Il mio obiettivo è stato quello di analizzare la TV, prendendone in
considerazione gli aspetti positivi e gli aspetti negativi. Per quanto riguarda i
primi, ho provato a definire la televisione come una specie di “tappeto volante”,
che trasporta lo spettatore nei mondi più diversi e tra le più svariate meraviglie.
La TV ha il potere di farci conoscere e scoprire cose nuove. L’immagine
proiettata, dunque, può essere vista non soltanto come strumento di distrazione
ma anche come fonte di cultura.
Dall’altro lato ho voluto sottolineare quegli effetti negativi che solitamente
vengono attribuiti alla TV: è diseducativa, cattiva maestra, manipolatrice…ecc.
Tuttavia, se è vero che rimanere ore e ore davanti al teleschermo favorisce un
atteggiamento di passiva accettazione ai messaggi che, assimilati giorno per
giorno, modificano la nostra mentalità, i nostri gusti, le nostre abitudini, è pur
vero che prendere coscienza di questi rischi è il primo passo per difendere le
nostre libertà e la nostra autonomia di giudizio. Inoltre ho approfondito il tema
della violenza televisiva, con particolare riferimento a un’indagine sui bambini
del Sud d’Italia, e degli spot pubblicitari. Per quanto riguarda quest’ultimo tema,
ho individuato alcune caratteristiche formali che fanno penetrare la pubblicità
nel linguaggio e nel modo di pensare dei bambini evidempiando alcune
limitazioni di tipo giuridico che sono state imposte.
Questo lavoro è stato inoltre riprodotto sotto forma di ipertesto, con l’utilizzo del
programma Microsoft Power Point.
4
CAP. I
Gli effetti dei mass media
1.1. Gli studi sulle comunicazioni di massa
Nel corso degli anni, è stata prodotta un'enorme quantità di studi e ricerche sugli
effetti causati dai media e ancora oggi gli esperti si dividono, secondo una
famosa definizione di Umberto Eco, fra "apocalittici" e "integrati". I primi
sostengono che i media hanno una portata sostanzialmente distruttiva rispetto
alla socializzazione e gli effetti più gravi e diffusi riguardano la “massificazione”
della cultura e del gusto, l’ ”omologazione” delle tematiche culturali e dei valori
e la “superficialità”. Gli apocalittici sono dunque preoccupati per la diffusione di
una cultura di massa, accusata di omogeneità e scarsa originalità, conformista e
sottomessa alle leggi commerciali. I secondi sostengono, invece, che i mass
media sono fondamentali nella cultura contemporanea e che, anche se hanno
alcuni effetti negativi, essi hanno, comunque, alzato il livello d’informazione e
cultura. In genere, c’è maggiore attenzione per le posizioni degli apocalittici, che
dipingono scenari preoccupanti.
Nel tempo i media sono stati accusati di sostenere regimi dittatoriali, di essere
cattivi informatori, d’indurre alla violenza i minori, di persuadere e di
“manipolare”. Nel linguaggio comune il termine manipolazione richiama il
plagio, l’inganno, la circonvenzione di chi non sa difendersi, un’abilità perversa
nel comunicare, in forza della quale si condizionano in modo subdolo i
comportamenti altrui. Perché si possa parlare di manipolazione, qualcuno deve
5
essere indotto da qualcun’altro a fare qualcosa, nell’illusione di agire
liberamente. Comunicare è manipolare poiché non vi è comunicazione che non
implichi necessariamente un sia pur minimo condizionamento della “libertà” di
pensiero e di azione di colui al quale è rivolta. “Manipolare” significa dunque
cercare di persuadere e indurre ad un’azione al fine di raggiungere il proprio
obiettivo. “Manipolare” significa anche “occultamento”. Il manipolatore deve
essere poco trasparente ma al tempo stesso avere influenza e condurre le persone
nelle direzione voluta. Tuttavia, dobbiamo anche dire che il processo di
persuasione o di manipolazione non è così semplice. Sulla base degli studi di
psicologia sociale,combinati a quelli relativi alle tecniche di comunicazione,
molti studiosi specializzati nell’informazione hanno teorizzato alcuni postulati
che cercano di descrivere il comportamento di chi riceve un qualunque tipo di
messaggio, in particolare il messaggio persuasivo. Riconosciuto, infatti, che la
maggior parte della comunicazione può essere ricondotta ad un gioco di
persuasione, i ricercatori hanno focalizzato i propri interessi sul messaggio
stesso, analizzandone il tipo di trasmissione, di ricezione, di decodificazione e di
assimilazione, per vedere se riesca a produrre un qualche effetto sul ricevente.
