II
la struttura organizzativa di virtual bank più semplice, rappresentano
sicuramente un interessante esempio di come i processi evolutivi determinati
dall’innovazione tecnologica, dall’avvento e diffusione del concetto di network
e interconnessione tra canali distributivi diversi, siano destinati a coinvolgere,
in maniere diversa e con differente intensità, tutti gli intermediari bancari.
Nel primo capitolo si è proceduto, dopo aver brevemente descritto i fattori
che hanno determinato l’evoluzione ed il cambiamento del sistema bancario
italiano negli ultimi anni, a definire il concetto di banca virtuale. Intesa nella
sua accezione più ampia e come componente integrante del modello
distributivo multicanale, si è tuttavia preferito distinguerla dalla cosiddetta
banca elettronica, mostrando come, pur essendo entrambe riferibili alla banca
telematica (in entrambi i casi infatti la smaterializzazione della banca e dei suoi
servizi è affidata alle tecnologie informatiche e comunicative), tra i due
concetti esista una grossa differenza, che non coinvolge tanto l’utente finale
quanto lo stesso paradigma di essere banca o di fare banca. Nella parte
conclusiva del capitolo viene mostrato un modello riassuntivo nel quale si
mostra come il concetto di virtual bank, in realtà, non riguardi solamente le
“pure internet banks”, ovvero quelle banche operative solamente on line, ma,
con gradi di importanza diversi, coinvolga tutti quegli istituti che, utilizzando
canali virtuali in modo integrato e complesso, sono proiettati verso una
dimensione nuova, in cui la soddisfazione del cliente ed il miglioramento del
servizio sono i vettori di crescita e sviluppo principali.
Nel secondo capitolo l’attenzione viene invece posta sulle decisioni
strategiche e di posizionamento seguite dalle banche tradizionali nell’intento di
virtualizzare parte, o totalmente, la propria attività. Partendo da un modello di
riferimento di nostra elaborazione, vengono descritte le direttrici strategiche e i
modelli organizzativi e di sviluppo più importanti di una banca virtuale: la
creazione di una start up of new business di cui la “banca on line” è elemento
preminente, la conversione della old bank in una banca virtuale, ed infine la
decisione di integrare i canali virtuali alla struttura esistente, determinando la
III
nascita della cosiddetta banca click and mortar. Con il fine di rendere le
definizioni più ricche e rispondenti alla realtà, sono state a tale proposito
descritte brevemente alcune esperienze concrete tra cui quella di E-trade,
ImiWeb, OnBanca, Telebanc e Banca121. L’analisi strategica e competitiva è
stata inoltre condotta adattando il modello porteriano sulle strategie di base al
caso particolare delle virtual bank, mentre per descrivere le strategie di
posizionamento sono stati utilizzati alcuni modelli specifici proposti da Kpmg
Consulting e da Andersen Consulting. Il capitolo si conclude con una delle
analisi fondamentali nella fase di studio di fattibilità di un progetto: l’analisi
costi-benefici. Sorta dall’esigenza di comprendere e interpretare le varie
opzioni strategiche, partendo da un analisi sulle attese di costo e sui benefici
previsti sia dal punto di vista del cliente che di quello dell’intermediario,
vengono qui definite non solo le variabili di tipo economico ma anche quelle
che, di difficile interpretazione e valutazione monetaria, possono aumentare il
rischio di una non corretta valutazione della strategia da intraprendere.
Il terzo capitolo è dedicato ai canali distributivi e ai servizi fruibili on line.
