Introduzione Nel presente lavoro ci occuperemo del disturbo del linguaggio infantile quale
espressione del disagio infantile manifesto, e dell’infuenza che gli aspetti psicologici e
socio-familiari hanno su di esso.
La scelta di tale argomento è nata dalla constatazione dell’esistenza di svariate
modalità per comunicare e, conseguentemente, per esprimere specifiche forme di
malessere. Infatti nel lavoro dei Servizi Sociali gli operatori entarno in contatto con
persone in specifiche situazioni di disagio la cui analisi del bisogno può avere talvolta un
grado maggiore o minore di difficoltà. Questa complessità dipende dalla necessità per i
professionisti di considerare la “storia” del soggetto portatore di un bisogno così da
farne emergere: la natura, le carattersistiche fondamentali e i significati. In particolare,
questi ultimi non sono sempre espliciti; talvolta la richiesta di aiuto avanzata dal
soggetto, che è entrato in contatto con i Servizi, può non corrispondere al suo reale
bisogno che invece è rimasto latente. Vedremo che tali difficoltà sono ancor più
evidenti nei casi di disagio infantile dato che il bambino, entro i 5 anni, non riesce a
mentalizzare un eventuale malessere, bensì lo esprime attraverso il corpo. Il lavoro
degli operatori in questi casi verte sulla conoscenza del significato di uno specifico
comportamento manifesto così da avere gli elementi per attivare un buon processo di
aiuto .
All’inizio partiremo dall’analisi dello sviluppo linguistico infantile: le varie
tappe evolutive, i tre livelli di comunicazione possibili e gli approcci teorici elaborati a
proposito, soffermandoci sugli autori che studiarono il processo comunicativo e
sottolineandone i principali aspetti.
Esploreremo lo sviluppo del linguaggio atipico e le varie tipologie di disturbo
specifico di natura non organica: da quello espressivo a quello della ricezione , con la
distinzione delle varie forme (fonetica-fonologica, lessicale-semantica, morfo-sintattica
e della competenza narrativa).
Approfondiremo la relazione che intercorre fra linguaggio e pensiero, passando
quindi all’infuenza che questo ha sull’espressione comunicativa. Spesso non ci
rendiamo conto della rilevanza che le caratteristiche del contesto con cui il bambino
entra in rapporto possono avere sulla sua rappresentazione della realtà e sul suo
benessere psichico.
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Ogni bambino è unico, come unico è il modo con cui vive determinate
situazioni: divorzio o separazione, maltrattamenti o abusi, malattie o altri eventi che
rompono l’equilibrio del sistema familiare di riferimento. Qui ci occuperemo dei fattori
da cui dipende tale differenziazione (Tipo di attaccamento infantile, Stile genitoriale,
Ambiente di riferimento), dall’infuenza che questi possono avere nel provocare una
disfunzionalità comunicativa e delle risposte che i Servizi possono offrire.
In particolare verrà sottolineato il lavoro dei TSMREE (Tutela della Salute
Mentale e la Riabilitazione in Età Evolutiva) nei casi sopra citati e la Terapia
Logopedica attivabile nel Progetto di Intervento costruito in seguito alla presa in carico
della situazione specifica.
Vedremo poi che in casi di questo tipo la formulazione di un proficuo percorso
di aiuto non può astenersi dall’interdipendenza fra i vari professionisti del Servizio per
esplorare ogni dimensione del soggetto portatore di bisogni. Generalmente si pensa
che il disturbo del linguaggio, in quanto ostacolo alla conduzione di una vita
“normale”, debba essere affrontato clinicamente; tuttavia l’individuo è sintesi di varie
dimensioni oltre a quella fisica - affettiva, sociale, biologica -, e l’espressione di un
disagio va affrontata rispetto ad ognuna di queste sfaccettature. Qui si cercherà di
dimostrare proprio come gli operatori dei Servizi (Logopedisti, Assistenti Sociali,
Psicologi e Neuropsichiatri) lavorano insieme per rispondere al bisogno secondo
ognuno di questi aspetti.
Infine, verrà presentato un caso specifico riguardante un episodio di disturbo
linguistico espresso da una bambina di 4 anni in seguito alla separazione dei genitori e
condizionato dalle particolari caratteristiche socio-familiari, che sintetizza
compiutamente il tema di questa tesi.
In sintesi, si constaterà che, in qualsiasi lavoro di terapia di un disagio espresso,
è impossibile alienarsi dalla personale storia del soggetto e dal suo ambiente di
riferimento: qualsiasi progetto terapeutico deve necessariamente prendere in
considerazione questi fattori per poter affrontare e risolvere le dinamiche psicologiche.
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Capitolo 1
Sviluppo del linguaggio normale e atipico
1.1 La comunicazione dalla nascita e i suoi significati La comunicazione è quel “filo conduttore” che ci lega e apre all’esterno, tuttavia
spesso non ci rendiamo conto di quanto la “comunicazione” ci circondi continuamente,
anche quando magari siamo seduti alla fermata della metropolitana aspettando il
nostro treno.
