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Introduzione
Tutto quello che conosciamo è energia, un bosco, il vento, l'uomo e gli animali, il sole, i fiumi, e
dal punto di vista dell'uomo l'energia è soprattutto la capacità di svolgere un lavoro. Ad esempio,
per trasportare un pacco avremo bisogno d'energia sia affidandoci ad un mulo, sia spedendolo con
un corriere o per posta aerea. In tutti i casi dovremo rifornire dell'energia necessaria il mezzo a cui
affidiamo la spedizione. Anche se prendessimo la decisione di andare a piedi dovremo alimentarci
a dovere per portare a termine la camminata. L'uomo è una macchina biologica che trae energia
dal cibo che ingerisce. Nel momento in cui beviamo del latte o gustiamo una fettina di carne il
nostro organismo acquisisce energia chimica. Quest'energia era stata a sua volta assimilata
dall'animale durante la sua vita predando altri animali fino a giungere, tramite la catena
alimentare, agli animali erbivori che la prelevano dalle piante. Il mondo vegetale trae energia dai
raggi solari mediante la clorofilla contenuta nelle foglie e la trasformano in energia chimica. Con
lo sviluppo tecnologico il consumo di energia da parte dell'uomo è aumentato, causando problemi
quale l'inquinamento, l'alterazione degli ecosistemi e la scarsità delle risorse energetiche.
Tre le fonti d'energia a disposizione dell'uomo le fonti fossili (carbone, gas, petrolio) occupano
ancora oggi un ruolo determinante. Malgrado la tendenza al rincaro del prezzo del greggio e le
previsioni di esaurimento delle riserve, le fonti fossili soddisfano circa il 81,2% del fabbisogno
d'energia mondiale (dato 2009). Il petrolio continua a far muovere il mondo dell'economia, le
automobili e le industrie ma di recente qualcosa sta lentamente cambiando e il caropetrolio e
l'effetto serra inducono i paesi a diversificare il proprio mix energetico a favore delle altre fonti
d'energia, in particolar modo nel gas e nel carbone le cui riserve sono più ampie di quelle
petrolifere. Il ricorso alle fonti fossili non risolve però il problema del surriscaldamento terrestre
(effetto serra) e per questo motivo, si torna a parlare anche di energia nucleare e delle fonti
d'energia rinnovabili. Il nucleare ha subito negli anni '80 un prolungato stop a seguito del disastro
di Chernobyl, in questi ultimi anni sta ritrovando una nuova fase di rilancio grazie al minore
impatto inquinante in termini di emissioni d'anidride carbonica (CO2). Allo stesso modo, il
mondo sta guardando con favore nella direzione delle energie rinnovabili, come l'eolico o il
fotovoltaico, che strappano consensi crescenti non soltanto tra la cittadinanza ma anche dalle
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imprese che vi intravedono una nuova opportunità di business. E' però ancora presto poter parlare
di nuova era per l'energia mondiale, poiché per molti anni il mondo dipenderà dalle fonti di
energia fossili. Le fonti rinnovabili, generalmente prive di emanazioni nocive per l'ambiente, non
giungeranno mai ad un esaurimento totale e il loro approvvigionamento è possibile in qualsiasi
parte del mondo, sfruttando le risorse locali dei differenti paesi. Generalmente non emanano
sostanze nocive, poiché ottengono il massimo rendimento dell' energia potenziale dai diversi
elementi presenti in natura, ovvero sole, vento, acqua, i quali, essendo materia prima, hanno un
costo pari a zero. Per convertire le fonti energetiche rinnovabili in energia utilizzabile sono
fondamentali tecnologie innovative, utili sia per l’approvvigionamento delle fonti che per la loro
trasformazione in energia. I prodotti che nascono dal connubio tra tecnologia e fonti rinnovabili
possono essere: energia elettrica, energia termica, carburanti o energia chimica.
Il d.lgs. 29/12/2003 n. 387, recependo la Direttiva comunitaria del Parlamento Europeo e del
Consiglio 2001/77/CE, ha stabilito che per fonti rinnovabili debbano intendersi esclusivamente le
seguenti: “eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di
discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas. In particolare, per biomasse si
intende: la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura
(comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché
la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.
Dal 2002, anno di ratifica del protocollo di Kyoto, l’ Europa dei 15 ha focalizzato i presupposti
per una politica unitaria riguardante i problemi ambientali e di sicurezza legati alla questione del
consumo di energia. Nel marzo del 2006, con l’accettazione essenziale del Libro Verde della
Commissione, il Consiglio Europeo ha posto le fondamenta di una politica comune articolata su
tre obiettivi principali:
• aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico
• assicurare la competitività dell’economie europee
• promuovere la sostenibilità ambientale
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Da allora le linee di indirizzo politico dell’ Unione Europea si sono dirette con più convinzione
verso la diversificazione delle fonti energetiche e verso la promozione delle rinnovabili in
particolare. Col passare del tempo, è apparso sempre più evidente quanto l’uso più razionale
dell’energia possa contribuire al risparmio energetico e dunque anche alla salvaguardia
dell’ambiente e dell’ economia in termini di efficienza energetica.
