rappresentati gli Stati in considerazione della loro grandezza, una camera dove sono invece
rappresentati in modo paritario; sono visibili inoltre dei contrasti nel terzo articolo, in cui, nel
disciplinare il potere giudiziario, si prevede una sola Corte Suprema lasciando invece al Congresso
il potere di istituire solo eventualmente una struttura più articolata, tant’é che le corti federali
inferiori verranno create con il Judiciary Act del 1789.
Guardando alla struttura, dal punto di vista formale si può evidenziare come l’impianto testuale sia
fondato da appunto sette articoli originari, tutti volti a dettare le basi istituzionali del sistema di
governo e della distribuzione del potere fra Stati e federazione.
Il primo articolo, formato di dieci sezioni, è infatti dedicato al potere legislativo.
Il secondo, formato di quattro sezioni, è invece dedicato all’esecutivo.
Il terzo, di tre sezioni, è dedicato al potere giudiziario (il “judicial article”).
Il potere legislativo è affidato ad un sistema bicamerale. Il Congresso è costituito da un “senate”
(senato) e da una “House of Representatives” (camera dei rappresentanti). Il Senato è eletto su base
statale, ossia ciascuno Stato, indipendentemente dalla sua popolazione, ha diritto ad eleggere un
certo numero di senatori (lo stesso quasi ovunque), che vengono rinnovati per un terzo ogni due
anni. La Camera invece è eletta sul piano nazionale, quindi dagli stessi cittadini in modo
proporzionale alla popolazione degli Stati membri, con mandato biennale.
Il potere esecutivo è concentrato nelle mani del Presidente degli Stati Uniti, formalmente eletto
attraverso un sistema di votazione indiretta: i cittadini di una zona eleggono un grande elettore, il
quale, assieme ai grandi elettori eletti nelle altre zone in cui è stato previamente suddiviso il paese,
provvede a votare il Presidente; egli deve votare sulla base della legittimazione precedentemente
avuta dagli stessi cittadini che lo hanno votato, in sostanza riceve un’investitura largamente
popolare. Il Presidente viene eletto per quattro anni, rinnovabili una sola volta, ha ampi poteri nella
determinazione dell’indirizzo di governo e può essere rimosso dall’incarico solamente per gravi
motivi attraverso un procedimento di “impeachement”, che prevede la messa in stato di accusa da
parte della Camera dei rappresentanti e il giudizio di condanna del Senato presieduto in tale
occasione dal “Chief Justice” della Corte Suprema federale. Il sistema Statunitense costituisce il
modello della forma di governo presidenziale. Bisogna poi dire che l’organizzazione dei singoli
Stati riproduce in larga misura il modello federale: il potere legislativo dei singoli Stati è esercitato
a sua volta da un’assemblea bicamerale, quello esecutivo è nelle mani di un Governatore; questo in
generale, poi in alcuni Stati ci possono essere alcune varianti.
I primi tre articoli, accanto ad una serie di disposizioni di tipo per lo più organizzativo, contengono
anche delle disposizioni dirette a garantire i diritti dei singoli. Ad esempio troviamo il divieto dell’
“impairment of the obligations of contracts” e quello di “ex post facto law”, di cui all’articolo uno,
2
con cui i costituenti americani ritennero di ovviare alla paura di un Parlamento alquanto potente,
che promulghi “statutes” (leggi) che prendono in considerazione comportamenti già posti in essere
allo scopo di sanzionarli: quindi in definitiva un principio di irretroattività della legge.
Nel terzo articolo sono poi garantiti il diritto al “trial by jury” (diritto ad una difesa tecnica e alla
giuria) ed al giudice naturale precostituito per legge.
Gli articoli successivi fino al settimo, molto variegati dal punto di vista contenutistico, tracciano
delle linee di confine tra i poteri degli Stati e della federazione; conferiscono in primo luogo diritti
uguali ai cittadini dei diversi Stati, garantiscono la forma di governo repubblicana, fissano inoltre le
modalità per emendare la costituzione (che come si vedrà sarà molto importante), nonché le
procedure di ingresso per nuovi Stati, ed altre disposizioni di carattere transitorio.
Parlando della costituzione degli Stati Uniti e della Common Law americana spesso viene citato,
anche a ragione, Chief Justice Huges il quale disse:
< Viviamo sotto una Costituzione: ma la Costituzione è ciò che i giudici dicono essa sia
1
>.
La costituzione stessa si riflette sui più vari aspetti della vita americana, le parole di Frankfurter e
Landis sono particolarmente chiare sul punto e meritano di essere riportate:
< Il pensiero giuridico domina gli Stati Uniti ad un livello straordinario. Ogni atto del governo, ogni legge passata del
Congresso, ogni atto ratificato dal Senato, ogni ordine del Presidente è analizzato alla luce di considerazioni giuridiche
e sottoposto ai rischi della sfida giudiziaria. Altre nazioni hanno la Costituzione scritta. Ma nessun altro paese del
mondo conferisce al giudiziario un potere paragonabile a quello che gli è conferito da noi
2
>.
