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asssestata tra le varie discipline, ma si può apprezzare il contributo di una nuova
scienza. La conoscenza è un terzo fattore economico di cui si possono
razionalizzare le caratteristiche attraverso appositi modelli e influenza in modo
determinante la crescita economica di lungo periodo. I capitoli che segu no non
hanno la presunzione di confutare né di avvalorare l’ipotesi positiva.
Una ipotesi neutra: l’economia della conoscenza è una speculazione che
si sviluppa a causa della vocazione ‘totalitaria’ delle scienze contemporanee.
Come se fossero alla ricerca di una verità in qualche modo universale, le scienze
si avventurano oltre i confini disciplinari per tentare un fondamento meta-teorico
alla propria dottrina. L’economia della conoscenza è un momento di riflessione
temporanea che si sviluppa nell’ambito dell’economia dell’innovazione e rientra
quando la teoria tradizionale riesce a riscrivere i contributi migliori della
speculazione in un linguaggio appropriato. I capitoli che seguono cercano di
avvalorare l’ipotesi neutra, descrivendo la progressione storica del dibattito
economico sulla conoscenza: si distingue una riflessione esogena negli anni
sessanta, una riflessione semi-e ogena negli anni settanta, una riflessione semi-
endogena negli anni ottanta e una riflessione endogena negli anni novanta. U a
simile suddivisione temporale si deve intendere in senso generale, perché i confini
si confondono spesso tra le riflessioni e il contributo retrospettivo di alcuni autori
promuove una sovrapposizione tra le varie prospettive.
Il capitolo primo proone una prospettiva storica che affronta il rapporto
tra i classici dell’economia e la questione della conoscenza. L’operazione dichiara
un esplicito intento retrospettivo: si tenta di stabilire dei rapporti con il passato per
dare un fondamento autorevole all’economia della conoscenza. Smith sostiene che
all’origine dell’accumulazione capitalistica si può intravedere un processo di
accumulazione anteriore, che riguarda le competenze che si sviluppano attraverso
la divisione del lavoro. La specializzazione è il processo di sviluppo che traina lo
sviluppo della conoscenza e dell’economia, ma la crescita rimane contenuta entro
i limiti delle risorse naturali. Marx descrive il processo di macchinizzazione
dell’economia. La conoscenza viene inquadrata nella prospettiva del progresso
materialistico dei conflitti di classe, ma promuove la crescita economica di lungo
5
termine. Schumpeter propone una interpretazione dell’economia capitalistica dove
la conoscenza svolge una funzione economica caratterizzante. La nozione di
‘distruzione creatrice’ descrive il processo di evoluzione della conoscenza
nellospazio dell’economia.
Il capitolo secondo affronta l’argomento delle teorie esogene, dove con
tale espressione si intende una ‘corrente’ del pensiero economico che non
riconosce la funzione economica della conoscenza tecnologica. La conoscenza
non consente di spiegare la differenza osservata nelle rilevazioni empiriche, se
non con un approccio residuale: se la conoscenza esercita un qualche effetto sulle
variabili economiche e ciò non accade a causa di errori nelle rilevazioni dei
parametri di efficienza dei sistemi economici, allora si può ammettere l’esistenza
di una distorsione marginale provocata da fattori esterni che non si possono
razionalizzare con gli strumenti dell’analisi economica. Simili distorsioni hanno
comunque un effetto transitorio e non modificano il comportamento
dell’economia nel lungo termine. Le teorie esogene non riconoscono l’esistenza di
una questione economica della conoscenza, ma soltanto di un problema gestionale
dell’informazione. Da Solow ad Arrow fino a Stiglitz, si osserva che le teorie
esogene non sono soltanto una articolazione dell’economia della conoscenza, ma
si estende fino ai giorni nostri come una dottrina indipendente che sviluppa un
proprio discorso sull’informazione e i processi di apprendimento, sebbene non in
diretta contrapposizione con l’economia della conoscenza. Per tale ragione si
propongono soltanto brevi cenni sull’impostazione dei problemi
dell’informazione in Stiglitz, che descrive le forme di apprendimento che
avvengono che avvengono con l’interazione strategica all’interno e all’esterno
dell’organizzazione.