Nel marzo del 2007, l’ Unione Europea mette a punto il piano d’azione energetico noto con la
sigla “20-20-20”, tramite cui si prevede di raggiungere, entro il 2020, i seguenti obiettivi:
1. riduzione delle emissioni di gas serra del 20% rispetto al 1990;
2. raggiungimento quota 20% di energia da fonti rinnovabili;
3. riduzione della domanda di energia del 20%.
Il piano include una sequenza di proposte e provvedimenti (nel complesso oltre 75) indirizzati
all’ efficienza energetica e all’efficacia economica col fine primo di aumentare il risparmio
energetico di elettrodomestici, edifici, trasporti e impianti di produzione di energia. Inoltre, sono
stati elaborati più rigorose norme di efficienza energetica, incentivazioni ai servizi energetici e
sistemi specifici di finanziamento a sostegno di prodotti più efficienti.
Per quantificare gli obiettivi di ogni nazione europea, la Commissione si è basata soprattutto sul
PIL nazionale, rispettando i principi di equità e solidarietà cui si ispira l’ Unione Europea. In
Italia gli obiettivi prefissati per il 2020 sono:
• diminuzione del 13% di anidride carbonica;
• ottenimento del 17% della produzione energetica da fonti rinnovabili (uno sforzo
considerevole se si pensa che si parte da una quota del 5,2% del 2005);
• l’ obiettivo per quanto concerne l’ efficienza energetica non è stato determinato.
Il nostro paese ha dunque messo a disposizione negli ultimi anni una apprezzabile serie di fondi
non solo a sostegno delle fonti rinnovabili ma anche a sostegno dell’ efficienza energetica. In
particolare, per la promozione delle fonti rinnovabili, le più note misure incentivanti sono i
Certificati Verdi, la Tariffa onnicomprensiva, il Conto Energia; a sostegno dell’ efficienza
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energetica sono invece dedicati i Certificati Bianchi e un ricco ventaglio di detrazione fiscale per
gli interventi sugli edifici esistenti, noti come Detrazione 55%.
Dal rapporto di Terna “Dati statistici sull’energia elettrica in Italia, 2008”, le rinnovabili hanno
contribuito al 16,9% del totale della produzione elettrica italiana, con un’importante crescita
assoluta di circa il 21% rispetto al 2007.
La Regione Piemonte attribuisce una valenza strategica allo sviluppo delle fonti energetiche
rinnovabili per il rilancio competitivo della propria economia, attraverso precisi interventi, circa:
- la produzione industriale, promuovendo investimenti per i beni strumentali e per le
tecnologie nel campo delle fonti rinnovabili, minimizzando la subordinazione tecnologica
dall’estero;
- l’efficienza, supportando gli interventi di riqualificazione energetica, prima di tutto nel
patrimonio pubblico, riqualificando tutto il settore della componentistica per le
costruzioni e i materiali;
- l’ utilizzo di fonti diverse, dalle biomasse, al solare, all’idroelettrico;
- la ricerca e sviluppo, con partecipazioni anche internazionali, focalizzandosi su alcuni
progetti in campo tecnologico, economico e occupazionale, dai biocarburanti, alla
mobilità sostenibile, alla foglia artificiale.
A testimoniare l’impegno dell’amministrazione sono le risorse di fonte nazionale ed europea che
il Piemonte ha scelto di destinare a questi programmi. In particolare, sono stati stanziati circa 300
milioni di euro sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), che fanno di questa regione, a
livello comunitario, il territorio che maggiormente investe sulle fonti rinnovabili.
In aggiunta, è stato strutturato il sistema energetico regionale in termini di risorse utilizzabili e di
consumi totali, di razionalità e di efficienza nell’ impiego di tali risorse, determinando un bilancio
energetico consolidato, includendo i relativi impatti sull’ambiente.
L’ aspetto fondamentale è definire e stimare il numero e la qualità delle metodologie e delle
risorse, che è concepibile utilizzare, affinché il sistema Piemonte possa raggiungere nel 2020 gli
obiettivi fissati a livello comunitario, definendo tre scenari tendenziali (minimo, potenziale, alto).
Tali scenari non possono comunque includere gli acceleramenti che la ricerca e l’innovazione
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stanno apportando nel campo delle rinnovabili, da qui al 2020. Certamente dal lato dell’ efficienza
e dell’ utilizzo di materiali innovativi, gli scenari potrebbero subire mutamenti notevoli in favore
di soluzioni che oggi sembrano lontane o poco concretizzabili.
Il Piemonte può essere d’esempio per le altre regioni nel corso dell’ attuazione di programmi per
lo sviluppo di una nuova economia basata sulla sostenibilità e sulle fonti rinnovabili. Si tratta
infatti di una regione che ha ampiamente investito in questi ambiti, con margini di sviluppo molto
elevati, nel campo eolico e idroelettrico, delle biomasse a filiera corta, del fotovoltaico e del
teleriscaldamento, della geotermia e dell’installazione di pompe di calore. In una realtà economica
caratterizzata per la maggior parte da fonti tradizionali, il legame con le fonti estere permane
comunque di primaria considerazione per l’Italia, anche se in questo contesto la Regione
Piemonte mostra un sfruttamento maggiore delle fonti rinnovabili rispetto al resto d’Italia.