In primo luogo si è proceduto a definire la funzione distributiva separandola da
quella di produzione: tale scelta è stata opportuna in quanto, soprattutto in
seguito alla nascita della banca virtuale e alla diffusione della strategia
multicanale, la competizione tra gli operatori bancari si è basata spesso sulle
variabili ed i canali di relazione e distribuzione. Una corretta identificazione e
separazione delle due fasi può rivestire, di conseguenza, un’importanza
cruciale nell’individuazione delle politiche aziendali più corrette e coerenti con
le strategie da intraprendere. Vengono quindi descritti i vari canali distributivi
alternativi alle filiali e agli sportelli fisici (gli ATM, la Tv interattiva e
l’internet Tv, i Call Center e la telefonia mobile, i chioschi interattivi)
sottolineandone le peculiarità specifiche, le relazioni tra loro esistenti e, grazie
all’utilizzo di analisi statistiche e prospettiche, il grado di utilizzo e di
evoluzione futura. Il capitolo si sofferma quindi sull’analisi del canale
distributivo più innovativo e con maggiori potenzialità di sviluppo: internet. In
IV
tale frangente, oltre a fotografare le caratteristiche degli on line bankers,
ovvero dei clienti della banca on line, viene fatta una panoramica sulle
modalità d’approccio al web seguite dai maggiori interpreti bancari italiani. Il
capitolo si conclude con un esame dettagliato dei servizi erogati dagli istituti
bancari on line e con un’analisi comparativa delle offerte di conto corrente
promosse da varie tipologie di virtual bank.
Il quarto capitolo affronta infine il caso concreto delle Banche di Credito
Cooperativo. In particolare, dopo aver mostrato come anche le banche locali
possano avere una “vocazione virtuale” e come le strategie di implementazione
della struttura esistente con canali alternativi, possano essere un’importante
opportunità di sviluppo anche per questo tipo particolare di intermediario, si è
proceduto alla definizione del processo di virtualizzazione del Credito
Cooperativo inteso come “sistema”. Per tale ragione è stato necessario partire
da una connotazione storica del movimento permettendo, da un lato, di
mostrare l’evoluzione del sistema di gruppo e l’autonomia ed indipendenza
delle varie Banche di Credito Cooperativo, dall’altro di descrivere le origini e i
valori istituzionali rimasti immutati nel tempo e caratterizzanti a tutt’oggi
l’intera operatività delle BCC. Si è, in seguito, provveduto a definire il
processo di virtualizzazione del sistema che, se da un lato è frutto delle
indicazioni di Federcasse (l’associazione di categoria che si occupa, a livello
accentrato e nazionale, di esprimere le direttrici strategiche del Credito
Cooperativo), dall’altro rappresenta la naturale evoluzione delle esigenze delle
singole banche. In particolare, viene mostrato il modello organizzativo di banca
virtuale adottato da tutte le BCC (la banca tradizionale integrata con canali
virtuali) sottolineando le motivazioni che hanno portato a questa scelta sia in
termini di opportunità di sviluppo che di coerenza con la mission istituzionale e
vocazionale. Vengono inoltre descritti gli altri progetti attraverso i quali il
Credito Cooperativo intende rivestire un ruolo importante nel mercato virtuale:
la creazione di un portale generale che colleghi i vari istituti locali e che
costituisca un punto di riferimento per tutto il movimento; il progetto di
V
trasformazione dei siti istituzionali delle varie banche in veri e propri portali
locali (vengono a tale proposito presentati esempi di portali già operativi e
rappresentanti il prototipo di portale per BCC); la costituzione di una
community virtuale composta dai soci e clienti del Credito Cooperativo. La
parte conclusiva del presente lavoro mostra infine l’offerta on line degli istituti
cooperativi; trovandoci nell’impossibilità di descrivere il processo di
virtualizzazione del Credito Cooperativo riferendosi ad un tutt’uno a causa
dell’autonomia decisionale e di indirizzo strategico dei singoli istituti
cooperativi, si è ritenuto opportuno affrontare l’argomento, non fermandosi al
caso specifico di una singola esperienza (probabilmente poco significativo per
rappresentare un fenomeno più ampio), ma esaminando una delle maggiori
società produttrici di applicazioni di banca virtuale per conto del Credito
Cooperativo: ISIDE Spa. Tramite l’analisi delle proposte dell’outsourcer,
vengono quindi descritti i canali d’accesso e i servizi erogati da un numero
crescente di Banche di Credito Cooperativo che, nel rispetto della propria
identità e missione storica, hanno intrapreso la strada dell’evoluzione e
trasformazione verso una banca moderna e multicanale.
Capitolo 1
Introduzione al concetto di banca virtuale
2
1.1. La trasformazione strutturale dell’ambiente
competitivo: dalla old alla net economy.
