CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
2
governati e governanti si deve riclassificare alla luce delle potenzialità
offerte dalla rete:
“E’ qui che oggi vedo consumarsi il conflitto moderno sulla
libertà: l’individuo deve pretendere di essere cittadino con pieni
diritti nella nuova società multimediale... Io vedo una nuova
materia su cui stringere un nuovo patto di cittadinanza che è
appunto la comunicazione come elemento abilitante all’esercizio
dei diritti civili.”
Soffermandoci sui primi due gruppi individuati da Elbacomunico, i
termini della questione sono la Pubblica Amministrazione e la
comunicazione, “due mondi – dice Vandelli – che hanno vissuto negli
ultimi decenni trasformazioni davvero tumultuose, rapidissime, ma con
un’inevitabile esigenza di incontrarsi con qualche parallelismo.”
3
Ed è sul
nodo dell’estensione quantitativa del raggio d’azione dell’una e dell’altra
che si realizza l’incontro, che è più di un parallelismo, è un connubio
perfetto. Il tema dell’utilizzo delle nuove tecnologie per ridisegnare,
attualizzare e rendere più democratico il processo democratico, scrive
Grandi, “ha come obiettivo la verifica delle possibilità di raggiungere un
effettivo godimento dei diritti di informazione e di cittadinanza per incidere
sul processo di formazione delle decisioni. Questa urgenza è oggi condivisa
da varie istituzioni nazionali o sopranazionali, che individuano come
prioritaria la necessità di ri-legittimare la democrazia rappresentativa
attraverso una modifica radicale del processo decisionale.” Secondo
l’OECD, “La partecipazione attiva è considerata come una relazione basata
sulla partnership con il governo, in cui i cittadini siano attivamente
impegnati nel definire il processo e il contenuto della presa di decisione
politica.” Il Rapporto sullo sviluppo della società dell’informazione
elaborato dal Governo italiano nel 2000 indica tra i fenomeni più
significativi:
- il ruolo sempre più decisivo che potrebbero svolgere i
cittadini che abbiano acquisito una cultura informatica;
- l’esigenza di nuovi modi e nuove forme di partecipazione ai
processi decisionali indotti da uno scenario nazionale ed
internazionale caratterizzato dalla “diffusione di saperi, dal
potenziamento dei sistemi e delle reti informative, dai nuovi
concetti di cittadinanza e di governo.”
3
Vandelli L. “Introduzione”, in AA. VV. (2003) Come cambia la Pubblica Amministrazione.
Politiche, progetti, esperienze in Emilia-Romagna, in Italia e in Europa. CLUEB, Bologna, p.
11
1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.
3
Continua Grandi: “L’obiettivo comune a queste prese di posizione sembra
essere il coinvolgimento dei cittadini prima della presa di decisione e la
assunzione di responsabilità da parte della pubblica autorità dopo che la decisione
è stata presa utilizzando l’informazione e forme di consultazione e di
partecipazione nuove in quanto sfruttano le potenzialità offerte dalle tecnologie
digitali di informazione e comunicazione.”
4
In tale prospettiva, la democrazia elettronica è una risposta
all’esigenza delle amministrazioni pubbliche di fronteggiare la
crescente complessità delle decisioni attraverso un coinvolgimento
ampio delle competenze ed esperienze diffuse nella società, attivando
dinamiche a distanza di contatto, dialogo e consultazione, oltre a
predisporre un sistema di relazioni cui ricorrere facilmente nel momento in
cui si decide di dare vita a progetti compositi o in occasione della presa di
decisioni.
Con questo, si vuole sottolineare il nesso tra i diversi possibili piani di
azione pubblica, in una visione d’insieme, sistemica, rispetto all’uso delle
ICT. Miani richiama l’attenzione sul falso dualismo tra processi di e-
democracy e processi di e-government;
5
una sottolineatura, questa, che ha
la sua ragion d’essere, visto che il nesso tra i due concetti sfugge persino al
Ministro per l’Innovazione e la Tecnologia Stanca che, ricordando
l’impegno del suo governo per l’e-democracy con il lancio del bando e i
finanziamenti ai progetti delle PA locali e regionali, dice: “Con ciò il
cittadino-elettore, non il cittadino-utente dei servizi, diventa partecipe alla
vita delle istituzioni.”
6
Al contrario, i due non sono termini contrapposti
che stanno l’uno per “miglioramento della partecipazione politica
democratica dei cittadini ai processi decisionali della PA” e l’altro per
“efficacia nell’erogazione dei servizi pubblici al cittadino”, bensì elementi
di uno stesso processo relativo all’amministrazione in relazione con il
territorio e la cittadinanza. Qualsiasi tipo di progetto che la PA porta avanti
in modo isolato e senza l’ascolto di utenti e stakeholder rischia di fallire per
mancanza di visione e previsione. I cittadini sono importanti serbatoi di
conoscenze sulle dinamiche reali della società. La progettualità condivisa,
la crescita della conoscenza e delle competenze diffuse dovrebbero pertanto
rappresentare un obiettivo primario dei politici e degli amministratori. Ecco
perché l’e-government non può esprimere pienamente la sua potenzialità se
non in accordo con politiche di governance in grado di coinvolgere quel
4
Grandi R. (2002) ”Derecho a la informacion y derechos ciudadanos en la era digital”, in Vidal
Beneyto, Jose (a cura di) La ventana global. Santillana Ediciones Generales, Madrid, 2002, pp.
