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Capitolo 1
POSTURA
1.1 Definizione
La postura può essere definita come “la posizione del corpo nello spazio e la relazione spaziale tra i
segmenti scheletrici, il cui fine è il mantenimento dell’equilibrio (funzione anti-gravitaria), sia in
condizioni statiche che dinamiche, cui concorrono fattori neurofisiologici, biomeccanici, psico-
emotivi e relazionali, legati anche all’evoluzione della specie” (Scoppa, 2002).
Questa definizione racchiude i concetti di:
- Spazialità, intesa come la posizione del corpo nelle tre dimensioni dello spazio e la relazione
spaziale tra i suoi segmenti.
- Antigravitarietà, in quanto l’equilibrio posturale è la risposta alla forza di attrazione
gravitazionale.
- Equilibrio, definito come il rapporto ottimale tra soggetto e ambiente circostante, dove il
soggetto ricerca la postura più adeguata in risposta all’ambiente e al compito motorio da
svolgere, sia in condizione di statica che di dinamica.
Nella precedente definizione sono stati menzionati dei modelli di studio caratteristici della postura: il
modello neurofisiologico, il modello biomeccanico, il modello psico-emotivo. Per inerenza con
questa tesi andremo ad analizzare solamente i primi due modelli.
Nel modello biomeccanico vengono studiati i rapporti tra atteggiamenti corporei e forza di gravità,
l’organizzazione delle catene cinetiche e della statica in rapporto a complessi meccanismi
gravitazionali e a riflessi spinali e vestibolari. Secondo questo modello possiamo analizzare la postura
in con due punti di vista differenti:
- Statica, osservando i rapporti tra i vari segmenti corporei nello spazio.
- Biomeccanica, esaminando le sinergie muscolari e la meccanica articolare, in quanto variano i
punti di applicazione delle forze, momenti e la distribuzione dei carichi sui segmenti.
Il modello neurofisiologico è fondato sullo studio del tono posturale e delle funzioni di equilibrio. Il
sistema tonico posturale è derivato da una complessa serie di processi neurofisiologici basati sui
modelli di feed-back e feed-forward. Esso può essere concettualizzato in tre blocchi: input, “scatola
nera”, output. Come input abbiamo delle informazioni derivate da recettori posturali situati nel piede,
occhio, apparato stomatognatico, cute, apparato muscolo scheletrico, apparato vestibolare, etc. il cui
studio è stato ampiamente approfondito. Come “scatola nera” si può intendere il SNC che ha i compiti
di programmazione del movimento, di elaborazione dello schema corporeo e degli input,
riconducendoli a esperienze pregresse. Gli output sono rappresentati dall’equilibrio tonico posturale
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che consiste nell’attivazione di determinati gruppi muscolari. Questo sistema permette l’opposizione
alle forze di gravità ed a quelle esterne, mantenendo la stabilità del sistema corporeo in dinamica.
Una corretta postura è mantenuta attraverso una costante rielaborazione dei parametri della attività
muscolare, attraverso i meccanismi di feed-back e feed-forward, essenziali per mantenere il centro di
gravità (COG) all’interno della base di appoggio delimitata lateralmente dal margine laterale dei
piedi, frontalmente da una linea passante per gli alluci e posteriormente da una linea passante per i
calcagni. Il COG è in costante movimento sia per l’azione (sul corpo) di forze esterne, sia per i
movimenti causati dal movimento volontario. Questa oscillazione è necessaria e costante ed è la
dimostrazione dell’attività automatica utile per correggere gli spostamenti stessi. Il COG è il risultato
della somma vettoriale di tutti i vettori di forza agenti sul punto preso in considerazione, cioè il centro
di massa (COM), definito come il punto in cui si concentra tutta la massa del corpo in un sistema a
tre dimensioni. In statica il COG coincide con il centro di pressione (COP) identificato come il punto
in cui è localizzato il vettore risultante della reazione vincolare della superficie sulla quale è
appoggiato il corpo quindi risulta essere indipendente dal COM.