L’avvento di nuove tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazione
(ICT)
1
e l’evoluzione verso un mercato sempre più integrato, hanno
determinato un importante cambiamento delle relazioni economiche. La
globalizzazione dei mercati e la rapida diffusione delle nuove alternative
tecnologiche hanno infatti inciso in modo sostanziale sul funzionamento dei
sistemi economici di tutti i paesi. Se fino agli anni Ottanta il quadro economico
e competitivo non sembrava essere mutato in maniera decisa, dagli anni
Novanta abbiamo assistito ad una vera e propria trasformazione degli archetipi
di produzione e gestione delle risorse tecniche, finanziarie, umane fino a
teorizzare un “Nuovo Paradigma”, un modello di sviluppo basato su regole
diverse, non tradizionali: la cosiddetta Nuova Economia, la New Economy.
Si tratta di una vera e propria “nuova rivoluzione industriale
2
”, ma con
caratteristiche fortemente dissimili dalla precedente se non per l’importanza e
per l’impatto sul sistema economico mondiale.
Tuttavia, dobbiamo in realtà vedere il fenomeno “new economy”, non tanto
come un’esplosione repentina e improvvisa, quanto come l’ultima tumultuosa
tappa di un lungo processo nato molto prima, già negli anni sessanta, in
California. James Fallows
3
, nel ricostruire l’evoluzione del sistema economico
americano, riconosce l’esistenza di tre fasi evolutive; la prima riguarda la
1
Per ICT (Information and Comunication Technology) si intende quel corpo di
conoscenze tecniche che sono alla base della realizzazione della società
dell’informazione. Nasce dalla convergenza tra informatica e telecomunicazioni,
cioè tra i due settori che, fino a tempi relativamente recenti, si sono sviluppati in
modo indipendente e che già attualmente, e in maniera crescente nel futuro, sono
destinati a concorrere per finalità comuni. Fonte: BNL (Direzione comunicazioni -
Servizio Studi), “New Economy: Primi Numeri e Parole”, Maggio 2000, pp. 21.
2
Beghi S., “Internet e rivoluzione tecnologica: i cambiamenti strategici”,
Amministrazione & Finanza, vol. 15, 2000, pp. 40-43.
3
Fallows J., Breaking the news: how the media undermine American democracy,
New York, Vintage books, 1997.
3
rivoluzione degli hardware ed è caratterizzata dalla crescita esponenziale della
capacità elaborativa dei microprocessori nonché dalla diminuzione dei costi di
produzione e vendita dei PC. La seconda fase invece riguarda lo sviluppo del
software caratterizzata dalla nascita dei primi sistemi operativi (Windows,
Linux, Macintosh) e di applicazioni sempre più semplici ed intuitive rivolte ad
un pubblico sempre più ampio e non necessariamente costituito da tecnici o
programmatori. Infine, la terza fase, coincide con la nascita di Arpanet
4
(1969)
e con l’affermarsi della rete delle reti: Internet.
La New/Net Economy trova quindi origini dal susseguirsi di innovazioni
tecnologiche fino a scoprire in Internet tutte le sue potenzialità. Per
comprendere l’importanza del fattore tecnologico è sufficiente vedere l’ascesa
degli investimenti delle imprese, in nuove tecnologie (soprattutto informatiche)
in America; il risultato è disarmante: gli investimenti sono passati da una
crescita stabile del 6% annuo, dal 1960 al 1990, per più che raddoppiare (14%
annuo) negli anni novanta
5
.
Ma parlare del passaggio dalla cosiddetta “Old Economy” alla cosiddetta
“New Economy” prendendo in considerazione solamente il fattore tecnologico
sarebbe molto riduttivo. Il cambiamento si è manifestato con diverse modalità
ed ha abbracciato tutti gli aspetti macro-economici: si sono modificati i
paradigmi produttivi abbandonando il modello fordista per quello post-fordista;
si è intensificata la velocità di trasmissione dei processi d’innovazione; si sono
trasformati i consumi (ed i consumatori); sono mutati i canali di comunicazione
e di trasferimento delle informazioni.
4
ARPANET nasce da un progetto militare americano che aveva il fine di collegare
tra di loro i calcolatori utilizzati a scopo militare tramite una grande rete in grado di
sopravvivere anche se uno dei suoi nodi, o un’intera parte, avesse cessato di
funzionare. Con ARPANET nacquero i concetti di commutazione di pacchetto ed il
protocollo di comunicazione TCP/IP ora incorporato in Internet.
