183
eBusiness di tutto il Gruppo. Questo ha comportato una notevole difficoltà nel percorso
di formazione dello studio, con la ridefinizione obbligata di molti obiettivi, anche se
rappresenta una conferma “sul campo” del “fermento” e dei rapidi cambiamenti
connessi al mondo eBusiness.
Un’ultima premessa: il focus del presente studio è stato, in particolare,
sull’eProcurement di materiali diretti, per due motivi. Il primo discende dal fatto che le
soluzioni per l’acquisto via Web di materiali indiretti sono molto più diffuse rispetto a
quelle per materiali diretti ed esiste, pertanto, una quantità superiore di testimonianze
concrete e di dati a disposizione (soprattutto per il mercato USA); certamente questo
non significa che l’introduzione di tali soluzioni non comporti alcuna difficoltà (sia dal
punto di vista tecnologico e di integrazione, sia dal punto di vista organizzativo); ciò
nonostante ritengo che l’acquisto di materiali diretti, il maggior grado di integrazione
necessario con i fornitori, la creazione di cataloghi elettronici attraverso opportuni
standard ancora poco diffusi, l’uso di eMarkets specializzati, spesso di tipo verticale, e il
ricorso a strumenti di Bidding e Reverse Auction comportino difficoltà (spesso di natura
strategica e per il profondo coinvolgimento necessario dei Suppliers) decisamente
superiori. L’obiettivo, pertanto, è stato di fornire una chiave di lettura in questo senso a
causa dell’attuale carenza di informazioni e testimonianze concrete sulle soluzioni
utilizzate per l’acquisto di materiali diretti (anche strategici e complessi) che sfruttano in
modo più o meno esteso il Web. Il secondo motivo discende dal tipo di impresa
analizzata nel caso aziendale, per la quale l’acquisto di materiali indiretti di tipo non
strategico riveste un ruolo piuttosto marginale, se rapportato al totale degli
approvvigionamenti: in essa l’introduzione dell’eProcurement di materiali indiretti
rappresenta un beneficio soprattutto in termini di acquisizione dell’esperienza (oltre che
come strumento per testare l’infrastruttura tecnologica) da utilizzare per l’estensione
all’acquisto di tutte le altre risorse. La tradizionale e semplicistica distinzione tra direct
materials e MRO dev’essere ridefinita in questo caso, perché gli acquisti legati alla
manutenzione e riparazione degli impianti industriali assumono un carattere
decisamente più “strategico” rispetto ad altre realtà imprenditoriali (si pensi, ad es., alle
imprese di servizi, bancarie, assicurative, ecc.) e, pertanto, sono trattati a tutti gli effetti
come i materiali diretti: nel Capitolo dedicato all’eProcurement, infatti, è stata operata
184
una classificazione più dettagliata, rispetto alla prassi corrente, relativamente alle
tipologie di risorse acquistate.
Il lavoro è stato diviso in due parti: la prima, che comprende a sua volta cinque capitoli,
è orientata alla descrizione teorica degli aspetti principali legati all’eBusiness e, in
particolare, all’eProcurement (anche attraverso l’uso dei mercati elettronici –
eMarketplaces -); la seconda è orientata alla descrizione concreta dell’eProcurement nel
caso aziendale studiato.
Sono stati definiti i concetti base e l’evoluzione dall’eCommerce all’eBusiness avvenuta
nel corso di questi anni, analizzando in modo critico alcuni stereotipi ed eccessi legati
alla “New Economy”, introducendo i principali aspetti connessi alle architetture e alle
tecnologie informatiche strumentali alla “digitalizzazione” dei processi aziendali, con
particolare attenzione al fattore critico dell’integrazione e al ruolo fondamentale assunto
dai sistemi ERP, mettendone in luce l’attuale processo di evoluzione verso i cosiddetti
Extended ERP o ERP II, più adatti ad un modello “esteso” di impresa di tipo Web
Centric.
