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La sfida che invece interessa oggi i paesi del centro-est Europa (CEECs) � forse meno
ambiziosa, non richiede infatti un mutamento drastico del panorama socio economico,
ma richiede ugualmente un grande sforzo e metter� a dura prova i governi che
decideranno di avventurarsi su questa strada.
La convergenza potrebbe essere definita come il processo di trasformazione e
cambiamento che viene intrapreso all'interno di un sistema economico per raggiungere
determinati obiettivi o parametri. Si parla dunque di un mutamento all'interno di un
sistema e non di un cambiamento del sistema stesso.
Analizzando i cambiamenti che sono occorsi in tutti questi anni e la situazione attuale
dei paesi post-comunisti si possono individuare in special modo cinque paesi che si
possono definire su un livello pi� avanzato degli altri nel processo di adeguamento del
loro sistema economico a uno di mercato. Questi stessi paesi hanno iniziato un processo
di convergenza verso l'Unione Europea con il fine di aderire all'Unione prima e adottare
quindi l'Euro come propria moneta. I paesi in questione sono: Polonia, Repubblica
Ceca, Ungheria, Slovacchia e Slovenia.
In questa tesi si vuole analizzare il processo di trasformazione in atto negli stessi e in
particolare quello della Polonia, sulla strada verso l'adesione all'Unione Europea sia da
un punto di vista descrittivo, sia attraverso l'uso di un modello BVAR per analizzare le
linee di tendenza delle principali variabili macroeconomiche nel processo di
convergenza.
Innanzitutto si proceder� a un'analisi d'area, cercando di porre in evidenza i principali
vantaggi che possono derivare ai cosiddetti paesi catching up country dall'adesione a
un'Unione economica e monetaria, in seguito si passer� ad analizzare pi� nel dettaglio
l'esperienza polacca a riguardo, analizzando le specificit� del paese e i diversi problemi
che pone nel processo di convergenza.
L’economia polacca: prospettive e sviluppi nell’ottica dell’adesione all’UE
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CAPITOLO I
ANALISI DELLA POLITICA MONETARIA E FISCALE
NEI CEECS DALL’INIZIO DELLA TRANSIZIONE AD
OGGI
La Politica Monetaria durante la transizione
Uno dei principali problemi che i CEECs hanno dovuto affrontare e
contemporaneamente uno dei punti cruciali per il futuro, � stato l'adattamento a un
sistema in cui la politica monetaria diventava uno degli strumenti macroeconomici del
governo, con un ruolo attivo nella gestione del sistema. Nell'ottica dell'adesione di
questi paesi all'Unione monetaria europea � utile cercare di analizzare la risposta delle
variabili economiche agli stimoli di politica monetaria, poich� aiuta a valutare il livello
di adattabilit� del paese all�unione stessa.
In una economia di uno stato guidato da un regime socialista la moneta e il credito sono
per lo pi� determinati come un residuo, viceversa in una economia di mercato la politica
monetaria gioca un ruolo attivo nella gestione del sistema economico ed esistono una
serie di strumenti finanziari che sono capaci di influenzarla.
Si capiscono dunque le difficolt� che hanno dovuto affrontare i paesi dell�Europa
orientale nel momento in cui hanno iniziato la loro transizione verso il mercato
abbandonando via via l�economia pianificata.
Il processo di transizione � stato diverso tra i paesi, ma oggi dopo quasi 10 anni
possiamo individuare delle caratteristiche comuni a gruppi di paesi nel loro percorso di
sviluppo.
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Moneta e finanza sotto il socialismo
In un regime socialista la moneta si adatta passivamente ai bisogni finanziari del piano
che di solito cerca di favorire la produzione industriale. Il piano fissa degli obiettivi per
ogni settore economico cos� da assicurare una certa crescita globale. Data la forza
lavoro e il livello tecnologico, il piano determina per ogni settore il livello di
investimenti desiderato usando coefficienti di investimento derivati da modelli
economici e dall�esperienza.
