INTRODUZIONE La ricerca si occupa di verificare se, un esercizio Squat Jump il cui sovraccarico è costituito dal 
25% del peso corporeo (SJ 25% BW), rappresenta un'intensità funzionale al miglioramento di forza, 
performance e struttura muscolare. In questa sede si è cercato di descrivere i tratti più salienti degli 
adattamenti al fine di fornire uno strumento di allenamento significativo e multidisciplinare. 
L'intenzione è di rappresentare graficamente i risultati di un periodo di allenamento di 8 settimane 
portato a termine da 15 soggetti maschi ed allenati. L'elaborato è composto da quattro capitoli:
nel Primo Capitolo viene inizialmente riportata un'ampia descrizione dell'anatomia microscopica 
del muscolo e della struttura del sistema neuro-muscolare, elementi fondamentali alla comprensione 
dei concetti successivi. In seguito l'attenzione si sposta sulle tre tipologie di forza principali (rapida, 
resistente ed esplosiva) e sull'importanza della forza stessa: non solo per l'incremento delle capacità 
specifiche di prestazione ma, anche, al fine di prevenire traumi e di equilibrare la postura.
Nel Secondo Capitolo sono esaminati i vari metodi di allenamento alla forza. Poichè essa, nei suoi 
vari tipi di manifestazione, rappresenta un fattore determinante nella prestazione in quasi tutti gli 
sport, al suo sviluppo specifico va attribuito un ruolo importante. I metodi di allenamento alla forza 
sono molteplici, e molteplici sono gli adattamenti che possono creare. Ecco perchè risulta 
importante soffermarsi su tale aspetto: il modello prestativo di ciascuno sport possiede sfumature 
che lo differenziano dagli altri, e per questo necessita di programmi di allenamento della forza 
specifici. 
Il Terzo Capitolo rappresenta il fulcro dell'elaborato in quanto si provvede a descrivere nel dettaglio 
l'allenamento di Squat Jump sostenuto dai partecipanti; si prosegue con la descrizione di ciascun 
test che i soggetti hanno eseguito prima e dopo il periodo di training. I test in causa sono: 30m test, 
20m shuttle test, T test, CMJ-SJ test, assorbimetria a raggi x a doppia energia (DEXA), Isokinetic 
test (Cybex), ecografia. Vengono presi in considerazione tutti i protocolli da noi utilizzati, ed infine, 
viene specificato l'oggetto della ricerca per ogni test. Nel medesimo capitolo figurano i risultati in 
forma numerica e grafica, con relativa discussione degli effetti ottenuti, motivando le modificazioni, 
createsi o meno, dopo il periodo di trattamento. Tali risultati sono posti a confronto con i risultati 
del gruppo di controllo ed infine vengono tratte le conclusioni.
4
PRIMO CAPITOLO 1. Anatomia microscopica del muscolo.
Il muscolo scheletrico è pricipalmente costituito da fasci paralleli di miociti che hanno la forma di 
lunghe fibre cilindriche avvolte da una lamina basale; le fibre hanno un diametro compreso fra i 10 
e i 100 nm ed una lunghezza che può andare da pochi mm a oltre 30cm ( Geuna S. et al., 2004 ).
L'elemento strutturale più abbondante nel citoplasma della fibra muscolare striata è la miofibrilla 
che si estende da un'inserzione tendinea all'altra della cellula muscolare. L'insieme delle miofibrille 
costituisce l'apparato contrattile della fibra. Le miofibrille sono costituite da elementi ripetitivi: i 
sarcomeri, che determinano la caratteristica striatura trasversale delle fibre muscolari. Usando un 
microscopio a luce polarizzata, le striature si presentano in forma di bande alternate, chiare e scure. 
Le bande scure ruotano fortemente il piano della luce polarizzata e sono dette bande Anisotropiche 
(bande A); le bande chiare ruotano poco il piano della luce polarizzata e sono dette bande 
Isotropiche (bande I). L'esame ultrastrutturale permette di identificare la banda A con la zona del 
sarcomero ove filamenti sottili (actina) e spessi (miosina) si sovrappongono. La banda I, con la zona 
formata solamente da filamenti sottili. 
Altri elementi strutturali della miofibrilla visibili con il microscopio elettronico sono: 
• LINEE Z (dischi che si estendono per tutto lo spessore della miofibrilla): l'unità contrattile 
del muscolo, il sarcomero, è la parte di miofibrilla conpresa tra due dischi Z;
• BANDE H: è la porzione centrale più chiara della banda A dove non arrivano i filamenti 
sottili;
• LINEA M: è l'insieme del materiale che collega trasversalmente i centri dei filamenti spessi 
di un sarcomero ed è quindi posta al centro della banda H.