209-230
5
Si veda il Report della Bertelsmann Foundation, intitolato Balanced e-Government. World
Wide Web: < http://www.begix.de/en/index.html>
6
Intervista della scrivente al ministro Lucio Stanca in occasione del FORUM PA presso la Fiera
di Roma, 10 maggio 2005.
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
4
network di soggetti che definiscono un territorio, vi investono ed
interagiscono, l’e-democracy, per l’appunto.
Quando si tratta di definire (e mettere in pratica) tale coinvolgimento,
non vi è un consenso generale sul ruolo della partecipazione politica
all’interno della teoria democratica; il disaccordo riguarda il significato,
la desiderabilità e le funzioni della partecipazione politica. Per rintracciare
un minimo comune denominatore di accordo, partendo dal dato
etimologico, l’individuazione del criterio di identificazione dei fenomeni
della partecipazione nel suo complesso fa perno sull’effetto pratico ed
immanente da rintracciare in ciascuna delle forme/manifestazioni della
partecipazione, “effetto che si risolve nell’inserimento dell’amministrato
(rectius: dell’interesse dell’amministrato) nell’organizzazione o
nell’attività dell’amministrazione.”
7
Genericamente, con partecipazione
alla Pubblica amministrazione si intende la presenza nella P. A. di soggetti
non professionisti.
L’e-democracy contraddistingue quei processi che prevedono l’uso
di strategie e tecnologie dell’informazione e della comunicazione da
parte degli attori democratici (amministratori, cittadini, associazioni, enti
pubblici e privati) nell’ambito dei processi politici e di governo di
comunità locali, nazionali ed internazionali. Essa comprende molteplici
livelli ed iniziative che nascono per fare della comunicazione istituzionale e
politica un processo a due vie, così da integrare i processi di formazione
delle politiche attraverso fasi di ascolto e consultazione con i cittadini,
supportati dai mezzi telematici. Si può in tal senso considerare la
democrazia elettronica come il punto di arrivo di un percorso che muove
dall’e-government per costruire l’e-governance territoriale, ovvero
migliorare la qualità della convivenza comune passando attraverso
l’infittirsi, anche per via telematica, dei rapporti tra i soggetti attivi sul
territorio. I concetti di e-government ed e-democracy (tabella 1.1.) si
fondono, “perché è proprio all’e-government che spetta la funzione di
consolidare e rafforzare il metodo democratico, implementando una nuova forma
di democrazia, e il migliore fondamento della democrazia è la fiducia nelle
istituzioni e nella loro capacità di erogare servizi rapidi e sicuri a tutti, in piena
trasparenza e con tutte le garanzie.”
8
Il nesso così individuato è bene mappato
nelle parole di Clift Stevens:
7
Tignano, Aldo “Introduzione alla prima sessione dei lavori”, in Manganaro F., Tassone A. R.,
(2002) La partecipazione negli enti locali. Giappichelli, Torino, p. 6
8
Tivelli L. (2004) Verso una nuova amministrazione: un passaggio complesso. Fazi editore,
Roma, p. 29
1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.
5
My working concept of e-governance relates to the preparation
of government as it reacts to information, technology and
communications (ICTs) trends on its traditional governance and
role in society. It is the climate for governance in an online
world. E-democracy builds on e-governance and focuses on the
actions and innovations enabled by ICTs combined with higher
levels of democratic motivation and intent.
9
Altrettanto efficace è la definizione operativa di Christoph Dowe,
Executive Secretary di po-di.net, che ha il merito di porre in evidenza tre
momenti chiave dell’e-democracy “as a means for (a) disseminating more
political information and for (b) enhancing communication and participation, as
well as hopefully in the long run for (c) the transformation of the political debate
and the political culture.”
10
É a queste ultime due estensioni che Peter Kellner
si riferisce quando presenta la sua “hard e-democracy”, distinguendola
dalla “soft e-democracy”, laddove la differenza si gioca sull’elemento del
feedback nel processo di comunicazione attivato. “L’e-democracy – ha detto
Fleres nel corso del Forum PA 2005 - non è dunque solo uno strumento della
democrazia, ma uno strumento di forte ampliamento della democrazia stessa.
L’e-democracy è una nuova filosofia che, senza indebolire il potere politico,
consente alle Istituzioni di determinare un rapporto aperto tra Pubblica
Amministrazione e cittadini”.
11
Così anche De Petra: “il processo di
partecipazione democratica aumenta la qualità della decisione presa, e le ICT non
solo rafforzano il rapporto del singolo col processo (attraverso un meccanismo di
individualizzazione), ma possono anche costituire nuove opportunità di fare
comunità in rete”.
