4
INTRODUZIONE
L’elaborato si propone di studiare in che modo l’evento della separazione e del
divorzio dei genitori influenzi lo sviluppo psicologico dei figli, in particolare nei
casi in cui sono già presenti situazioni conflittuali, sia precedi alla decisione di
separarsi che nella fase successiva.
Il primo capitolo dell’elaborato analizza l’incremento del fenomeno della
separazione coniugale all’interno del contesto italiano, e a tal proposito Cigoli
(1998b) definisce «fase storica» la situazione tipica della famiglia e del contesto
socioculturale attuale. In particolare, all’interno del testo si fa riferimento ai dati
Istat, che evidenziano la crescita del fenomeno in esame, attraverso il confronto
dei dati del 2011 con quelli relativi all’anno 1995.
Tra gli autori che hanno studiato la separazione coniugale dal punto di vista
psicologico ricordiamo Bohannan (1973) e Kaslow (1981). Entrambi hanno
approfondito il fenomeno della separazione e del divorzio individuando al loro
interno una serie di fasi. Secondo Bohannan, nello specifico, le coppie che si
separano devono attraversare sei fasi per l’elaborazione del momento separativo.
L’altro modello studiato è quello proposto da Kaslow, che prevede una relazione
tra le emozioni e il comportamento agito dagli ex partner nelle diverse fasi del
processo separativo. Entrambi gli autori studiati sostengono l’importanza della
conclusione di una fase prima dell’inizio della fase successiva, al fine di evitare
stati di malessere. Tale stato di malessere è esprimibile con la definizione di
“legame disperante” di Cigoli (1988), in cui gli ex coniugi cercano di mantenere
il legame attraverso il conflitto.
Un altro tema importante affrontato è la genitorialità, da cui derivano
accomodamenti sia di tipo organizzativo che relazionale, per dirla con Cusinato
(1994). Erikson (1982), invece, considera la generatività come uno degli stadi
evolutivi e la definisce come la capacità di preoccuparsi e di prendersi cura (take
care of) in modo responsabile di ciò che è stato generato. Scabini e Cigoli (2000)
5
sostengono che l’obiettivo primario della genitorialità è dare origine al “patto
genitoriale”, cioè l’assunzione da parte della coppia di una responsabilità
condivisa. Secondo altri studiosi, qui presi in esame, la genitorialità può essere
definita come una “funzione processuale composita” (Fava Vizziello, 2003) che
emerge dall’interazione tra quel particolare figlio e quel genitore (Stern. 1985).
All’interno del capitolo è stato analizzato, con riferimento ai dati Istat, il
cambiamento sociale legato alla genitorialità, ed in particolare la diminuzione
della media di figli. Questo aspetto sembra determinare dei risvolti psicologici in
quanto un numero ridotto di figli generati all’interno della coppia potrebbe dare
origine ad un “concentrato emozionale” in quanto vengono caricati di aspettative
troppo alte da parte dei genitori (Scabini, Cigoli, 2000). Anche le funzioni
genitoriali non si presentano più così distinte come qualche anno fa, tanto che
Shapiro, Diamond e Greenberg (1995) parlano di “new nurturant father” cioè
una figura paterna più vicina ai bisogni dei figli.
All’interno della famiglia divisa la genitorialità acquista ancora più valore in
quanto, anche se un divorzio comporta la rottura del sottosistema coniugale, il
sottosistema genitoriale deve restare intatto il più possibile. Pertanto ciò
determina la necessità per gli ex coniugi di riconoscere e rispettare il ruolo
dell’altro genitore e collaborare per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio
della genitorialità (Malagoni Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002). Considerando
che il divorzio richiede per i figli uno sforzo adattivo supplementare, l’assenza di
uno dei due genitori rappresenta per essi un danno (Vito, Vitolo, Nardini, 2005).
Il secondo capitolo dell’elaborato si concentra sulla crisi vista come un elemento
presente in tutte le famiglie, il cui superamento va a determinare il segno della
salute psichica e dell’impegno nella relazione, così come sostenuto da Cigoli
(1998) e da Walsh (1988).