La condizione in cui un soggetto si trova in posizione verticale è rappresentata dal modello del
“pendolo inverso” (Fig. 1). In questo caso l’articolazione tibio-tarsica funge da perno, mentre il resto
del corpo coincide con la massa oscillante. È importante sottolineare che l’equilibrio è estremamente
instabile: sono sufficienti forze minime per spostare il COP dal punto ideale dalla base di appoggio.
Questa condizione di cambiamento continuo delle forze richiede un continuo adattamento del sistema
posturale, al fine di mantenere il COG all'interno della base di appoggio e, quindi, una corretta postura
Fig. 1 Modello del pendolo inverso (Winter et al., 2001).
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sull’asse verticale. Una situazione di instabilità favorisce una maggior dinamicità, in quanto una
struttura in equilibrio instabile può essere messa in movimento con un minor dispendio energetico
rispetto a una struttura con equilibrio stabile.
1.2 Controllo posturale
La gestione di questo equilibrio instabile è garantita dall’intervento coordinato e sinergico di
meccanismi archeo-propriocettivi, visivi e vestibolare. In statica intervengono attraverso delle
contrazioni toniche dei muscoli antigravitazionali, dove l’attività muscolare è minima in quanto la
maggior parte del peso viene scaricata al terreno. Mentre in dinamica il controllo posturale è reso più
difficoltoso dalle forze che agiscono per muovere il corpo.
Il sistema archeopropriocettivo, che ha sede nel cervelletto, permette di fornire informazioni, derivate
da corteccia motrice, recettori somato-sensitivi, ai centri nervosi a livello spinale, del tronco-
encefalico e dei suoi nuclei oltre che alle cortecce motrice, prefrontale, premotoria, prefrontale, ed
influenza direttamente il tono muscolare attraverso l’attività dei fusi neuromuscolari. In pratica
durante l’esecuzione di un movimento il cervelletto produce segnali correttivi, derivati dal confronto
tra la programmazione del movimento da eseguire con le informazioni sull’esecuzione del
movimento, rendendo così i movimenti più accurati e precisi, generando comandi motori con
meccanismo a feed-forward che vengono trasmessi ai sistemi motori discendenti del tronco encefalico
e della corteccia cerebrale. Questo sistema genera le risposte posturali più precoci. Inoltre, all’interno
del cervelletto si suppone che siano presenti modelli cinematici e dinamici interni, atti a contrastare
le forze generate dal movimento di un arto ed è in grado di modulare i propri modelli interni per
adattarsi agli effetti di queste forze.
Il sistema vestibolare sfrutta tre tipi di riflessi per stabilizzare occhi e corpo in caso di spostamenti
del capo:
- riflesso vestibolo-oculare di rotazione, che compensa la rotazione del capo ricevendo segnali
dai canali semicircolari;
- riflesso vestibolo-oculare di traslazione o riflesso otolitico, che compensa il movimento lineare
del capo ricevendo informazioni dai canali otolitici;
- riflesso vestibolo-oculare contro rotatorio, che compensa l’inclinazione del capo sul piano
verticale.
Essi sono in grado di rilevare accuratamente l’inizio del movimento e le sue variazioni improvvise,
tuttavia sono poco efficaci nelle compensazioni di movimenti traslatori e rotatori a velocità costante
e a basse velocità.
Attraverso il sistema vestibolare sono trasmesse delle informazioni riguardanti la velocità di
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Fig. 2 Il flusso dei segnali di base coinvolti nel controllo posturale (Takakusaki et al., 2017).
movimento del capo. Per il controllo posturale fornisce informazioni riguardo all’orientamento del
corpo rispetto alla verticale.