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Parte Prima
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1. LA GESTIONE STRATEGICA DEGLI ENTI PUBBLICI
1.1 Unione Europea, Stato regolatore e amministrazioni locali: l’evoluzione del sistema e le
strategie economiche delle amministrazioni pubbliche
Su uno stesso territorio è possibile programmare, all’ interno di uno scenario ben definito,
interventi differenziati che impattano sull’ economia locale e sulla coesione sociale, attraverso
strumenti differenziati e con la parallela partecipazione di diversi livelli istituzionali. Negli ultimi
vent’anni, si demarca in particolare modo il ruolo dell’ Unione Europea come entità
sovranazionale che non si sostituisce allo Stato-nazione, ma contribuisce alla definizione di una
nuova architettura istituzionale basata su differenti livelli di responsabilità politiche, territoriali ed
economiche con poteri differenziati. Allo stesso tempo è evidente una diminuzione del potere
centrale, da un lato perché i poteri decisionali passano in vertice all’ unione europea, dall’ altro
perché sempre più risorse e funzioni vengono orientate verso autorità, enti territoriali, cittadini,
agenzie e autonomie funzionali.
Figura 1 - La nuova architettura istituzionale
Programmare lo sviluppo economico di un’area territoriale esige oggi una riflessione profonda,
non solo sulla metodologia di analisi da applicare, ma anche e soprattutto sugli obiettivi della
programmazione, che non possono prescindere dallo scenario economico più generale (Boccia
2002). Una programmazione strategica dello sviluppo consiste sostanzialmente in tre livelli:
Unione Europea
Stato centrale
Regioni
Enti locali
Territorio
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- individuare le esigenze del territorio;
- trasformare le esigenze in progetti finanziabili;
- individuare le fonti di finanziamento.
Gradualmente le amministrazioni pubbliche sono state costrette ad adeguare le proprie strutture
burocratiche per rispondere alle nuove esigenze di programmazione condizionate dai sistemi di
cofinanziamento comunitari e dalla compartecipazione progettuale e finanziaria della stessa
pubblica amministrazione e dei privati. In particolare, le Regioni hanno dovuto configurarsi, da
una parte come ente regolatore dei processi di sviluppo, finalizzato a canalizzare le energie locali
verso gli squilibri territoriali, e dall’ altra come funzione propositiva per l’orientamento e
l’attivazione di progetti strategici strettamente finalizzati alla crescita dell’economia locale. Le
Regioni sono, e nel tempo saranno sempre più un ente di programmazione e indirizzo strategico
che delega ad altri livelli amministrativi le attività di gestione (Martone 2002). La gestione
strategica regionale si sviluppa come in un insieme di obiettivi (prima definiti a livello globale e
poi territoriale) da raggiungere, di strumenti da utilizzare per raggiungere gli obiettivi preposti, e
di uno schema logico che ne esprima le relazioni, cioè un modello.
Figura 2 – Modello di gestione strategica per lo sviluppo regionale (Martone, 2002)
Strategie Obiettivi
Programmazione
Valutazione ex
ante
Valutazione in
itinere
Valutazione ex
post
Attuazione
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I processi di amministrazione strategica delle amministrazioni pubbliche costituiscono oggi più
che mai il risultato di una ben definita formulazione che trova attuazione in una chiara e definita
attività realizzativa. La formula di base è quella che tiene conto delle responsabilità sociali e dei
valori della stessa amministrazione, analizzandone i punti di forza e di debolezza attraverso l’
identificazione delle minacce e opportunità (Boccia,2002).
1.2 Enti locali e sviluppo economico locale
L’interesse verso lo sviluppo economico locale come tematica critica della politica economica e
come campo di ricerca rilevante in chiave interdisciplinare, sta sempre più crescendo negli ultimi
anni a seguito di molteplici ragioni e motivazioni.
Di fronte alle dinamiche competitive globali e all’ indebolirsi dell’ azione dello stato nazionale
dell’ economia, la dimensione locale emerge nella sua capacità di incentivare i vantaggi
competitivi delle imprese attraverso le risorse della coesione sociale, delle economie esterne
presenti nel territorio, delle reti di rapporti che generano innovazione; la competizione globale
coinvolge sia i sistemi nazionali che quelli locali con soggetti e protagonisti attivi (Bonomi,
1998). Infatti, la promozione dello sviluppo economico nei sistemi territoriali è prima di tutto un
problema di relazioni intersoggettive, poiché si tratta di costruire un sistema di relazioni,
coalizioni, collaborazioni, capaci di attrarre e trattenere imprese, investimenti e iniziative. È
possibile quindi considerare alcune condizioni di successo per le politiche di sviluppo locale,
considerando specifici fattori (Rebora, 1998):
a) i modelli di comportamento dei principali attori;
b) gli strumenti normativi;
c) le risorse;
d) i criteri di lettura della realtà economica locale.
I processi che generano lo sviluppo delle economie locali sono generati dall’ intervento di quattro
principali categorie di soggetti: