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RIASSUNTO
Il genoma umano è normalmente composto da 22 coppie di cromosomi omologhi ed
una coppia di cromosomi sessuali (XX nelle cellule femminili e XY nelle cellule
maschili). In seguito a mutazioni, però, il cariotipo (patrimonio cromosomico) può
modificarsi nel numero o nella morfologia dei cromosomi che lo costituiscono, dando
così origine, rispettivamente, alle anomalie numeriche (aneuploidie) o strutturali dei
cromosomi. Le an e uploi die più fr e que nti ne ll ’uomo sono le trisom ie (pr e se nz a di un elemento addizionale in una coppia di cromosomi omologhi), che possono alterare i
fenotipi cellulari e produrre anomalie congenite. Tra le trisomie compatibili con la
vita, la più frequente è la trisomia, completa o parziale, del cromosoma 21 (Hsa21),
che è la causa, nel 95% dei casi, della sindrome di Down, riscontrata in circa un
bambino su 800. Numerosi sono i problemi clinici causati da questa sindrome, ad
esempio: diverse caratteristiche fenotipiche tra le quali alterazioni nella morfologia
facciale e bassa statura; ritardo mentale; anomalie a livello dei sistemi cardiovascolare
e gastrointestinale; alto rischio di leucemia ed insorgenza precoce del morbo di
Alzheimer.
Per determinare gli effetti della copia extra del cromosoma 21 sono stati svolti
differenti studi comparando cellule disomiche e cellule trisomiche derivanti da
individui distinti. I risultati di simili analisi sono però altamente influenzati da
differenze genetiche ed epigenetiche tra le cellule comparate, che non permettono di
attribuire con certezza un effetto fenotipico al cromosoma in sovrannumero. Per
ovviare a questo problema sarebbe necessario comparare cellule geneticamente
uguali, a meno del numero di copie del cromosoma 21. Creare cellule disomiche e
trisom iche isogenic he e c c e tt o una c opia de l c rom osom a 21 è l’obie tt ivo d e i due studi esaminati in questa tesi.
Russel e colleghi hanno derivato cellule disomiche, da una linea cellulare trisomica,
inducendo la perdita di una delle tre copie del cromosoma 21. Per ottenere queste due
linee isogeniche, gli autori hanno generato cellule staminali pluripotenti indotte
trisomiche a partire da fibroblasti di un individuo affetto da sindrome di Down ed
hanno integrato, nel locus APP di una copia del cromosoma 21, il transgene di fusione
TKN EO. I l p rodotto de l ge ne NE O c onf e risc e a ll e c e ll ule re sis tenz a a ll ’a nti biot ico
g e n e ti c ina, us a to c om e mar c a tore di se lez ion e pe r l’ a c quisi z ione de l tra ns g e ne ,
mentre il gene TK codifica per la timidina chinasi, che rende le cellule sensibili al
ganciclovir. Tra le cellule trasformate, selezionate positivamente in quanto resistenti
alla geneticina e poi coltivate per un certo tempo in assenza di geneticina per rendere
superfluo il gene di fusione TKNEO, gli autori hanno sfruttato la sensibilità al
ganciclovir per selezionare negativamente le cellule ancora possedenti il gene TK ed
isolare solo quelle diventate GCV resistenti. La causa più comune di sopravvivenza al
Ganciclovir è risultata la perdita spontanea del l’int e ro cromosoma 21 contenente il
transgene TKNEO, che generava quindi una linea disomica. Ottenuta la linea
disomica, gli autori hanno svolto diverse analisi per confrontare questa e la linea
parentale trisomica: hanno confermato, tramite analisi dei profili di espressione genica
globale, la sovraespressione dei geni sul cromosoma 21 nelle cellule trisomiche
rispetto alle disomiche ed hanno poi analizzato la proliferazione cellulare osservando
che le cellule disomiche proliferavano più velocemente rispetto alle trisomiche.