5
Rampini F., New economy: una rivoluzione in corso, Ed. Laterza, Roma, 2000, pp.
7-10
4
Anche i mercati e alcune delle determinanti competitive sono mutate: siamo
passati da mercati stabili e protetti a mercati dinamici, da una competizione
delimitata ad una di tipo globale. Il lavoro da “dedicato” e“sicuro” è diventato
sinonimo di “flessibilità”; il modello organizzativo gerarchico verticale è stato
abbandonato per abbracciare quello del network, e diventa l’intelligenza, intesa
come sapere, informazione, proprietà intellettuale, esperienza, la fonte di
ricchezza più importante e di elevato valore aggiunto
6
(ed ecco quindi anche il
passaggio dalla formazione specifica a quella continua).
Ma anche contrapporre i termini old e new economy, indicando così il
contrasto tra due diverse economie, non è esatto. Sarebbe più corretto dire che i
cambiamenti, di cui abbiamo parlato, hanno creato un nuovo contesto
economico che influenza sia i settori tradizionali che nuovi.
Nasce un mercato “virtuale”, parallelo a quello “materiale”, in grado di
cambiare la geografia dell’impresa e modificare le relazioni tra economia,
società e organizzazione del territorio
7
. Emerge, accanto al modello
tradizionale, quello di impresa “smaterializzata”: una sorta di contenitore,
vuoto al proprio interno e attivo solo attraverso reti esterne
8
. Grazie a processi
volti al decentramento di tutte le attività non strategiche, il nuovo modello
assume quei caratteri di agilità e flessibilità che permettono un nuovo
approccio al mercato. E’ soprattutto il fattore territoriale a finire per perdere la
sua importanza strategica; il legame con i diversi ambienti locali diviene
sempre più intangibile ed il nuovo modello di impresa appare virtualmente
svincolata da un luogo specifico.
6
Thomas Stewart la definisce come “capitale intellettuale” o “brainpower” , Stewart
T., Intellectual capital: the new wealth of organizations, Nicholas Brealey
Publishing, London, 1997.
7
Sabel C.F. “Flexible production systems and regional development: the rise of
new industrial spaces in north America and western Europe”, International Journal
of Urban and Regional Research, vol. 12, n. 2, 1989, pp. 171-186.
8
Bricken M. “Mondi virtuali. Nessuna interfaccia da progettare” da Benedikt M. (a
cura di), “Cyberspace. Primi passi nella realtà virtuale”, Ed. Muzzio, Padova, 1993.
5
Grazie alla possibilità di sfruttare conoscenze e competenze tratte delle
esperienze locali, essa trasforma e plasma le proprie capacità al fine di
raggiungere un vantaggio competitivo di tipo “globale”. La logica del network
è quindi il paradigma trionfale della new economy e le tecnologie informatiche,
capaci di far interconnettere i diversi attori economici in modo nuovo
(abbattendo distanze spaziali e temporali), ne sono lo strumento.
E’ in questo nuovo panorama competitivo che dobbiamo rileggere i mercati
e l’attività dei settori cosiddetti “tradizionali” come quello degli intermediari
finanziari e delle banche. Secondo l’opinione di Andy Grove, presidente del
colosso informatico Intel, “entro pochi anni non avrà più senso parlare di
aziende-internet. Tutte le imprese dovranno usare la Rete nella propria
attività, o saranno emarginate”. Gli eventi gli stanno dando ragione
9
(Fig. 1.1).
9
Alla fine del 2001 un totale di 144.4 milioni di europei hanno utilizzato internet almeno una
volta al mese. La Germania, la Gran Bretagna, l’Italia e la Francia assieme rappresentano in
63% del totale di navigatori. I paesi scandinavi, nonostante abbiano adottato le tecnologie web
con largo anticipo rispetto al resto d’Europa, contano meno utenti Internet in confronto agli
altri paesi europei a causa della loro minor densità di popolazione. La Russia e la Polonia sono
i mercati dell’est Europa con maggiore sviluppo, nonostante la penetrazione Internet sia ancora
molto bassa. In totale, secondo eMarketer, il numero di europei on line raggiungerà 221 milioni
nel 2004. La Germania rimarrà in testa per numero di utenti, arrivando a contare quasi un
quinto del totale europeo. Nell’Europa dell’est alcuni paesi, come la Slovenia e l’Estonia,
avranno un grande sviluppo nell’adozione di computers, telefoni cellulari e Internet, ma la
maggior parte dell’est rimarrà arretrato con una popolazione on line inferiore al milione per
paese. Fonte: Bucci. P., “E-banking di seconda generazione”, inserto redazionale Data
Manager, ottobre 2002, pp. 6-38.