All'interno di una fibra tutte le miofibrille sono in registro, cioè le bande A di ogni miofibrilla sono 
5
Figura 1: miofibrilla.
accostate alle altre bande A delle altre miofibrille e così per le bande I. Questa ordinata disposizione 
dà il caratteristico aspetto striato del muscolo. Alle estremità della miofibrilla, speciali proteine ne 
consentono l'attacco al sarcolemma ( Geuna S. et al., 2004 ). 
2. I diversi tipi di fibre muscolari.
Una particolarità della cellula muscolare o della fibra muscolare è l'esistenza di vari tipi di fibre 
(Nòcker, 1971; Mellerowicz, Meller, 1972; Saltin, 1973; Karlson et al., 1975).
Sempificando notevolmente, si distinguono due principali tipi di fibre muscolari: 
1. le fibre bianche (chiare), spesse e rapide, sono anche chiamate FT (fast twich = fibre di 
contrazione rapida). Questo tipo di fibre entra in azione soprattutto nelle sollecitazioni 
6
Figura 2: sarcomero rilasciato / contratto.
muscolari intense e di forza rapida.
2. Le fibre rosse, sottili e lente, vengono chiamate ST (slow twich = fibre di contrazione 
lenta). Questo tipo di fibre viene sollecitato nel lavoro muscolare di bassa intensità.
Tuttavia, per parlare di quali sono gli effetti dell'allenamento su queste fibre, tale esposizione 
semplificata non è più sufficiente.
Per valutare in modo preciso i diversi effetti dell'allenamento è necessario suddividere ulteriormente 
questi due tipi di fibre muscolari, sopratutto le fibre FT a contrazione rapida. Per questa ragione 
vengono classificati quattro tipi di fibre del muscolo scheletrico umano. 
1. Le già citate fibre ST, che vengono anche definite fibre I tipo.
Seguono poi tre diversi tipi o sotto categorie di fibre muscolari delle fibre FT, descritte 
precedentemente, che vengono anche chiamate fibre di II tipo, cioè:
2. le fibre di II tipo b
3. le fibre di II tipo a
4. le fibre di II tipo c che vengono anche chiamate fibre intermedie.
Queste fibre, oltre a mostrare una morfologia diversa, hanno anche una diversa funzionalità. La 
principale differenza morfologica e funzionale si spiega con la diversa presenza delle cosidette 
catene miosiniche leggere e pesanti. I diversi tipi di fibre di II tipo derivano dalla conbinazione di 
queste catene. 
Attraverso lo stimolo di allenamento si può controllare o sollecitare questo o quel tipo di fibra 
muscolare. Quindi, se si impiegano in modo finalizzato determinati contenuti e metodi di 
allenamento, si possono allenare in modo molto specifico i vari tipi di fibre muscolari che sono 
importanti per una determinata prestazione sportiva. In generale, non si arriva ad una 
trasformazione di fibre di tipo II in fibre di tipo I, ma ad un notevole spostamento all'interno dello 
spettro delle fibre di II tipo che è accompagnato da un riequipaggiamento e da una nuova 
combinazione delle catene leggere (Howald, 1982).
A seconda delle differenze della loro sollecitazione funzionale, i singoli tipi di fibre mostrano anche 
diversità nel loro metabolismo. Le fibre FT sono valenti per la ricchezza di glicogeno e di fosfati 
energetici ed il loro relativo corredo di enzimi, per la trasformazione di energia per via anaerobica, 
mentre, invece, le fibre ST sono, anche esse, ricche di glicogeno, ma soprattutto valenti per 
metabolismo aerobico. Ancora, in esse, il rapporto tra citoplasma e mitocondri è spostato a favore 
dei mitocondri. Inoltre vi si trovano attività più elevate degli enzimi del ciclo di Krebs e di queli 
preposti alla demolizione degli acidi grassi e, al contrario, hanno attività minore degli enzimi 
glicolitici (Keul, Doll Keppler, 1969).
Le fibre ST si differenziano da quelle FT nella loro attivazione nervosa. Le fibre ST vengono servite 
7
dai neuriti, a conduzione lenta, dai motoneuroni alfa di piccole dimensioni del midollo spinale che 
impressiona per il loro pattern discontinuo di impulsi, tipico delle attività motorie volontarie 
(Witterkopf, Marhold, Pieper, 1981). 
La dotazione o la distribuzione percentuale delle diverse fibre muscolari è geneticamente 
determinata. Nella stragrande maggioranza della popolazione, si trovano percentuali quasi uguali, 
ma in alcuni casi isolati la distribuzione percentuale può essere di 90:10 o di 10:90.
Gli individui dotati quanto sopra, lo sono unilateralmente (Hollmann, Hettinger, 1980). Negli 
sprinter nati prevalgono le fibre FT, nei resistenti quelle ST.