Hanno svolto analisi anche sul differenziamento cellulare notando che, seppur in vitro
il differenziamento in direzione ematopoietica non era considerevolmente diverso tra
le due linee, in vivo la linea disomica produceva più cellule endoteliali rispetto alla
linea parentale trisomica. Tramite questo metodo di rimozione mirata di una trisomia
gli autori hanno potuto determinare alcune caratteristiche delle cellule trisomiche
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realmente dovute alla terza copia del cromosoma 21, come: over-espressione dei geni
sul cromosoma 21, lenta proliferazione cellulare e difetto nel differenziamento
endoteliale.
Lawrence e colleghi hanno invece generato cellule trisomiche in cui una copia del
cromosoma 21 poteva essere silenziata e solo due copie del cromosoma 21
rimanevano funzionanti. Per ottenere il silenziamento della copia extra, gli autori
hanno inserito in una copia del cromosoma 21 un costrutto contente il gene XIST
sotto il controllo di un promotore indotto da doxiciclina. Il ge ne X I S T pr od uc e l’RNA
non codificante responsabile del normale silenziamento di una copia del cromosoma
X ne ll e c e ll ule fe m mi nil i. Dopo l’i nse rz i one , tra mi te l’inn ovativa tecnica
de ll ’ing e g n e riz z a z ione d e l g e noma uti li z z a ndo n uc lea si z inc fing e r, e l’in duzione del
transgene in cellule staminali pluripotenti indotte derivanti da un individuo maschio
affetto da sindrome di Down, gli autori hanno potuto notare che il cromosoma 21
contenente il transgene veniva sottoposto alle stesse modificazioni che normalmente
a vve n g ono sul c romosoma X sil e nz iato, c ome l’ a c c umul o di pa rticola ri modi fic a z ioni istoniche e la condensazione del cromosoma a corpo di Barr, modifiche che rendono
la cromatina non più accessibile al macchinario di trascrizione. Hanno verificato il
silenziamento trascrizionale di alcuni particolari geni sul cromosoma 21
ingegnerizzato e, tramite analisi del profilo genomico totale, hanno constatato che
XIST riportava il livello di espressione del cromosoma 21 ad un valore simile a quello
di cellule disomiche. Le cellule con un cromosoma X silenziato hanno mostrato una
maggior velocità di proliferazione rispetto alla linea parentale trisomica, e sono
risultate anche più efficienti nel differenziamento neuronale. Gli autori hanno poi
appurato che, una volta silenziato il cromosoma, questo rimaneva funzionalmente
inatti vo a nc he dopo rimoz ione de ll ’induz ione di X I S T. C ome ult im o e sper im e nto, hanno inserito il transgene in fibroblasti femminili non immortalizzati, osservando
che il silenziamento era efficiente anche in questa linea cellulare differenziata.
I due studi hanno quindi proposto due metodi diversi, entrambi risultati efficienti, per
correggere in vitro la trisomia 21: Russel e colleghi hanno descritto un metodo per
rimuovere in modo mirato il cromosoma extra, mentre il sistema creato da Lawrence
e c oll e g hi for nisc e un m e todo inducibil e pe r indu rne il sil e nz iame nto. L ’ a ppli c a z ione im media ta di que sti due sis temi è ne ll ’a mbi to de l la ric e rc a : possono e sser e uti li z z a t i per ottenere maggiori informazioni sulla patogenesi della sindrome di Down
confrontando cellule trisomiche e disomiche derivanti da una stessa linea parentale.
D’ a lt ro c a nto potre bb e ro a nc he e sse re vist i c om e un pr im o pa sso v e rso u na ter a pia
cromosomica. Una prima applicazione clinica potrebbe essere quella di creare in
vitro, da cellule prelevate da un paziente affetto da sindrome di Down, cellule
geneticamente o funzionalmente disomiche, che possano essere ritrapiantate quando il
paziente ne abbia bisogno. Questo processo potrebbe aiutare, fornendo al paziente le
sue stesse cellule ma mancanti degli effetti negativi dovuti alla presenza della terza
copia del cromosoma 21, nel trattamento di sintomi quali la predisposizione alla
leuc e mi a e l’insor ge nz a pr e c oc e de l m or bo di Alz he im e r.
