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descritte formano colonie sul terreno. I gabbiani, essendo uccelli altamente sociali e
gregari, hanno sviluppato dei complessi sistemi di comunicazione, che coinvolgono segnali
sia di tipo visivo che vocale. Più d’ogni altro gruppo di uccelli marini sfruttano un’ampia
varietà di risorse alimentari e hanno evoluto metodi di foraggiamento estremamente
diversificati; sono versatili e onnivori. Non esistono specie specializzate a nutrirsi su
un’unica fonte di cibo o in un unico habitat, oppure a utilizzare un unico metodo di
procacciarsi il nutrimento. I Larini hanno solo una limitata abilità nell’immergersi per
pescare: generalmente catturano la preda sulla superficie dell’acqua o subito al di sotto di
essa (Cramp e Simmons 1983).
1.2. Il Gabbiano tridattilo.
Il genere Rissa include due specie con distribuzione oloartica e areale di riproduzione
circumpolare: il Gabbiano tridattilo zampe-nere (Rissa tridactyla), e il Gabbiano tridattilo
zampe-rosse (Rissa brevirostris). Quest’ultimo è un piccolo gabbiano oceanico che si
riproduce solamente in alcune isole del Mare di Bering, dove costruisce il nido su piccole
cenge in falesie a picco sul mare e da dove parte per foraggiare durante la notte in mare
aperto; si trova spesso in associazione con il primo e se ne distingue per le dimensioni
inferiori, per il mantello più scuro, per il colore rosso delle zampe e per il becco più corto.
Il taxon Rissa tridactyla, come riconosciuto da lungo tempo (Chapman 1899),
comprende due sottospecie, R. tridactyla tridactyla e R. tridactyla pollicaris, che da alcuni
autori vengono considerate specie distinte. Nel 1925 Jonathan Dwight, padre fondatore
dell’identificazione dei gabbiani, distinse le due popolazioni, la prima distribuita lungo le
coste dell’Atlantico, la seconda lungo le coste del Pacifico, mettendo in evidenza come la
sottospecie pollicaris presenti una diversa estensione del colore nero sulle penne primarie
degli adulti, dimensioni maggiori (specialmente per quanto riguarda il becco) e un
mantello leggermente più scuro. Inoltre Dwight osservò che il 1° dito del piede, spesso
assente, è più frequente nella popolazione del Pacifico (circa 50% degli individui) che in
quella dell’Atlantico (circa 9%) ; quando presente, esso raggiunge una lunghezza superiore
ed è dotato di un’unghia più sviluppata nella sottospecie non nominale. R. t. tridactyla
nidifica lungo le coste del Canada centro-settentrionale, della Groenlandia, dell’Islanda,
dell’Europa occidentale e settentrionale e della Russia artica fino all’arcipelago della
Severnaya Zemlya; durante il periodo non riproduttivo vaga nell’Atlantico settentrionale
rimanendo generalmente tra il Tropico del Cancro e 60° lat. nord, e tra il Mar dei Sargassi
e le coste dell’Africa occidentale. R. t. pollicaris nidifica lungo le coste della Siberia
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nordorientale, della Kamchatka, del Mare di Okhotsk, delle Isole Curili e in tutto il Mare di
Bering sino all’Alaska continentale; in periodo non riproduttivo sverna in mare aperto,
spingendosi a sud attraverso l’arcipelago giapponese e a est lungo le coste occidentali del
Canada e degli Stati Uniti fino alla California (Cramp e Simmons 1983, Dorst 1962).
Il Gabbiano tridattilo ha dimensioni medio-piccole ed è caratterizzato da una tecnica
di volo molto agile che gli consente di compiere movimenti accuratamente controllati e di
avvicinarsi con precisione ai luoghi di atterraggio, per quanto stretti, anche in condizioni di
forte vento; è inoltre capace di rimanere sospeso sopra le fonti di cibo e di farsi trasportare
passivamente attraverso o volare contro veloci correnti d’aria. Vola generalmente a bassa
quota e solamente le tempeste più violente lo costringono a rimanere posato sulla
superficie del mare. I membri di uno stormo volano frequentemente in formazione lineare a
breve distanza dal pelo dell’acqua. Le sue capacità natatorie sono all’altezza di qualsiasi
condizione meteorologica. L’andatura a terra, chiaramente influenzata dalla lunghezza
relativamente ridotta delle zampe, è meno libera che negli altri piccoli gabbiani e appare
piuttosto rigida e goffa, specialmente durante la corsa; è comunque insolito vedere questi
uccelli spostarsi sul terreno anche se per brevi tratti. Gli individui posati sul nido
mantengono una postura molto eretta e rivolgono la parte anteriore del corpo verso la
parete rocciosa (Fig. 1).
