4
1. La struttura del mercato digitale
E-commerce sta per “electronic commerce”, ovvero la pratica commerciale di scambio di
merce e denaro tra aziende o singole persone che avviene tramite strumenti elettronici.
Questi strumenti possono essere di diversi tipi come app mobili, negozi online sulla rete,
social network, siti di compravendita e, soprattutto, piattaforme create appositamente per
accogliere gli store digitali. Di questa ultima categoria Shopify è la regina indiscussa, con
un bacino di utenti ben distribuito in tutto il mondo. Questo tipo di piattaforme offre la
possibilità di acquistare un proprio dominio e di creare il proprio E-commerce tramite un
processo automatizzato molto semplice, pur lasciando completa autonomia alla persona
sulle decisioni, gestendo la parte più tecnica nella costruzione del sito.
1.1 Cosa si intende per E-commerce e primi passi
L’E-commerce rappresenta quella fetta di mercato di venditori che gestisce lo scambio dei
propri prodotti tramite applicazioni da remoto, senza quindi la necessità di un contatto
fisico o face-to-face con il cliente interessato.
I primi siti a sperimentare un’esperienza di acquisto online nascono tra il 1994 ed il 1995,
dopo la nascita, nei primi anni ’80, dell’Electronic Data Interchange (EDI), il sistema
elettronico di scambio di documenti. Essenziale nello sviluppo di questo settore è stata la
creazione di una forma primitiva di E-commerce ideata da Minitel utilizzando Videotex,
una rete di telecomunicazioni per diffondere dati, che dava la possibilità ai negozi locali di
mostrare e vendere i proprio prodotti: si crea così una prima “vetrina digitale”. Per il
primo vero acquisto online si deve però aspettare l’11 agosto 1994, quando un
imprenditore statunitense ha venduto un album di Sting per 12,48 dollari tramite
NetMarket, antenato dell’attuale E-commerce, ad un suo amico a Philadelphia che ha
effettuato l’acquisto tramite carta di credito. Il vero anno di svolta però è stato il 1995
quando Jeff Bezos spedì il primo prodotto tramite la sua piattaforma, Amazon.com, e
Pierre Omidyar creò il primo sito, denominato AuctioWeb ed oggi conosciuto come Ebay,
che permetteva di creare aste online cosicché ognuno poteva mettersi nei panni
dell’imprenditore e vendere i propri prodotti.
5
Il primo acquisto tramite un E-commerce in Italia invece avviene il 3 giugno del 1998: si
tratta del libro “Un mese con Montalbano” di Camilleri acquistato da un utente in California
tramite la piattaforma della libreria IBS denominata proprio IBS.it. Tuttavia questo settore
non conobbe una rapida crescita poiché visto come rischioso per quanto riguarda la
transizione di denaro e di dati bancari. La vera esplosione in Italia si ha attorno al 2010, e
da allora il trend delle vendite non accenna a diminuire.
1.2 L’impatto e le differenze con il mercato tradizionale
L’E-commerce, soprattutto dal 2010 in poi, ha avuto un impatto devastante sulla vendita
tradizionale, ovvero quella nei negozi fisici. La percentuale di canali di vendita online
rispetto a quelli offline, secondo i dati di Statista
1
(sito web tedesco che raccoglie dati da
oltre 18 mila fonti, li indicizza e li pubblica), è in continua crescita e si aggirava nel 2022
attorno al 18,6%, percentuale molto alta se si considera che fino a circa dieci anni prima gli
store online non esistevano ancora. La figura 1 indica proprio questo studio di Statista dal
2017 al 2022 ed aggiunge anche le previsioni fino al 2025.
Figura 1
Vendita al dettaglio
in Italia: store offline
(in rosso) e store
online (in giallo).
Valori percentuali e
previsione degli anni
successivi.
Fonte: Statista, 2022
1
Statista: sito web che divulga dati raccolti dalle istituzioni di ricerca di mercato, opinioni e dati statali.
6
Se da una parte il mercato digitale fornisce una grandissima possibilità di espandere il
proprio brand oltre i confini fisici, avendo quindi la possibilità di essere presenti su
mercati nazionali ed internazionali non fisicamente ma virtualmente, con costi addirittura
minori, dall’altro lato della medaglia ci sono quegli esercenti che hanno delle imprese che
non possono o a cui non risulta conveniente per ovvie ragioni aprire un proprio store
digitale (come per esempio un piccolo alimentare in un paesino oppure un rivenditore di
una specifica marca) e che si vedono non solo una concorrenza maggiore, dovuta al fatto
che spesso gli store online riescono ad avere prezzi più competitivi visti i minori costi di
gestioni, ma sono anche costretti a chiudere 12 giorni l’anno secondo una normativa che
però non viene applicata agli store online. Inoltre anche i costi dei dipendenti negli store
online sono decisamente più bassi: secondo l’Istitute for Local Self-Reliance (ILSR)
2
se uno
store fisico per raggiungere 10 milioni di euro in vendita necessita di 49 impiegati, ad uno
store online ne bastano meno della metà, 23.
Se i vantaggi degli store fisici come il poter confrontarsi personalmente con qualcuno ed il
poter toccare con mano il prodotto da acquistare per alcune persone è ancora primario, i
negozi online stanno fornendo sempre più migliorie per prendersi quella parte di pubblico
più restio. Offrono infatti più possibilità di scelta e stanno abbattendo sempre più i tempi
di consegna: se qualche anno fa per una consegna erano previsti tempi di 1/2 settimane,
Amazon negli ultimi anni ha introdotto la consegna in 2/3 giorni fino ad arrivare
addirittura alla consegna in 24 ore, oggi compri e domani hai il prodotto. Non da ultimo
Amazon sta sperimentando la possibilità di far arrivare il prodotto acquistato sul proprio
sito al cliente in addirittura 30 minuti tramite l’utilizzo di droni completamente autonomi.