Si può anche supporre che l'inconsapevole inclinazione verso discipline di forza rapida o di 
resistenza possa essere messa in relazione con questa distribuzione ereditaria delle fibre (Saltin, 
1973). Questa distribuzione innata di fibre FT o ST non cambia con l'allenamento o cambia solo in 
condizioni estreme. Una trasformazione di fibre ST in fibre FT è improbabile. Infatti, la rapidità non 
può essere sottoposta a stimoli di allenamento che vadano nella sua direzione per periodo di tempo 
la cui durata sia paragonabile a quella della risistenza. Comunque, una volta interrotto l'allenamento 
alla resistenza, le fibre muscolari, che erano state temporaneamente trasformate, ritornano alla loro 
dipologia d'origine. 
3. Struttura e funzione del sistema neuro-muscolare.
Gli impulsi motori provenienti dalle cellule nervose (neuroni) del sistema nervoso centrale, tramite 
vie piramidali, attraverso i nervi efferenti, vengono trasmessi alle cellule del corno anteriore 
(motoneuroni alfa) del midollo spinale che, a loro volta, innervano la muscolatura scheletrica 
interessata. Il nervo motorio periferico, in prossimità del muscolo, si ramifica molte volte in singole 
fibre nervose che, attraverso una placca motrice (un tipo di sinapsi che rappresenta l'elemento di 
collegamento tra fibra nervosa e muscolo) innervano un determinato numero di fibre muscolari. Il 
complesso delle fibre muscolari che vengono servite da una cellula motoria del corno anteriore 
viene definita unità motoria.
8
Figura 3: placca motrice.
Il numero delle fibre muscolari che vengono servite da un motoneurone alfa varia a seconda del tipo 
e della funzione del muscolo. In muscoli grandi e potenti, ad esempio il m. Gastrocnemio il 
rapporto di innervazione tra cellule nervose è di 1/1600, mentre nei muscoli piccoli, che sono 
interessati a movimenti precisi e fini, il rapporto è solo di 1/10 (Feinstain, Lindegard, Nyman, 
1955).
Dal punto di vista funzionale le cellule nervose motorie non lavorano mai contemporaneamente. Il 
grado di intensità e di velocità di contrazione della muscolatura scheletrica viene modulato grazie a 
questi meccanismi (Witterkopf, Marhold, Pieper, 1981):
• la modulazione (differenziazione) precisa del movimento avviene aumentando la frequenza 
di scarica dei motoneuroni interessati;
• la modulazione (differenziazione) grezza del movimento viene ottenuta variando il numero 
delle unità motorie. Si parla di un maggiore o minore "reclutamento". Il massimo della forza 
realizzabile viene attuato attivando contemporaneamente tutte le unità motorie che si 
trovano in un muscolo e sincronizzando, per breve tempo, la loro attività;
• la variazione della velocità di movimento avviene attivando, grazie alla diversa soglia di 
stimolo dei vari motoneuroni, unità motorie speciali (fibre FT-ST: grandi e piccole unità 
motorie). I grandi motoneuroni alfa con una più elevata frequenza di scarica e minore 
eccitabilità vengono attribuiti alle fibre FT, quelli piccoli, con minore frequenza di scarica e 
più elevata eccitabilità, alle fibre ST (Duchateau, 1992).
Tramite l'allenamento l'atleta acquisisce la capacità di attivare contemporaneamente più unità 
motorie di muscolo e, quindi, la capacità di poterle contrarre; in questo caso si parla di 
miglioramento della coordinazione intramuscolare. Rispetto a soggetti non allenati, che possono 
impiegare solo un numero limitato di fibre muscolari contratte sincronicamente, la forza muscolare 
globale è significativamente più alta e può arrivare anche al 100% delle possibilità esistenti 
(Fukunaga, 1976; Bùhrle, Schmidtbleicher, 1981). 
4. Definizione del concetto di forza.
La definizione del concetto di forza nell'ambito della fisica, nello sport, la formulazione di una 
definizione precisa presenta notevoli difficoltà in quanto i tipi di forza, di lavoro muscolare, di 
tensione muscolare sono molto numerosi e vengono influenzati da diversi fattori. Quindi, una 
spiegazione volta a definire il concetto di forza può essere possibile solo se messa in relazione con 
queste tipologie di manifestazioni della forza ( Weineck J., 2009 ).
9
5. Le tipologie di forza.
La forza, o le sue diverse forme di manifestazione, possono essere trattate sempre sotto l'aspetto 
della forza generale e speciale . Per forza generale si intende la forza di tutti i gruppi muscolari 
indipendentemente dallo sport praticato. Per forza speciale , invece, si intende la forma di 
manifestazione della forza tipica di un determinato sport, con conseguente reclutamento dei gruppi 
muscolari specifici che partecipano a quel determinato movimento sportivo. 