Il ruolo del settore finanziario era dunque solo quello di fornire alle imprese il
necessario fabbisogno finanziario cos� che queste potessero effettuare gli investimenti
richiesti dal piano stesso.
In un sistema dove non esisteva il concetto di responsabilit� da parte dei dirigenti in
caso di cattivi risultati economici da parte di un�impresa, va da s� che il concetto di
tasso di interesse come costo marginale di finanziamento era del tutto sconosciuto e,
quindi, nessuna politica monetaria poteva avere alcun senso, privata sin dall�inizio del
suo strumento pi� efficace.
Tuttavia dire che moneta e credito fossero concetti totalmente astrusi e inutili
risulterebbe una forzatura poich� per avere una certa stabilit� dei prezzi i pianificatori
un certo equilibrio dovevano pur garantirlo.
Le lunghe code davanti ai negozi, familiari a chiunque sia stato in un paese comunista
negli anni �80, denunciavano, tuttavia, uno squilibrio evidente tra domanda e offerta di
beni che non veniva riflessa nei prezzi stessi.
Per cercare di ottenere questo bilanciamento, il sistema era stato diviso in settore liquido
e non-liquido : le transazioni tra imprese erano considerate come avvenute all�interno
del sistema e come tali non capaci di influenzare l�offerta di moneta (non-liquide).
Le transazioni tra imprese e famiglie erano invece quelle capaci di influenzare le
quantit� di moneta (liquide).
L’economia polacca: prospettive e sviluppi nell’ottica dell’adesione all’UE
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L�uguaglianza tra salari totali e valore (a prezzi fissati amministrativamente) avrebbe
dovuto quindi essere l�uguaglianza da rispettare per l�equilibrio del sistema.
Si capisce facilmente come una mancata soddisfazione dell�uguaglianza porti a forti
pressioni inflazionistiche o a shortage di beni.
Allo stesso modo venivano tenute separate le attivit� delle famiglie da quelle delle
imprese dal sistema bancario, raggruppando virtualmente le prime in Saving Bank e le
ultime in Commercial e Sectoral Bank, anche se poi naturalmente tutto faceva capo alla
monobanca.
In sostanza dunque le istituzioni finanziarie che implementavano le parti del piano
relative al credito erano totalmente passive, non avevano alcun ruolo nella allocazione
del credito e tutto dipendeva dal piano. Inoltre mancavano tutte quelle basi legali e le
garanzie tipiche di un mercato.
Visto questo quadro iniziale risulta evidente come per passare a un sistema di mercato
grossi e profondi cambiamenti dovevano essere implementati e come si dovesse
provvedere a fornire quella base di garanzie che un investitore privato pretende per la
sua tutela dalle istituzioni finanziarie.
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Risposta politica alla transizione
Si possono individuare due gruppi di paesi in base alla velocit� di risposta della loro
classe politica alla transizione: un primo gruppo che potremmo definire �a risposta
rapida� che comprende tutti quei paesi che svilupparono subito all�interno dei loro
programmi una base di politica monetaria (le repubbliche baltiche e i paesi dell�Europa
centro orientale con l�eccezione di Romania e Macedonia) e i paesi "ritardatari" che non
lo fecero (grossomodo riassumibili nelle repubbliche nate dalla disgregazione
dell�URSS e nei paesi prima citati come eccezione).
I paesi del primo gruppo implementarono politiche monetarie restrittive nei primi due
anni successivi all�inizio della transizione, ponendosi obbiettivi di tasso di cambio o di
contenimento della crescita della base monetaria cos� da riguadagnare una stabilit� nei
prezzi.
Politiche monetarie restrittive non furono viste come contrastanti con l�aggiustamento
necessario nel settore dell�economia reale dove con l�inizio della transizione ci fu una
forte caduta dell�output, dovuto in principal modo al venir meno dei principali mercati
d�esportazione, che minacciava di creare forte disoccupazione e di minare sin dall�inizio
il percorso della transizione.
Le riforme sono state considerate con un�ottica di lungo periodo, includendovi quindi
anche un programma di stabilizzazione dei prezzi, con obiettivi sul credito e la moneta
uniti alle riforme nel settore industriale.
