molteplici, in una fase di sviluppo in cui sono maggiormente
recettivi, dunque fruiscono di numerose opportunità di
strutturare i loro atteggiamenti e comportamenti generali,
stemperando l’influenza esercitata dai genitori, che invece
trascorrono meno tempo a contatto con i figli e generalmente
coincidente con le routine quali cena, visite dai parenti, ecc.
Dunque lo stile di vita familiare attuale priva di
occasioni per influenza il figlio e al contempo fornisce al figlio
la possibilità di sperimentarsi in relazioni e azioni
diversificate, sviluppando competenze cognitive ed emotive
che filtrano la valutazione generale della realtà, facendo in
modo che la percepiscano in modo complesso e
precocemente personalistico, svincolandosi dai criteri forniti
dai genitori.
Si tratta di figli meno meccanicamente plasmabili e meno
passivi, ma anzi più vigili e critici, in quanto cresciuti in
contesti complessi, maturando una percezione e delineando
precocemente le proprie preferenze e le proprie disposizioni
generali, invece che replicare fedelmente gli orientamenti dei
genitori, come poteva verificarsi nei sistemi patriarcali e
assimilabili clan, dove ciascun soggetto era legato da patti di
lealtà con il gruppo.
In un sistema familiare chiuso e isolato vi erano
maggiori occasioni di sviluppare il processo di imitazione,
mentre in una famiglia aperta, dove entrambe i coniugi sono
impegnati professionalmente e dove il figlio diversifica le sue
esperienze e le sue relazioni sin dalla prima infanzia, il figlio
ha modo di conoscere e assimilare altri sistemi di riferimento,
costruendone uno proprio, definendo la sua autonomia
cognitiva ed emotiva con largo anticipo e proponendosi egli
stesso come soggetto portatore di valori.
Un’ulteriore spiegazione emerge dall’adozione
dell’ottica dell’influenza reciproca: non è soltanto il genitore
ad influenzare il figlio, ma anche il figlio a moderare il
sistema valoriale dei genitori, agendo da elemento critico e di
confronto.
Vi sono, ad esempio, ambiti culturali, come quelli relativi
alla tecnologia e ai new-media, in cui i figli sono
maggiormente competenti e completamente svincolati dai
genitori, agendo, anzi, su di loro come catalizzatore di
svecchiamento e aggiornamento. Anche qualora il genitore
cercasse di influenzare il figlio, questi possiede dei criteri di
riferimento appresi in altri contesti e che impedisce
un’assimilazione acritica degli orientamenti genitoriali.
Un’ulteriore osservazione suscitata dai risultati di questo
dominio riguarda la sociologia della famiglia attuale e dei
soggetti appartenenti al campione, in cui convivono genitori
con figli adulti, che spesso svolgono attività lavorativa e
condividono con i genitori soltanto le routine, dunque pur
convivendo, si tratta di due nicchie valoriali scarsamente a
contatto, molto consolidate e diverse, dunque difficilmente
mescolabili.
Dall’analisi di questo dominio emerge dunque la
configurazione della famiglia attuale, che vede il figlio non più
come un essere dipendente e passivo, ma precocemente
autonomo e portatore di valori che oppongono resistenza ad
un processo di trasmissione unidirezionale di tipo top-down,
innescandone un altro simmetrico, di tipo bottom-up.
Conclusioni
Ora saranno sintetizzati i risultati analiticamente
riportati e discussi nei paragrafi precedenti, poi si rifletterà
sulle prospettive future della ricerca sulla trasmissione
culturale intergenerazionale.
Il lavoro di tesi si è articolato in due momenti: uno
teorico e uno sperimentale.
Il quadro teorico è stato fornito adottando un approccio
psico-sociale, che assumeva la famiglia come gruppo, dunque
come insieme di membri legati da vincoli, in questo caso
biologici e sociali.
Nel gruppo-famiglia, ciascuno occupa uno status, che
non si riduce soltanto a quello socialmente assegnato di
“genitore” e “figlio”, ma risiede in una diversa dominanza
rispetto agli altri membri. Si tratta dunque di una variabile
sociale che si è ipotizzato moderare il processo di
trasmissione valoriale.
Gli studi sulla trasmissione sono stati compiuti
soprattutto in ambito biologico, come ricerche
sull’ereditarietà, ma ancora scarsamente estesi all’ambito
sociale, dunque questo lavoro intendeva collocarsi in questo
nuovo filone di ricerca avviato da Cavalli-Sforza, teso a
quantificare la trasmissione di valori relativi ai domini
comportamentali generale, salutistico, politico e religioso.
Ciò senza pretendere di raggiungere un’esattezza pari a
quella delle scienze genetiche e naturalistiche. La ricerca ha
utilizzato, come base per l’interpretazione dei risultati, la
statistica psicometrica, che si è rivelata strategica per rendere
la psicologia una scienza e svincolarla dalla filosofia,
ottenendo dati da procedure rigorose e replicabili, con un
buon margine di validità e attendibilità.