Per analizzare gli aspetti organizzativi si è partiti dal presupposto che “la recente ondata
dei sistemi integrati (ERP) e delle soluzioni di eBusiness mostra con evidenza che i
fattori di natura organizzativa sono spesso alla radice del successo (o del fallimento) di
questi progetti. Il coinvolgimento degli utenti, la coerenza del sistema con
l’organizzazione di riferimento, l’attenzione ad elementi solo apparentemente “soft”
quali le dinamiche di potere o la cultura organizzativa, sono elementi chiave che sono
spesso trascurati o trattati con metodologie inadeguate”
157
. Lo scopo del lavoro,
pertanto, è stato quello di sottolineare in modo sintetico le tendenze organizzative che
hanno caratterizzato questi ultimi anni, nella convinzione personale che esse assumano
sia il ruolo di stimolo, sia quello di risultato degli sviluppi tecnologici avvenuti
contemporaneamente e che, in realtà, la “rivoluzione” teoricamente in corso rappresenti
probabilmente, se osservata in modo meno superficiale, un’evoluzione (seppur ad un
ritmo sostenuto e con impatti molto profondi) di tendenze già in atto da tempo, sia
organizzative, sia tecnologiche. L’impianto teorico alla base dei nuovi modelli di
impresa (si pensi al BPR, alla visione per processi, allo snellimento delle strutture
organizzative, alla Qualità Totale e al ruolo sempre più importante riconosciuto alle
185
esigenze dei consumatori, le reti di imprese, ecc.) era, infatti, già delineato prima della
diffusione di Internet. Il Web assume, pertanto, il ruolo di facilitatore, di tecnologia
abilitante e più economica di quanto in precedenza teoricamente possibile ma
concretamente non fattibile, a causa delle carenze tecnologiche e infrastrutturali e
dell’entità degli investimenti necessari, soprattutto dal punto di vista business-to-
business: ciò non significa, comunque, dimenticare il contributo della diffusione
capillare di Internet, il suo impatto socio/economico e come fattore di stimolo alla
modifica del rapporto tra imprese e consumatori finali. L’errore più comune, a mio
giudizio, è credere, tuttavia, che Internet possa rappresentare da solo uno strumento di
successo e assumere di conseguenza un orientamento troppo “tecnologico”, perdendo di
vista l’obiettivo che dev’essere alla base di qualsiasi impresa, cioè la creazione di valore
per i clienti, siano essi imprese o consumatori finali: i recenti fallimenti di molte dot
coms americane e il ridimensionamento dei corsi azionari legati alla Net Economy sono
una testimonianza.
E’ stato analizzato, inoltre, il modello di Organizzazione Virtuale non senza sviluppare
alcune critiche e alcuni “punti d’attenzione” legati alle difficoltà nella realtà aziendale,
come, ad es., il trasferimento della conoscenza implicita in un ambiente che sfrutta
ampiamente tecnologie a minore presenza sociale.
Ho ritenuto opportuno estendere quanto introdotto in precedenza con particolare
attenzione all’aspetto della gestione dei progetti per l’eBusiness (dei quali sono messe in
luce le ragioni di una maggiore complessità rispetto ai progetti IT tradizionali), al
Project Management, al cambiamento organizzativo correlato, ai limiti dei tradizionali
progetti sui Sistemi Informativi con una brevissima introduzione al Modello Duale
158
,
ritenuto coerente con quanto affermato nel lavoro.
E’ stata sinteticamente analizzata l’evoluzione del concetto di strategia aziendale verso
un modello più flessibile e dinamico, per adattarsi alla turbolenza e alla velocità che
caratterizzano la realtà economica moderna, affrontando, successivamente, un’analisi
dei principali approcci strategici ed organizzativi concretamente adottati dalle imprese
“tradizionali” per introdurre l’eBusiness (bottom-up, top-down, integrato/parallelo,
157
Ravagnani R., Information Technology e gestione del cambiamento organizzativo, EGEA e Giuffrè
editori S.p.A., Milano, 2000.