La carta costituzionale statunitense è stata infatti riempita di significato in questi secoli dalla Corte
Suprema Federale, ossia l’organo al vertice del potere giudiziario americano, le cui decisioni
diventano orientamenti vincolanti per tutti i consociati e per le successive decisioni
giurisprudenziali. Questa istituzione infatti, molto probabilmente non ha pari in nessun’altra
esperienza giuridica mondiale quanto a potere e prestigio. In effetti il testo della Costituzione è
spesso ermetico ed oscuro, se lo si guarda alla lettera, ed è maneggiato dai giuristi americani in una
maniera molto peculiare.
1
- Opinion of “Chief Justice Huges”, cit. B. SCHWARZ, “A Basic History of the U.S. Supreme Court”, 1968.
Quest’ultimo autore così commenta: “The ought laid down in 1787 must run the gantlet of judicial interpretation before
it attains the pratical status of an is”; citazione tratta da U. MATTEI, “Common Law: il diritto anglo-americano” p.
145.
2
- FRANKFURTER AND LANDIS, “The Business of the Supreme Court”, citazione tratta da V. VARANO – V.
BARSOTTI, “La tradizione giuridica occidentale”, Volume I, G. GIAPPICHELLI EDITORE, TORINO 2002, p.309.
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Alla divisione formale in articoli, paragrafi e sezioni si aggiunge e si sovrappone una divisone
sostanziale sotto forma delle cosiddette “clauses” (clausole) utilizzata successivamente negli stessi
emendamenti del “Bill of Rights” e anche successivi.
Si può portare più di un esempio per fare intendere questa particolare suddivisione.
Possiamo partire dalla “necessary and proper clause” di cui all’articolo uno, volta a conferire al
Congresso il potere legislativo che gli è necessario per portare avanti le specifiche attribuzioni
contenute nell’articolo stesso, su cui poi si sono sviluppate varie ed importanti dottrine legittimanti
l’invadenza del potere federale su quello statale molto più di quanto gli stessi costituenti potessero
prevedere e forse sperare. Un altro esempio lo possiamo trovare nella “commerce clause” di cui
allo stesso articolo, la quale conferisce al congresso il potere di regolamentazione del commercio tra
i singoli Stati interni; o ancora la “supremacy clause” del sesto articolo ricavata dall’ espressione:
< shall be the supreme law of the land > dalla quale si è letta la prescrizione costituzionale di una
piramide giudiziaria con al vertice appunto la Corte Suprema federale, guida delle Corti Supreme
dei singoli Stati nelle decisioni più importanti, quindi essa stessa ultimissimo grado di appello per
qualsiasi decisione. Importantissime sono infine le “due clauses”, contenute già nel primo articolo,
le quali vogliono limitare gli abusi del potere legislativo nei confronti dei singoli cittadini; dalla
garanzia dell’Habeas Corpus al divieto di irretroattività del precetto penale (“ex post facto law”),
alla “contract clause” garanzia della non ingerenza statale negli interessi regolati dall’autonomia
contrattuale delle parti: divieti questi rivolti anche agli stessi singoli Stati e che costituiscono la base
di quanto verrà poi fatto con il quattordicesimo emendamento.
Come si è detto in precedenza, i primi dieci emendamenti alla costituzione rappresentano il “Bill of
Rights”, ossia la carta dei diritti fondamentali dei cittadini americani.
Le costituzioni odierne contengono solitamente una serie di enunciati, spesso enfatici, riguardanti
diritti individuali, ed una serie di garanzie più o meno efficaci per evitare la violazione da parte dei
pubblici poteri dei suddetti diritti. Questo modello oggi così sfruttato trova la sua origine in questi
primi dieci emendamenti introdotti nel lontano 1791 dal Congresso dei neonati Stati Uniti.
Si dice dunque che il “Bill of Rights” americano è estremamente innovativo, vuoi per la
completezza dell’elenco dei diritti in esso contenuti, vuoi per il carattere rigido degli stessi, che
sono appunto al di fuori della portata del legislatore ordinario; si voleva creare un elenco di diritti
superiore. I primi dieci emendamenti possono in fondo considerarsi una vittoria degli antifederalisti
poiché in origine limitano esclusivamente il potere del governo federale: solo infatti nel 1868 il
quattordicesimo emendamento estendeva la tutela dei diritti limitando anche il potere dei singoli
Stati. Molte delle garanzie contenute nel “Bill of Rights” sono parte del comune patrimonio della
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