È stato poi illustrato il costrutto della dominanza sociale,
illustrando anche gli studi su comportamenti e atteggiamenti
familiari, precisando le modalità di trasmissione della cultura
tra le generazioni e gli approcci con cui è stata finora studiata,
concludendo con una panoramica dello stato attuale delle
ricerche.
La seconda parte del lavoro è dedicata alla ricerca
sperimentale, compiuta coinvolgendo un campione di 35
famiglie, a cui sono stati inviati due questionari.
Quanto ai risultati della ricerca, sono state confermate
sia l’influenza dei genitori sui figli, sia il prevalente
contributo del genitore dominante.
Tuttavia, il grado di influenza dei genitori nel
trasmettere valori generali, salutistici, politi e religiosi a figli
si è rivelato piuttosto ridotto, soprattutto nei primi due
domini, suggerendo dunque l’intervento di ulteriori variabili,
soprattutto contestuali, a moderare l’acquisizione di valori.
Inoltre, la differenza tra i due genitori si è rivelata molto
netta riguardo al dominio politico e religioso, dove il genitore
dominante risulta notevolmente più influente di quello
sottomesso.
Per ciascun dominio sono state suggerite ipotesi di
spiegazione, riflettendo sulle modalità con cui poteva venir
trasmesso e sugli altri fattori che ne potevano neutralizzare o
potenziare l’ereditarietà. Si tratta di fattori soprattutto
extrafamiliari. Infatti, la possibilità di compiere esperienze
fuori dall’ambito familiare, relazionandosi precocemente con
figure di accudimento e con i pari, fa arrivare il figlio
all’adolescenza con un patrimonio cospicuo di valori
trasmessi da altri verticalmente adulti e obliquamente dai
mass-media, rendendolo un soggetto attivo, non facilmente
influenzabile dai genitori, anzi configurandosi lui stesso
come elemento di moderazione e di revisione del sistema di
riferimento genitoriale.
Dalla ricerca emerge l’immagine di una famiglia che ha
perso il ruolo di unico ambito di trasmissione dei valori, ma
che deve anzi competere con altre agenzie educative, e che
deve relazionarsi con un figlio non più passivo e dipendente,
ma precocemente autonomo nelle su preferenze e scelte.
La trasmissione concerne soprattutto riguardo a valori
che fondano un’identità gruppale, cioè politica e religiose,
che cioè risultano più discriminanti nel delineare un ingroup
rispetto ad un outgroup e dunque sono ereditati con più
frequenza e facilità rispetto ad altri domini che invece
pervengono ad un ambito più individuale e in cui il figlio
può maturare esperienze extrafamiliari in grado i orientarlo
e di sviluppare criteri di valutazione indipendenti da quelli
familiari.
A questo proposito scaturiscono ulteriori linee di
sviluppo della ricerca: innanzitutto, sarà opportuno
approfondire numero e genere di queste variabili
intervenienti che si frappongono nel processo di trasmissione
valoriale da genitori a figli, studiando le modalità con cui
agiscono, se cioè sono analoghe a quelle utilizzate dai
genitori oppure vengono assimilate in altri modi.
Dunque, la ricerca può esser completata comparando il
grado di influenza di queste variabili extrafamiliari con
quelle familiari.
Eventualmente, questi studi possono assumere una
prospettiva trigenerazionale, coinvolgendo anche i genitori
dei genitori, per valutare quali valori resistano per più di una
generazione e ipotizzare una spiegazione psicologica e
sociologica e soprattutto differenziare anche nei genitori dei
figli adolescenti quanta parte del patrimonio di valori sia
stata ereditata, quanta sia stata acquisita autonomamente,
quanta sia stata negoziata con il partner e quanta invece sia
stata costruita con il partner, infine quanti valori siano stati
elaborati in relazione con il figlio, poiché le caratteristiche di
quest’ultimo, come fa notare Belsky (1982), ad esempio il
temperamento, possono suscitare nel genitore atteggiamenti
e comportamenti specifici, dunque a “selezionare” solo alcuni
valori dal sistema.
In caso di più figli, comparare anche il grado di eredità
di ciascuno di loro, osservando anche lo status nella fratria, se
cioè vi è un figlio dominante che a sua volta può modulare la
trasmissione verso il figlio “sottomesso”.
Inoltre, è opportuno approfondire il processo di
trasmissione familiare nelle famiglie ricomposte dopo
separazioni e divorzi, quando i figli oscillano tra più nuclei
familiari, dunque sono esposti a contrastanti sistemi valoriali.
Può essere opportuno anche esplorare ulteriori domini
oltre ai quattro indicati da Cavalli-Sforza, eventualmente
soffermandosi su valori legati alla cultura di appartenenza,
poiché il peso di domini come la religione o la politica può
risultare diverso, nel senso che possono risultare più o meno
centrali in un comunità, dunque anche il processo di
trasmissione ai figli può essere modulato dal fervore con cui
si propagandano socialmente.
È possibile che la scarsa significatività dell’influenza sia
collegabile, infatti, alla scarsa centralità di alcuni domini in
una data società, dunque occorrerà comparare questi quattro
valori con altri, individuando quello più trasmesso in
ciascuna cultura.