158
Ravagnani R., Information Technology e gestione del cambiamento organizzativo, EGEA e Giuffrè
editori S.p.A., Milano, 2000.
186
incrementale) e mettendo in luce una considerazione, forse ovvia: che non esiste
attualmente un approccio ritenuto valido universalmente e che la realtà è costellata di
tutta una serie di iniziative che assumono i connotati di vere e proprie “sperimentazioni
sul campo”.
Il focus del presente lavoro è stato sull’approvvigionamento di risorse (materiali e
servizi) sfruttando le tecnologie legate ad Internet. Non manca una premessa che ha lo
scopo di collegare l’eProcurement ad un contesto imprenditoriale sempre più
caratterizzato dall’integrazione tra aziende (si pensi alle reti di imprese, ai distretti
industriali – tipici della realtà economica italiana -, alla gestione delle catene e delle reti
di fornitura attraverso strumenti di Supply Chain Management, ecc.), insieme, ancora
una volta, ad alcune considerazioni critiche nei confronti dello scenario “più estremo”
previsto per il futuro.
Una precisazione è doverosa: accade piuttosto frequentemente che il termine
eProcurement sia utilizzato come sinonimo delle soluzioni per l’approvvigionamento
dei soli materiali indiretti (i cosiddetti MRO) e che le soluzioni per l’acquisto di
materiali diretti siano comprese solo nelle attività di Supply Chain Management,
considerate quasi distinte dalle prime. E’ vero che le prime applicazioni sono state
utilizzate per l’acquisto di materiali indiretti, e che ancora oggi molte imprese utilizzano
questo approccio per muovere i primi passi nell’eProcurement (per acquisire l’expertise
necessaria in un’area generalmente a modesto impatto sul core business). Nel presente
lavoro, tuttavia, con eProcurement si intende (a mio avviso più correttamente
159
)
l’approvvigionamento, con strumenti elettronici di supporto, di beni/servizi diretti e
indiretti; esso rappresenta un aspetto, una fase (in senso lato), strettamente integrata alla
complessa attività di Supply Chain Management che comprende anche altre attività,
come, ad es., la gestione della logistica in entrata, la previsione dei livelli delle vendite,
la condivisione dei modelli previsionali con fornitori e partners commerciali, funzioni
Available To Promise, Capable To Promise, ecc.
L’analisi è proseguita evidenziando l’evoluzione avvenuta in questi anni nelle attività di
approvvigionamento, fino alle attuali soluzioni di eProcurement, mettendo in luce i
vantaggi e le difficoltà generalmente correlati e confermando, soprattutto in questa
159
Ma anche da aziende come SAP e Accenture, ad es.
187
attività, il ruolo di facilitatore di Internet, anche se non rivoluzionario (in particolare per
gli acquisti “complessi” o ad elevata “ingegnerizzazione”).
“[…] Le possibili riduzioni di prezzo ottenibili attraverso una contrattazione “aperta”
sulla rete sembrano prefigurare il raggiungimento di una situazione di mercato
perfetto: completa disponibilità delle informazioni e presenza di molti attori sul
mercato della fornitura sono i due elementi di base per il raggiungimento di prezzi
d’acquisto minimi. In molti settori (automotive e chimico per esempio), singole imprese
o gruppi di aziende, anche concorrenti tra loro, stanno implementando con successo
“gare virtuali” per l’approvvigionamento di componentistica o materiali standard (per
l’industria automobilistica i volumi di acquisti sono previsti in 240 miliardi di dollari).
