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una fase in cui il lavoro discontinuo, flessibile, richiede una formazione continua,
prolungata lungo tutto l’arco della vita” (Biolghini e Cengarle, 2000, p.XV).
Di fronte a tale scenario, risalta, a toni accesi, la necessità di percorsi formativi che
non siano più gestiti con strumenti tradizionali, ma con mezzi e strategie che
permettano di accompagnare e favorire il processo di cambiamento. L’educazione,
centrata in un unico, breve e isolato momento della vita di ognuno, appare inadeguata
alle nuove istanze sociali; si sta facendo sempre più forte la richiesta di metodologie
di formazione che permettano una dislocazione del processo in tutto l’arco
dell’esistenza.
L’avvento delle nuove tecnologie, in primo luogo di Internet, ha portato con sè il
tentativo di dare una risposta alle nuove esigenze; “la nostra epoca ha segnato la
nascita di una nuova opportunità nel campo della formazione, la cui caratteristica è
quella di essere una formazione distribuita, cioè fondamentalmente non dipendente
dal tempo e dallo spazio di un sistema di formazione, bensì rapportata alle necessità e
possibilità dell’utente. [...] I termini sono rovesciati: non si tratta di un
apprendimento per la vita, è una vita per apprendere” (Pellerey, 1992, p.23-24).
La didattica basata su internet si sta affermando a ritmi sostenuti, infatti, anche se,
attualmente, nei paesi tecnologicamente avanzati, difficilmente giunge a superare il
20% della didattica adulta, vi è la convinzione, tra gli esperti del campo, che ricoprirà
uno dei ruoli più cruciali del secolo appena iniziato; si stima che, entro alcuni
decenni, circa la metà della formazione adulta in tutte le parti del mondo si svolgerà
su Internet.
La formazione in rete (online learning o e-learning) ha fornito la possibilità di dar
vita ad un intervento che coniugasse, in una modalità di successo, la formazione a
distanza classica, di origini antiche, risalenti alle prime forme di istruzione per
corrispondenza, e la formazione in presenza, integrando le caratteristiche fisiche
della prima e quelle psicologiche della seconda; tale insieme è stato, inoltre,
arricchito dall’apporto della filosofia dell’open learning. Open learning è
un’espressione utilizzata per indicare un sistema di formazione, in cui le barriere
spazio-temporali vengono ridotte e, in cui si tenta di offrire a chi apprende un ampio
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campo decisionale, rispetto a dove, come e quando studiare e agli stessi programmi e
obiettivi di apprendimento. La formazione in rete, quindi, come risposta ai bisogni
della società in mutamento, ma, anche, come processo che concentra la sua
attenzione sull’individuo, per fornirgli gli strumenti e l’autonomia necessari ad una
patecipazione attiva, in veste di attore principale e non di fruitore passivo, nel suo
percorso d’apprendimento.
L’insoddisfazione, tra gli esperti di didattica online, per i modelli tradizionali
d’educazione è fortemente sentita e viene egregiamente testimoniata dagli
interrogativi che si pone, a riguardo, Peters (1998): “come può siffatto insegnamento
rafforzare la capacità di organizzare la propria vita in piena libertà, se per anni lo
studio si realizza attraverso tanti piccoli passi prescritti e sotto tutela? Come si può
aspirare all’emancipazione degli studenti se questi ultimi non vengono messi in
grado di agire sotto la propria responsabilità quando studiano? Come potranno
svilupparsi iniziativa, creatività e disponibilità al rischio se, nelle questioni
curriculari, per anni vengono privati di autonomia e responsabilità?” (p.65).
Gli studiosi, dell’utilizzo delle nuove tecnologie in campo educativo, sostengono la
necessità di considerare le idiosincrasie e l’indipendenza degli allievi, come una
risorsa di rilievo e non, come una fonte di disturbo; vedono in Internet lo strumento
che, potenzialmente, potrebbe portare a tale giro di rotta, indirizzando il percorso in
direzione del discente e non centrato sul docente, un passaggio da un training
“teacher-centered” ad uno “student-centered” (Schreiber e Berge, 1998).