Questa, a posteriori, si � rivelata per molti paesi una strategia vincente visto ci� che �
accaduto ai paesi dell�ex URSS, coinvolti nel 1998 in una forte crisi che ha fatto temere
per tutto il sistema economico, e visti i buoni risultati ottenuti.
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L'ancora nominale del sistema
Molte differenze possono comunque essere notate all�interno di questo gruppo �a
risposta rapida� e in primo luogo la scelta dell�ancora nominale per il sistema.
Repubblica Ceca, Estonia e Polonia hanno adottato programmi di stabilizzazione basati
su regimi di tassi di cambio reale fisso dopo aver provveduto a una forte svalutazione
della loro moneta. Questa scelta impone di provvedere a creare una forte riserva in
valuta estera e pone forti vincoli sulla politica monetaria in quanto una insostenibilit�
minerebbe la credibilit� del Paese sui mercati internazionali e lo esporrebbe alla
speculazione.
Altri paesi come la Kyrgyz Repubblic scelsero la moneta come ancora nominale del
sistema credendo che senza rapidi cambiamenti economici orientati verso la
liberalizzazione, mantenere un tasso di cambio fisso sarebbe stato quanto meno arduo.
Le tre Repubbliche baltiche costituiscono un�eccezione nel fallimento, fino ad oggi,
della transizione dei paesi ex-sovietici. Ottenuta l�indipendenza i nuovi governi si
mossero in direzione opposta rispetto al governo russo creando una base per la politica
monetaria basata sul tasso di cambio e allontanandosi quindi dalla organizzazione
monetaria di stampo comunista.
L�Estonia fu la prima a battere moneta propria quando a met� del 1992 emise il kroon
estone che venne inserito in un contesto di currency board nel quale alla banca centrale
� proibito prestare denaro allo Stato o alle imprese statali e la base monetaria �
totalmente coperta da riserve in valuta. Questo � di fatto una rinuncia a una propria
politica monetaria, ma porta enormi vantaggi in fatto di credibilit�.
La Lituania non avendo inizialmente un livello alto di riserve come l�Estonia adott� una
strategia di stabilizzazione che vedeva la moneta come ancora nominale del sistema.
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Dopo aver avuto per un breve periodo una moneta provvisoria legata al rublo a met�
1993 il governo cominci� ad emettere una propria valuta: il lats. Senza pubblicamente
legarsi a nessun tasso di cambio fisso ci si � di fatto legati dall�inizio del 1994 all�SDR.
Il percorso di stabilizzazione adottato dalla Lettonia � stato molto simile a quello della
Lituania, anche se inizialmente meno orientato a una riduzione drastica dell�inflazione.
Dopo alcune incertezze iniziali anche in questo paese il governo adottat� un duro
programma di stabilizzazione. Come in Lituania a met� 1992 venne introdotta una
moneta provvisoria quindi a met� 1993 una moneta nazionale, la litas, che venne legata
al dollaro US.
Le ragioni principali del perch� molti paesi dell�ex-blocco sovietico non adottarono da
subito una politica di stabilizzazione monetaria va ricercata, oltre che nel tentativo di
attutire l�impatto delle riforme con politiche accomodanti, nella difficolt� di creare un
sistema economico autonomo dopo il dissolvimento dell�URSS. Molti stati rimasero
intrappolati in un meccanismo perverso come quello della �zona del rublo� che
delegava alla banca centrale russa l�emissione della moneta, ma permetteva alle banche
centrali dei paesi che vi aderivano di emettere non-cash credits per l�acquisto di merci
dagli altri paesi della zona. Ci si trov� ben presto nella situazione di avere 11 nuove
banche centrali tutte con la facolt� di emettere forti quantit� di crediti e mettere cos�
pressione sul governo russo per coprirle con l�emissione di rubli.