Il processo di ricerca e selezione dei fornitori assorbe in media il 30% del tempo di un
buyer. I costi connessi a questa attività, e alla successiva distribuzione in azienda dei
risultati, sono stimati in 20.000 USD per buyer all’anno. La reperibilità di informazioni
sulla rete e la facilità del loro trasferimento e diffusione fanno immaginare consistenti
riduzioni in termini di tempo e costo per un approvvigionatore che voglia fare
marketing d’acquisto su Internet. Senza contare, inoltre, la semplificazione possibile in
tutte le attività amministrative legate al processo di acquisto; molte applicazioni di
eProcurement svolgono il compito di integratori tra posta elettronica, processi
amministrativi (ciclo dei pagamenti), sistemi di approvazione dell’acquisto (le prime
esperienze di successo sono state di General Electric e Wal-Mart).
La realtà dell’eProcurement si scontra però con difficoltà molteplici.
Innanzi tutto il costo per l’implementazione di sistemi di Internet procurement: l’offerta
attualmente disponibile è molto ampia, ma anche costosa, rendendo impraticabile
questa modalità di acquisto per la maggior parte delle imprese.
A ciò si aggiunga che i sistemi che permettono la ricerca di prodotti tra molti cataloghi
sul mercato della fornitura sono rigidi e di non facile personalizzazione: molte
organizzazioni hanno riportato l’attivazione di non più di dieci fornitori con questo
sistema. La più grande difficoltà, però, sembra connessa alle possibilità di acquisto di
beni o servizi complessi. Se infatti l’acquisto di materie prime o servizi standardizzati è
sicuramente effettuabile su rete, appare più difficile una vera rivoluzione
nell’approvvigionamento su rete di prodotti o servizi non standardizzati. In questo caso,
188
infatti, il prezzo d’acquisto non gioca un ruolo predominante, ma si va alla ricerca di
un insieme ampio di caratteristiche prestazionali e qualitative del prodotto/servizio.
In molte realtà industriali la principale problematica nei processi di
approvvigionamento è la corretta identificazione del “prodotto” da acquistare, quando
cioè più attori nell’impresa (ufficio acquisti, uffici tecnici/produzione, logistica) devono
collaborare per l’identificazione dei fabbisogni (ad esempio per l’acquisto di
componenti ingegnerizzati) e per garantirsi una prestazione di buon livello dai
fornitori. In questo caso l’utilizzo di Internet sembra essere più un’evoluzione dei
sistemi di EDI (Electronic Data Interchange); più aperto, flessibile, ma in sostanza
dedicato allo scambio di informazioni più rapido ed efficiente tra attori della supply
chain.
Questa sembra essere la vera sfida per il futuro dell’eProcurement: il passaggio da un
sistema che permette di effettuare aste online e di raccogliere un’enorme massa di
informazioni (si immagini un albo fornitori su rete in cui si possa sfogliare il catalogo
di potenziali fornitori, localizzati magari a migliaia di chilometri di distanza) ad uno
strumento di effettiva integrazione della supply chain”
160
.
I materiali sono stati classificati in base a più parametri e si è evidenziata l’opportunità
di differenziare le soluzioni tecnologiche in funzione delle loro caratteristiche: tra
queste emerge il potenziale degli eMarketplaces come canale per l’approvvigionamento
dei materiali e, soprattutto, per ottenere servizi a valore aggiunto. Oltre ad una breve
introduzione allo sviluppo dei mercati elettronici è stata operata anche una
classificazione dettagliata degli stessi, mettendo in luce punti di forza e debolezza delle
diverse “varianti”: emerge, in particolare, una diffusa e scarsa comprensione del valore
generabile adottando tale modello. Il valore concreto che un eMarket può fornire,
infatti, è determinato soprattutto dalle informazioni, dagli strumenti e dalle capacità di
agevolare l’integrazione tra imprese (sia sotto il profilo logistico e degli
approvvigionamenti, sia nelle fasi di sviluppo di nuovi prodotti) piuttosto che in
drastiche riduzioni dei prezzi (tanto più vero quanto più diminuiscono i caratteri
standard delle risorse). Le difficoltà nel raggiungere un’adeguata massa critica di
partecipanti e volumi di scambi, gli ingenti investimenti necessari e le barriere
160
Giuseppe Stabilini, Matteo Giuffrida, E-Procurement: grandi benefici attesi, poche le esperienze
concrete, per ora…, in Economia & Management n.46, 3 maggio 2000.