Lo psicologo Albert Mehrabian
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portò avanti, durante gli anni Settanta, alcuni
studi sulla comunicazione face to face, e concluse che la comunicazione generale può
essere espressa su vari livelli e con diverse percentuali:
1. La forma verbale occupa il 7% della comunicazione complessiva e riguarda
le parole espresse a voce durante una qualsiasi attività dialogica;
2. La forma paraverbale o aspetto vocale occupano il 38% della comunicazione
globale e si riferisce alla modalità con cui utilizziamo le parole socialmente
convenzionali: quindi il tono, la velocità, il timbro;
3. La forma non verbale comprende il 55% di tutta la comunicazione espressa
e riguarda gli aspetti dello scambio comunicativo non basati sul messaggio
verbale: ne sono un esempio la postura e le espressioni del viso.
È evidente la ricchezza di fattori comunicativi presente in una situazione che
vede più individui incontrarsi, ciascuno con propri pensieri, esperienze, culture ed
emozioni, e condividere uno spazio definito in un preciso momento storico.
Fra le tre aree sopra evidenziate quella che più ci ha interessato e che vorremmo
approfondire in questo lavoro è la terza, e in particolar modo i fattori che la
infuenzano, il tipo di rapporto che può avere con la comunicazione verbale, e la sua
importanza nel caso di bambini con un disturbo o ritardo del linguaggio.
Marina Baldassarre
2
a questo proposito afferma che “l’organizzazione della vita
psichica, la formazione della coscienza e della personalità, dei sentimenti, delle idee e
dei comportamenti ci consentono di comunicare con gli altri. Il linguaggio”, spiega, “si
rivela il mezzo elettivo negli scambi interpersonali e con l’ambiente. Sicuramente la
1
Articolo Il linguaggio del corpo, in www.linguaggiodelcorpo.it/cnv/ , sito a cura di Marco Pacuri
(ultima consultazione 16 nov 2010)
2
M. Baldassarre, Come nasce il linguaggio, in Disturbi del linguaggio. Comunicazione e aggressività,
a cura di Baldassarre M – Cianciusi L – Patrini P. (Quaderni di psicoterapia - I.R.E.P.), Roma, Alpes,
2007
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parola risulta il mezzo più incisivo per evocare le emozioni, il cui sviluppo dipende
dalle strutture possedute dall’individuo e dall’infuenza del mondo esterno”.
Tuttavia prima di arrivare ad approfondire tale argomento sembra importante
iniziare con una breve analisi dello sviluppo evolutivo “normale” del linguaggio,
cosicché il confronto possa risultare più corretto e organico possibile.
Dal punto di vista biologico, l’espressione della parola è possibile grazie alla
formazione della guaina mielinica dei nervi durante il quinto mese dello sviluppo fetale.
Questa guaina, la cui funzione principale è la corretta conduzione degli impulsi
nervosi, consiste in un involucro protettivo che ricopre gli assoni dei neuroni ed è
formato da una catena di cellule (denominate cellule di Schwann ). Gli assoni sono i
lunghi prolungamenti del nucleo della cellula neuronale ed ogni neurone è un’unità
funzionale del Sistema Nervoso, il quale ha l’onere di raccogliere e riconoscere gli
stimoli provenienti dall’ambiente esterno e dall’interno dell’organismo e di elaborare le
informazioni ricevute.
Dopo la nascita lo sviluppo del linguaggio può essere suddiviso in quattro fasi:
dalla Pre-linguistica (0-6 mesi) alla Monoverbale (6-18 mesi), dalla fase del linguaggio
telegrafico (18-24 mesi) a quello dell’ acquisizione grammaticale (24 –36 mesi). Bisogna
tuttavia sottolineare che la classificazione temporale è molto fessibile perché
direttamente proporzionale alla stimolazione e all’adeguatezza dell’ambiente i cui il
bambino è inserito. In tal senso Spitz condusse vari studi su bambini istituzionalizzati
alla nascita, concludendo che la deprivazione di cure materne, o di una figura che ne fa
le veci, può provocare gravi effetti sul carattere del bambino fino a comportare ritardi
dello sviluppo psico-motorio e disturbi psicologi 3
.
La prima è la fase prelinguistica : all’inizio il bambino utilizza una comunicazione
non intenzionale costituita da “segnali comunicativi”, come il grido, il vocalizzo, il
sorriso. Questi sono effetti organici e solo in seguito acquistano il valore di segno sotto
l’azione dell’ambiente, come reazione ad uno stimolo. In linea generale possiamo,
infatti, dire che il linguaggio è frutto dell’interazione di fattori strutturali biologici e
psico-sociali, e questo rapporto è alla base dello sviluppo psichico dell’individuo.
È durante il primo anno di vita, affermò Piaget
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, che il bambino acquista la
capacità di produrre segnali con lo scopo di comunicare, e ciò avviene grazie
all’assegnazione di uno specifico significato ad uno specifico segno . In questo modo si
sviluppa un sistema di azione-reazione cha avvia il processo comunicativo tra il
bambino e l’ambiente, e più distintamente con la figura materna. Questa risponde ai
3
J. Bowlby, Una base sicura , Milano, Cortina, 1989
4
Piaget J., La costruzione del reale nel bambino, Firenze, La Nuova Italia, 1979
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