Questo programma è già in uso in due stabilimenti americani, uno in California ed uno in
Texas, ma sta trovando grandi rallentamenti dovuti alla complessità di far volare droni
carichi sopra le persone e senza il controllo umano. Per ora, nel 2023, sono state effettuate
poco più di 100 consegne, mentre la previsione di consegne effettuate nel 2023 era di
10.000, traguardo ormai impossibile da raggiungere.
2
ILSR: Organizzazione che dà assistenza tecnica alle comunità per lo sviluppo comunitario sostenibile
fondata nel 1974.
7
I lati positivi del commercio elettronico sono molti sia per quanto riguarda le aziende o i
singoli che vendono i propri prodotti ad un pubblico potenzialmente molto esteso che
supera le barriere geofisiche e che può permettersi di vendere ad ogni ora, senza dover
chiudere il proprio negozio, sia dal lato degli acquirenti che riescono tramite questa forma
di commercio ad acquistare quello che gli occorre comodamente da casa tramite il proprio
smartphone o un semplice apparato tecnologico collegato ad una rete senza dover per
forza andare di persona nei punti vendita. Inoltre la rete offre una scelta di prodotti
enorme, si possono trovare tutti i tipi di prodotti e di tutte le marche a distanza di un click.
Ciò facilita anche la comparazione tra prodotti e prezzi e permette di risparmiare tempo
ed evitare le folle che si possono creare nei negozi tradizionali. Da non sottovalutare poi
che spesso i prodotti online hanno prezzi molto competitivi rispetto a quelli del negozio
fisico in quanto le spese sostenute dal venditore sono inferiori, non dovendo pagare
eventuali affitti, bollette e tutti i dipendenti che sarebbero chiamati a coprire lunghi turni.
Ovviamente anche il sistema di vendite online ha dei lati negativi, primo tra tutti secondo
una ricerca effettuata dal KPMG International
3
la volontà degli acquirenti di voler vedere e
toccare i prodotti che stanno per acquistare in prima persona, prerogativa dei negozi fisici.
Tuttavia le due modalità di acquisto non si escludono a vicenda: nel caso del mercato
dell’abbigliamento per esempio, conseguenza della grande ricerca del risparmio, sì è
creato un comportamento condiviso denominato “showrooming” che consiste nel provarsi
i capi nei negozi fisici per capirne la qualità e soprattutto le misure, per poi acquistare
quegli stessi capi tramite il negozio online ad un prezzo leggermente inferiore. Altre
motivazioni, rilevate dal KPMG International, per la quale molti non aderiscono alla
pratica di acquisto mediale sono la lentezza nella spedizione e di conseguenza non poter
utilizzare immediatamente il prodotto acquistato, ma anche le difficoltà riscontate durante
il reso di un prodotto e il bisogno comune a molte persone di dover confrontarsi con una
figura professionale che, se sul sito web è assente, nel negozio fisico è costituita dal
commesso.
3
KPMG International: società di servizi professionali alle imprese specializzata nella revisione contabile che
spesso effettua ricerche sulle abitudini dei compratori per migliorare la vendita di beni e servizi.
8
1.3 L’impatto sociale ed ambientale
Il settore del commercio digitale si lega perfettamente ai concetti di “occupazione” e
“disoccupazione”. Infatti se da un lato i siti di commercio digitale creano molto lavoro sia
per la creazione che per quanto riguarda la gestione e la regolamentazione, dall’altro lato
influiscono negativamente su un altro ampio tipo di lavoro, quello della compravendita.
Di fatto molti imprenditori, dopo aver lanciato il proprio negozio digitale, hanno iniziato a
ridurre il personale negli store offline ed addirittura a chiudere parte dei negozi poiché,
come evidenzia il sito actualidadecommerce.com, hanno un’efficienza decisamente minore
rispetto a quelli online.
Per quanto riguarda la percezione della sostenibilità sociale il “Rapporto su E-commerce e
sostenibilità digitale 2022” della Fondazione per la sostenibilità digitale evidenzia come
ben il 71% degli acquirenti intervistati è disposto a spendere di più per un prodotto di
un’azienda che non sfrutta i propri dipendenti, mentre si scende al 62% quando si parla di
aziende che supportano la sostenibilità ambientale.
Per quanto riguarda il problema dell’impatto ambientale non c’è una risposta definitiva
ed univoca, ma la maggior parte degli studi convergono sull’affermare che il mercato
online concerne meno emissioni di CO2 rispetto alla forma tradizionale. Questo dato è
sostenuto da diversi studi come quello del B2c Logistic Center, dalla società di consulenza
Oliver Wyman, una ricerca del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e, ovviamente,
anche dal Sustainability Report 2020 di Amazon, che quantifica la riduzione di emissioni
addirittura al 43%. La figura 2 rappresenta lo studio della società di consulenza Oliver
Wyman
4
e quantifica l’inquinamento causato da un prodotto acquistato i uno store fisico
come 2,3 volte maggiore rispetto al medesimo prodotto acquistato in uno store digitale.
Indica infatti i seguenti dati di emissione medi: 1.970 grammi di emissioni di CO2 per ogni
prodotto acquistato in uno store fisico, di cui ben 1.184 causati solamente dal consumo di
energia dell’edificio, contro gli 850 grammi di emissione di CO2e totali causati
dall’acquisto del medesimo prodotto tramite un E-commerce. A sottolineare tale riduzione
4
Oliver Wyman: Società di consulenza fondata a New York nel 1984, ad oggi conta oltre 60 uffici e 5.000
professionisti.