O
189
tecnologiche ancora presenti (fattori spesso sottostimati) oltre ai timori associati alla
sicurezza (e un certo “conservatorismo” da parte di molti attori economici) confermano,
inoltre, che si assisterà nei prossimi anni ad un’aspra selezione naturale degli stessi
(fenomeno, d’altro canto, già anticipato dai numerosi fallimenti di mercati elettronici
americani).
E’ stato citato il meccanismo di pricing dinamico perché è spesso utilizzato negli
scambi attraverso mercati elettronici così come la forma di Asta online più diffusa, la
Reverse Auction. Tutte le soluzioni descritte possono essere adottate anche
“internamente” dalle imprese (come alternativa o abbinate a soluzioni di terzi e ai
consorzi): una strategia di questo tipo, tuttavia, sembra percorribile solo dagli attori più
grandi, dotati di ingenti risorse ed elevato potere di mercato.
E’ stato evidenziato che i benefici ottenibili attraverso l’eProcurement (e da
un’adeguata reingegnerizzazione dei processi), in particolare, possono essere di grande
impatto, anche se emerge la difficoltà nell’uso di una valutazione operata solo con
strumenti di misurazione tradizionali: i prezzi delle risorse acquistate possono infatti
diminuire ma è soprattutto la razionalizzazione del processo di approvvigionamento, il
suo snellimento, la riduzione dei tempi di interazione che le comunicazioni elettroniche
permettono (si pensi all’eliminazione dei supporti cartacei e alla possibilità di trasferire
in tempo reale documenti tecnici, ad es.) a determinare i vantaggi più consistenti.
Correlato al cambiamento dei modi d’acquisto c’è anche la modifica del ruolo
dell’Ufficio Acquisti e dei dipendenti in generale: il primo può infatti delegare
l’acquisto di materiali e servizi di natura non strategica e meno complessi (indiretti ma
anche diretti) ai secondi, concentrandosi sulle attività a maggior valore aggiunto (come
la negoziazione delle condizioni contrattuali, la ricerca di nuove fonti potenziali, gli
approvvigionamenti di tipo strategico o complessi e ad elevata ingegnerizzazione, gli
acquisti di tipo spot, ecc.). I dipendenti si trovano contemporaneamente a detenere un
maggior potere decisionale e un maggior livello di responsabilità che devono essere
adeguatamente sostenuti da nuove capacità tecniche (anche per interagire con le
applicazioni software) e professionali. Mutano, di conseguenza, i meccanismi operativi
all’interno dell’organizzazione nei processi di comunicazione, decisione,
coordinamento, controllo e valutazione delle prestazioni. E’ opportuno, pertanto, un
presidio molto attento del cambiamento organizzativo connesso (come per l’eBusiness
190
in generale): tra i tanti ostacoli possibili esiste anche il timore, abbastanza diffuso, che
tutte queste modifiche agevolino nel tempo tagli più o meno rilevanti di personale.
Si è cercato, successivamente, di “fotografare” sinteticamente l’attuale diffusione
dell’eBusiness e dell’eProcurement nelle grandi imprese italiane riportando i risultati di
un recente studio condotto in tal senso, per proseguire con la descrizione dell’attività di
approvvigionamento elettronico nel Gruppo industriale considerato. Un’altra
precisazione è doverosa: nel corso del presente lavoro si è ritenuto opportuno non
rivelare il nome dell’azienda, a causa della “delicatezza” di alcune informazioni diffuse
e poiché parti del progetto sono ancora nella loro infanzia. Questo può rappresentare un
limite ulteriore ma, per altri aspetti, anche un vantaggio: la possibilità di mettere in luce
alcuni aspetti critici che altrimenti, per motivi di “immagine”, non mi sarebbe stato
possibile riportare.