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INTRODUZIONE
LA CROMATINA
Negli eucarioti, il DNA è organizzato nel nucleo in complessi di DNA e proteine noti
come 'cromatina'. L'unità di base della cromatina è il nucleosoma, costituito da 146
paia di basi (bp) di DNA che si avvolgono per circa due volte intorno a un ottamero di
piccole proteine altamente basiche, gli istoni. L ’otta m e ro è c osti tui to da ist oni d i diverso tipo: due H2A, due H2B, un H3 e un H4. I nucleosomi sono separati tra loro
da 10-100 bp di DNA linker (di connessione). Questo è il primo livello di
organizzazione della cromatina ed è chiamato 'collana di perle'. I nucleosomi
interagiscono tra di loro avvolgendo la cromatina a formare il livello superiore di
or ga niz z a z ione: la “ fibr a da 3 0 nm”. L a c roma ti na si compatta ancora di più, formando delle anse e
costituendo una fibra da 100-400 nm di spessore.
Questa struttura è quella tipica dei cromosomi in
interfase, i quali si condensano ulteriormente per
raggiungere la compattezza dei cromosomi metafasici
(Figura 1).
Si distinguono due tipi di cromatina, differenti in
strutt ur a e funz ione: l’e u c roma ti na è tr a sc riz ional mente attiva o potenzialmente attiva, il DNA è meno
compatto ed accessibile al macchinario di trascrizione;
l’e ter oc roma ti na è tra sc riz ionalmente iner te , più
compatta e non accessibile. Le due strutture
differiscono nelle specifiche modificazioni presenti
sugli istoni di cui sono composte, tra le quali,
acetilazione, metilazione e ubiquitinazione. Solitamente, istoni acetilati e poco
metilati caratterizzano l’ e uc roma ti na , mentr e l’e t e roc rom a ti na ha ist oni p oc o a c e ti lati
e ipermetilati.
COMPENSAZIONE DEL DOSAGGIO DEI GENI SUL CROMOSOMA X
I genomi di cellule femminili e cellule maschili differiscono per quanto riguarda i
cromosomi sessuali. Nei mammiferi le cellule femminili possiedono due cromosomi
X, mentre le maschili un cromosoma X e un cromosoma Y. Il cromosoma X è grande
e contiene più di 1000 geni, mentre il cromosoma Y è più piccolo e ne contiene meno
di 100 (Figura 2). Se la femmina esprimesse nello stesso
modo i geni presenti su entrambe le copie del cromosoma
X, le sue cellule avrebbero il doppio di questi prodotti
proteici rispetto al maschio. I mammiferi hanno sviluppato
un meccanismo di compensazione del dosaggio che,
permettendo la funzionalità di un solo X in ogni cellula,
rende uguale il livello di espressione dei geni associati
a ll ’X ne i due se ssi . Tale compensazione si ottiene mediante
inattivazione trascrizionale di uno dei due cromosomi X
nelle cellule somatiche femminili diploidi, processo noto
c ome inatti va z ione de ll ’X . Questo processo avviene in uno
stadio precoce dello sviluppo embrionale, quando il
cromosoma X da inattivare viene scelto a caso tra quello di
derivazione materna e quello di derivazione paterna,
secondo un processo indipendente da cellula a cellula. Di
conseguenza alcune cellule inattiveranno il cromosoma X
Figura 1. Livelli di
organizzazione della
cromatina.