12
All’ordine del giorno del dibattito c’è dunque la promozione dell’e-
democracy all’interno di quella che viene definita la società
dell’informazione.
E-democracy is at the convergence of traditional democratic
processes and Internet technology. It refers to how the Internet
can be used to enhance our democratic processes and provide
increased opportunities for individuals and communities to
9
Clift S. (2004) From E-Governance to E-Democracy: Progress in Australia and New Zealand
toward Information-Age Democracy.
10
Dowe C. “Political Communication and Digital Developments: pol-di.net in Germany”, in
OII, A New Agenda for e-Democracy. Position Papers for an OII Symposium. August 2004,
p.22
11
Salvo Fleres, Vice Presidente Assemblea Regionale Siciliana e Coordinatore Gruppo di
Lavoro Informazione e Comunicazione Istituzionale della Conferenza dei Presidenti
dell’Assemblea, dei Consigli Regionali e delle Province Autonome. CRC (2005) E-democracy:
cittadini più vicini alle istituzioni. 11 maggio 2005. Da World Wide Web:
< http://www.crcitalia.it/document.aspx?Categoria=4&Documento=4873>
12
Giulio De Petra, Responsabile Area Innovazione per Regioni ed Enti Locali CNIPA. ibidem.
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
6
interact with government...What e-democracy does best is to
allow representative institutions to add more participatory
features that engage citizens between elections. (Clift Steven)
L’approccio qui inteso è non sostitutivo rispetto alle forme tradizionali
della politica, poiché è mirato ad includere sul versante dei cittadini, ed
innovare le culture organizzative e decisionali (amministrative e di
governo), da orientare verso l’ascolto dei cittadini e la valorizzazione
dei loro saperi (esperti o comuni). In questo modo, si affianca ad una
società complessa la capacità di progettazione sociale, e alla
differenziazione sociale l’esigenza comunicativa dell’accordo.
13
Nel
momento in cui si decide di considerare le forme di partecipazione abilitate
dall’e-democracy come completamento della rappresentanza democratica,
si può parlare di veri e propri anticorpi del sistema democratico
tradizionale, poiché “Se non ci fosse il luogo del Parlamento, che trascina le
responsabilità a disvelarsi, a rappresentarsi e a discutere, con franchezza, anche
delle ragioni di Stato ma anche delle modalità con cui si esercitano
responsabilità, ti saluto anticorpo!”
14
Stefano Rodotà (Tecnopolitica, 1997) parla di “innestare forme di
democrazia diretta sul vecchio tronco della democrazia rappresentativa”,
15
affinché le tradizionali istituzioni rappresentative siano rafforzate da
procedure d’intervento diretto che le rendano più percorribili dai cittadini
rappresentati (“sistemi di rappresentanza estesa con elementi di
partecipazione”; “sistema partecipativo con elementi di rappresentanza”).
Sicché, “Il processo di decisione democratico non può ridursi alla partecipazione
alle elezioni ogni qualche anno, né ridursi alla risposta immediata a continui
referendum, ma deve utilizzare la continuità permessa dalle tecnologie online per
accrescere il coinvolgimento pubblico nel processo politico di deliberazione
politica. I metodi di coinvolgimento pubblico sono definiti come “deliberative
when they encourage citizens to scrutinise, discuss and weigh up competing
values and policy options. Such methods encourage preference formation rather
than simple preference assertion”
16
. Gli strumenti che l’e-democracy
13
Ruffolo G. (1988) Potenza e potere. Saggi tascabili Laterza, Bari-Roma
14
Stefano Rolando, in FORUM PA (2004) L’avviamento di progetti per lo sviluppo della
cittadinanza digitale (e-democracy). Tavola rotonda, Fiera di Roma, martedì 11 maggio 2004
15
Così anche Arterton (1987): “Technology can make teledemocracy, in the sense of pluralist
dialogue, possible. In every case where communications media were used to allow citizens to
interact with public officials, the results were beneficial. The citizens certainly became better
informed. The number and breadth of those who could be said to be politically active was
increase... The communications revolution promises citizens more than mere electronic voting...
Applications of technology in this manner allow incremental modifications of the existing
political machinery. There is, moreover, great vitality to these existing institutions... The
developing communication media can improve the functioning of this machinery;
teledemocracy can refer to the strengthening of these institutions rather than to their
supplantation.” p. 200
16
Coleman – Goetze, op. cit., p. 6
1.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.
7
dovrebbe offrire a tutti i cittadini per informarsi, dibattere, proporre e
controllare sono i seguenti (Rodotà, 1997; Coleman and Gøtze, 2001):
- l’informazione resa disponibile da un accesso che rende possibile
sia il diritto di accedere alle informazioni sia di essere informati;
- la consultazione e l’ascolto dei cittadini attraverso: indagini
quantitative, focus groups, incontri pubblici, forum, panels, ecc.;
- strumenti di controllo;
- la partecipazione attiva che porta a una partnership con il governo
nel processo di decisione, anche se la responsabilità finale rimane
nelle mani della pubblica amministrazione;
- la gestione autonoma di certi tipi di servizi;
- gli strumenti di vera e propria decisione con modalità innovative
da inventare.”