Si è molto parlato e scritto dei mesi di ritardo che contraddistingue la corsa del nostro
Paese nei confronti degli Stati Uniti nell’adozione dei nuovi modelli economici dettati
da Internet. Ed, infatti, il livello di adozione dei nuovi modelli di interazione è ad uno
stadio intermedio.
Quello che va rilevato, tuttavia, è la grande accelerazione che si sta riscontrando. Se si
considerano inoltre le potenzialità messe a disposizione dall’evoluzione tecnologica
della telefonia (es. tecnologia WAP e tra breve l’UMTS), gli attuali trenta milioni di
utenti di telefonia cellulare rappresentano potenziali utilizzatori di Commercio
Elettronico.
Questo significa l’esistenza di presupposti che possono influire positivamente sulla Net
Economy in Italia.
Vanno sfruttati, tuttavia, a livello di Paese, di realtà imprenditoriale e di singolo
individuo, tutta una serie di presupposti che possono rappresentare degli acceleratori
nello sviluppo della Net Economy.
• Il ruolo del Governo e delle Istituzioni è molto importante per favorire lo sviluppo,
coerentemente con quanto avviene nel più ampio contesto internazionale ed
europeo, attraverso una normativa a supporto, tramite incentivi e finanziamenti ad
imprese ed individui, con un piano di formazione che acceleri l’alfabetizzazione
informatica della popolazione.
191
• Altrettanto importante è lo sviluppo delle infrastrutture, dei sistemi di trasporto e
della logistica, poiché le transazioni elettroniche non eliminano la “fisicità” del
trasporto del bene (se non nel caso in cui sia immateriale).
• Il sistema bancario e finanziario deve consentire transazioni sicure e non onerose,
veloci e puntuali. Le tecnologie e le reti di comunicazione forniranno il necessario
supporto abilitante per un sistema che richiede velocità, livelli di sicurezza e di
affidabilità sempre più elevati.
• Tutto il sistema economico-imprenditoriale, poi, sarà chiamato a confrontarsi con le
nuove regole del mercato. Potrà essere in questo favorito da un sistema di venture
capital più robusto dell’attuale, da una commistione e convivenza tutta nuova tra
Old e New Economy. Questa distinzione sarà veramente superata quando la cultura,
la formazione e la preparazione delle classi dirigenti e professionali saranno in
grado, agevolmente e senza sforzo alcuno, di affrontare i nuovi meccanismi
produttivi e competitivi.
• L’Italia ha due grandi opportunità in più rispetto ad altri Paesi che possono facilitare
la transizione verso la Net Economy: il tessuto industriale fatto di Piccole e Medie
Imprese, spesso riunite in Distretti Industriali, e l’area del Mezzogiorno. Le
peculiarità primarie della Rete, infatti, in altre parole le ridotte barriere all’ingresso,
l’ubiquità, la pervasività, possono rappresentare dei fattori abilitanti il loro sviluppo,
eliminando o riducendo gli svantaggi ben noti dell’assenza di massa critica, di
mancanza di infrastrutture, di carenza di fondi di investimento.