E’ pur sempre vero che il processo di formazione è un processo dialettico tra auto-
organizzazione e influenza dell’ambiente fisico e sociale, quindi, l’autonomia
dell’allievo presuppone la sua eteronomia, ossia la relazione tra i due aspetti, tra
emancipazione e dipendenza.
Si prospetta un futuro in cui ipermedia e reti telematiche “diventeranno ambiente
dove gli studenti potranno veramente costruire e decostruire significati, generando
mondi possibili, passando dall’era della progettazione didattica per obiettivi o
concetti, all’era dell’apprendimento per progetti e per significati, dove i limiti del
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setting d’apprendimento saranno espressi nei termini dei desideri e degli obiettivi di
chi apprende piuttosto che dal design di chi insegna” (Varisco, 1995, p.66).
La formazione in rete “non cambierà il modo di apprendere, le persone
continueranno ad apprendere usando i loro corpi, le loro mani ed i loro piedi; quello
che cambierà sarà il modo di insegnare” (Gallagan, 2001).
La scelta di approfondire il tema della didattica in rete è stata da me molto ponderata.
Consapevole delle mie resistenze e della mia diffidenza nei confronti delle nuove
tecnologie applicate ai vari ambiti della vita umana, ho preso questa decisione con
l’intento di mettere in discussione le mie convinzioni aprioristiche, accostandomi alla
materia, forse, più che con una forte passione, con l’interesse e il desiderio di
conoscere in profondità un argomento, a proposito del quale poter mutare la mia
opinione o poterla mantenere, riuscendo, però, a motivare le mie affermazioni in
seguito allo studio che mi accingevo a compiere.
Con grande curiosità ho intrapreso la ricerca su un tema oggi molto sentito, su cui
molti studiosi di metodologie didattiche stanno investendo grandi energie,
accompagnati dall’entusiasmo che, una prospettiva di vasta espansione e di alto
valore aggiunto, può infondere.
Una serie di domande mi hanno accompagnato nell’arco del mio lavoro, la
consultazione di vari testi, articoli e siti web mi ha permesso di fornire alcune
risposte, spero, chiare ed esaustive.
Il quesito cardine, da cui sono partita, é stato chiedersi se Internet avesse le
caratteristiche potenziali per ricoprire il ruolo di nuovo ambiente di apprendimento e
come, in pratica, potesse caratterizzarsi un’attività formativa, volta a valorizzare, al
massimo, il potenziale che la rete è in grado di offrire.
Addentrandosi più nello specifico, altre domande hanno segnato la mia ricerca: come
muta l’azione formativa, in particolare, il rapporto tra docente e studente in uno
scambio che non avviene in presenza, ma che è mediato da uno schermo? Quali
dinamiche caratterizzano una classe virtuale? Attraverso quali fattori l’insegnante
può percepire la partecipazione, la motivazione e l’interesse dell’allievo? Quali sono
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i segnali che lasciano trasparire lo stato emozionale di chi apprende? Nella realtà
virtuale, il ruolo dell’insegnante cambia? Come vanno riorganizzati programma e
lezioni? La rete fornisce la possibilità di valutare l’attività svolta? I costi della
formazione sono più elevati?
Ho cercato di articolare le risposte degli studiosi a queste domande, secondo un
ordine logico, lungo i sette capitoli che compongono questo lavoro. Con la prima
parte del testo (primi tre capitoli), ho voluto fornire una descrizione teorica della
didattica in rete mediante alcune definizioni, un confronto con la didattica in
presenza e con la didattica a distanza classica, e mediante una visione del modello di
sviluppo economico-sociale e del processo culturale che sta accompagnando
l’intervento in rete. La seconda parte (ultimi quattro capitoli) è caratterizzata da
indicazioni più operative, in cui vengono analizzate le aree cruciali da tenere in
considerazione nel momento in cui ci si accosta alla progettazione e all’allestimento
di un ambiente in rete. Le aree esaminate sono l’infrastruttura tecnologica e quindi
una definizione dei criteri per una scelta accurata degli strumenti; la classe virtuale
ossia le dinamiche che si instaurano in un ambiente online e le modalità di
erogazione dei contenuti e dei feedback; la figura del formatore, una riflessione sul
nuovo ruolo che andrà a ricoprire; la valutazione e i costi della nuova metodologia,
ossia i criteri e gli strumenti utili per valutare l’azione formativa in rete e un
confronto dei costi con una didattica tradizionale.