Il capitolo terzo affronta l’argomento delle teorie semi-esogene,
l’elaborazione successiva che si sviluppa attraverso Dosi Nelson fino a Sahal e
Freeman. La teoria economica affronta la questione della conoscenza da una
prospettiva interdisciplinare, con l’impiego di nozioni evolutive e di nozioni
epistemologiche, che consentono di rivedere alcune nozioni dell’econom a
tradizionale, come il concetto di equilibrio. La ricerca si sviluppa in base a un
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percorso determinato dalla tecnologia e la conoscenza deriva dalla selezione di
regole produttive in un paradigma. Il sistema economico cresce soltanto finché si
possono sfruttare le opportunità tecnologiche, quindi raggiunge un equilibrio
stabile di selezione che si mantiene fintanto che non sopraggiungono innovazioni
radicali. Sebbene alcuni aspetti non trovino una soluzione soddisfacente, le teorie
semi-esogene dimostrano che la conoscenza si può analizzare con strumenti
appropriati di indagine economica.
Il capitolo quarto affronta l’argomento delle teorie semi-endog ne, che
riguarda i contributi di altri economisti, da Arthur e David fino a Liebowitz e
Margolis. Le teorie semi-endogene svolgono un ulteriore approfondimento della
funzione economica della conoscenza, dimostrando che gli elementi irrazionali si
possono analizzare dal punto di vista economico, traendo alcune considerazioni
rilevanti per l’economia. L’attenzione si concentra sulla competizione fra
tecnologie e sugli equilibri di lungo termine che interessano i processi di
adozione. La conoscenza viene descritta come un fattore di irreversibilità delle
scelte economiche. Invero, i confini fra teorie semi-esogen e teorie semi-
endogene si sovrappongono molto spesso nei modelli e non è possibile stabilire
una netta separazione.
Il capitolo quinto affronta l’argomento delle teorie endogene, che
attraversa il contributo di autori appartenenti a discipline diverse, dall’economia,
come Antonelli e Romer, fino alla sociologia e alla matematica, come Cowan,
Watts e Jackson. La conoscenza viene integrata nella teoria economica della
produzione come un fattore indispensabile per garantire la crescita nel lungo
termine. Gli economisti si interessano alla definizione di una funzione che
rappresenta la produzione della conoscenza e si occupano delle caratteristiche
topologiche dei processi di interazione. Le teorie endogene descrivono i processi
cognitivi e organizzativi che promuovono la formazione della conoscenza
tecnologica e affrontano la comunicazione tecnologica come un fenomeno
economico.
In appendice, si propone un approfondimento delle nozioni centrali
dell’economia della conoscenza. Nei capitoli precedenti, non si dis nge, se non in
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modo intuitivo, fra le nozioni di informazione, apprendimento e conoscenza. Se è
ragionevole che ‘tecnologia’ e ‘conoscenza tecnologica’ vengano impiegati come
sinonimi, e non potrebbe essere altrimenti nella prospettiva di una disciplina
economica della conoscenza, non è altrettanto ragionevole adottare lo stesso
argomento per quanto riguarda l’informazione e l’apprendimento. Per tale
ragione, nell’appendice si esprimono alcune riflessioni tipologiche, orientate dalla
duplicità della conoscenza: l’apprendimento è l’aspetto processuale della
conoscenza e l’informazione è il risultato che rimane del processo di interazione.