Figura 2. Ideogramma
del cromosoma X e del
cromosoma Y
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paterno e altre quello materno (B. Alberts, 2009; A. Surani, 2011). L'inattivazione ha
inizio da una regione situata nella porzione q13 del cromosoma X, chiamata Xic
(centro di controllo dell'inattivazione) per poi diffondersi lungo il
cromosoma. All’int e rno di Xic si tro va un gene il cui prodotto è un lungo RNA non
codificante (17- 19 kb), il g e ne X I S T ( B . Mi g e on, 2013) . L ’RN A X I S T c opre il cromosoma dal quale è trascritto, diffondendosi dal sito di sintesi in entrambe le
direzioni (Figura 3). Immediatamente dopo che il cr omos oma viene c ope r to da ll ’RNA XIST, questo richiama il complesso proteico Polycomb che dà inizio ad una cascata
di eventi che inducono il processo di eterocromatizzazione: la cromatina del
cromosoma X passa da eucromatina ad eterocromatina. Avviene quindi un
rimodellamento della cromatina che comporta diverse modificazioni: per prima cosa
a vviene l’ipoa c e ti laz ione de g li ist oni H3 e H4;; i n se g uit o, mentr e X I S T si diff onde ,
l’ist one H3 viene metil a to sul re siduo di li sina 9 (H 3K9) , dim e ti lato sul re siduo di
li sina 4 (H 3K4) e trime ti lato sul re siduo di l isi na 27 (H 3K27) mentr e l’ist one H4
viene metilato sul residuo di lisina 20 (H4K20); successivamente viene incorporata
sul cromosoma la variante istonica macroH2A1 poi ubiquitinata sul residuo di lisina
119 (H2 AK 119);; l’ulti mo pa ssa gg io è la metil a z ione de l DN A a li ve ll o de i pr omot or i. La metilazione del DNA avviene solo dopo che sono avvenute le modificazioni
istoniche sopra elencate, quindi solo sulla copia del cromosoma X con una struttura
cromatinica non più competente alla trascrizione. In ultima analisi, è il
rimodellamento della cromatina che rende il cromosoma silenziato. A questo punto
l’inatti va z ione è stabil e e X I S T non è più ne c e ssar io pe r mante ne r e lo stato sil e nte de l
cromosoma: le modificazioni sono in grado di autopropagarsi e lo stato di metilazione
del DNA viene accuratamente replicato durante la mitosi, permettendo una fedele
trasmissione dello stato della cromatina dalla cellula madre alle figlie (B. Lewin,
2012; K. Plath, 2002; A. Wutz, 2007).
Il cromosoma eterocromatico X inattivo può essere
visualizzato al microscopio come un corpo di Barr,
nome dato al cromosoma X condensato, situato
vicino alla membrana nucleare. Il corpo di Barr ha
una forma non lineare, con i due telomeri che si
avvicina no l’un l’a lt ro, c osa c he può spiega re la
forma curvata che si osserva.
È importante che in ogni cellula un cromosoma X
riman ga a tt ivo. Tuttavi a a ll ’iniz io de ll o svi lu ppo e mbriona le l’e spr e ssi one di X I S T è a tt iva su tut te le
copie del cromosoma X; se non avvenisse qualcosa
per reprimere XIST su uno di essi, tutte le copie
verrebbero silenziate (sia in cellule femminili che in
cellule maschili), portando ad una nullisomia letale.
La regione XIC su di un cromosoma deve quindi
ricevere un segnale che reprima il gene XIST su quel cromosoma, destinato così a
rimanere attivo. Mentre l’inatti va z ione de l c romosoma X da pa rte di X I S T è un
evento in cis, in questo caso intervengono fattori in trans codificati da geni presenti su
autosomi, che funzionano da regolatori negativi per il gene XIST. Indipendentemente
dal numero di copie in cui è presente il cromosoma X, solo uno rimane attivo in ogni
cellula diploide. Presumibilmente, quindi, in cellule diploidi questi fattori sono
presenti in una quantità sufficiente per spegnere solo un allele XIST. Una volta che
queste proteine regolatrici hanno legato recettori presenti nel locus XIC di un
Figura 3. Schema del
silenziamento mediato da XIST
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c romosoma X, non pos sono lega rsi a nc he a ll ’ a lt ro c romosoma, sul q ua le X I S T
rimarrà quindi funzionante.
