la liberalizzazione delle telecomunicazioni, avvenuta nel 1995, ha permesso una
riduzione dei prezzi ma fino a quando non è arrivata la portabilità dei numeri i
gestori hanno continuato a godere di un certo potere di mercato. Per l’analisi
empirica di un’analoga situazione relativa al mercato statunitense della telefonia
si veda [15].
La libertà d’azione del consumatore si può riassumere in due concetti fonda-
mentali: la possibilità di avere un’alternativa e l’opportunità di coglierla senza
subire restrizioni. Essa va protetta e incoraggiata nell’interesse dei consumatori
e del mercato stesso.
Purtroppo esistono ancora settori in cui non è possibile cambiare facilmente
l’impresa presso la quale ci si serve. Ci sono settori nei quali il cambiamento
impone costi, il cui livello è così significativo da scoraggiare i consumatori dal
lasciare il corrente fornitore. Questi tipidicostivengonochiamatiinletteratura
switching costs e riescono a modificare le scelte dei consumatori riducendone
la mobilità.
Quando scegliamo presso quale banca aprire il nostro conto corrente confron-
tiamo le diverse offerte (conto giovani, conto pensione, ecc.), le diverse localizza-
zioni e le relazioni personali che ci legano alle diverse imprese di credito.
Sic rebus stantibus, facciamo la miglior scelta possibile. Tiriamo un sospiro
di sollievo quando (finalmente!) abbiamo letto tutti gli incartamenti, abbiamo
presentato tutti i documenti, abbiamo domiciliato tutte le bollette.
Ma, è proprio in quel momento che la salda rete di relazioni che abbiamo
coltivato, la solida struttura che abbiamo costruito per sollevarci dalle incombenze
quotidiane non fa altro che intrappolarci. Rimaniamo vittime della ragnatela che
con tanta cura abbiamo tessuto.
Sic rebus stantibus . . . purtroppo però la situazione cambia. Le condizio-
ni vantaggiose che ci avevano prospettato vengono inaspettatamente modificate.
Una cortese lettera ci comunica che non verranno più applicate e saranno rimpiaz-
zate da altre, guarda caso, meno allettanti. La stessa missiva ci fa presente che,
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comunque, se le modifiche apportate non sono di nostro gradimento, possiamo
recedere dal contratto.
Cosa fare?
Cambiare nuovamente significa perdere tutto quello che abbiamo costruito:
ricominciare daccapo, ricostruire tutte le relazioni personali (presentare allo spor-
tello il proprio documento di riconoscimento, conquistare la fiducia del responsa-
bile prestiti), leggere di nuovo tutte le condizioni del contratto, comunicare tutte
le utenze che vogliamo addebitare sul conto corrente.
Già pensiamo alle code da fare, al tempo da perdere, alle seccature che avremo
. . . e tutto per cosa?
Probabilmente per trovarci sempre allo stesso punto: anche l’altra banca avrà
lo stesso comportamento, al momento opportuno alzerà i prezzi e noi, incastrati
come prima, dovremo sopportare o cambiare di nuovo.
Ciascuno di noi segue lo stesso ragionamento. Alla fine, pochi scelgono di
cambiare. E le banche lo sanno.
Questo lavoro si propone di analizzare il meccanismo appena esposto, in
particolare, vuole rispondere alle seguenti domande:
Inqualemodolebanchedecidonolepolitichediprezzo?
Le condizioni del settore bancario fanno presumere che il meccanismo sia
quello descritto?
I consumatori possono allentare i vincoli che li legano agli istituti di credito?
L’argomento verrà articolato come segue.
Nel primo capitolo, dopo una breve introduzione sul processo di scelta del
consumatore, viene approfondita la definizione di switching costs e ne viene de-
scritta la genesi e la classificazione, quindi, vengono illustrati in termini generali
gli effetti sul comportamento dei consumatori e delle imprese.
Nel capitolo successivo, ci si avvale del modello di Klemperer ([1], [10], [11])
per spiegare l’effetto degli switching costs sul processo decisionale delle imprese.
