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PREFAZIONE
Il presente lavoro di tesi verte sul tema dell’Economia
Comportamentale, branca dell’economia che, integrando aspetti
psicologici all’indagine sperimentale del comportamento, ha
elaborato modelli alternativi alla teoria economica classica per tentare
di spiegare i meccanismi che guidano i processi decisionali.
Ho voluto approfondire questa tematica in quanto ritengo sia un
argomento molto stimolante e attuale e, secondariamente, perché
credo che l’Economia Comportamentale rappresenti un brillante
esempio di come discipline apparentemente distanti come l’economia
e la psicologia possano fondere i propri contributi teorici per
contribuire a generare conoscenza applicativa. Gli economisti, oggi,
non si sforzano più di capire cosa sceglierebbe un “homo
economicus”, soggetto fittizio e ideale, ma piuttosto cercano di
indagare come l’essere umano, con tutti i suoi limiti e nella sua
complessità, si comporti nel prendere decisioni. Come afferma Colin
F. Camerer, celebre Professore di finanza ed economia
comportamentale, una delle principali sfide della ricerca economica
attuale è “understanding normal people”
1
, la comprensione dell’uomo
normale, appunto.
Nel primo capitolo di questa tesi vengono delineati i contributi dei
principali autori che hanno contribuito al passaggio dai modelli
normativi ai modelli descrittivi dell’Economia Comportamentale.
Nel secondo capitolo vengono illustrate le euristiche decisionali e i
bias cognitivi che caratterizzano le scelte umane, i correlati
neuroanatomici che sottendono i processi di decision making e,
infine, l’influenza del gruppo nel definire preferenze e scelte.
Nel terzo capitolo ci si focalizza, infine, sul concetto di rischio,
definendo l’influenza che possono esercitare le emozioni nella presa
1
CAMERER, C., The behavioral challenge to economics: understanding normal
people, Conference Series, Federal Reserve Bank of Boston, vol. 48, 2003
5
di decisione e illustrando le principali differenze interindividuali nella
percezione del rischio e nell’avversione o propensione ad assumersi
dei rischi.
Il dibattito concernente queste tematiche risulta ancora aperto e i
risultati delle ricerche molto fervidi. Nel capitolo conclusivo ci si
sofferma, a tal proposito, sugli input che l’Economia
Comportamentale cerca di fornire alle linee di politica pubblica, con
l’obiettivo di garantire un maggior benessere generale agli individui e
alle società.
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1. ECONOMIA E PSICOLOGIA
1.1. Teoria della scelta razionale e teoria dell’utilità attesa
Il principale riferimento degli studi sul decision making fino agli
anni ’70 è stata la teoria della scelta razionale. Tale approccio si basava
sull’idea che ogni agente fosse in grado di strutturare razionalmente le
proprie preferenze, che fosse perfettamente informato sullo stato attuale
e futuro del mondo e che fosse in grado di scegliere ed agire sulla base
di principi di massimizzazione dei benefici e/o minimizzazione dei costi.
In altre parole, secondo questa teoria, i soggetti sceglierebbero sempre
le opzioni che implicano un minor costo e un maggior beneficio
1
.
La teoria della scelta razionale nasce verso la metà del ‘900 secolo
negli USA, grazie al contributo di svariati studiosi e ricercatori. Uno dei
principali autori di riferimento è Kenneth Joseph Arrow, vivo sostenitore
dell’individualismo umano e pioniere della teoria neoclassica. Premio
Nobel per l’economia nel 1972, Arrow affermava che il comportamento
dell’uomo è mosso non tanto da un interesse collettivo, quanto da
obiettivi e interessi individuali
2
.
Altro contributo fondamentale all’approccio classico alla
razionalità fu la cosiddetta teoria dell’utilità attesa, proposta nel 1738 dal
matematico svizzero D. Bernoulli
3
con l’obiettivo di risolvere il celebre
paradosso di San Pietroburgo
4
, e successivamente sviluppata da John
Von Neumann e Oscar Morgenstern
5
. Questi autori si fanno sostenitori
1 SEN, A., Rational behaviour. In Utility and probability. Palgrave Macmillan,
London, 198-216, 1990
2 ARROW, K.J., Social Choice and Individual Values, Yale University Press, 1951,
2nd ed., 1963
3 BERNOULLI, D., Exposition of a new theory on the measurement of risk.
Econometrica, vol. 22, n.1, 23-36, 1954
4 Paradosso di San Pietroburgo: prevede la costruzione di una lotteria paradossale,
in cui viene ripetutamente lanciata una moneta perfetta. Il bianco pagherà al giocatore
un importo pari a 2n in caso di uscita della prima “testa” al colpo n-esimo. Il valore di
vincita atteso è potenzialmente infinito, e quindi preferibile, ma il buon senso fa sì che
nessuno sia disposto a pagare una cifra eccessivamente alta per acquistare un biglietto
di tale lotteria (es. non oltre la soglia di 30 euro).
5
NEUMANN, J.V., MORGENSTERN, O., Theory of games and Economic Behavior,
Princeton University Press, 1944
7
del concetto di “homo economicus”
6
, in un’accezione strettamente
positivista. L’individuo e la sua razionalità vengono posti al centro
dell’analisi del processo di decision making in ambito economico.