All’ini z io de ll o svil upp o e mbriona le, X I S T è e spre sso d a tut te le c opie de l cromosoma X, ma ad un livello troppo basso per indurre il silenziamento. Ad un certo
punto dello sviluppo, XIST viene represso su di un cromosoma e over-espresso sugli
altri. Il primo passaggio nella compensazione del dosaggio è la scelta casuale di quale
X debba rimanere attivo, e la pr otez ione de l c ro moso ma sc e lt o da ll ’ina tt ivaz ione da pa rte di X I S T. I l se c ond o pa ssagg io è l’inatti va z ione di tut t i g li a lt ri: da t utt i g li a lt r i cromosomi X, XIST continua ad essere espresso ad alto livello, le molecole di RNA
di XIST si accumulano (coating) sul cromosoma stesso e richiamano i fattori in trans
necessari per modificare la cromatina. Una volta silenziato, il cromosoma X inattivo
rimane silente nella cellula e nella sua progenie, quindi il pattern di inattivazione è
clonalmente ereditato.
Il 10% circa dei geni presenti sul cromosoma X inattivato mantengono una certa
a tt ivi tà tra sc riz ionale , o vve ro “ sfu gg ono” a ll ’in a tt ivaz ione in c is de ll ’ X. L ’a tt ivi tà
trascrizionale del cromosoma X inattivo è confinata soprattutto nelle regioni
pse udoa utoso mi a li (r e g i oni de ll ’X e de ll ’Y c he a ssom i g li a no a i c romosomi autosomici perché contengono geni XY omologhi che sono liberamente scambiati
durante la meiosi).
E’ uti le spe c ifica re c he la c a p a c it à di X I S T di le g a re la r e g ione d a l quale è sint e ti z z ato
non dipende dalla sua posizione nel genoma. Infatti, se la regione di XIC viene
inserita come transgene in un autosoma, questo è soggetto ad inattivazione. Questa
capacità di legame è infatti intrinseca in XIST e ciò gli permette di iniziare il
silenziamento (pathway, appunto, di default) di qualsiasi cromosoma dal quale è
a de g ua tam e nte tra s c ritto;; l’unic a ne c e ssi tà è c h e ve n g a e spre sso a d a lt i li ve ll i (B .
Migeon, 2013).
LE ANEUPLOIDIE
In seguito a mutazioni il cariotipo può modificarsi nel numero o nella morfologia dei
cromosomi che lo costituiscono, dando così origine rispettivamente alle anomalie
numeriche (aneuploidie) e strutturali dei cromosomi. Tra le aneuploidie, la più
frequente è la trisomia (presenza di un elemento addizionale in una coppia di
cromosomi omologhi). L'aneuploidia è causata, nella maggior parte dei casi, da errori
di non-disgiunzione alla meiosi, che causano la formazione di gameti contenenti un
numero errato di cromosomi. Nel caso di una trisomia, s e l’e r ror e a vviene a ll a meio si
I, due gameti saranno di 24 cromosomi e conterranno sia la componente materna che
la componente paterna di una coppia, gli altri due gameti ne avranno 22; se avviene
durante la meiosi II, un gamete avrà 24 cromosomi (uno sarà di 22 e gli altri due di
23) e conterrà entrambe le coppie del cromosoma materno o paterno (R. Nussbaum et
al., 2005).
LA SINDROME DI DOWN
Tra le trisomie compatibili con la vita, la più frequente è la trisomia, completa o
parziale, del cromosoma 21 (Hsa21), che è la causa, nel 95% dei casi, della sindrome
di Down, riscontrata in circa un bambino su 800. La trisomia del cromosoma 21
deriva, generalmente, da una non-disgiunzione meiotica durante la meiosi materna
(90% dei casi) (la probabilità che avvenga una non-disgiunzione aument a c on l’ e tà
della donna), soprattutto alla meiosi I, ma può verificarsi anche nella meiosi paterna
(5% dei casi), principalmente alla meiosi II. Nel 5% dei casi avviene non-
disgiunzione mitotica post-zigotica, in uno zigote normale al momento del