17
L’approccio di studio che discende da queste premesse concettuali e
terminologiche indica tre aree di analisi, interrelate su uno stesso piano:
sistemi, processi, contesti. A partire dalla loro disamina si tenterà di
qualificare l’ambiente comunicativo e delineare la rilevanza di attori,
assetti strutturali, risorse, regole e condizioni variamente in grado di
favorire uno svolgimento efficace dei processi di comunicazione nell’ottica
dell’e-democracy.
Tab. 1.1. - Definizioni
Government
Forma di governo. Assetto istituzionale di governo
Governing
Processo, generica attività del governare
Governance
Risultato particolare del governing. Modello di relazioni
consolidatosi tra gli attori pubblici e privati che operano in
un settore o area di policy nel processo decisionale.
Fonte: Giraudi G. e Righettini M. S., 2001.
17
Grandi R. (2002) ”Derecho a la informacion y derechos ciudadanos en la era digital”, in Vidal
Beneyto, Jose (a cura di) La ventana global. Santillana Ediciones Generales, Madrid, 2002, pp.
209-230
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
8
1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia
(diretta e indiretta). Rassegna dei contributi teorici sul tema
del cittadino partecipe alle scelte politico-amministrative.
I percorsi lungo cui si sviluppa il dibattito sull’e-democracy sono: il
dibattito teorico sul rapporto governanti-cittadini che passa attraverso la
riforma della P.A.; il processo di sviluppo delle tecnologie mediali di
comunicazione utilizzate nell’ambito della comunicazione politica e
pubblica.
In base al percorso concettuale tracciato da Fleres, secondo il quale
“Quella “e” prima della parola “democracy” significa soltanto che si utilizza un
sistema, uno strumento, un mezzo che consente lo sviluppo della democrazia
attraverso meccanismi tecnologici adeguati, tempestivi, di immediata
utilizzazione che consentono risposte altrettanto immediate, ma il tema resta
sempre lo stesso, cioè quello della democrazia, dell’esigenza di costruire
momenti di partecipazione democratica”
18
, per parlare di e-democracy si
devono affrontare proprio le ragioni della politica rispetto all’introduzione
di sistemi di e-democracy, che sono sistemi di democrazia.
Al fine di verificare se e in che modo l’e-democracy sia un processo
conveniente (e per chi), sarà allora opportuno fare una momentanea
regressione per effettuare una panoramica archeologica delle principali
teorie democratiche che si sono occupate dell’eccellenza (il
buongoverno) ed opportunità (consenso o legittimazione) di alcune
forme di governo piuttosto che altre. In particolare, da Platone a Sartori
passando per Toqueville, Burke
19
, Habermas, Lippmann e Schumpeter, lo
snodo dell’intenso esercizio intellettuale è ubicato tra democrazia diretta e
democrazia rappresentativa.
18
SALVO FLERES, Vice Presidente Assemblea regionale Siciliana — Coordinatore gruppo di
lavoro “Informazione e comunicazione istituzionale” Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea,
dei Consigli regionali e delle Province autonome. In FORUM PA (2004) op. cit.
19
Nel suo famoso “Discorso agli elettori di Bristol”, Edmund Burke, il celebre filosofo e
politico del XVIII secolo, pose le basi delle argomentazioni divenute classiche in favore del
governo rappresentativo invece che diretto: “If government were a matter of will upon any side,
yours, without question, ought to be superior. But government and legislation are matters of
reason and judgment, and not of inclination; and what sort of reason is that in which the
determination precedes the discussion; in which one set of men deliberate and another decide;
and where those who form the conclusion are perhaps 300 miles distant from those who hear the
arguments? To deliver an opinion is the right of all men; that of constituents is a weighty and
respectable opinion, which a representative ought always to rejoice to hear; and which he ought
always most seriously to consider. But authoritative instructions; mandates issued, which the
member is bound blindly and implicitly to obey, to vote, and to argue for, though contrary to the
clearest conviction of his judgment and conscience, - these are things utterly unknown to the
laws of this land and which arise from a fundamental mistake of the whole order and tenor of
our constitution.” (Fishkin J. S., 1995)
1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia (diretta e indiretta).
9
L’idea di democrazia è stata elaborata nel corso della storia lungo
linee assai diverse da quella indicata dalla polis ateniese, in cui essa non era
concepita come un sistema inteso ad assicurare ai cittadini il massimo
grado di autogoverno, bensì come un meccanismo volto a garantire ai
governanti un certo grado di legittimazione agli occhi dei governati. La
scala geografica e l’ampiezza dei popoli e delle cittadinanze hanno
complicato le cose. Concordiamo con Thompson sull’ovvietà dell’adesione
ed approvazione spontanea verso un modello di democrazia diretta e
partecipata “in cui le persone discutano attivamente di tutte le questioni che
influiscono sulla loro vita, in cui chiunque sia interessato a un certo tema abbia il
diritto di esprimere la propria opinione, e le decisioni siano basate sul consenso
(o persino sull’esplicito accordo) di tutti i coinvolti.”