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PARTE PRIMA
UNO SGUARDO TEORICO
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CAPITOLO PRIMO
DALL’AULA REALE ALL’AULA VIRTUALE
“Non è il più forte della specie che sopravvive, nè il più intelligente, ma il più reattivo al
cambiamento.” (Charles Darwin)
“The problem is not how to get new thoughts into your mind, but how to get old ones out.”
(Nancy Austin)
1.1. Dalla didattica in presenza alla didattica in assenza
E’ comune la convinzione che l’educazione, per essere riconosciuta in quanto tale, si
debba svolgere attraverso un rapporto di compresenza spazio-temporale tra l’allievo
e l’educatore. “Si tratta di un atteggiamento radicato da un lato nell’ontogenesi che
vede una originaria unitarietà fisica tra il cucciolo e la madre, dall’altro nella storia
della cultura stessa, inizialmente orale e quindi pesantemente condizionata da una
condivisione spazio-temporale per ogni trasmissione e comunicazione
interpersonale” (Calvani e Rotta, 2000, p.18).
Il metodo più antico per insegnare è stato quello verbale, che può essere ritenuto il
primo strumento didattico utilizzato. Da Platone ad Agostino, a Pestalozzi, a Dewey,
sino ai nostri giorni, era idea comune che il rapporto educativo dovesse aver luogo
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necessariamente in presenza, si riteneva che l’educazione dovesse essere fondata su
scambi diretti tra il docente e il discente.
Nel V secolo A.C., periodo in cui venne introdotta la scrittura, i maestri, in primis,
non accettarono di buon grado questa nuova forma educativa considerandola
disumanizzante e inadattabile alla necessità degli allievi. Circa venti secoli dopo, con
l’invenzione della stampa si nutrivano seri dubbi sul suo valore educativo, a tal punto
che le università del tempo ne vietavano l’uso per scopi didattici. “Si deve arrivare al
secoli XVIII e XIX per vedere come, scrittura e stampa, vere e proprie rivoluzioni
culturali, tecnologiche e metodologiche, costituiranno il fondamento di base della
scuola e di tutti i processi formativi”(Andronico, 1996, p.11). Con il diffondersi della
scrittura, “la comunicazione ha preso a emanciparsi dall’obbligo della condivisione
spazio-temporale, […] l’educatore può essere remoto o esistere persino solo
simbolicamente nella mente dell’allievo” (Calvani e Rotta, 2000, p.18). Questo
scenario rende possibile l’ideazione e la diffusione dell’istruzione a distanza, in cui
sotto forma di testi e documenti, si concretizza un tipo di apprendimento autonomo
da parte dello studente che, spesso, ha modo di comunicare con il docente solo per
via epistolare.
Da allora, “il sapere occidentale è stato veicolato, in modo tipico (se non esclusivo),
dal supporto cartaceo. L’oggetto libro è, dall’invenzione della scrittura (diciamo dal
6000 a.c.), lo strumento leader per il trasferimento della conoscenza” (Nigris, 1999).