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RIFLESSIONI STORICHE:
SMITH, MARX, SCHUMPETER
Il capitolo propone le riflessioni storiche di alcuni classici, nel tentativo
di individuare il principio di una disciplina della conoscenza tecnologica. Il primo
riferimento fondamentale è Adam Smith. La sua teoria descrive il dissolvimento
del sistema feudale a causa dei consumi ostentativi dell’aristocrazia e della
sostituzione dei servizi personali con la produzione di beni materiali. Smith
imputa il processo di accumulazione pre-capitalistico allo sviluppo del commercio
internazionale, che consente la circolazione delle competenze e incentiva la
produzione di conoscenza. Si rileva l’originale consapevolezza con cui Smith
distingue le componenti tacite dell’esperienza da quelle codificate, soprattutto
quando discute dell’organizzazione disciplinare delle università. La conoscenza è
il prodotto della specializzazione del lavoro, che si estende su scala internazionale
attraverso il commercio. L’accumulazione di capitale è preceduta
dall’accumulazione della conoscenza, dapprima in modo occasionale, poi in modo
sistematico. Smith sostiene che la conoscenza non consenta di ovviar ai limiti
naturali di una economia e la crescita economica di lungo periodo è un evento
accidentale destinato a rientrare quando si esauriscono le risorse naturali. Il
capitolo prosegue con le osservazioni di Karl Marx. La sua rilessione riguarda il
periodo successivo del capitalismo, quando il processo di macchinizzazione
dell’economia si sviluppa in ogni parte del mondo. Marx sostiene che le macchine
possono estendere la produttività del lavoro in modo indefinito e concepisce una
nozione embrionale di progresso tecnologico. La conoscenza tecnologica è
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incorporata dal capitale, ma non assorbita: la tecnologia è un fattore indipendente
dal capitale, ma non dalla società. Marx riconosce l’esistenza di una dialettica
autonoma nello sviluppo della conoscenza, ma la subordina alla propria
impostazione materialistica: il conflitto di classe determina la forma della
sovrastruttura culturale: si delinea una specie di determinismo sociale della
tecnologia. Il capitolo descrive la teoria di Schumpeter che interpeta le
trasformazioni dell’economia ricorrendo a un meccanismo di distruzione creatrice.
Schumpeter dimostra maggiore consapevolezza della funzione economica che
svolge la conoscenza. La tecnologia guida il processo di evoluzione del
capitalismo in modo nn deterministico. La teoria tradizionale descrive un
modello di economia artificioso che non comprende l’effetto dissolutivo
dell’innovazione e della conoscenza tecnologica. Schumpeter sostiene la necessità
di recuperare il ragionamento storico e descrive l’evoluzione della razionalità
economica nella transizione tra capitalismo di prima e seconda generazione.
Adam Smith rivaluta l’importanza dell’ostentazione della ricchezza nella
trasformazione dello scenario politico e sociale. Le spese destinate all’acquisto di
beni di lusso provocano la razionalizzazione dell’economia curtense; il desiderio
di ricchezza obbliga il signore feudale a rinunciare al mantenimento della propria
base sociale: il surplus viene destinato sempre meno al finanziamento dell’esercito
e i contadini vegnono incentivati a incrementare la produzione attraverso il
riconoscimento di diritti elementari. La ricerca della ricchezza è il movente
economico che decreta la dissoluzione del sistema feudale: “The rich man glories
in his riches, because he feels that they naturally draw upon him the attention of
the world, and that mankind are disposed to go along with him in all those
agreeable emotions with which the advantages of his situation so readily inspire
him. At the thought of this, his heart seems to swell and dilate itself within him,
and he is fonder of his wealth, upon this account, than for all the other advantages
it procures him” (Smith citato in Rosenberg, 1968, p. 366). L’ostentazione
individuale viene gratificata con l’ammirazione sociale: la sprovvedutezza del
signore feudale lo spinge a barattare la propria autorità con il prestigio della
ricchezza. La ricerca della ricchezza come movente economico riveste un valore
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generale nella teoria economica di Smith: sebbene le gratificazioni abbiano
soltanto un valore effimero, nondimeno esercitano una influenza considerevole
sulle classi subordinate, fino a promuovere un modello di emulazione sociale. Le
aspettative sociali non trovano giustificazione nel modello di vita presentato dalla
ricchezza, tuttavia tale sistema di promozione sociale diventa basilare
nell’economia moderna: “Moreover, this overestimation of the pleasures of wealth
is one of the most important features of man’s psychological endowment, since it
has furnished the propelling force for the greater part of his earthly achievements.