20
Tuttavia, in
considerazione della complessità delle società moderne, c’è chi ha
esplorato altre possibilità, ricavandone intuizioni e modelli preziosi.
Rousseau, nel Discorso sull’ineguaglianza, per quanto favorevole alla
sovranità popolare effettiva, si pronuncia categoricamente contro la parola
indecente del ‘loquitor hic, loquitor ille’: “è contro le leggi di natura,
comunque si vogliano definire, che un imbecille conduca un uomo saggio”.
Ralph Dahrendorf elenca tre punti in grado di assicurare la
democraticità di un sistema: dopo la possibilità di produrre cambiamenti
senza violenza, e l’esistenza di checks and balance per controllare il potere,
vi è la presenza di mezzi per dare voce a tutti i cittadini nell’esercizio del
potere. Tuttavia, ci mette in guardia dagli eccessi di scelta paralizzanti e
frustranti del “cittadino totale”.
Luhman rileva l’obsolescenza del modello di potere come sistema
chiuso weberiano che tenta di spezzare il circolo (sovraccarico di domande
----- crisi delle risorse disponibili ----- ingovernabilità) inserendovi la
prevedibilità, la selezione e il controllo.
Sartori separa e contrappone democrazia diretta e democrazia
indiretta, l’una quale partecipazione, l’altra quale rappresentanza. E si
spinge oltre, cercando l’equivalenza tra la prima e l’autogoverno, ossia la
partecipazione al potere
21
che getta l’individuo in balìa della collettività,
poiché l’unica garanzia del cittadino in democrazia diretta è la sua
partecipazione al governo, l’obbligo a prendere parte al potere collettivo
(l’autodelazione di massa di cui parla Paul Virilio (1977): “contro il rischio
20
Thompson J. B. (1998) Mezzi di comunicazione e modernità. Il Mulino, Bologna, p.351
21
“Se l’attuale democrazia non soddisfa ancora le esigenze dell’idealità democratica, è molto
probabilmente perché gli uomini non vivono all’altezza dei propri ideali; e certo anche perché
non si può costringere all’iniziativa il gran numero di coloro che trovano più facile e più
riposante restare a rimorchio...il fatto è che l’elevamento del livello medio di cultura non ha
reso attivo chi è inerte, e la grandissima maggioranza resta passiva non perché non sappia
leggere, ma perché legge di altre cose, non tanto perché non sia in condizione di sapere di
politica, ma perché se ne disinteressa.” Sartori G., Democrazia e definizioni. 1957, p.74.
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
10
di sparire, ognuno deve farsi presente in prima persona, rendersi
riconoscibile agli occhi del potere. Altrimenti non esiste”). Il giudizio di
valore che Sartori dà sulla presunta massimizzazione dell’ideale
partecipazionista veicolato dall’informatica tratteggia una democrazia
come “arte di costringere il popolo a decidere su ciò che non capisce.”
Carl Schmitt scrive a proposito della democrazia diretta nella sua
forma deteriore (quella che mette il singolo in contatto con il potere
immediatamente, in una relazione verticale) che “non vi sarebbe nessuna
pubblica opinione, giacché l’opinione così concorde di milioni di privati
non dà nessuna pubblica opinione, il risultato è solo la somma di tutte le
volontà individuali”
22
: volonté de tous invece che volonté générale.
Samuel P. Huntington ritiene che la partecipazione sia una delle cause
immediate della crisi ed ingovernabilità delle democrazie, considerando
quindi auspicabile una certo grado di apatia e di non coinvolgimento del
popolo ai fini di un funzionamento efficiente dei sistemi politici
democratici.
23
J. A. Schumpeter ci richiama alla realtà della caduta di rendimento del
singolo oltre i confini del proprio settore di competenza e specializzazione,
poiché “non v’è riscontro che nessuno può essere più di se stesso migliore
giudice dei suoi propri interessi, vista la complessità sociale e l’inevitabile
unilateralità e scarsa informazione del cittadino.”
24
A livello di senso comune politicizzato, vi è poi l’elitismo morettiano
di quanti si sentono a loro agio nelle minoranze, perché, concordando con
Søren Kierkegaard, “Truth always rests with the minority, and the minority is
always stronger than the majority, because the minority is generally formed by
those who really have an opinion, while the strength of a majority is illusory,
formed by the gangs who have no opinion - and who, therefore, in the next
instant (when it is evident that the minority is the stronger) assumes its opinion,
which then becomes that of the majority, i.e., becomes nonsense...while truth
again reverts to a new minority.”