La rivoluzione tecnologica, considerata terza, dopo scrittura e stampa, introduce
nuovi canali mediali e apre nuove possibilità di formazione. L’avvento dei mass
media, la radio negli anni’30 e la televisione negli anni’60, ha permesso di accedere
a una quantità di risorse e informazioni fino a ieri impensabile, dando luogo ad una
“amplificazione informativa” (Olimpo, 1997) di enorme portata. Nonostante tutto,
l’apprendimento rimane, ancora, di tipo recettivo divulgato “da un unico centro
irradiante” (Calvani e Rotta, 2000). Solo negli anni’90, momento in cui la
formazione si coniuga con la comunicazione mediata da computer, nasce la
potenzialità per lo sviluppo di un modello di conoscenza in rete attivo e partecipato.
La formazione online si potrebbe definire “una strategia orientata a dare agli studenti
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la possibilità di plasmare lo spazio dell’apprendimento secondo i propri bisogni, o,
meglio ancora, di aumentare la possibilità di interagire in modo flessibile con i
materiali formativi e, più in generale, con tutto ciò che è formazione attraverso il
supporto delle reti, dai veri e propri corsi a distanza, all’imparare esplorando e
navigando” (Calvani e Rotta, 2000, p.74).
Oggi, la rete viene vista da molti come una soluzione congeniale a tutti gli interventi
formativi, non sempre tale approccio gratifica appieno le aspettative che su di esso
vengono riversate, in particolar modo se, presi dall’onnipotenza del nuovo mezzo, si
trascura di curare gli aspetti qualitativi dei programmi che si vanno a creare.
“Tecnologicamente non sembra esistano limiti nel comunicare, verificare, navigare,
cooperare: le reti sono una realtà indiscutibile. Può essere da discutere, anzi è da
vedere certamente, la qualità dei prodotti che sulla rete viaggiano. […] E ciò perché
eventuali deleghe totalizzanti alla tecnologie e, nel caso della formazione, ai software
didattici, potrebbero rendere incontrollabili i processi formativi con decremento della
costruzione delle strutture formali necessarie al progresso e al controllo del
medesimo” (Andronico,1996, p.11-12).
1.2. Ruolo insostituibile della presenza
Volgendo uno sguardo al futuro, è unanime la convinzione che, solo una parte della
formazione degli adulti e universitaria, si svolgerà esclusivamente su Internet; è più
ragionevole immaginare che la maggior parte sarà condotta con una modalità
integrata, con prevalente alternanza Internet/presenza. Internet spingerà anche a
riorganizzare la stessa didattica in presenza, enucleandone nuove valenze; del resto,
più volte nella storia dei mezzi di comunicazione si è verificato che un nuovo
medium non si limitasse a sostituire il precedente, ma lo costringesse ad assumere
una diversa, non minore, funzione (Calvani e Rotta, 2000).
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Rosenberg (2001) afferma che, nonostante la formazione in rete possa dare un
rilevante contributo alla formazione, questo non vuole significare la fine
dell’apprendimento in aula. Infatti l’aula ricopre un ruolo unico in questo campo,
ruolo che inizierà, però, ad assumere sembianze differenti rispetto al passato. A
proposito, è importante considerare che, se si pone l’attenzione su istanze di carattere
non fisico ma psicologico e sociale, ci può essere “distanza” anche in un corso in
presenza; questo pensiero viene esemplificato dal concetto di distanza transazionale
introdotto da Moore (1995). La distanza transazionale dipende da due fattori: da
quanto il percorso formativo è strutturato e da quanto lo studente interagisce con il
docente, queste variabili fornisco una misura qualitativa dell’autonomia dello
studente; tanto più i materiali sono strutturati e consentono poco dialogo, tanto è alta
la distanza transazionale.
La sinergia tra l’apprendimento a distanza e in presenza, se creativa, permetterà una
riduzione della distanza transazionale e sarà centrale per il successo della futura
formazione in cui, entrambi i contributi, avranno un valore unico. In molti casi,
l’inizio di un corso potrà richiedere l’utilizzo della classe per creare uno spirito di
collaborazione e di gruppo o per rendere familiari ai partecipanti le nozioni
informatiche basilari per approcciarsi al corso online. In altri casi Internet può essere
utilizzato come supporto della formazione d’aula, come una guida aggiornata e una
fonte inesauribile di informazione.