R. tridactyla è una delle poche specie di gabbiani pelagici; durante gli anni di
immaturità e, in età adulta, al di fuori del periodo di nidificazione, frequenta il mare aperto
trattenendosi a latitudini piuttosto settentrionali e non molto lontano dal margine esterno
della piattaforma continentale (Cramp e Simmons 1983). La durata del periodo trascorso
lontano dalla colonia è molto variabile; in Inghilterra gli adulti continuano a visitare i siti
di riproduzione fino a novembre e, dopo un periodo di dispersione a distanze non elevate
dalle coste europee, cominciano a rioccuparli in febbraio (Coulson 1966). Sembra che
esistano alcune variazioni nel comportamento migratorio e nei luoghi di svernamento a
seconda degli anni; è infatti verosimile che l’abbondanza degli organismi da cui questo
gabbiano trae il suo sostentamento influisca sulla sua distribuzione invernale. Il tasso di
sopravvivenza dei riproduttori, secondo studi effettuati in Inghilterra, raggiunge i valori più
alti, in entrambi i sessi, nell’anno successivo alla prima riproduzione e decresce
progressivamente con l’età. La mortalità maggiore è stata registrata in autunno e in
inverno; in particolare i livelli più alti di mortalità relativa competono ai maschi e sono
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associati al periodo in cui questi sono impegnati, tra gennaio e marzo, nella difesa dei siti
di nidificazione e nella ricerca del partner riproduttivo (Coulson e Wooller 1976). Secondo
i dati raccolti attraverso l’attività di inanellamento, l’esemplare più anziano noto di
Gabbiano tridattilo aveva raggiunto l’età di 25 anni.
I luoghi di nidificazione, normalmente collocati vicino al mare, sono rappresentati
dai ripidi pendii di alte falesie continentali o insulari. Qui il Gabbiano tridattilo forma
colonie grandi e dense, normalmente costituite da centinaia o migliaia di coppie, raramente
da meno di 20, talvolta condividendo gli spazi col Fulmaro (Fulmarus glacialis) e con
varie specie di Alcidi, quali l’Uria di Brünnich (Uria lomvia), l’Uria comune (Uria aalge)
e la Gazza di mare (Alca torda).Nelle colonie miste occupa la parte media-inferiore della
falesia sfruttando una tipologia di siti tanto inaccessibile alle altre specie da non avere
problemi di competizione, se non sporadicamente, con l’Uria di Brünnich. I nidi, formati
da una massa solida di fango, erba, ramoscelli, muschio e alghe impastati e compattati
attraverso il calpestio e l’accovacciamento (Paludan 1955, Cullen 1957), sono costruiti da
entrambi i partner su strette sporgenze rocciose, isolate le une dalle altre, a un’altezza
variabile tra pochi e alcune centinaia di metri dal mare. I nidi presentano sulla sommità una
depressione profonda e ben definita del diametro di circa 30 cm; la profondità di tale
depressione è maggiore che nelle altre specie di Laridi (Cullen 1957). Può accadere,
soprattutto nelle regioni in cui la specie è particolarmente abbondante, come avviene
intorno al Mare del Nord, che le sporgenze utilizzate siano situate così in basso da essere
raggiunte dagli spruzzi del mare in tempesta. La distanza tra un nido e l’altro è determinata
in parte dalla topografia della falesia, ma quando la disponibilità dei siti lo permette, varia
tra 30 e 60 cm. Requisito importante dei siti di riproduzione è rappresentato dalla vicinanza
di laghi, stagni, ruscelletti o piccole cascate, per raggiungere i quali gli uccelli sono
disposti a spingersi fino ad alcuni chilometri dalla costa, vincendo la loro avversione nei
confronti delle escursioni in entroterra. Localmente la specie nidifica fino a circa 20 Km
dalla costa e, occasionalmente, sui ghiacciai, sulle spiagge, su scogli pianeggianti o
addirittura sui relitti di navi naufragate; in Europa coppie nidificanti si trovano con
frequenza crescente sui davanzali delle finestre e sui tetti degli edifici o su altre strutture
costruite dall’uomo.