Dopo aver attraversato la storia del pensiero occidentale lungo il fil
rouge della democrazia, trasferiamoci sul piano storico, per uno sguardo
attento alle vicende storiche attraverso cui si è, di volta in volta, declinato
l’uno o l’altro approccio teorico. Alessandro Pizzorno
25
ricostruisce
sinteticamente le tre tappe dello sviluppo dei modi di costruzione della
22
Schmitt C. (1928) Verfassungslehr. Berlin
23
Huntington S. P. (1975) p. 14. Da Svensson Palle (1986), “La teoria democratica e la
partecipazione politica: alcune note sulla funzione educativa della partecipazione politica“, in
Transizione, n. 7/86, pp. 77-94
24
In Chiocchi A. (1997) Lo sguardo offuscato.
25
Pizzorno A. “La dispersione dei poteri”, intervento tenuto nell’ambito del Seminario di studi
sull’Europa della Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco, Atti del Convegno Internazionale
“Sfera pubblica e Costituzione europea”. Roma, 15-16 dicembre 2000.
1.2. L’evoluzione storico-filosofica del concetto di democrazia (diretta e indiretta).
11
sovranità popolare, all’indomani del fallimento delle forme di
nazionalizzazione della società, che ricercavano una soluzione ai problemi
della sua identificazione (chi era il popolo?), interpretazione (chi e come
poteva agevolarne l’espressione?) e consenso (come fare ubbidire il popolo
sovrano alle decisioni del corpo politico, anche nell’eventuale dissenso
ideologico sui contenuti?). Altre forme istituzionali, assumendo che il
sovrano fosse ben costituito e definito, si preoccuparono di dar voce alla
sua volontà, in altre parole ad organizzarne la rappresentanza; si tratta, per
l’appunto, delle istituzioni della rappresentanza, le quali prestano la voce
al sovrano per risolvere le questioni dell’interpretazione e del consenso.
Siamo così alla prima tappa della ‘partecipazione mediata’ del popolo alle
decisioni che lo riguardano. L’evoluzione della rappresentanza ha seguito e
anticipato, di volta in volta, la complessificazione della società e le
preoccupazioni poste dal principio di generalità dello Stato: passando per
l’abolizione del mandato obbligatorio e l’affermazione costituzionale del
diritto/dovere del rappresentante di portare in parlamento non le domande
dei suoi rappresentati, bensì la propria interpretazione del bene comune,
fino alla posizione minimalista del voto come unico momento di
espressione diretta della voce del popolo. Pizzorno porta in superficie un
elemento significativo nelle premesse che hanno portato all’affermazione
del principio della “coscienza unico giudice del rappresentante”; secondo
l’autore, bisogna risalire ad “un solido fondamento pre-politico nel
rapporto di deferenza sociale che legava l’elettore al suo rappresentante.
Gli eletti erano dei signori che portavano in pubblico il loro popolo, in tal
modo imprestandogli una ben filtrata voce.”
26
La delega si riferisce così ad
una deferenza fondata sul sentimento di inferiorità sociale di classe.
Con questa prima tappa si giunge ad un mutamento radicale nella struttura
funzionale del Parlamento, che è sempre meno il luogo dove “aprire al
popolo”, “to throw the light of publicity on governmental acts”, il
“committee of grievances” della nazione, di cui parlava John Stuart Mill
nel 1840.
Il parlamento non è più neppur nella finzione il luogo dove si
forma l’interpretazione del bene comune dopo deliberazione
aperta, bensì il luogo dove si arriva con idee già formate e
dichiarate nella richiesta di fiducia all’elettore. E che non si è
pronti ad abbandonare se si viene convinti che ce ne possono
essere di migliori. Anzi, queste idee ci si deve impegnare a
sostenerle fino al voto, per dimostrare così la fedeltà all’elettore o
al partito.
27
26
ibidem. P. 6
27
ibidem, p. 7
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
12
A consolidare questa svolta è la seconda tappa, con la nascita dei partiti
ideologici organizzati. Si moltiplicano le sedi al di fuori del Parlamento
dove si svolge il dibattito per la formazione delle interpretazioni della
volontà collettiva. La deferenza alla base della rappresentanza muta ancora
la sua natura, privilegiando i termini di superiorità intellettuale, abilità di
riconoscere il bene comune, guida nella scelta del cammino per realizzarlo.
La crescente professionalizzazione della classe politica introduce elementi
nuovi ed interessi propriamente politici, quali le tecniche di rafforzamento
del potere politico rispetto agli altri poteri che agiscono sul corpo sociale, e
le strategie di controllo delle rivendicazioni popolari provenienti dalle parti
sociali potenzialmente ostili, dissenzienti o semplicemente disomogenee
rispetto alla maggioranza di cui il governo è espressione oligarchica.