It is fortunate for society that most men are incapable of making an accurate
appraisal of the satisfactions to be derived from success in the pursuit of wealth”
(Rosenberg, 1968, p. 370). La disponibilità di beni alternativi non provoca
soltanto un incremento dei consumi, ma uno spostamento nella composizione dei
consumi dai servizi personali ai prodotti materiali. Smith riconosce una maggiore
rilevanza ai beni durevoli rispetto ai servizi; la ragione economica è abbastanza
semplice: i beni durevoli si accumulano nel tempo, mentre i servizi e i beni di
consumo immediato non lasciano tracce permanenti nel sistema economico;
l’accumulazione favorisce la crescita di lungo termine, i beni durevoli vengono
rivenduti alle classi emergenti, la ricchezza continua a circolare nel sistema
economico. Tali osservazioni suonano familiari a coloro che considerano i beni
strumentali soltanto una forma diversa in cui si manifesta la conoscenza
tecnologica: “If we look upon economic growth as a matter of accumulating
things which will provide a flow of useful services in the future, then it is clear
that the greater the durability of an item, the more it approximates the
characteristics of an investment good. A gr wing taste for durables is, therefore,
favorable to economic growth” (Rosenberg, 1968, p. 372). La progressiva
sostituzione dei servizi con i beni durevoli non sancisce soltanto un cambiamento
nelle preferenze degli agenti economici, ma la transizione tra sistemi sociali ed
economici differenti: la dissoluzione dei rapporti feudali lascia spazio ai rapporti
capitalistici, un modo nuovo di concepire l’azione imprenditoriale e il suo ruolo
nella società. La classe media mercantile investe per affermare la propria moralità
e una nuova visione del mondo, oltre a colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni
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tradizionali. Rosenberg afferma: “Moreover, the growing taste for goods as
opposed to services is crucial for economic growth because it is responsible for
the expansion of the capitalist sector of the economy. In part this was a reflection
of the technological fact that material goods required a substantial accumulation
of capital for their production, whereas the provision of services typically required
little capital” (Rosenberg, 1968, p. 373). L’accumulazione di capitali consente di
formare una base consolidata su cui fondare il nuovo sistema di produzione che si
sviluppa nei secoli a venire. L’accumulazione di competenze e di esperienze è il
corollario inevitabile di tale processo. La domanda di beni di consumo di lusso
determina una accelerazione nello sviluppo delle istituzioni capitalistiche e nella
crescita economica di lungo periodo, soprattutto attraverso l’incremento del
commercio internazionale. “The increased incentive provided by the availability
of new goods led to the elimination of known inefficiencies which had previously
been tolerated and to legal and institutional changes which, by strengthening
economic incentives, Smith regarded as indispensable to sustained economic
growth” (Rosenberg, 1968, p. 367). Il sistema economico viene incentivato a
migliorare l’efficienza della produzione e in tale modo viene indirizzato verso la
ricerca di conoscenze e tecniche innovative.
Smith dimostra una chiara consapevolezza della distinzione fra
conoscenza tacita e conoscenza codificata: la ricombinazione dei frammenti
dispersi in numerosi volumi non consente di riprodurre le competenze di un
agricoltore: “And from all those volumes we shall in vain attempt to coll ct that
knowledge of its various and complicated operations, which is commonly
possessed even by the common farmer […]. There is scarce any common
mechanic trade of which all the operations may not be as completely and
distinctly explained in a pamphlet of a very few pages, as it is possible for words
illustrated by figures to explain them” (Smith, 1776). Esiste un scarto incolmabile
tra l’acquisizione empirica delle competenze e l’acquisizione delle competenze
attraverso lo studio: la conoscenza non si può formalizzare interamente attraverso
il linguaggio, perché le esperienze si formano su una base sensoriale, non soltanto
sul pensiero. Il lavoro a contatto con la macchina spiega l’origine del
12
perfezionamento tecnico: le invenzioni dipendono da osservazioni casuali che
consentono di superare i vincoli delle macchine; la capacità di combinare elementi
distanti e sconnessi si dimostra un talento essenziale al fine del progresso tecnico,
ma non solo: una volta ammesso il ruolo fondamentale della casualità e del
learning by doing, occorre riconoscere l’importanza dello spirito d’osservazione e
delle capacità di problem-solving, elementi essenziali del pensiero scientifici: “All
the improvements in machinery, however, have by no means been the inventions
of those who had occasion to use the machines. Many improvements have been
made by the ingenuity of the makers of the machines, when to make them became
the business of a peculiar trade; and some by that of those who are called
philosophers or men of speculation, whose trade it is not to do anything, but to
observe everything; and who, upon that account, are often capable of combining
together the powers of the most distant and dissimilar objects” (Smith, 1776).