Dapprima, si descrive il modello su singolo periodo, sottolineando quali sono gli
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incentivi che influiscono sulle decisioni di prezzo. Quindi, si procede ad un’analisi
della strategia adottata dalle imprese, mettendo in evidenza i risultati in termini
di profitto. Successivamente si illustra il modello su due periodi e si descrive
il meccanismo di competizione tra le imprese per la conquista delle quote di
mercato. Competizione che, come si evidenzia subito dopo, può aver luogo anche
attraverso una strategia alternativa che conduce a scelte di prezzo opposte rispetto
alle precedenti. Si procede, quindi, all’estensione del modello su più periodi e si
approfondiscono gli altri fattori che influiscono sulle scelte delle imprese. Infine,
ci si sofferma su ulteriori caratteristiche del mercato che vengono determinate
dalla presenza di switching costs.
Il terzo capitolo analizza la struttura di mercato che scaturisce dalla presen-
za di switching costs e, dopo un’introduzione sulle caratteristiche fondamentali
dell’oligopolio, si sofferma su due modelli che mettono in luce i meccanismi di
interazione strategica tra le imprese. Il modello di Kim, Kliger e Vale [9] che, per
rappresentare la mobilità dei consumatori in presenza di switching costs utilizza
le probabilità di transizione e, attraverso queste, riesce a predire la domanda per
l’impresa mettendo in relazione switching costs, prezzi e quote di mercato del
periodo precedente e il modello di Shy [14] che individua i prezzi stabiliti dal-
le imprese per sfruttare pienamente il proprio potere di mercato e, nello stesso
tempo, evitare che l’impresa rivale porti via la propria clientela.
Nel quarto capitolo vengono analizzati i dati raccolti dalla Commissione Eu-
ropea ([4], [5], [6]) relativi ai prodotti del settore bancario riservati a consumatori
e piccole imprese. Vengono illustrati i dati che più da vicino interessano que-
st’elaborato, in particolare la mobilità dei consumatori, le strategie utilizzate per
incrementare gli switching costs e per ostacolare l’ingresso di nuovi concorrenti.
Viene esaminato se i prezzi applicati lascino supporre che nel mercato europeo la
concorrenza sia in qualche modo falsata. Infine, viene svolto un approfondimento
sui caratteri strutturali del mercato bancario italiano.
Il capitolo finale vuole fornire un punto di connessione tra le previsioni teoriche
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e i dati statistici e illustra, attraverso l’evoluzione del quadro normativo, quanto si
è fatto per attenuare l’influenza degli switching costs suggerendo cosa il legislatore
può ancora fare per rendere il mercato più competitivo.
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Capitolo 1
Definizione di Switching Costs
1.1 La scelta razionale
La scarsità di risorse (tempo, denaro, beni) di cui dispone il singolo individuo
impone che, nel formulare le proprie decisioni, egli debba confrontarsi con scelte
alternative diverse. In queste ipotesi, i soggetti razionali sono guidati da un
principio puramente economico: la valutazione dei costi e dei benefici, connessi
ai diversi comportamenti che è possibile adottare, ed il loro confronto. Pensiamo
ad un consumatore che deve affrontare la decisione riguardo l’opportunità di
effettuare una certa spesa: egli procede ad un bilancio tra costi e benefici cioè, per
un verso, tiene conto del beneficio derivante dalla disponibilità di quel determinato
bene, dall’altro, quantifica il costo-opportunità, prendendo in considerazione non
solo gli effetti diretti ed evidenti, ma anche quelli indiretti. Spesso, per quanto
riguarda l’acquisto di un prodotto, la valutazione del costo-opportunità si riduce
a considerazioni riguardanti il suo prezzo: tra beni che il consumatore percepisce
come funzionalmente identici (e che gli procurano, quindi, la medesima utilità)
la sua scelta cade su quello con il prezzo più conveniente. Lo stesso criterio viene
utilizzato anche per gli acquisti successivi, l’individuo potrà comprare il bene dal
medesimo fornitore o rispondere ad un eventuale aumento di prezzo modificando
la sua scelta iniziale.