La terza tappa ha inizio con il racconto del declino dei partiti politici
organizzati, il cui sottotitolo potrebbe essere “L’illusione del Palazzo
d’inverno. Fine della speranza politica”, riferito al tempo in cui “i governi
nazionali erano ancora visti come possibili agenti di trasformazione della
società.” Se si resta sul generico giornalistico, le tendenze in atto fanno
registrare la caduta dell’interesse, della partecipazione politica e della
fiducia nelle istituzioni. Se invece si desidera approfondire la questione,
secondo Pizzorno vi sono indicatori di segno inverso che illustrano un
mutamento di segno dei partiti, con maggiori disponibilità finanziarie e di
personale pagato, una rafforzata struttura organizzativa e gerarchica.
Non più agenti di socializzazione della popolazione alla politica,
formatori di cultura politica, informatori e mediatori attivi tra la
popolazione e il governo del Paese; diventano piuttosto
componenti della struttura di autorità dello Stato.
28
La conclusione di questa lunga storia per cenni è che “solo ritualmente oggi
nel regime democratico liberale si può collocare nel Parlamento e nelle
istituzioni rappresentative, e quindi nel “popolo” di fronte al quale essi si
considerano responsabili, la sede della sovranità.”
29
Si tratterà, allora, di cercare una soluzione per ricostruire il sovrano
nelle mutate condizioni sociali delle complesse società attuali, poliformi e
policentriche, ma sempre desiderose di far sentire la propria voce.
28
ibidem, p. 14
29
ibidem
1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.
13
1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto
d’incontro.
Democrazia diretta o indiretta? È un dilemma quanto mai attuale a
giudicare dal revival inaugurato dal progressivo e inarrestabile disincanto
popolare nei confronti della tradizionale sacralità dell’agire politico:
A recent OECD report entitled “Citizens as Partners”, concludes
that: “...democratic governments are under pressure to adopt a
new approach to policy-making ... one which places greater
emphasis on citizen involvement both upstream and downstream
to decision-making. It requires governments to provide ample
opportunity for information, consultation and participation by
citizens in developing policy options prior to decision-making
and to give reasons for their policy choices once a decision has
been taken”.
30
Quale rimedio al declino dell’ideale democratico? Il problema è meno
grave: una questione di modelli, piuttosto che di sostanza. La crisi del
sistema politico, secondo Grandi (in Bentivegna S., Comunicare politica
nel sistema mediale, 1996), è crisi dei modelli interpretativi degli
accadimenti, e quindi di impotenza nel proporre e produrre soluzioni.
Difetta la proposta di “provvedimenti semiotici di re-interpretazione” (G.
Ferraro in Bentivegna 1996), la quale rivela una crisi di produttività
interna, di autonomia nel sistema di reclutamento (di esperienze,
sensibilità, persone), di visibilità e di gestione nella società. In breve, è una
“crisi di transazione tra i mondi vitali e il sistema socio-politico” (Achille
Ardigò, 1982)
31
; transazione, questa, che costituisce la base della società
civile gramsciana, perciò esiste in articolazione – e non in opposizione –
con lo Stato, attraverso la formazione di una sfera pubblica condivisa.
Stando così i termini della questione, a rischio (non giustificato) di
fare (cattiva) compagnia a terzisti e cerchiobottisti, si avanza una proposta
dal sapore di “terza via”: una democrazia deliberativa procedurale, che
accontenti i preoccupati rappresentanti interpreti della volontà popolare e,
allo stesso tempo, anche i solerti cittadini attivamente coinvolti
nell’influenzare le politiche pubbliche. Si eviterà così di dare un seguito ed
un nuovo attante aiutante (l’ICT) al filone della letteratura politologica
30
Coleman S. – Gøtze J. (2003) Bowling Together: Online Public Engagement in Policy
Deliberation. Hansard Society, London
31
Ardigò A. e Donati P. (1982) Politica sociale e perdita del centro. Angeli, Milano
CAPITOLO I – QUALE IDEALE DEMOCRATICO?
14
harmony
32
, dove c’è la bella (la democrazia), il suo infelice innamorato (il
popolo italiano) ed il malvagio che li ostacola (il sistema partitocratico e i
politici in genere).