Nell’interno dell’elaborato vengono analizzate le possibili cause che
determinano situazioni di crisi coniugale, in particolare tra esse ricordiamo
quanto sostenuto da Quadrio e Buzzi (1994) i quali sostengono che talvolta i
comportamenti e i problemi dei figli possono causare situazioni di conflittualità
coniugale. All’interno della letteratura su questo tema viene sottolineato il
contributo di Cigoli, che ha individuato due filoni di ricerca: uno guidato dal
6
paradigma di “controllo-adattamento” e un secondo, guidato da teorie
psicodinamiche, definito di “responsabilità-appartenenza”.
Inoltre tra gli studiosi ritroviamo Francescato (1992) che sottolinea come la
difficile gestione della differenza tra i coniugi sia un’altra delle cause di crisi
coniugale. All’interno delle dinamiche della crisi di coppia centrale risulta essere
il tema del conflitto che, come sottolinea Parkinson (2005) non è né positivo, né
negativo, bensì è una forza necessaria per il cambiamento. La negatività del
conflitto consiste nella reazione negativa che è capace di generare, pertanto
risulta importante soprattutto il modo in cui l’energia generata dal conflitto viene
gestita. Tra gli autori che hanno studiato il conflitto coniugale ricordiamo
Mosconi (2008) che ha introdotto le dimensioni alla base del conflitto coniugale
con un modello multidimensionale definito il “Quadrilatero Sistemico”.
All’interno del capitolo sono state analizzate anche le varie forme di separazione
e divorzio previste dall’ordinamento giuridico italiano e le diverse tipologie
studiate dal punto di vista psicologico. Tra quest’ultime ricordiamo la
classificazione di Kressel et al. (1980) e di Cigoli (1984).
Anche se l’esperienza della separazione risulta essere difficile per i figli, vari
autori tra cui Hetherington, Cox e Cox (1978) hanno sostenuto che una famiglia
conflittuale anche se integra è maggiormente nociva di una famiglia divisa ma
stabile e serena. Francescato et alii (1993) hanno il merito di aver svolto i primi
studi in Italia in relazione a questo tema.
Stabilire quando il conflitto è tale da determinare problemi psicologici ai figli è
difficile, alcuni studiosi come (Emery, 1994, Block, Block e Gjerde, 1988,
Schaffer, 1990) sostengono che le tensioni incidono sul senso di sicurezza dei
figli e sul loro equilibrio psichico. Il ruolo della sicurezza emotiva dei figli,
determinata dal conflitto, risulta importante sia per Kelly (2000) che per Davies e
Cummings, (1994), i quali hanno proposto il Modello della Sicurezza Emotiva.
Altro modello studiato è quello Cognitivo-Contestuale di Grych e Fincham
(1990), e il modello delle Emozioni Specifiche proposto da Crockenberg e
Langrack (2001).
Secondo Oliverio Ferraris (2005) il modo attraverso cui i genitori trasmettono la
loro decisione di separarsi ai figli può suscitare paure o contenere ansia. Da non
7
sottovalutare è il processo che potrebbe portare ad invertire il potenziale
generazionale (Boszormenyi-Nagy e Spark, 1973) derivato da una distorsione
soggettiva del rapporto per cui chi la agisce si rapporta al figlio come se costui
fosse (in modo fantasmatico) il proprio genitore.
Inoltre vengono prese in esame le situazioni in cui, di frequente gli ex coniugi
trasformano il proprio figlio in alleato nella guerra contro l’altro coniuge, col
rischio per i figli di trovarsi al centro di strumentalizzazioni e conflitti di lealtà
(Byrne, 1989).
Nel terzo capitolo sono state studiate le variabili più importanti che influenzano
le reazioni e lo sviluppo psicologico dei figli conseguentemente alla separazione
genitoriale. Come evidenziato in alcune ricerche, in particolare di Hetherington,
Law e O'Connor (1993) il genere dei figli risulta una variabile importante nella
separazione genitoriale, in quanto l’influenza della separazione è
qualitativamente diversa tra i maschi e le femmine, nonostante sia possibile
riscontrare effetti comuni tra i due sessi. In riferimento a tale tema ricordiamo in
particolare la “theory sex-role” di Amber (1982), che fa riferimento ai conflitti di
lealtà a cui sono soggetti i figli che vivono con il genitore di sesso opposto.