Bisogna precisare, infatti, che non può verificarsi nessuna persuasione se non
sussistono le premesse oggettive, del contesto ambientale, sociale, culturale, e
quelle soggettive proprie del ricevente. In altre parole, non si può persuadere chi
non ha la disposizione a lasciarsi convincere.
6
La tematica degli “effetti” ha attraversato tre fasi o periodi nella storia degli studi
sulle comunicazioni di massa.
1
¾ Nella prima fase (relativa agli anni 1920-1950) si è pensato che gli effetti
dei mass media fossero diretti e immediati e che i mass media fossero in grado di
“persuadere” larghe masse di spettatori, convincendoli a omologarsi alle opinioni
da essi espresse. Occorre ricordare che, verso la fine degli anni ’40, cominciarono
a diffondersi negli Stati Uniti le ricerche motivazionali, che si proponevano
d’indagare preconscio e inconscio dei consumatori per trovare i motivi segreti ed
irrazionali che stavano alla base delle loro scelte di consumo. Una volta
individuato il tallone d’Achille dei consumatori, una volta conosciute le loro
aspirazioni più segrete, i bisogni e i sensi di colpa e le frustrazioni, si sarebbe
trovato il modo di convincerli, soprattutto per quanto riguardava il comportamento
di acquisto. E i successi di alcune campagne sembravano dare ragione alle nuove
tecniche, tanto che qualcuno sentì la necessità di lanciare un grido dall’allarme.
Packard denunciò esplicitamente i pubblicitari come “manipolatori”, ”persuasori
dell’inconscio”. Nel suo libro "I persuasori occulti" si legge: "Molti di noi
vengono oggi influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza
quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo conto.
Sono all'opera su vasta scala forze che si propongono, e spesso con successi
sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconscie, le nostre preferenze di
consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla
psichiatria e dalle scienze sociali.”
2
E' significativo che tali forze cerchino di agire
1
M.Livolsi, Manuale di sociologia della comunicazione, Laterza, Roma, pag. 213
2
V.Packard, I persuasori occulti, Enaudi, Torino, 1958, pag. 5
7
su di noi a nostra insaputa, sì che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un
certo senso, <<occulti>>.
¾ Nella seconda fase (anni 1960-1970), si ha il rifiuto dell’approccio
semplicistico precedente e viene attribuita molta importanza alle capacità-abilità dei
riceventi, che non sono passivi ma attivi, capaci di valutare ciò che i media
trasmettono e di mediarne impatto e significati. Le ricerche dimostrano che il
pubblico non è di “massa” ma, al contrario, è differenziato in gruppi definiti e
caratterizzati da classe sociale, reddito e istruzione, sesso, oltre che da variabili
socio-psicologiche quali stili di consumi, appartenenze socio-culturali ecc. Queste
ricerche cancellano e reputano infondate le concezioni precedenti.
¾ Nella terza fase (anni 1970-1980), si ritorna a sottolineare l’efficacia pesante
dei media. Gli apocalittici arrivano a ritenere che la società della comunicazione sia
sul punto di trasformarsi nella società del rumore e dello spettacolo, dove solo una
minoranza particolarmente qualificata sarà in grado di sottrarsi ai pericoli di una più
attuale e più pericolosa omologazione di idee, atteggiamenti, valori e
comportamenti. Si pensa che contro gli effetti dei media non ci sia nessun correttivo
possibile.