6
26
55
101
150
201,5
451,04
552,51
580,78
3,67
4,78
2,47
1,34
0,63
7,43
9,1
9,57
0
100
200
300
400
500
600
700
1
9
9
5
1
9
9
6
1
9
9
7
1
9
9
8
1
9
9
9
2
0
0
0
2
0
0
0
1
2
0
0
2
Anni
M
i
l
i
o
n
i
d
i
u
t
e
n
t
i
n
e
l
m
o
n
d
o
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
%
P
o
p
o
l
a
z
i
o
n
e
utenti internet nel mondo
% sulla popolazione
Utenti internet nel mondo Fig. 1.1
Fonte: nostra eleborazione su dati Nua Ltd. www.nua.com
7
1.2. Linee evolutive e fattori di cambiamento dei
sistemi finanziari: l’Italia.
La rivoluzione macroeconomia e competitiva successiva all’avvento di quel
nuovo modo di organizzare e pensare l’attività di produzione e distributiva che
abbiamo definito come “net economy”, ha avuto un grosso riflesso in tutti i
settori della produzione. La nascita di Internet e la successiva diffusione del
Web e delle interconnessioni, hanno introdotto la necessità, per molti settori, di
ridefinire completamente il proprio modus vivendi ed operandi. In particolare,
sono state le attività legate alla produzione di servizi, come l’attività bancaria e
d’intermediazione finanziaria, ad esserne maggiormente interessate. I caratteri
di intangibilità e di non “stockabilità” dei servizi, rendono infatti
particolarmente validi i nuovi paradigmi di sviluppo che vanno così a
modificare non solo le regole aziendali interne, ma anche quelle competitive,
intrasettoriali ed extrasettoriali, ponendo l’azienda davanti ad un forte dilemma
strategico: come affrontare e rispondere al cambiamento?
È in questo contesto che dobbiamo leggere ed interpretare il sistema
bancario e dell’intermediazione finanziaria, in cui, quei fattori legati e
caratterizzanti la net economy, sono stati a volte trainanti del processo
evolutivo, altre volte solo di contorno. In particolare, vediamo come
l’evoluzione in atto del settore bancario italiano, derivi non solo dalla
colonizzazione nord americana del paradigma del web, bensì dal diffondersi di
una serie di condizioni e fattori che, in modo graduale ma continuo, hanno
posto le basi per la sua ristrutturazione.
Lo scenario di fronte al quale ci si trova se proviamo a identificare quali
siano stati questi elementi di “rottura” è quindi estremamente articolato e
complesso.
8
Come evidenziato nella Fig. 1.2
10
, è il cambiamento del mercato di riferimento
e del sistema competitivo, il fulcro delle dinamiche evolutive in corso;
cambiamento che, solo in parte, è legato allo sviluppo tecnologico e
all’introduzione e diffusione della rete. Troviamo quindi fattori contingenti,
come quelli di liberalizzazione e deregolamentazione normativa o economici-
10
Nostra elaborazione da Rivoltella D., “Evoluzione e prospettive del Sistema
bancario in Italia” tratto da Riolo F., Masciandaro F. (a cura di), Internet banking:
tecnologia, economia e diritto, Edibank, Roma, 2000 pp. 651-658.
Cambiano i
mercati di riferimento:
- in termini dimensionali
- in termini di prodotto
Liberalizzazione e
deregolamentazione
Sviluppo
tecnologico
Fattori economici e
finanziari
Concorrenza:
- interna
- internazionale
- da altre istituzioni
- Concentrazione
- Cambio di
obbiettivi
(maggiore importanza
agli Shareholders)
- Nuovi prodotti
- Nuove attività
- Gestione del
rischio
Ricerca di efficienza e profittabilità Difesa e sviluppo operativo
Le dinamiche in corso in Italia Fig. 1.2
Unione Monetaria e
disintermediazione
Internet
9
finanziari, che hanno avuto un impatto altrettanto importante e deciso nella
definizione dell’ambiente competitivo attuale.