In agreement with republicanism, it (n.d.r.: la democrazia
deliberativa) gives center stage to the process of political
opinion- and will-formation...the formation of the citizen's
opinion and will forms the medium through which society
constitutes itself as a political whole. (Habermas J., 1996, pp. 26-
27)
Per democrazia deliberativa intendo una concezione della
democrazia che tratti tutti gli individui come agenti autonomi,
capaci di formarsi giudizi meditati attraverso l’assimilazione di
informazioni e di punti di vista diversi, e che istituzionalizzi una
serie di meccanismi attraverso i quali incorporare le valutazioni
dei singoli in processi decisionali collettivi. (Thompson J. B.,
1998, p. 353)
Non si tratta di dar corpo all’idea che preoccupava anche José Ortega
y Gasset già nel lontano 1929: “Adesso la massa ritiene d’avere il diritto
d’imporre e dar vigore di legge ai suoi luoghi comuni da caffè.” Ciò che
conta è allargare e istituzionalizzare i processi di confronto e consultazione
ed inserire i risultati così prodotti nelle procedure decisionali. Insomma,
una democrazia continua, non diretta ma neanche delegata, che consenta a
politici ed amministratori il “recruitment of experience and expertise”
33
(Coleman e Normann, 2000), offrendo ai rappresentanti la chance di
rafforzare i processi rappresentativi, avviare processi di democratizzazione
in ambiti che superano la sfera della politica istituzionale, recuperare il
contatto con i cittadini e rispondere tempestivamente ai cambiamenti che
influiscono sulla loro esistenza. Con in più una rassicurazione, che Kant
definisce “l’uso pubblico del pensiero a garanzia della sua correttezza,
come il pubblico dei lettori per il letterato”. In altre parole, l’intelligenza
interconnettiva della rete, “dove il sapere si genera e si propaga per
contaminazione, non più per separazione. Oggi è ormai impossibile separare le
intelligenze le une dalle altre, occorre farle lavorare assieme, senza per questo
rinunciare alla singolarità delle intelligenze individuali”
34
32
Luciani M. a cura di (1994) La democrazia alla fine del secolo. Laterza, Bari-Roma, p. VII
33
In the forward of the Community Engagement Division's Direction Statement, Premier Bettie
states, "Strengthening relations with citizens is a sound investment in better policy-making by
allowing government to tap new sources of relevant ideas, information and resources when
making decisions." In Clift Steven From E-Governance to E-Democracy: Progress in Australia
and New Zealand toward Information-Age Democracy.
34
“Conversazione con Derrik De Kerckhove” di Michele Mezza, 03 maggio 2005. Da World
Wide Web: < http://www.articolo21.info/notizia.php?id=1950>
1.2.1. La democrazia deliberativa procedurale come punto d’incontro.
15
L’intuizione di Rodotà, che ha scelto per questa nuova democrazia
l’aggettivazione ‘continua’, mette in evidenza innanzitutto la concezione
della partecipazione democratica come un processo, vale a dire un modello
di partecipazione che si sviluppa nel tempo, che non ha soluzioni di
continuità, anche se ha delle tappe importanti che sono scandite dalla
conclusione dei processi decisionali...; mette in evidenza come questo ciclo
di vita sostanzialmente non si chiude, è un processo spiraliforme, per cui
dalla definizione di un problema si arriva poi alla definizione delle scelte,
delle opzioni preferite, fino alla fase di valutazione e poi anche alla
produzione di nuove politiche. “Per cui, quando si parla di democrazia
continua, così come quando si parla di partecipazione come di un processo di
definizione e poi attuazione delle politiche, si fa riferimento a questa continuità
dei processi che sottostanno alla dinamica democratica. E’ proprio in questo
senso che non ha pertinenza opporre questo tipo di concezione della
partecipazione al concetto di democrazia rappresentativa. In realtà la democrazia
di tipo deliberativo, di tipo partecipativo è invece una forma che integra e
rafforza la democrazia rappresentativa in una fase in cui tra l’altro, la democrazia
rappresentativa vede entrare in affanno le sue istituzioni tradizionali. In questa
fase dove sostanzialmente cresce l’area delle relazioni fra attori istituzionali e
attori privati — quando si parla di e-governance si parla di questo tipo di processi
politici, che in qualche modo sono paralleli a quelli che si svolgono nelle sedi
strettamente istituzionali — la partecipazione dei cittadini, politiche attive per
stimolare la partecipazione dei cittadini sono fondamentali, proprio per
mantenere e rafforzare la legittimità, il consenso e anche la capacità, l’efficacia
delle istituzioni politiche.”
35
Il paradigma è esplicitamente qualitativo
36
à la Montesquieu; l’accento
si sposta sui processi di formazione delle decisioni, sulla democrazia
dell’uso dei poteri attraverso il vincolo e l’orientamento del carattere
pubblico dell’azione di governo: come è detenuto e gestito il potere?
Ritroviamo qui le due concezioni di cittadinanza attiva che, secondo
Crouch, rappresentano le energie creative della democrazia: “È cittadinanza
attiva nell’accezione positiva quando gruppi e organizzazioni di persone
sviluppano insieme identità collettive, ne percepiscono gli interessi e formulano
autonomamente richieste basate su di esse che poi girano al sistema politico. È
attivismo nell’accezione negativa, protesta, accusa, quando lo scopo principale
della discussione politica è vedere i politici chiamati a render conto, messi alla
gogna e sottoposti a un esame ravvicinato della loro integrità pubblica e
privata.”
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In questa prospettiva si deve tener conto che il cittadino, essendo
titolare di diritti e doveri nei confronti dell’Amministrazione, è:
35
Anna Carola Freschi, Docente all’Università di Firenze. FORUM PA (2004), op. cit.
36
Il polo opposto è quello del paradigma quantitativo aristotelico: chi detiene e gestisce il
potere? A questa domanda, però, andrebbe aggiunta informazione specifica circa il grado e
l’ambito di distribuzione e padronanza dell’ars politica.
37
Crouch Colin (2004) Postdemocrazia. Laterza. Bari-Roma, p.18