema umano/sociale si concentri sulla motivazione e sui
bisogni dei membri dell’organizzazione, si deve puntualizzare che un
cambiamento in un sottosistema provoca un cambiamento in altre parti del
Capitolo 1 - Le risorse focus
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sistema complessivo. Se il sistema nel suo complesso è sano e funziona
bene, ciascuna delle sue parti interagisce con gli altri sottosistemi.
Un’organizzazione non può quindi permettersi di sopravvalutare
l’importanza di un sottosistema a scapito degli altri per un periodo di tempo
prolungato. La direzione dell’organizzazione, contemporaneamente, non
può ignorare le esigenze e le pressioni provenienti dall’ambiente esterno.
Accettando il fatto che è importante sviluppare le capacità umane, ci
si chiede: che tipo di abilità un dirigente/manager dovrebbe possedere?
Innanzitutto, un manager dovrebbe comprendere perchØ le persone si
comportano come si comportano, quindi comprendere il comportamento
passato. In particolare analizzare le motivazioni che hanno spinto ad un
determinato comportamento è il punto focale su cui si concentra il mio
studio. Comprendere il passato non è sufficiente se si ha a che fare con il
controllo di altre persone, è ancora piø importante prevedere come si
comporteranno in futuro in condizioni ambientali simili o anche differenti.
Quindi il secondo livello di abilità è la capacità di prevedere il
comportamento futuro. Infine l’efficacia nel ruolo di manager si sviluppa
tutta nella capacità di indirizzare, modificare e controllare il
comportamento. Parlando di controllo non si vuole intendere
manipolazione, anche se oggi i due termini tendono ad essere associati e
assumono connotazione negativa. Se si pensa a cosa succede all’interno
della propria casa, con i propri figli, per i quali ci si preoccupa del tipo di
valori che sono per loro importanti, se fanno determinate cose o ne fanno
altre, ci si preoccupa in effetti di controllare il loro comportamento. Quindi
se ci si interessa di persone, ci si preoccupa per loro e si deve essere anche
manager di queste, è normale sentirsi responsabili della loro coesione, del
loro impegno e del tipo di rapporto che hanno con noi stessi. Se si vuole
Capitolo 1 - Le risorse focus
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che le persone si impegnino in determinate attività anzichØ in altre,
interessa in effetti controllare il loro comportamento. Accettare il ruolo di
manager significa accettare la responsabilità di incidere sul comportamento
altrui.
Se i manager sono in grado di comprendere, prevedere, indirizzare e
modificare il comportamento essi sono sostanzialmente degli esperti in
scienze comportamentali applicate. Questa scienza non è una scienza esatta
come lo è la fisica ad esempio. Non esistono principi o verità universali
quando si tratta di management perchØ gli individui non saranno mai
prevedibili al 100%. Tutto quello che le scienze comportamentali ci
possono dare sono degli strumenti per migliorare la nostra media di risultati
soddisfacenti e vincenti. In altri termini, le scienze comportamentali sono
scienze probabilistiche; nel management non esistono principi, ma solo
libri intitolati principi del management.
1.4 Imparare ad applicare la teoria
Imparare ad applicare le scienze del comportamento è grosso modo
come apprendere qualsiasi altra disciplina: ad esempio, come si impara a
colpire una palla da tennis? Si procede ovviamente per tentativi,
esercitandosi con assiduità ed impegno. Non esiste possibilità di imparare
semplicemente leggendo libri, neppure se scritti da persone acclamate in
questo sport, e neppure osservando direttamente filmati di qualche grande
giocatore. Certamente tutto ciò accrescerà la vostra conoscenza concettuale
dei movimenti, ma il vero apprendimento è una modifica del
Capitolo 1 - Le risorse focus
26
comportamento: ovvero essere capaci di fare qualcosa di diverso da quello
che si era capaci di fare prima. Se vogliamo apprendere qualcosa dobbiamo
provarci fisicamente e praticare quello che abbiamo appreso per farne un
nostro comportamento. Un avvertimento importante: che probabilità ci
sono che la prima volta che vi trovate con la racchetta in mano a tentare di
colpire una palla da tennis, rispondiate validamente all’avversario? Le
probabilità sono scarse. E nella teoria dell’apprendimento le cose vanno di
pari passo. Quando tenterete di comportarvi diversamente in base alla
teoria, sarete probabilmente meno efficaci che se utilizzaste il vostro
vecchio stile di comportamento, anche se nel lungo periodo il nuovo stile
avrà maggiori probabilità si successo. Per questo motivo spesso provare un
nuovo comportamento può portare al primo impatto a dire: “non funziona”.