• Per sfruttare nel modo migliore i vantaggi dell’eProcurement, e dell’eBusiness in
generale, è necessario, in primo luogo, un’attenta ridefinizione della strategia
aziendale. Per le imprese di maggiori dimensioni ciò significa anche investire molte
risorse (economiche ed umane) in un’attività di cambiamento profondo, tecnologico,
organizzativo e nel tipo di relazioni che intercorrono con i fornitori, i partners
commerciali e i clienti. Tutto questo è confermato dalla complessità del caso
aziendale affrontato: il Gruppo, infatti, ha intrapreso contemporaneamente più
progetti eBusiness, molti strettamente integrati a quello di eProcurement, attraverso
la creazione di un’apposita società (“ACME”) che funge da aggregator interno per
gli acquisti di materiali indiretti di tutte le società, da piattaforma tecnologica per
l’acquisto di materiali diretti (anche complessi) e per la gestione proprietaria delle
192
funzioni di Asta online (statica e dinamica), oltre alla partecipazione come socio
fondatore ad un eMarketplace americano e ad altri in qualità di utente indipendente.
Se a ciò si aggiungono le iniziative in campo B2C e B2E (Business to Employee) e
le complesse negoziazioni finalizzate all’integrazione dei fornitori, si comprende
l’entità del cambiamento in corso e delle difficoltà connesse. Nell’attività di
gestione del cambiamento nei rapporti con i fornitori, i punti critici sono diversi. In
questo senso si sta adottando una strategia di Supplier Adoption nel tentativo, non
facile, di “attrarre i fornitori” sul catalogo interno (Catalogue Aggregation) o di
coinvolgerli in ogni caso nel progetto: il mercato italiano, in particolare, è ancora
piuttosto arretrato, sia dal punto di vista degli attori, sia da quello delle infrastrutture
tecnologiche (disponibilità di connessioni sicure e affidabili, banda larga, ecc.) e
degli standard necessari. Alcuni fornitori e alcuni clienti, inoltre, manifestano
disaccordo con le trasformazioni causate dall’eProcurement nei loro processi e nelle
procedure consolidate di vendita e acquisto.
• Tutte queste iniziative, inoltre, sono inserite in un ambiente di ristrutturazione
societaria che prevede l’uscita da alcuni importanti settori non strettamente correlati
con l’attività considerata come core business e il passaggio della stessa capogruppo
da holding a società operativa, trasformando le società del Gruppo in vere e proprie
divisioni aziendali.
Le peculiarità riscontrate dopo questa esperienza, emerse attraverso le interviste
condotte in azienda, sono state:
- la verifica “sul campo” dell’estrema velocità, volatilità e imprevedibilità del mondo
eBusiness;
- la limitata esperienza, la consapevolezza di agire su un “terreno vergine” e
l’importanza del learning by doing;
- l’esigenza di un cambiamento continuo, anche a livello strategico;
- il forte impatto sui processi e sulle persone;
- il ruolo critico assunto dal change management;
- la necessità di persuadere i fornitori e di valutare il loro comportamento futuro;
- l’esistenza di standard tecnologici di mercato non uniformi;
- la criticità dell’integrazione con i sistemi ERP.
193
Queste difficoltà, inoltre, sembrano essere le più diffuse tra le imprese in generale. In un
recente summit europeo
161
, al quale hanno partecipato molte imprese di rilievo
internazionale insieme ad alcune fra le più importanti società di consulenza, sono
emerse, infatti, le cinque principali barriere per il successo delle iniziative di
eProcurement:
1. La Supplier Adoption
2. La determinazione di parametri per la misurazione del ROI
3. L’adozione all’interno dell’organizzazione
4. Il Change Management
5. L’integrazione tecnologica.
Emerge come principale ostacolo il coinvolgimento dei fornitori e la predisposizione di
cataloghi elettronici capaci di supportare differenti gruppi di clienti, piattaforme e lingue
e questo rappresenta un cambiamento rispetto a quello che era considerato il principale
ostacolo soltanto sei mesi prima: la tecnologia. Si evidenzia, inoltre, la necessità di una
ridefinizione complessiva della strategia di sourcing che comporta, tra le altre cose, un
approccio graduale attraverso l’eProcurement di materiali indiretti (più semplice) per
apprendere sul campo l’Internet Business.