Smith sostiene che la divisione del lavoro produce i propri effetti positivi anche in
ambito scientifico: la specializzazione consente a ciascun ricercatore di acquisire
maggiore esperienza in un settore specifico, così da incrementare la produzione
complessiva di conoscenza scientifica. Il risparmio di te po e l’incremento di
competenza determinano un’accelerazione nel tasso di progresso delle
conoscenze: “Like every other employment too, it is subdivided into a great
number of different branches, each of which affords occupation to a peculiar tribe
or class of philosophers; and this subdivision of employment in philosophy, as
well as in every other business, improves dexterity, and saves time. Each
individual becomes more expert in his own peculiar branch, more work is done
upon the whole, and the quantity of science is considerably increased by it”
(Smith, 1776). Ma il processo di apprendimento che deriva dalla divisione del
lavoro può anche provocare un circolo vizioso: esistono contesti dove
l’apprendimento sviluppa una retroazione negativa e impoverisce il c ntenuto del
lavoro. Smith descrive l’alienazione come il depauperamento irreversibile del
capitale di conoscenze degli individui: “The man whose whole life is spent in
performing a few simple operations, of which the effects are perhaps always the
same, or very nearly the same, has no occasion to exert his understanding or to
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exercise his invention in finding out expedients for removing difficulties which
never occur. He naturally loses, therefore, the habit of such exertion, and
generally becomes as stupid and ignorant as it is possible for a human creature to
become” (Smith, 1776). Il processo di degenerazione riguarda soltanto contesti
limitati. Di solito la specializzazione consente uno sviluppo positivo delle
conoscenze. Le discipline scientifiche si suddividono in articolazioni complesse e
diventa assai difficile dominare l’intero scibile: la struttura di ciascuna disciplina
si adegua all’organizzazione del lavoro scientifico, la prassi giustifica la forma
della teoria. Si accentua la consapevolezza che i rapporti sociali non sono una
determinante secondaria delle conoscenze e delle istituzioni scientifiche. Tali
istituzioni dovrebbero prendere in considerazione il carattere specifico delle
conoscenze, riconoscendo nei propri regolamenti una distinzione tra conoscenze
tacite e conoscenze codificate. Smith sostiene che la disciplina delle presenze si
deve adeguare al contenuto degli insegnamenti universitari: l’obbligo di
presenziare andrebbe attenuato per le lezioni dal contenuto speculativo e
concettuale, mentre la frequenza diventerebbe una regola naturale dove prevale la
dimensione empirica dell’apprendimento. “The discipline of colleges and
universities is in general contrived, not for the benefit of the students, but for the
interest, or more properly speaking, for the ease of the masters. Its object is, in all
cases, to maintain the authority of the master, and whether he neglects or performs
his duty, to oblige the students in all cases to behave to him, as if he performed it
with the greatest diligence and ability. […] No discipline is ever requisite to force
attendance upon lectures which are really worth the attending, as is well known
wherever any such lectures are given” (Smith, 1776). Tali osservazioni non fanno
altro che ribadire l’esistenza di diverse forme di apprendimento, che riconducono
a diverse forme di conoscenza: la conoscenza tecnologica deriva dall’esercizio
dell’apprendimento sul campo, la trasmissione delle competenze richiede tempo e
si basa sulla condivisione delle esperienze. Secondo Smith, occorre uno spazio
sociale favorevole all’apprendimento perché avvenga la comunicazione. Un simile
spazio viene identificato nel commercio internazionale: “The profits of stock seem
to be very little affected by the easiness or difficulty of learning the trade in which
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it is employed. All the different ways in which stock is commonly employed in
great towns seem, in reality, to be almost equally easy and equally difficult to
learn. One branch either of foreign or domestic trade cannot well be a much more
intricate business than another” (Smith, 1776). La dimensione sociale del liber
scambio consente di avvicinare esperienze diverse attraverso gli interessi
economici comuni, senza avanzare pregiudiziali dottrinali all’apprendimento di
competenze innovative e originali.