Ci sono stati molti tentativi di creare un meccanismo stabile per la zona del rublo, ma la
mancanza di accordo tra i paesi satelliti della Russia, che non volevano rinunciare alla
possibilit� di avere una propria politica monetaria che permettesse di aggiustare gli
shocks interni ed esterni oltre al fatto di non subire di conseguenza una caduta
nell�output e l�aumento di disoccupazione che ne deriva, ha reso ogni tentativo
impraticabile; inoltre la Russia stessa che non voleva rinunciare al potere esercitato
sugli stessi paesi satellite da decenni non ha mai permesso di concludere nulla di
positivo.
L’economia polacca: prospettive e sviluppi nell’ottica dell’adesione all’UE
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Nella valutazione del diverso comportamento di tutti questi Stati va tenuto conto anche
del fatto che la Russia costituiva il principale partner commerciale e che le ragioni
storiche che avevano accelerato il processo di dissociazione delle repubbliche baltiche
non erano cos� forti in questi paesi. La posizione geografica degli stessi inoltre favoriva
la speranza di continuare a commerciare con la Russia anche nel futuro.
Conseguenza inevitabile fu il collasso della zona del rublo nel tardo 1993. Tradizionali
obiettivi di politica monetaria furono posti in essere solo dopo l�adozione di una propria
moneta da parte di questi Stati tra il 1993 e il 1994.
L’uso di strumenti di politica monetaria durante la transizione
Con l�inizio della transizione finisce la passivit� del settore finanziario nei confronti
dell�economia. Il problema maggiore che si poneva e ancora oggi si pone davanti alle
banche centrali di questi paesi era come trasmettere segnali all�economia e rendere
efficace la politica monetaria. Volendo analizzare gli strumenti che le banche centrali
utilizzarono in quegli anni si pu� distinguere tra :
• Strumenti diretti - ossia che operano direttamente come regolatori
dell�economia, di solito ponendo limiti su prezzi e/o quantit� e sono posti in
essere su iniziativa della banca centrale (Credito diretto, limitazioni sui crediti e
controlli sui tassi di interesse)
• Strumenti indiretti - ossia che sono posti in essere dalla banca centrale ma
operano attraverso il mercato che determina quindi prezzi e quantit� (Riserva
obbligatoria, facilities di rifinanziamento o sconto e government e central bank
paper ossia le operazioni di mercato aperto).
Non si pu� stabilire a priori quale sia la quantit� di strumenti diretti o indiretti da usare
in una economia, tuttavia � credenza della teoria economica che un uso, in un mercato
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ben sviluppato, di strumenti indiretti possa portare a un migliore controllo
dell�economia e dell�offerta di moneta e che si promuova cos� una migliore e pi�
efficiente intermediazione finanziaria.
Analizzare questo aspetto in ottica di un'unione monetaria � fondamentale, poich� aiuta
a capire quale potr� essere la reattivit� delle variabili economiche agli stimoli che
verranno forniti dalla Banca centrale Europea (BCE).
Esiste infatti la convinzione da parte di alcuni che ci possa essere un abuso di strumenti
diretti soprattutto se il mercato non � ben sviluppato e ha quindi difficolt� a recepire i
segnali che la banca centrale cerca di trasmettere.
Pur essendo desiderabile muoversi verso un mercato efficiente dove prevalga l�uso degli
strumenti indiretti, per i paesi in via di transizione questo poteva rivelarsi un problema
per la mancanza di un mercato affermato ed efficiente capace di recepire i messaggi
delle istituzioni.
Per questa ragione nelle prime fasi della transizione si pu� notare come prevalga l�uso
di strumenti diretti nella gestione della politica monetaria. Questa caratteristica potrebbe
essere utilizzata per capire in che modo e con quali tempi nei diversi paesi si �
sviluppato un mercato efficiente.
Si noti che l�efficacia degli strumenti indiretti dipende dalla qualit� del canale di
trasmissione e che � molto stretta la relazione tra riforme nel settore finanziario,
riorganizzazione del sistema bancario, instaurazione di un sistema legale moderno,
creazione di una base affidabile per la politica monetaria, per il mercato dei capitali e le
altre riforme strutturali.