Di conseguenza si comincia a reagire con ostilità all’opera di
apprendimento e nascono le razionalizzazioni per giustificare il fallimento,
come: “nella realtà le cose funzionano diversamente”, “non possono essere
messe in pratica”, etc. Questo tipo di atteggiamento rappresenta l’ostacolo
principale per i manager che tentano di trasformare in realtà la teoria della
scienza del comportamento, allo scopo di dirigere l’azienda in modo piø
efficace. Bisogna quindi che ci si renda conto che, proprio come per colpire
una palla da tennis, è indispensabile la pratica: le prime volte le probabilità
di successo sono decisamente scarse. Con la pratica, è ragionevole
prevedere che le probabilità di successo andranno aumentando
progressivamente.
Capitolo 2 - Teoria della motivazione
27
2 Teoria della
motivazione
Lo studio della motivazione
8
e del comportamento si pone l’obiettivo di
dare delle risposte ad interrogativi abbastanza complessi sulla natura
umana. In questo capitolo si cercherà di tracciare un quadro teorico che
possa aiutare a comprendere il comportamento umano analizzando i motivi
che spingono le persone ad agire. I motivi sono i “perchØ” del
comportamento e possono essere definiti come i bisogni, le esigenze, spinte
o impulsi interni all’individuo. Essi sono rivolti verso degli obiettivi che
8
Per approfondimenti si veda: Musco Rodolfo, Teoria e pratica dell’incentivazione, Annuario
dell’incentivazione, Ediman, Milano 1992.
Capitolo 2 - Teoria della motivazione
28
possono essere consci o inconsci e verranno approfonditi dettagliatamente
nel capitolo successivo.
Nel linguaggio comune termini che sono tecnici nel gergo della
formazione del personale come incentivare, promuovere, motivare,
inspirare e manipolare sono spesso confusi e usati in modo inappropriato.
Tuttavia quelle che sembrano piccole sfumature e differenze trascurabili
sono importanti peculiarità alla base dei temi che vengono trattati. Ritengo
quindi opportuno fornire nelle prossime pagine un excursus che chiarisca il
significato di questi concetti e li distingua in maniera adeguata.
La parola motivazione è utilizzata in maniera decisamente frequente nel
nostro linguaggio, ad esempio oggi sulla maggior parte degli annunci di
lavoro si richiede che il candidato abbia fra le doti essenziali una forte
motivazione, oppure cercando sul web o persino nelle riviste si può trovare
un numero infinito di annunci dove si propongono corsi per aumentare la
propria motivazione personale. La radice etimologica del termine
motivazione e degli affini “motivo”, “moto”, “motore” sembra ritrovarsi in
thymos, uno dei vocaboli usati da Omero per indicare lo spirito. Piø
precisamente è da un lato l’organo del movimento, della volontà che fa
agire l’individuo mettendo in moto le membra e i muscoli, dall’altro la sede
delle emozioni e, attraverso queste, del carattere. In questo senso già per i
pensatori greci, il moto fisico era indissociabile dal moto dell’animo.
Il termine italiano “Motivazione” deriva direttamente dal latino moveo,
ed ha il significato di “mettere in moto, muovere, agitare, scuotere”. In altri
termini, “motivare” vuol dire far compiere un atto a qualcuno. L’atto può
essere un’azione immediata oppure un comportamento, ovvero una serie di
azioni verso un risultato. Data questa premessa è opportuno suddividere la
spiegazione specifica dei significati che il termine motivazione acquista a
Capitolo 2 - Teoria della motivazione
29
seconda del quadro in cui si inserisce. In particolare si vuole distinguere da
un lato la scuola di pensiero dei sostenitori di campagne di incentivazione
di prestazioni professionali contrapposta dall’altro lato alla piø recente
scuola dei formatori professionali che mirano a svegliare e far eccellere le
qualità e potenzialità che una persona già possiede.
“Per l’industria, il frutto di una ricerca sugli
atteggiamenti nei confronti del lavoro sarebbe un
aumento della produttività, una diminuzione
dell’assenteismo e rapporti di lavoro piø tranquilli.
Per l’individuo, una comprensione delle forze che
portano a un morale piø alto comporterebbe una
maggior serenità e una maggior autorealizzazione”
9
.
2.1 Scuola d’incentivazione
2.1.1 Il guadagno sociale
Per definire l’incentivazione, le sue caratteristiche e il suo ruolo
nell’economia faccio riferimento alla definizione firmata Associazione
Italiana Società d’Incentivazione: “Per attività di incentivazione si intende
9
Herzberg, Mausner e Snyderman, The motivation to work, p. 9, 1959.