Con particolare attenzione al contesto italiano, possiamo riconoscere e
suddividere tali fattori in tre macroclassi, tra loro collegate e a sua volta
influenzate e modificate dai cambiamenti ambientali e competitivi del mercato:
1. Determinanti normativo-istituzionali. Si tratta di tutti quei fattori
modificativi della disciplina normativa sul sistema bancario e sui mercati
finanziari che hanno provocato un ampliamento delle pressioni competitive
interne al settore sia a livello nazionale che intraeuropeo. In tal senso,
riconosciamo la liberalizzazione della politica di sportello
11
, che prevedeva il
preventivo ottenimento di concessioni dell’autorità vigilante (la Banca d’Italia)
per aprire nuove filiali, e dal cambiamento della ratio giuridico-normativa sulla
definizione di intermediazione che passa dalla logica basata sulla
regolamentazione dei soggetti (Banche, S.I.M.,…) a quella sulla
regolamentazione delle attività (intermediazione creditizia, mobiliare, …).
2. Determinanti economiche e finanziarie. Si fa riferimento in questo caso
alle dinamiche reddituali e al mutamento della rilevanza delle varie gestioni
d’attività, nella composizione del reddito di periodo. Anche in questo caso,
vediamo come le istituzioni bancarie abbiano dovuto adottare atteggiamenti più
competitivi
12
al fine di far fronte a peggioramenti reddituali poggiati fino ad
allora su fattori di contesto particolarmente favorevoli come: spread ampi tra
tassi di interesse, forti barriere all’ingresso ad altri operatori (sia non bancari
che bancari internazionali), barriere alla mobilità interna, una domanda non
11
L’art. 28 Co. 1 b legge bancaria 1938, viene abolita con D.lgt. 481/92 e recepito
dal T.U. all’art. 15 Co. 1 secondo cui “Le banche Italiane possono stabilire
succursali nel territorio della Repubblica e degli Stati comunitari”.
12
Mottura P. “Nuove strategie e riposizionamento dell’attività di credito”, Bancaria,
2000, fasc. 56, pp. 3-11.
10
3. ancora matura ed in grado di spingere il sistema verso fenomeni innovativi.
A dimostrazione di come i vari fattori siano tra loro interdipendenti e d come
spesso, in questo contesto, causa ed effetto siano tra loro influenzabili,
troviamo, tra le ragioni dei decrementi reddituali bancari, l’aumento
competitivo stesso, nato da intermediari non bancari e dal fenomeno crescente
della disintermediazione dell’economia. Il ruolo di intermediazione delle
istituzioni creditizie va quindi riducendosi, seguendo un trend diffuso in altri
paesi e legato alla progressiva crescita di investitori istituzionali come fondi
pensioni e fondi di investimento
13
.
4. Determinanti tecnologiche. Riguardano le modalità con cui la
concorrenza nel settore finanziario viene ad essere “corretta” ed ampliata
soprattutto da fattori di natura tecnologica sviluppati spesso esternamente al
sistema. Vengono così messe in discussione le strutture di costo, la produttività
ed il livello qualitativo dei servizi offerti in passato, grazie all’introduzione di
strumenti e procedure tecnologicamente sempre più evolute di cui troviamo
l’espressione più innovativa e vicina ai postulati dalla net/new economy, nella
nascita della “banca virtuale
14
”.
13
Tra il 1995 de il 1997 l’incidenza del totale attivo delle banche italiane rispetto al
PIL si è ridotta del 6.6% a fronte di un notevole incremento dell’incidenza delle
attività dei fondi pensione ( + 136.9%), fonte: Masciandaro D., Bracchi G. (a cura
di), Dalla banca alla Eurob@nk: l’innovazione tecnologica e finanziaria, Edibank,
Roma, 2001.
14
Tutino F., “Verso l’e-banking: differenziazione dei percorsi aziendali e
ristrutturazione del sistema bancario”, Rivista bancaria, n. 12, 2000, pp. 52-60.