Il numero di uova deposte varia da 1 a 3, con una media di 2, e la loro incubazione
dura 25-32 giorni. Le dimensioni medie della covata diminuiscono nel corso della stagione
riproduttiva e crescono con l’aumentare degli anni di esperienza delle femmine fino a
raggiungere un valore massimo in corrispondenza della quarta stagione riproduttiva. Viene
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prodotta una sola covata all’interno della stessa stagione riproduttiva, ma nel caso di
perdita delle uova può essere deposta una covata di rimpiazzo. L’intervallo di deposizione
è pari a circa 48 ore e l’incubazione comincia solo dopo che è stato deposto l’ultimo uovo;
la schiusa è sincrona. I piccoli, semiprecoci e nidicoli, vengono sorvegliati in modo
continuo fino all’età di 3-4 settimane e, saltuariamente, anche oltre. Nelle ultime fasi della
nidificazione possono vagabondare intorno al nido, ma rimanendovi sempre vicini così da
evitare gli attacchi molto aggressivi dei cospecifici. L’abbandono del nido avviene all’età
di 5-8 settimane. I giovani, che vengono nutriti al nido dai genitori ancora per qualche
giorno (Coulson e White 1958), diventano quindi totalmente indipendenti; inizialmente
formano stormi nelle vicinanze della colonia, poi cominciano a disperdersi in mare aperto
come individui solitari, in coppie, oppure al seguito di uno o due adulti. Studi eseguiti in
Inghilterra mostrano che l’entità di tale dispersione aumenta progressivamente durante
l’immaturità fino al terzo anno di età per poi diminuire nel quarto anno, quando raggiunge
valori paragonabili a quelli degli adulti. Talora anche uccelli di uno o due anni mostrano la
tendenza a tornare verso la colonia in primavera seguendo gli adulti, sebbene non ne
possano entrare a far parte prima di aver raggiunto i tre anni di età. Nell’anno precedente la
prima riproduzione, che avviene tra da 3 a 8 anni dalla nascita, e nella maggior parte dei
casi proprio nella colonia nativa oppure in una vicina (Coulson e White 1956), molti
individui immaturi seguono gli adulti, formano anche delle coppie, ma non depongono. E’
raro che i riproduttori cambino il loro sito di nidificazione (Coulson e Wooller 1976); la
maggior parte degli individui torna di anno in anno a nidificare non solo nella stessa
località, ma anche nella stessa parte della colonia e, di solito, addirittura sulla stessa cengia
o nello stesso nido, se questo ha resistito alle tempeste invernali. Le coppie riproduttive
formano un legame monogamo che si rinnova a ogni stagione riproduttiva, benché i maschi
provino spesso ad accoppiarsi con altre femmine. Secondo osservazioni compiute in
Inghilterra, la possibilità che i membri di una coppia rimangano tali dalla prima stagione
riproduttiva alla successiva è pari al 64%. I membri della coppia generalmente hanno
un’esperienza riproduttiva simile (Coulson 1966b). Essi, morfologicamente quasi
indistinguibili, sembrano condividere le responsabilità di incubazione e di allevamento dei
nidiacei in modo quasi paritario; sebbene un individuo sia in grado di supplire per un certo
periodo di tempo all’assenza del compagno, normalmente è necessario l’impegno di
entrambi i genitori perché la riproduzione abbia un buon esito. Nonostante i pattern di
presenza al nido nel corso della giornata e della stagione varino molto da individuo a
individuo, le coppie ormai affermate mostrano di seguire un modello comportamentale
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molto simile da un anno all’altro e tale compatibilità risulta importante per il
raggiungimento di un maggior successo riproduttivo.
Il Gabbiano tridattilo è fondamentalmente un cacciatore oceanico; caccia in gruppi
abbassandosi sul mare, picchiettando l’acqua in volo e immergendosi dalla superficie fino
a 0.5-1m di profondità. Le prede, rappresentate principalmente da organismi marini
pelagici, vengono catturate con il becco. Questo Laride non esita ad attraversare l’oceano
nel corso delle migrazioni autunnali e invernali, in cerca di luoghi in cui il cibo è
abbondante, come le aree di upwelling (risalita dei nutrienti). Seguendo gli iceberg si nutre
dello zooplancton ucciso o stordito dalle gelide acque derivanti dal discioglimento del
ghiaccio. Recentemente ha iniziato a cercare cibo anche negli estuari e nei porti. Approfitta
perfino degli scarti gettati dai pescherecci, dei rifiuti trasportati nei liquami di scolo e delle
carcasse alla deriva (es. mammiferi marini). La sua dieta comprende principalmente pesci
(Mallotus villosus, Ammodytes sp., Clupea harengus, Sprattus sprattus, Gadus morrhua,
Pollachius virens, etc), crostacei (Eufasidi, Balanidi, etc) e molluschi (Clio borealis,
Limacina arctica, etc). Occasionalmente si nutre di ricci di mare, insetti (coleotteri e
ditteri), vermi, piccoli mammiferi (Sorex minutus), materiale vegetale (erba, muschio,
patate, piante acquatiche, semi di cereali), e uova di uccelli (Uria). Alcune volte è stato
visto rubare il cibo ad Alcidi, alla sterna codalunga (Sterna paradisaea) e alla foca grigia
(Halichoerus grypus). Durante il periodo riproduttivo l’alimento predominante è
rappresentato dal pesce, più nutriente e quindi utile sia al sostentamento dell’attività di
nidificazione sia allo sviluppo dei piccoli; nel resto dell’anno è invece costituito da
invertebrati planctonici. Durante il periodo riproduttivo i voli di foraggiamento portano gli
stormi di gabbiani a cercare il cibo in mare aperto fino a decine di chilometri dalla colonia.