Il commercio internazionale è l’applicazione su scala globale della
divisione del lavoro: l’esportazione del surplus consente di sfruttare il vantaggio
comparativo della nazione rispetto agli altri paesi e favorisce l’incremento della
produttività nel settore di esportazione. L’osservazione di Smith deriva dalla
generalizzazione di una massima elementare: non produrre quei beni che si
possono acquistare sul mercato a un prezzo inferiore, ma le ragioni a favore del
commercio internazionale riguardano pure la questione assai complessa della
crescita economica nel lungo termine: “When the produce of any particular branch
of industry exceeds what the demand of the country requires, the surplus must be
sent abroad, and exchanged for something for which there is a demand at home.
Without such exportation, a part of the productive labour of the country must
cease, and the value of its annual produce diminish” (Smith, 1776). Il commercio
consente l’impiego ottimale dei fattori senza alcu a dispersione delle risorse a
disposizione del sistema economico; nonostante non si presenti come una garanzia
determinante, quantomeno sembra un requisito indispensabile per qualsiasi
possibilità di crescita. Il commercio internazionale gioca un ruolo fondamentale
nella diffusione delle conoscenze: il libero scambio di beni stimola l’esame delle
caratteristiche dei prodotti e la circolazione delle idee. La conoscenza tecnologica
presenta una vocazione multinazionale: “But nothing seems more likely to
establish this equality of force than that mutual communication of knowledge and
of all sorts of improvements which an extensive commerce from all countries to
all countries naturally, or rather necessarily, carries along with it” (Smith, 1776).
Il medesimo discorso non si estende alla mobilità del lavoro. Per limitare la
diffusione delle conoscenze agli avversari, l’apprendistato in alcuni ruoli decisivi
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viene circoscritto a un numero ristretto di fiduciari e la durata viene prolungata per
un tempo indeterminato, così da vincolare la professionalità alla corporazione.
Nonostante tali accorgimenti, la circolazione delle competenze attraverso il
commercio internazionale si deve considerare un fattore fondamentale per la
crescita economica delle nazioni nel lungo periodo. Secondo Smith, basta
confrontare le società primitive, dove non esistono scambi su larga scala, con le
società sviluppate, dove il commercio sostiene l’economia. Nelle società primitive
la distribuzione delle conoscenze si appiattisce verso un livell omogeneo
abbastanza modesto: ciascuno svolge diversi compiti nella comunità, ma l’operato
di un individuo non si distingue da quello degli altri, perché nessun individuo è
capace di perfezionare la propria competenza oltre la misura normale; invece,
nelle società sviluppate, la distribuzione delle conoscenze dimostra una notevole
variabilità: ciascuno sa svolgere soltanto il proprio compito, nessuno può
subentrare nel ruolo degli altri individui senza un periodo di addestramento
oneroso: “Though in a rude society there is a good deal of variety in the
occupations of every individual, there is not a great deal in those of the whole
society. Every man does, or is capable of doing, almost every thing which any
other man does, or is capable of doing. Every man has a considerable degree of
knowledge, ingenuity, and invention: but scarce any man has a great degree. The
degree, however, which is commonly possessed, is generally sufficient for
conducting the whole simple business of the society” (Smith, 1776). Nelle società
sviluppate, le conoscenze patrimonio della comunità raggiungono un livello
superiore, ma le disuguaglianze si accentuano in modo considerevole: soltanto un
numero ristretto di individui acquisce le competenze e le conoscenze
indispensabili per il progresso della società; l’estrema specializzazione comporta
la liberazione di risorse che si dedicano al perfezionamento del lavoro: la
divisione del lavoro consente a una ristretta minoranza di sviluppare una
comprensione specialistica che viene esercitata attraverso l’analisi scientifica delle
prestazioni. “In a civilised state, on the contrary, though there is little variety in
the occupations of the greater part of individuals, there is an almost infinite
variety in those of the whole society. Th se varied occupations present an almost
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infinite variety of objects to the contemplation of those few, who, being attached
to no particular occupation themselves, have leisure and inclination to examine
the occupations of other people” (Smith, 1776). All’inizio, l’accumulazione di
conoscenze non avviene in modo sistematico: le nozioni si ammassano senza un
criterio prevalente, non esiste una norma che informa il corpus delle conoscenze
nel complesso; in seguito, l’intervento della scienza introduce un ordinamento
sistematico, per cui le nozioni si organizzano secondo principi generali che danno
una struttura alla conoscenza: una volta che emerge la struttura, la ricerca può
indirizzare l’indagine verso le lacune e le incongruenze con maggiore
consapevolezza delle conseguenze complessive della propria azione.