Il sistema visivo capta i micro-spostamenti della testa e attiva degli aggiustamenti posturali in grado
di ritornare alla posizione corrispondente all’immagine di partenza. Esso, integrandosi al sistema
archeo-propriocettivo e a quello vestibolare, migliora la precisione del controllo posturale riducendo
le oscillazioni latero-laterali e antero-posteriori del capo e fornendo informazioni sull’orientamento
del corpo, tuttavia nei movimenti volontari e negli squilibri improvvisi non porta alcun contributo
alle regolazioni posturali anticipatorie.
Inoltre, è importante ricordare che alcune anomalie del movimento possono essere causate da
patologie che interessano i nuclei della base, quali morbo di Parkinson, malattia di Huntington,
distonia e emiballismo (Shumway-cook e Woollacott, 2016).
Tutti questi sistemi e strutture hanno afferenze sul cervelletto e tronco encefalico che permettono un
efficacie mantenimento della postura, modulando i comandi discendenti al midollo spinale che
controlla arti e tronco.
In conclusione il controllo posturale è definito come “il controllo della posizione del corpo nello
spazio con il duplice obiettivo di stabilità e orientamento” (Shumway-cook e Woollacott, 2016),
intendendo per orientamento l’abilità di mantenere i corretti rapporti tra i segmenti corporei e per
stabilità l’abilità di controllare la posizione del COM in relazione alla base di appoggio.
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1.3 Controllo posturale durante l’esecuzione di un movimento volontario
Il controllo di un movimento volontario richiede il mantenimento di una postura di riferimento, che
può riguardare la posizione del corpo e/o dei suoi segmenti nello spazio oppure la situazione di
equilibrio per contrastare perturbazioni esterne e interne.
Qualsiasi movimento volontario, soprattutto se eseguito ad alta velocità, induce una perturbazione
posturale a causa di forze dinamiche inter-segmentali e anche dello spostamento del COG. Pertanto,
i movimenti volontari possono essere considerati perturbazioni posturali auto-generate che possono
essere previste in parte dal sistema nervoso centrale (SNC), che regola l’attività dei muscoli posturali
sia prima che dopo un determinato movimento.
Il SNC cerca di prevedere le perturbazioni posturali associate a un movimento pianificato e di
minimizzarle con delle correzioni anticipatorie, mentre le reazioni compensative si occupano delle
perturbazioni effettive dell’equilibrio che si verificano a causa dell'efficacia subottimale dei
componenti anticipatori.
Tali regolazioni consentono la stabilizzazione della testa e del corpo contro la gravità, il
mantenimento della proiezione del baricentro all’interno della base di appoggio e la stabilizzazione
delle parti del corpo che fungono da sostegno quando la altre sono in movimento.
L'esistenza di aggiustamenti posturali legati al movimento volontario è conosciuta sin dalla
pubblicazione di Babinski (1899) e molti studi hanno riportato cambiamenti nell'attività dei muscoli
posturali associati a movimenti volontari semplici o complessi.
Dunque, si possono distinguere due tipologie principali di aggiustamenti posturali:
- gli aggiustamenti posturali anticipatori (APAs), un meccanismo basato sulla predizione della
perturbazione (feed-forward);
- gli aggiustamenti posturali compensatori (CPAs), un meccanismo che entra in funzione quando
la perturbazione è avvenuta (feed-back).
Vi sono chiare differenze nella funzione e nella modalità di controllo di questi due gruppi di
cambiamenti associati nell'attività dei muscoli posturali.
Aggiustamenti posturali anticipatori (APA)
Gli APAs sono un meccanismo di controllo, di tipo feed-forward, della postura verticale. Sono stati
ipotizzati da Bernstein (1947) e descritti per la prima volta da Belenky nel 1967. Da quei lavori
pionieristici, gli APA sono stati studiati i giovani, persone sane e popolazioni con controllo posturale
compromesso (Aruin, 2002).
Gli APA sono risposte programmate che assicurano il mantenimento dell’equilibrio e sono generati
sulla base della previsione della perturbazione, quindi agiscono in movimenti volontari o quando si