A queste tre fasi se ne può aggiungere una quarta, dagli anni Ottanta ad oggi, in cui
gli effetti dei media sono considerati bilanciati dalla fruizione “attiva” dell’audience.
Se Denis McQuail definisce la quarta fase “influenza negoziata dei media”
3
, Mauro
Wolf con il termine “neolazarsfeldismo”
4
intende la rinnovata considerazione,
all’interno di quest’ultima fase di studi, dell’importanza delle relazioni
3
D. McQuail, Sociologia dei media, trad. it, Il Mulino, Bologna,1994, pag. 301
4
M. Wolf, Effetti sociali dei media, Bompiani, Milano, 1992, pag. 134
8
interpersonali e, in generale, del contesto sociale come fattori di mediazione del
potere dei media. Occorre dire tuttavia che molte delle previsioni di Vance Packard
non si sono avverate. Le tecniche d’indagine psicologica e sociologica ,le ricerche
motivazionali, i sondaggi d’opinione applicati alla pubblicità sono andati sempre più
sviluppandosi e raffinandosi, non c’è niente di “occulto” ma ne siamo tutti
consapevoli. I cosiddetti “persuasori occulti” sono diventati protagonisti sul
palcoscenico a far mostra di sé.
1.2. Gli <<effetti>> dei mass media
Quando parliamo di effetti dei media è opportuno fare chiarezza su tre punti:
¾ che cosa può indurre un effetto;
¾ su chi questo effetto viene esercitato;
¾ rispetto a che cosa.
La alternative possibili per ciascuno di questi punti vanno dal particolare al generale,
dal semplice al complesso, dalla dimensione microsociale a quella macrosociale. In
merito al primo punto – che cosa può indurre un effetto – fonti di effetti possono
essere un testo mediale (nel senso più ampio del termine “testo”, inteso come atto
comunicativo unitario prodotto in una data situazione da un emittente e rivolto a un
destinatario); singole componenti di un testo (ad esempio un annuncio pubblicitario
a mezzo stampa o una scena a contenuto violento di un film); oppure i generi in uno
o più mezzi (ad esempio la fiction televisiva seriale o l’informazione nel suo
complesso); i singoli mezzi (ad esempio la televisione, la radio, il giornale). In
merito al secondo punto – su chi l’effetto viene esercitato – le alternative possibili
9
possono andare dal singolo destinatario ai gruppi sociali (ad esempio, la famiglia, il
gruppo dei pari ecc.), a determinate componenti del pubblico globalmente inteso, a
realtà sociali istituzionalizzate o alla società nel suo complesso.
Infine, in merito al terzo punto – rispetto a che cosa l’effetto viene esercitato – le
alternative possono essere: le singole opinioni; i singoli atteggiamenti, singoli
comportamenti; azioni e relazioni sociali, rappresentazioni individuali e collettive
della realtà o di particolari aspetti di essa; e procedendo nella direzione della
complessità, le sub-culture o la cultura, intendendo per “cultura” l’insieme delle
conoscenze, delle idee, dei valori, delle norme, delle credenze e delle forme
simboliche diffusi in una determinata società
5
. Ogni combinazione tra tutte le
alternative dei punti indicati rappresenta, in linea teorica, un tipo d’effetto.
Definiamo ora le proprietà che, oltre alla fonte, al destinatario e all’oggetto di un
possibile effetto, possiamo considerare per definire ciascun tipo d’effetto e valutarne
la rilevanza, e cioè l’estensione temporale, l’estensione culturale, l’intenzionalità e
l’esclusività.
Fig.1.Le proprietà di un effetto dei media
Esclusività Intenzionalità
Estensione
temporale
Estensione
culturale
Effetto
5
Losito G., Il potere dei media, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1994, pag.69
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