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Tuttavia, in taluni settori, il processo di “trasferimento” da una impresa all’al-
tra si prospetta, per una serie di ragioni che illustreremo in dettaglio nei paragrafi
successivi, maggiormente complicato. I prodotti di questi mercati presentano un
aspetto distintivo capace di influenzare le decisioni degli agenti economici: il loro
utilizzo richiede un investimento iniziale i cui frutti vengono persi se la relazione
non continua. Il consumatore non ha alcun vincolo formale con il proprio for-
nitore, ma volgendo lo sguardo al passato ricorda l’impegno profuso per poter
pienamente utilizzare il prodotto e proiettandosi nel futuro prevede l’esborso di
tempo, denaro ed energie che dovrà sostenere per rendere il nuovo prodotto per-
fettamente adeguato a sostituire il precedente. Queste considerazioni incidono
sulla sua scelta. La prospettiva di perdere quello che si è costruito e di dover
compiere un ulteriore sforzo determina nei fatti un legame tra il cliente e il suo
fornitore. Il consumatore ha ormai consolidato le sue abitudini, si ritrova bloccato
all’interno del rapporto e l’idea di separarsi viene accantonata.
L’intensità di questo deterrente non è univocamente determinata. Da un la-
to, comprende costi stabiliti in modo esclusivo da soggetti esterni e facilmente
quantificabili, ma dall’altro racchiude componenti strettamente individuali che,
a causa della loro natura e dell’alta variabilità, non sono misurabili. Comun-
que, trascurando quale sia la misura di questi costi, questo processo che reprime
la propensione a cambiare si svolge in modo identico per tutti i consumatori e
viene identificato come fenomeno del lock-in. La sua conseguenza è che la scel-
ta effettuata al tempo t determina, o comunque limita, le decisioni d’acquisto
successive.
1.2 Gli switching costs
In certi tipi di mercati, si osserva un atteggiamento che, a prima vista, può appa-
rire non pienamente compatibile con il concetto di scelta razionale: i consumatori,
nonostante la prospettiva di prodotti analoghi a prezzi chiaramente più compe-
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titivi, appaiono riluttanti al cambiamento. In verità, un esame più approfondito
rivela che questa decisione è il risultato di un’attenta valutazione. L’individuo
è consapevole che, rivolgendosi ad un altro fornitore, potrà avvalersi del prezzo
vantaggioso offerto dal concorrente, ma allo stesso tempo, è consapevole che nella
misurazione del costo-opportunità deve far rientrare tutto quello a cui è costret-
to a rinunciare. Traccerà un preventivo: considererà il tempo che gli porterà
via questo spostamento, le eventuali competenze tecniche che dovrà acquisire, le
pratiche amministrative che gli toccherà aggiornare o il fatto che dovrà costruire
da zero relazioni personali. Soprattutto, nella sua analisi, acquisterà un rilievo
significativo la perdita di valore di tutto quello che, in precedenza, aveva costruito.
Queste incombenze e la perdita dell’investimento iniziale rappresentano per
il consumatore dei costi che vanno ad incrementare il prezzo applicato dall’altra
impresa. Ad essi la disciplina dell’economia industriale ha dato un nome, defi-
nendoli switching costs.L’effetto degli switching costs può riassumersi nella
prerogativa di rendere, dopo il primo acquisto, artificialmente differenti dei pro-
dotti che, per le loro caratteristiche intrinseche, sono omogenei. Effetto che si
amplifica in caso di relazioni a lungo termine e contatti ripetuti tra imprese e loro
clienti. L’entità di questi costi è spesso influenzata dal fornitore iniziale, il quale
ha tutto l’interesse a non perdere il proprio cliente. Di conseguenza, la scelta
del consumatore sarà viziata da costi strumentalmente gonfiati. D’altra parte,
se il soggetto rinuncia alla mobilità non dovrà sobbarcarsi questi costi, ma dovrà
sopportare un prezzo più alto.
Gioca a favore dell’impresa presso cui l’individuo ha effettuato il suo primo
acquisto, il controllo che essa può esercitare sul proprio prezzo e sugli switching
costs. Pertanto l’impresa agirà in modo opportuno su queste variabili affinché il
prezzo offerto dalla concorrenza gravato dagli switching costs sia comunque più
alto del proprio. A questo punto, il cliente non avrà alcun incentivo a spezzare il
legame già istaurato e, nonostante l’offerta più allettante del concorrente, porterà
avanti il rapporto con il fornitore iniziale.
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