Questa teoria individua alla base della scelta umana razionale due
principi fondamentali:
- Principio di coerenza: adeguarsi preferenzialmente agli assiomi
della razionalità strumentale.
- Principio di massimizzazione: utilizzare strategie di scelta
razionali, che permettano di ottenere il miglior risultato possibile
sulla base dell’utilità.
In altre parole, quindi, un soggetto conoscendo tutte le possibili
alternative, essendo in grado di operare un confronto coerente tra esse
ed essendo dotato di capacità computazionali illimitate, è in grado di
scegliere in modo razionale, andando a massimizzare i suoi guadagni. Il
soggetto, infatti, è auto-centrato, i suoi interessi sono rivolti
esclusivamente a sé stesso e al raggiungimento di vantaggi personali.
Secondo molti autori, primo fra tutti il premio Nobel per l’economia
Amartya Sen
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, la teoria della scelta razionale è così astratta e
riduzionistica da essere, paradossalmente, irrazionale. Semplificare in
questo modo l’agire umano significa deprivarlo della sua specificità e
innata complessità e, in aggiunta, non permette di spiegare fenomeni
sociali quali la solidarietà, l’altruismo e l’adesione alle norme di gruppo.
Pur essendo vero che a posteriori, in una buona percentuale dei casi,
ogni scelta può essere letta come vantaggiosa per chi l’ha compiuta,
6
CAMERER, C.F., LOWENSTEIN, G., RABIN, M., Advances in Behavioral
Economics. Russell Sage Foundation, Published by Princeton University Press, 2004
7
SEN, A., Rational Fools: a Critique of the Behavioural Foundations of Economic
Theory, Philosophy and Public Affairs, vol. 6, 317-44, 1977
8
SEN, A., Rational behaviour. In Utility and probability. Palgrave Macmillan,
London, 198-216, 1990
8
nella realtà dei fatti risulta essere una teoria così generale da essere
priva di capacità esplicative
9
.
1.2. Limiti della teoria neoclassica
La teoria della scelta razionale e dell’utilità attesa sono state, per
lungo tempo, il punto di partenza per spiegare le scelte dei soggetti,
soprattutto quando posti in situazioni di rischio. La puntualità matematica
di tali teorie, infatti, ne ha permesso l’applicazione rigorosa in ambiti di
decisione probabilistica, come ad esempio la lotteria. Parallelamente,
tuttavia, proprio questa stessa rigorosità le rende raramente applicabili a
situazioni reali. Il comportamento umano è difficilmente inscrivibile
all’interno di assiomi come quelli proposti dalla teoria di Von Neumann e
Morgenstern. I soggetti non possiedono una razionalità perfetta, non
effettuano scelte avendo a disposizione una visione chiara e completa
della situazione. I nostri giudizi, infatti, sono influenzati da componenti
psicologiche ed emotive nonché dalle influenze sociali, tutti aspetti
completamente trascurati dalla teoria neoclassica.
Ad evidenziare i limiti della teoria dell’utilità razionale hanno
contribuito due famosi esprimenti, condotti rispettivamente dagli
economisti M. Allais e D. Ellsberg, di seguito riportati.
1.2.1. Paradosso di Allais
Nel 1953 Maurice Allais dimostrò una delle principali violazioni
dell’assioma dell’indipendenza della teoria dell’utilità attesa. Questo
paradosso, diventato noto appunto come paradosso di Allais, analizza la
presa di decisione in un contesto di rischio.
L’economista francese chiese, a un gruppo di soggetti con buone
conoscenze riguardo al calcolo delle probabilità (e dunque, soggetti
9
HODGSON, G. M., On the limits of rational choice theory. Economic Thought,
vol.1, pp. 94-108, 2012
9
teoricamente “razionali”), di effettuare una duplice scelta in due giochi di
lotteria, come riassunto in tabella 1.
Il primo problema prevedeva la scelta tra due lotterie:
- LOTTERIA A: avere con certezza (p=100%) 1 milione di franchi
- LOTTERIA B: avere l’89% di probabilità di vincere 1 milione di
franchi, il 10% di vincere 5 milioni e l’1% di non vincere nulla.
Il secondo problema prevedeva la scelta tra:
- LOTTERIA C: avere l’11% di probabilità di vincere 1 milione di
franchi o l’89% di non vincere nulla.
- LOTTERIA D: avere il 10% di probabilità di vincere 5 milioni di
franchi o il 90% di non vincere nulla.
PROBLEMA 1
LOTTERIA A LOTTERIA B
Vincita Probabilità Vincita Probabilità
1 milione 100% 1 milione 89%
5 milioni 10%
Nulla 1%
PROBLEMA 2
LOTTERIA C LOTTERIA D
Vincita Probabilità Vincita Probabilità
1 milione 11% 5 milioni 10%
Nulla 89% Nulla 90%
Tabella 1 - Opzioni di scelta nei problemi 1 e 2 del paradosso di Allais
Posti di fronte ad entrambe le suddette scelte, la maggior parte dei
72 intervistati scelsero dapprima la lotteria A (82%) e, successivamente,
la lotteria D (83%).