Non si deve intendere la formazione online come una metodologia sostitutiva
all’aula, ma si dovrebbe pensare ad un sistema che integri le due forme e che, quindi,
non annulli completamente la dimensione fisica dell’interazione tra gli studenti e tra
questi e il docente: “il mantenimento di incontri in presenza può favorire il
riconoscimento degli attori del processo, e può quindi sostenere le relazioni, la
socializzazione, ma anche la motivazione a partecipare alle fasi via rete” (Biolghini e
Cengarle, 2000). Questo permette la realizzazione di un percorso integrato tra
l’intervento in aula e l’intervento in rete: “da un lato l’aula prepara ed avvia la
distanza e la distanza prepara ed avvia l’aula, e dall’altro a distanza si verifica quanto
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è avvenuto in aula e in aula si verifica quanto è avvenuto a distanza” (Biolghini e
Cengarle, 2000).
L’utilizzo del web porterà, come detto precedentemente, numerosi cambiamenti nella
formazione in aula, Rosenberg (2001) mette in evidenza due aspetti. In primo luogo
il docente non ricoprirà più il ruolo di istruttore ma quello di facilitatore, che non
avrà più il compito di erogare nozioni, facilmente recuperabili sul web, ma sarà una
guida che affiancherà colui che apprende nel suo percorso di crescita culturale e
personale. In seconda istanza , con l’accesso al web, la formazione può essere svolta
primariamente in aula e continuare anche al di fuori di tale contesto di spazio e
tempo.
L’apprendimento in rete non è sostituibile alla formazione d’aula, ma si integra con
essa, in forme definibili in modo specifico nei diversi luoghi fisici e nelle fasi
temporali del processo dell’insegnamento/apprendimento.
Sarti (in Biolghini e alt., 1999) mette a confronto le due tipologie di formazione
rispetto ad alcuni parametri, fornendo due distinte definizioni: “nei sistemi
convenzionali gli studenti sono omogenei per età, conoscenze e luogo (la classe),
soggetti ad una modalità di apprendimento dipendente e in situazione molto
controllata; i corsi sono pochi e ben definiti con relazioni faccia a faccia e misura
finale sommativa delle competenze acquisite; i costi di avvio sono bassi e crescenti
linearmente col numero degli studenti. Nei sistemi a distanza gli studenti sono
eterogenei, non localizzati in un unico luogo, adottano una modalità di
apprendimento indipendente e in un ambiente poco controllato, sono supportati da
help in linea, risoluzione differita dei problemi, gruppi di discussione; i corsi sono
diversificati e frammentati, con (auto)valutazione formativa lungo tutto
l’apprendimento; i costi iniziali sono alti, ma quelli variabili sono bassi rispetto ai
sistemi convenzionali”(p.48).
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1.3. Resistenze al cambiamento
Il filosofo Karl Popper (1972) sostiene che la nostra interpretazione del mondo è data
dall’interazione di tre piani distinti di realtà: il primo si basa sulla realtà fisica, intesa
come ambiente che ci circonda e che noi possiamo vedere, toccare, annusare; il
secondo è caratterizzato dalle individuali esperienze di vita, che si estendono oltre la
fisicità includendo gli elementi soggettivi; il terzo consiste nell’enorme quantità di
dati, informazioni e conoscenze che queste esperienze di vita ci portano. Spesso
etichettata come oggettiva, perché le persone usano procedure e standardizzazioni
per definirla e analizzarla, la terza parte continua a esistere indipendentemente dalle
nostre esperienze soggettive; essa interagisce poco con le altre due parti, ma rimane
sempre nello sfondo, influendo su di noi costantemente. Un altro modo di riferirsi a
questo terzo mondo è considerarlo il nostro “ambiente simbolico” (Paprock, 1993), a
cui ognuno deve adattarsi. Gli studiosi del comportamento umano enfatizzano
ripetutamente che il mezzo utilizzato dalle persone, per far proprio questo mondo
costellato da simboli, è l’apprendimento; è importante, infatti, che una persona riesca
ad assimilare in modo costruttivo una considerevole porzione dei contenuti di questo
piano di realtà.