Escludendo, inoltre, le iniziative finalizzate solo all’approvvigionamento di materiali
indiretti non strategici per l’attività core, più semplici e meno costose, per le quali esiste
già una casistica piuttosto ampia, è difficile valutare in modo sufficientemente preciso i
vantaggi economici che possono derivare dall’uso dell’eProcurement. Molte iniziative
comportano, infatti, dei potenziali vantaggi (a volte esclusivamente di tipo strategico)
che potranno essere concretamente valutati solo nel medio/lungo periodo e risentono in
modo molto marcato del tipo di attività economica svolto, del settore di appartenenza,
del potere di mercato detenuto e delle infrastrutture tecnologiche a disposizione (sia a
livello di azienda, sia a livello di tessuto economico) oltre, ovviamente, della capacità di
coinvolgimento dei fornitori più importanti. Il sogno, inoltre, di una supply chain
perfettamente integrata e capace di reagire in tempi molto brevi (se non addirittura in
real time) alle modifiche dell’ambiente (e in particolare della domanda) appare remoto,
come evidenziato nel corso del lavoro, soprattutto per quelle realtà caratterizzate da
161
L’European Integration Summit è stato organizzato da NetmarketsEurope e si è tenuto il 24 febbraio
2001. Il Report The insider’s guide to B2B integration può essere consultato nel sito
www.netmarketseurope.com.
194
un’elevata dispersione di attori. L’idea di una rete di fornitura perfettamente integrata in
modo armonioso è molto confortante, ma questa visione appare, forse, un po’ troppo
idealistica e sottostima le tensioni e la complessità che la caratterizzano e che derivano
dalla competizione per le risorse limitate e la distribuzione di rischi e profitti. Gli sforzi
di collaborazione potrebbero degenerare in comportamenti egoistici ed opportunistici,
con ogni impresa impegnata a raggiungere i propri obiettivi e detenere importanti
informazioni per costruire una posizione di vantaggio nel mercato, come è sempre stato
finora. E’ possibile, inoltre, che la costruzione di una supply chain così reattiva,
efficiente e sensibile, possa creare una dipendenza dai dati real time che introduce una
volatilità ed un’instabilità non voluta lungo la catena di fornitura, minando alla base gli
obiettivi strategici dei partecipanti, soprattutto nei settori industriali caratterizzati da un
livello di domanda finale non prevedibile. Senza opportune restrizioni, il modello di
ottimizzazione adottato potrebbe reagire a valori puntuali piuttosto che ai trend, creando
ampie fluttuazioni nella pianificazione produttiva. Nella maggior parte dei casi la
numerosità degli attori coinvolti comporta, inoltre, che la supply chain possa essere
rappresentata non come una catena, bensì come una complessa struttura reticolare di
catene che si intersecano, creando migliaia di nodi dispersi, ognuno dei quali partecipa
contemporaneamente a moltissime attività produttive ogni giorno. Strati di decisioni
interconnessi rendono in sostanza impossibile definire una visione globale dell’intera
rete di fornitura e le variabili da considerare sono tantissime. Si aggiunga che per una
siffatta integrazione sarebbero necessari, ad es.:
- una perfetta distribuzione delle tecnologie più evolute tra tutti gli attori;
- un’elevata omogeneità delle soluzioni tecnologiche e informatiche e la diffusione di
opportuni standard (non solo all’interno del medesimo settore industriale);
- un’adeguata diffusione delle infrastrutture tecnologiche a livello mondiale (per
connettere adeguatamente attori remoti);
- un elevato consenso sulla struttura di molti processi in comune;
- un cambiamento organizzativo e di cultura (soprattutto nell’approccio alle relazioni
commerciali) profondo;
- onestà e reciproca fiducia tra gli attori.
195
Concludendo, appare evidente che attualmente la tecnologia necessaria è ancora nella
sua infanzia e che molti degli assunti alla base delle evoluzioni prospettate non possono
essere generalizzati a tutte le realtà aziendali (e di catene di fornitura).