Si possono individuare almeno altri due ordini di problemi che possono scoraggiare
l�adozione di strumenti indiretti:
L’economia polacca: prospettive e sviluppi nell’ottica dell’adesione all’UE
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• La presenza di una larga parte di prestiti non redditizi nel portafoglio di molte
banche all�inizio del processo di transizione dovuto ai forti prestiti che queste
avevano fatto alle imprese statali senza vincoli di bilancio, che quindi si
disinteressavano della sostenibilit� e della redditivit� di tali prestiti. Quando il
regime economico ha cominciato a mutare e i vincoli di bilancio sono stati
introdotti, le imprese si sono trovate nell�impossibilit� di restituire tali
ammontare e persino di pagarne gli interessi in molti casi. Uno studio di Thorne
(1993) stima che alla fine del 1991 i non-performing loans fossero il 37% del
totale dei prestiti bancari in Romania e ben il 50% di quelli in Ungheria. In alcuni
paesi, soprattutto in quelli dell�ex-Urss anche dopo l�inizio della transizione
molte banche sono state obbligate a prestare denaro ad alcune aziende incapaci di
restituirlo.
• Il secondo problema riguarda il fatto che mancando un adeguato sistema legale
molte banche insolventi hanno continuato ad operare ottenendo fondi dalla banca
centrale e dal pubblico non avendo problemi a offrire tassi di interesse crescenti e
insostenibili. Sotto queste circostanze il tasso di interesse non assolve al suo
ruolo di prezzo dell�investimento non riuscendo quindi a dare una allocazione
efficiente delle risorse, ora poich� l�uso degli strumenti indiretti necessita di un
mercato efficiente che a sua volta necessita della effettivit� dei tassi di interesse,
si pu� comprendere la difficolt� nell�uso degli stessi strumenti indiretti.
L�abbandono degli strumenti diretti dovrebbe quindi essere preceduto da una serie di
riforme nel sistema finanziario che permettano al mercato di svolgere il suo ruolo
allocativo.
In uno studio effettuato da De Melo (1996) e riportato in una pubblicazione della World
Bank vengono analizzati 26 paesi sulla base degli strumenti usati nella politica
monetaria. Questi vengono classificati come segue:
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• Per gli strumenti diretti: il market orientation � evidenziato dallo scarso uso del
credito diretto da parte della banca centrale (meno del 25% del credito totale),
dall�assenza di credit ceiling e dall�assenza di restrizioni sui tassi sui depositi e
prestiti.
• Per gli strumenti indiretti: il market orientation � evidenziato dall�introduzione e
dall�uso di strumenti indiretti orientati al mercato come un obbligo di riserva
obbligatoria non superiore al 12%, la possibilit� di rifinanziamento, l�uso delle
emissioni in titoli da parte della banca centrale e del governo per operazioni di
mercato aperto.
Dalla ricerca risulta che nella prima parte della transizione tutti i paesi hanno fatto largo
uso di strumenti diretti nell�implementazione della politica monetaria.
Dall�osservazione dello sviluppo della politica monetaria nei diversi paesi si pu� notare
come i paesi dell�Europa centrale abbiano avuto una convergenza pi� veloce verso l�uso
di strumenti indiretti:
• Credito diretto. All�inizio della transizione tutti i paesi tranne Ungheria e
Polonia avevano ampli programmi di credito diretto ereditati dal periodo del
piano. Questi programmi, finanziati, dalla Banca Centrale e attuati con l�aiuto
delle banche commerciali prevedevano finanziamenti a tasso agevolato ad alcuni
settori ritenuti stregici per l�economia e per quelli che pi� di altri stavano
pagando la transizione. Con l�inizio delle riforme molti paesi abbandonarono
questo strumento e nel 1995 il ricorso al credito diretto era sceso a sotto il 25%
nella maggior parte dei paesi.
• Credit ceiling. Il credit ceiling � stato usato in molti paesi all�inizio degli anni
�90, ma il modo d'uso cambia da paese a paese. Soprattutto nei paesi in cui si �
avuta una risposta ritardata dal punto di vista delle riforme, una limitazione posta
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sull�espansione del credito sarebbe stata inefficace e incoerente con la strategia
delle autorit� di usare il credito diretto per mantenere quanto pi� stabili possibile
il livello di occupazione e output delle imprese statali.