La capacità umana di apprendimento predispone per noi una base per un crescente,
anche se piuttosto limitato, adattamento all’ambiente. Nonostante tutto, i nostri
bisogni emozionali, psicologici e sociali costringono il nostro raggio d’azione di
adattamento alle capacità di apprendere, che noi possiamo efficacemente mettere in
atto. Questo conduce al problema di adattamento denominato da Toffler (1971, p.26)
“shock futuro, un fallimento nell’adattarsi alla situazione nel momento in cui si
verificano troppi cambiamenti intorno a noi e l’ammontare di mutamento nel nostro
ambiente è eccessivamente rapido”. E’ più probabile che gli adulti, per quanto
riguarda le attività e i pensieri, tendano a rinforzare la stabilità e a minimizzare il
cambiamento. Le maggiori influenze che incoraggiano la stabilità includono i valori
sociali, il ruolo delle aspettative, la personalità, gli interessi, le abilità e le interazioni.
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Queste stesse influenze possono portare a incoraggiare il cambiamento, che può
essere rapido e vittorioso in una situazione di crisi sconfortante e non familiare per
l’individuo, ma che può essere un processo lento e sofferto in una situazione
ordinaria come, focalizzando l’attenzione sull’argomento di nostro interesse,
l’ambiente di apprendimento (Williams, Paprock, Covington, 1999).
Carl Rogers (1961) viene spesso citato per la sua teoria, secondo la quale è di
straordinaria importanza, per colui che apprende, trovare un posto sicuro per poter
esplorare se stesso e il suo ambiente. Rogers, inoltre, sottolinea come la naturale
tendenza, delle persone che apprendono, è di circoscrivere il territorio rispetto a quei
campi in cui ci si sente convalidati e protetti. Per raggiungere un risultato di
successo, le persone dovrebbero essere aiutate a superare i limiti che loro stessi si
sono imposti, per iniziare a cercare ed esplorare nuovi lidi, col fine di evolversi e
arricchire il loro mondo di conoscenza.
Le componenti importanti per superare la paura e per accostarsi con successo al
cambiamento sono due: assumere un senso di apertura e prenderne consapevolmente
il controllo (Williams e alt., 1999). La paura, di ciò che è sconosciuto, è una barriera
al cambiamento. In ogni nuova situazione, risulta spesso più facile iniziare da dove
uno è minimamente ferrato, usare quello che si conosce per superare le difficoltà
poste dall’ignoto. L’atteggiamento di chi si avvicina alla formazione a distanza
dovrebbe proprio essere quello di disponibilità e apertura, è ruolo primario del
docente far nascere questa predisposizione usando come base dell’apprendimento le
conoscenze che l’allievo già possiede e tenendo sempre a mente che il sentimento di
disagio iniziale può essere catalizzatore e presagio di una crescita futura (Williams e
alt.).
Driscoll (1998) identifica alcuni metodi che permettono di facilitare l’accostamento
alla formazione in rete. Anche l’autrice, nel suo lavoro, sottolinea l’importanza di
usufruire delle esperienze e delle conoscenze dei discenti, come base da cui partire e
a cui rifarsi durante l’esplorazione dei nuovi contenuti e delle diverse metodologie.
Un ruolo determinante nel mantenere alta la motivazione è giocato dal creare dei
programmi, che permettano una chiara correlazione tra le abilità apprese e i bisogni
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concreti di chi apprende, dei programmi che siano in grado di aiutare il discente a
risolvere i problemi che man mano incontra, non solo nel suo percorso formativo, ma
anche nel contesto di lavoro.