Rispetto ai Laridi che nidificano sul terreno il Gabbiano tridattilo mostra molte
specializzazioni morfologiche e comportamentali associate alla strategia adattativa della
costituzione di dense colonie in ambienti di falesia (Cullen 1957, Tinbergen 1960, Danchin
e Nelson 1991). Questi ultimi infatti sono praticamente inaccessibili da parte dei predatori
terrestri. A causa delle forti correnti d’aria che si formano lungo le pareti verticali
l’avvicinamento ai nidi è estremamente difficile anche per i predatori alati; esso viene
invece compiuto agilmente dai Gabbiani tridattili, i volatori più esperti tra i Laridi, dotati di
grande abilità di manovra e capaci di compiere movimenti estremamente controllati e
precisi. Associati alle alterazioni delle pressioni selettive presenti negli ambienti di
nidificazione di questa specie rispetto a quelle che normalmente si riscontrano osservando
gli habitat riproduttivi utilizzati dagli altri gabbiani, troviamo dei peculiari adattamenti
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comportamentali e morfologici che caratterizzano la biologia del Gabbiano tridattilo.
Innanzitutto la drastica riduzione della pressione predatoria ha indotto un’insolita
mansuetudine negli individui nidificanti, i quali emettono il richiamo d’allarme, molto
frequente nelle specie che costruiscono il nido sul terreno, solamente in caso di estrema
provocazione (Paludan 1955), e raramente reagiscono all’attacco di eventuali predatori
aggredendoli; più comunemente si allontanano dal nido abbandonando i piccoli o le uova
al loro destino. Solo in poche occasioni, quando gli uccelli predatori (es. Corvidi, Laridi,
Stercoraridi) che girano intorno alla colonia si avvicinano troppo ai nidi, è possibile
osservare gli individui riproduttori protendere in avanti il becco aperto e poi decollare
manifestando il comportamento di mobbing collettivo, il quale viene accompagnato da
schiamazzi molto intensi. I giovani non hanno un piumaggio mimetico e i gusci delle uova
schiuse, che nelle specie nidifughe sono trasportati lontano dai piccoli perché non
costituiscano una traccia per i predatori, non vengono rimossi attivamente ma cadono dai
margini del nido ai piedi della falesia in seguito a movimenti casuali degli occupanti. La
diffusione relativamente ridotta delle falesie costituisce un fattore limitante notevole.
Conseguentemente, i Gabbiani tridattili, soprattutto i maschi, difendono accanitamente dai
cospecifici il proprio territorio rappresentato dal nido e dai posatoi adiacenti, e raramente
lo lasciano incustodito. Talvolta si impadroniscono di cenge occupate dai fulmari durante
la loro assenza, e vi si stabiliscono definitivamente dato che i fulmari sono poi
generalmente incapaci di riconquistare il sito (Coulson e Horobin 1972). I maschi, che
generalmente arrivano alle colonie prima delle femmine per accaparrarsi i luoghi più adatti
alla nidificazione, lottano per impossessarsi delle posizioni più centrali della colonia, le
più ambite e più difficili da conquistare. Gli individui che riescono ad aggiudicarsele
risultano avere un tasso di sopravvivenza e un successo riproduttivo globale sensibilmente
superiori a quelli dei cospecifici nidificanti ai margini della colonia (Coulson 1972).
La mancanza di materiali utili alla costruzione dei nidi obbliga i Gabbiani tridattili a
spostarsi lontano dalle falesie, nell’entroterra; poco dopo la formazione delle coppie
entrambi i partner, a turno, volano in gruppi di 20 o più individui, che si spingono fino a
qualche chilometro dalla costa. Tale comportamento sociale, unico tra i Laridi del
Paleartico, può essere interpretato come una strategia antipredatoria adottata in territori non
familiari (Cullen 1957). A causa dei frequenti furti di materiale da costruzione, i nidi
vengono strettamente sorvegliati anche in ogni fase precedente la deposizione delle uova.
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