• Controlli sui tassi di interesse. Gli interessi sui depositi bancari e sui prestiti
sono stati liberalizzati sin dal tardo 1992/inizio 1993 nella maggior parte dei
paesi pi� avanzati sul piano delle riforme. La liberalizzazione della
determinazione dei tassi di interesse tuttavia non sempre port� alla
determinazione da parte del mercato del tasso di interesse: in alcuni paesi come
la Romania un fenomeno di collusione tra banche ha fatto s� che solo dal 1994 si
siano potuti avere interessi positivi sui depositi bancari. In altri casi, come
Slovenia e Macedonia, invece si ebbe il problema opposto, ossia il fatto che gli
interessi reali offerti dalle banche erano troppo elevati.
• Riserva obbligatoria. Il meccanismo della riserva obbligatoria fu messo in atto
subito dopo l�inizio della transizione. Il tasso richiesto risult� alto nei primi
tempi per cercare di far fronte alla forte inflazione che caratterizz� i primi passi
di molti paesi ex-comunisti. Questo strumento ha infatti l�obiettivo di assorbire
liquidit� diminuendo quindi la quantit� di risorse disponibili per il credito.
• Refinanziamento. Molti paesi adottarono questo strumento, ma il suo uso non fu
lo stesso ovunque. I paesi dell�Europa centrale hanno preferito usarlo in una
visione market-oriented e non come accesso privilegiato al credito.
• Uso del mercato per il collocamento dei titoli pubblici. I titoli pubblici sia
statali che emessi dalla banca centrale sono stati introdotti subito in quasi tutti i
paesi in transizione. In Ungheria questo tipo di emissioni esistono sin dal 1988 e
dal 1993 sono stati utilizzati come strumento di politica monetaria, in particolar
modo attraverso operazioni di mercato aperto. Non in tutti i paesi � tuttavia cos�
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sviluppato il ricorso al mercato secondario, problemi rimangono nella
trasmissione di segnali da parte della banca centrale.
Nel citato studio di De Melo si fa una distinzione in quattro classi degli stati in
transizione a seconda del numero e del tipo degli strumenti di politica monetaria
adottati e del loro orientamento al mercato:
Orientamento al mercato delle politiche monetarie nei primi anni della transizione
ALTO BUONO MODERATO SCARSO
Bulgaria Croazia Albania Armenia
Repubblica Ceca Lituania Azerbaijan Ucraina
Estonia Macedonia Georgia
Ungheria Russia
Lettonia
POLONIA
Romania
Slovacchia
Slovenia
ALTO : 5 o 6 strumenti
BUONO : 4 strumenti
MODERATO : 3 strumenti
SCARSO : 1 o 2 strumenti
Gli stati classificati come ALTI sono dunque quelli che dopo i primi 5 anni di
transizione avevano introdotto tutti gli strumenti di politica monetaria sopra citati,
nonostante essi ancora usassero in quel periodo strumenti diretti, avevano gi� introdotto
e cominciato ad usare strumenti indiretti. Tra gli stati che hanno adottato un
orientamento al mercato delle proprie politiche monetarie nei primi anni della
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transizione fanno parte quei paesi che oggi sono i candidati all'entrata nell'Unione
monetaria europea. Da questo punto di vista il grado di avanzamento nel processo di
transizione pu� essere definito elevato.
Molti paesi hanno tuttavia ancora oggi problemi con il loro sistema bancario. Particolare
preoccupazione agli occhi della commissione europea ha destato e continua a destare
l'arretratezza del sistema bancario ceco che soffre di una forte sottocapitalizzazione e
che potrebbe non reggere all'impatto con la concorrenza delle banche occidentali in un
mercato unico europeo. Anche il sistema bancario polacco non � ancora
sufficientemente avanzato, ma la privatizzazione in atto delle maggiori banche statali,
vendute a istituzioni straniere fa ritenere che nel medio periodo queste saranno portate a
un livello di efficienza accettabile.