Coinvolgere gli studenti nel disegno e nella valutazione del progetto è la strategia
migliore per renderli soggetti e artefici del loro piano di apprendimento: chiedere
loro un aiuto nel definire gli obiettivi, nel creare gli esercizi e nella valutazione del
loro stesso progresso. La formazione in rete è particolarmente indicata per dar vita ad
una collaborazione tra discenti e docente, perché fornisce ampie opportunità di
comunicazione: gli studenti hanno la facoltà di proporre un percorso alternativo in
base ai loro desideri di conoscenza e alle risorse di cui necessitano. L’unico modo
per realizzare tale coinvolgimento è quello di costruire programmi che permettano
l’instaurarsi di una solida e facile interazione tra i diversi attori che prendono parte al
corso. L’interazione assume un ruolo rilevante anche nel mantenere sempre viva
l’attenzione di chi apprende, che si trova di fronte uno schermo, se pur animato da
colori e suoni, “senza vita”; a tal proposito si deve tenere presente che, comunque,
grafici, video, immagini e audio permettono un’assimilazione dei concetti più veloce.
La creazione di un ambiente “sicuro”, che dia al partecipante la percezione di essere
considerato nella sua individualità e di poter intervenire liberamente, incoraggia
l’esplorazione di nuove idee e di strade alternative per risolvere problemi e la
sperimentazione per mezzo di esercizi che promuovano una riflessione critica delle
nuove abilità apprese.
1.4. Fattori di forza e di debolezza della formazione a distanza
I fattori cruciali che possono fornire valore aggiunto a un sistema di formazione a
distanza sono stati evidenziati da diversi autori e in numero cospicuo.
L’utilità più evidente data da un apprendimento in rete è la flessibilità di spazio e di
tempo; lo studente non è condizionato dal dover essere presente in un luogo
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prestabilito, poiché il corso è fruibile da qualsiasi postazione connessa in rete (anche
la propria abitazione), eliminando i costi e il tempo perso negli spostamenti (Nigris,
1999a; Driscoll, 1998). Nella formazione a distanza “non sono gli allievi che devono
andare al corso, ma è il corso a raggiungere gli allievi, ovunque essi si trovano”
(Nigris, 1999a). L’allievo ha, inoltre, la possibilità di programmare il suo studio
rispetto ai suoi impegni e ai suoi tempi di apprendimento. L’assenza di vincoli di
spazio e di tempo permette di “rendere concreto il modello della formazione
permanente o continua di cui da qualche tempo si parla” (Biolghini e Cengarle, 2000,
p.8). La flessibilità permette agli educatori di provvedere all’insegnamento nel modo
più consono alla situazione, quando specifiche abilità e conoscenze sono richieste e
non solo quando c’è la disponibilità della classe (Driscoll, 1998). Questo fornisce la
possibilità di dar vita ad un percorso didattico “su misura” per ogni singolo allievo,
ottimizzando un tipo di intervento personalizzato si può potenzialmente mirare a
colmare lacune individuali o a preparare in modo mirato una persona ad un compito
professionale specifico (Nigris, 1999a).
La revisione del materiale formativo può avvenire in modo rapido, attraverso
“arricchimenti progressivi in itinere” (Calvani e Rotta, 2000), il materiale può essere
progressivamente arricchito di ulteriori link e messo a disposizione di tutti i discenti
in tempo reale; questo aspetto risulta particolarmente utile in quei contesti in cui è
alta la necessità di un rapido aggiornamento. In rete, inoltre, è facile mantenere una
traccia del percorso didattico, una storia delle attività del singolo che possono essere
rianalizzate in ogni momento, cosa utile sia per il soggetto stesso sia per il tutor che
può tenere costantemente sotto mano l’andamento del corso e del soggetto in
particolare (Calvani e Rotta, 2000); questa memoria permette anche di riutilizzare il
materiale formativo (database, videotape, diagrammi, documenti, ecc.) in molteplici
contesti o in tempi differiti (Driscoll, 1998).
La memoria del percorso didattico, che la rete garantisce, permette di misurare più
facilmente i risultati: la possibilità di avere in memoria la storia delle attività del
singolo, rende estremamente semplificanti per il docente il monitoraggio e la
valutazione (Nigris, 1999a).