L’accumulazione di conoscenze si rivela un fattore indispensabile alla crescita
economica: diffusione, apprendimento e specializzazione provocano la
retroazione che spiega l’incremento cumulativo del capitale e delle conoscenze,
ma sarebbe erroneo attribuire a Smith una cognizione scientifica su tale
argomento; piuttosto, sembra avvertire la necessità di affinare la complessità
dell’analisi prendendo in considerazione anche il ruolo che i fattori sociali e
istituzionali rivestono nella crescita economica. “Actually, misleading
simplifications or generalisations can be avoided by accepting that, according to
Smith, the determinants of economic growth are so numerous and their
interactions are so complicated that we can not separate any one of them as the
dominant explanatory element in the Wealth of Nations” (Kibritçioglu, 1997, p.
15). Smith distingue i momenti della crescita economica in alcune fasi: la prima
fase è quella in cui il sistema economico risulta intrappolato in una condizione di
equilibrio non ottimale a causa del malgoverno e dell’oppressione, in condizioni
di arretratezza culturale e istituzionale; segue la fase delle nazioni moderne, dove
il processo di crescita distende il proprio corso in maggio delle libertà
economiche; la fase finale è quella in cui il sistema economico domina la
concorrenza internazionale con lo sviluppo commerciale del vantaggio
comparativo. Le risorse naturali della nazione determinano il limite superiore
della crescita: una volta conseguito l’impiego ottimale delle risorse, i rendimenti
decrescenti si manifestano con la variazione dell’entità relativa dei fattori e la
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trasformazione delle tecniche: i miglioramenti tecnologici possono estendere la
crescita economica oltre i confini naturali, ma si tratta soltanto di un fenomeno
transitorio che non impedisce la riduzione del tasso di profitto e la stabilizzazione
nel lungo termine: “Falling profit rates resulted from the limitations of the nature
of the country. Thus, every growing economy, had to slow down and stop at an
upper limit of developedness, corresponding to high per capita income level.
Smith was aware of the possibility of extending the natural limits of a country by
technological improvements in manufacturi g industry which will itself be the
result of learning by doing. However, we should not overestimate his views on the
role of technological development on as a major factor of economic growth”
(Kibritçioglu, 1997, p. 17). Nonostante gli effetti economicdel perfezionamento
tecnico, Smith non riconosce il progresso tecnologico come principio della
crescita nel lungo termine, ma soltanto come conseguenza della divisione del
lavoro. La specializzazione viene assimilata a un movimento endogeno che
indirizza l’evoluzione della società nel complesso, non riguarda la crescita in
modo diretto. Le determinanti della crescita economica sono numerose e non
sembra ragionevole limitare l’analisi a una descrizione causale, soprattutto quando
si attribuisce un valore funzionale alle variabili sociali e istituzionali.
Smith afferma che l’accumulazione dipende dalla sanzione del senso
comune: la conoscenza non esiste senza una base di approvazione sociale; una
simile osservazione si rivaluta come intuizione significativa rispetto lle teorie
contemporanee sui paradigmi scientifici: la conoscenza dipende dai rapporti di
potere in una comunità.