È possibile ricavare tre pricipali forme di espressione della forza: la forza massimale , la forza 
rapida e la resistenza alla forza (Letzelter, 1972). É errato considerare che le varie tipologie di forza 
si manifestino a compartimenti stagni o in forma pura, quando, invece, avviene sempre una 
combinazione di queste forme, sfumata dai condizionamenti soggetivi e dalla prestazione. 
5.1. La forza massimale.
La forza massimale rappresenta la massima forza possibile che il sistema neuromuscolare ha la 
possibilità di esprimere in una massima contrazione volontaria ( Weineck J., 2009 ). Tale forza 
dipende da varie componenti: la sezione trasversa del muscolo, la coordinazione intermuscolare 
(coordinazione tra i muscoli che lavorano insieme in un movimento) e la coordinazione 
intramuscolare (la coordinazione interna del muscolo). 
Ancora più elevata della massimale è la forza estrema che rappresenta la somma tra la forza 
massimale e le riserve di forza che possono essere utilizzate in condizioni streme (vita in pericolo 
ecc.) (Weineck J., 2009 ).
La differenza tra forza estrema e forza massimale è definita deficit di forza che, a seconda dello 
stato di allenamento, puà oscillare tra il 30% (soggetto non allenato) ed il 10% (soggetto allenato). 
Empiricamente essa può essere determinata servendosi della differenza delle prestazioni di forza 
muscolare isometrica ed ecentrica (Letzelter, 1986) o confrontando la forza massima isometrica con 
10
Figura 4: espressione di forza 
massimale.
quella prodotta da un'elettrostimolazione massima (Duchateau, 1993). Più la forza eccentrica o 
quella provocata dall'elettrostimolazione supera quella isometrica, più scarso sarà il livello di 
allenamento del soggetto. 
Nella forza massimale si distinguono quella statica e quella dinamica . La forza massimale statica , 
secondo Frey (1977), rappresenza la massima forza che il sistema neuromuscolare può esprimere 
con contrazione volontaria contro una resistenza insuperabile. La forza massimale dinamica , 
rappresenta la forza massima che il sistema neuromuscolare riesce ad esprimere durante un 
processo di movimento. In merito si possono distinguere la forza massima dinamica positiva 
(concentrica) e la forza massima dinamica negativa (eccentrica).  Un miglioramento della forza 
massima può essere ottenuto agendo su una di queste tre componenti. 
Dal punto di vista energetico, un ruolo decisivo nella produzione di forza massima spetta ai fosfati 
quali ATP (Adenosin-Trifosfato) e CP (Fosfo-Creatina) la cui rottura dei legami determina la 
liberazione di molta energia per pochi secondi. Infatti, come dimostrato da Bergstrom et al. (1971), 
un carico massimale eseguito fino ad esaurimento, porta rapidamente (t<15'') ad un eccessivo 
aumento del lattato intracellulare e quindi ad una conseguente diminuzione della prestazione. 
5.2. La forza rapida.
La forza rapida comprende la capacità del sistema neuromuscolare di muovere il corpo e le sue parti 
opppure oggetti alla massima velocità possibile ( Weineck J., 2009). I movimenti di forza rapida 
sono diretti da un programma motorio, cioè si svolgono secondo un programma che è 
immagazzinato nel sistema nervoso centrale. Per questo tipo di movimenti, gli atleti di talento, 
dispongono del cosiddetto "programma motorio di tempo" breve , mentre quelli meno dotati 
dispongono di un programma lungo. Tali programmi possonno essere influenzati dall'allenamento 
fino ad un certo punto; essi sono specifici per quel dato movimento, non per un'altro (Bauersfeld, 
1992). I programmi brevi si caratterizzano per il fatto che, in essi, troviamo impulso rapido diretto 
ai muscoli principali. Il pattern di attivazione nervosa è contraddistinto da fasi intense di pre-
attivazione, da una rapida salita dell'attività principale e da una cancentrazione dell'attività della 
prima metà della fase di lavoro, come anche da una buona attivazione dei muscoli principali. Grazie 
alla pre-attivazione migliora la capacità di reazione dei fusi muscolari, ovvero si producono una 
maggiore stifness ed elasticità del muscolo. La rapida salita dell'attività crea presupposto per una 
contrazione rapida e potente ( Weineck J., 2009).
Il pattern di attivazione del programma di tempo lungo non mostra un rapido controllo dei muscoli 
principali. Le fasi di pre-attivazione sono meno evidenti o mancano completamente ed il resto 
dell'attività viene interrotto da fasi di sua diminuzione (Bauersfeld, 1992). 
11