L’età rappresenta la variabile più importante, per tale motivo all’interno
dell’elaborato è stato effettuato uno studio dettagliato in riferimento a come lo
sviluppo dei figli, in ogni sua fase (prima della nascita, prima infanzia, età
prescolare, età scolare, preadolescenza, adolescenza) fosse influenzato dalla
separazione e dal divorzio dei genitori.
Altra prospettiva considerata nello studio dei fattori che influenzano lo sviluppo
psicologico dei figli in seguito alla separazione e al divorzio dei genitori è quella
della resilienza, cioè la capacità dell’individuo o di un sistema sociale di
svilupparsi positivamente e in maniera accettabile, nonostante forme di stress o
di assertività che comportano un alto rischio di risultati negativi (Rutter, 1970;
Zani e Cicognani, 1999, pp. 116-117). La resilienza è basata su due costrutti:
fattori di rischio che identificano le probabilità attese di un cattivo adattamento
(Garmezy, 1993; Masten, 1994; Rutter, 1988), e fattori di protezione che
risultano importanti per contrastare gli effetti dei fattori di rischio delle
circostanze avverse della vita, favorendo un buon adattamento.
8
Il quarto ed ultimo capitolo fa riferimento ai possibili comportamenti che i
genitori possono mettere in atto in seguito alla separazione. In particolare
vengono analizzati alcuni comportamenti anomali che possono esser ricondotti a
delle sindromi come la PAS (Parental Alienation Syndrome) individuata da
Gardner (1985), e tradotta in italiano come la Sindrome da Alienazione Parentale
da Gulotta e Buzzi nel 1998; la Malicious Mother Syndrome (Sindorme della
Madre Malevola) elaborata dalla prof.ssa Ira Daniel Turkat(1995), e la Malicious
Parent Syndrome (Sindrome del Genitore Malevolo) (Turkat, 1999); la Sindrome
del Genitore Deprivato dei Diritti descritta da Rowles (2003); e il Complesso o
Sindrome di Medea descritto da Jacobs nel 1988 e da Wallerstein J.S. e
Blakeslee nel 1989.
In conclusione, analizzando uno studio longitudinale effettuato da Paul R. Amato
e Jacob Cheadle (2005), vengono valutate le conseguenze che il divorzio della
prima generazione può comportare, non solo sulla generazione immediatamente
successiva, ma anche sulla terza generazione.
9
CAPITOLO I
LA SEPARAZIONE: TRASFORMAZIONE DELLA FAMIGLIA
1.1 LA TRASFORMAZIONE DELLA FAMIGLIA IN ITALIA
La separazione personale dei coniugi va considerata come un evento che sfocia
nella rottura della relazione stessa. Come sottolinea Cigoli (1998b), essa si può
definire come una “fase storica”, cioè tipica della famiglia attuale e del contesto
socioculturale nel quale viviamo. Giuridicamente, il periodo di separazione
rappresenta un momento di pausa e di riflessione, al termine del quale i coniugi
possono riprendere la convivenza coniugale, possono prendere coscienza
dell’irreversibilità della loro decisione e di conseguenza procedono con il
divorzio, oppure decidere di non riprendere la convivenza ma anche di non
procedere con lo scioglimento definitivo del matrimonio, in tal caso la
separazione rappresenta la soluzione definitiva.
Le forme di separazione legale previste dal nostro ordinamento sono di due tipi:
a) giudiziale, b) consensuale.
In ambito sociale, negli ultimi anni il fenomeno in analisi ha assunto dimensioni
notevoli ed è in aumento costante. Se fino a qualche tempo fa l’evento colpiva
l’Italia solo in maniera marginale, dai dati Istat del 2011 si evince che il nostro
paese sta seguendo l’andamento degli Stati Uniti e di altri paesi dell’Europa
(Istat).
Nel 1995 le separazioni, in Italia, sono state 52323 e i divorzi 27038, dopo meno
di venti anni (nel 2011) si segnalano 88797 separazioni e 53806 divorzi. Altro
dato in costante aumento è quello relativo ai casi in cui nelle separazioni sono
coinvolti i figli. Sempre nel 2011 l’Istituto nazionale di Statistica ha contato
63947 separazioni e 33719 divorzi in cui sono coinvolte coppie con figli.
Maggiormente colpito, da questo fenomeno, è il Nord Italia, ma negli ultimi anni