Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
3
Nella sua “Introduzione” alle Encicliche sociali Francesco Vito sottolineava
questa regola interpretativa: «Per valutare adeguatamente ogni documento che
prende posizione di fronte a situazioni concrete è necessario collocarlo nel quadro
degli eventi storici che lo determinarono ed esaminarlo alla luce delle idee
prevalenti nel momento dal quale trasse origine»
1
.
È su questa linea che saranno sviluppati i seguenti capitoli, cercando di
raccordare il pensiero sociale della Chiesa con le realtà contingenti in cui si
colloca.
Il nostro proposito è quello di sottolineare alcune posizioni del pensiero
economico-sociale della Chiesa che riteniamo storicamente significative, allo
scopo di mettere in evidenza come queste si presentano non come utopiche o
“romantiche”, ma come delle posizioni storicamente giustificate e quindi feconde
di ulteriori sviluppi.
La nostra ricostruzione del quadro storico non pretende di essere completa
perché per essere tale dovrebbe prendere in considerazione tutti gli economisti
dall’origine della scienza economica fino ai nostri giorni, né essa pretende di
indicare “soluzioni” di una questione che è fino ad oggi tutt’altro che risolta.
Il lavoro si compone di tre parti, oltre a quella introduttiva e quella conclusiva.
Nell’introduzione ci si è soffermati sulla funzione, natura e metodo e principi
della dottrina sociale della Chiesa, mettendone in evidenza i possibili punti di
contatto con la vita economica.
Il corpo del lavoro comprende i seguenti passaggi:
ξ visione scritturistica della vita economica e nascita del “pensiero economico”
nel Medio Evo;
ξ excursus delle varie encicliche sociali da Leone XIII a Giovanni Paolo II,
mettendone in evidenza, oltre che i contenuti, il suo sviluppo, l’inquadramento
storico, il confronto col pensiero economico;
ξ l’attuazione della stretta relazione tra etica ed economia attraverso il canale del
commercio equo e solidale e quello del risparmio etico.
La conclusione vuole essere un “tirare le file” sulla giustificazione
dell’inclusione dei giudizi etici in economia.
1
F. VITO, Introduzione a: AA.VV., Encicliche e Messaggi sociali. Da Leone XIII a Giovanni
XXIII, Vita e Pensiero, Milano 1962, XIII.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
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SIGLE E ABBREVIAZIONI
AA.VV. autori vari
art. articolo
cap./capp. capitolo/i
c.d. cosiddetto/a
cit. citato
ecc. eccetera
ed. /edd. a cura di
Id. Idem
jr. junior
ss. seguenti
suppl. supplemento
n. numero
v./vv. volume/i
Citazioni bibliche
1 Cor 1ª lettera di S. Paolo ai Corinzi
2 Tm 2ª lettera si S. Paolo a Timoteo
At Atti degli Apostoli
Det Libro del Deuteronomio
Gen Libro della Genesi
Mt Vangelo secondo Matteo
Lc Vangelo secondo Luca
Documenti del Magistero
CA Lettera enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II nel centenario
della “Rerum novarum”, 1 maggio 1991
EV Lettera enciclica Evangelium vitae di Giovanni Paolo II sul valore e la
dignità della vita umana, 25 marzo 1995
GS Costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo del Concilio ecumenico Vaticano II, 7 dicembre 1965
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
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LE Lettera enciclica Laborem exercens di Giovanni Paolo II sul lavoro
umano, 14 settembre 1981
MM Lettera enciclica Mater et magistra di Giovanni XXIII sui recenti
sviluppi della questione sociale nelle nuove condizioni dei tempi, 15
maggio 1961
MN Radiomessaggio natalizio di Pio XII sull’ordine interno alle nazioni,
Natale 1942
MP Radiomessaggio di Pio XII a commemorazione del 50° della “Rerum
novarum”, 1 giugno 1941
OA Lettera apostolica Octagesima adveniens di Paolo VI per il 90°
anniversario della “Rerum novarum”, 14 maggio 1971
PP Lettera enciclica Populorum progressio di Paolo VI sullo sviluppo dei
popoli, 26 marzo 1967
PT Lettera enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII sulla pace tra i
popoli nel rispetto dell’ordine stabilito da Dio, 11 aprile 1963
QA Lettera enciclica Quadragesimo anno di Pio XI sulla restaurazione
dell’ordine sociale secondo il Vangelo nella ricorrenza del 40°
anniversario della “Rerum novarum”, 15 maggio 1931
RH Lettera enciclica Redemptor hominis di Giovanni Paolo II su Cristo
Redentore dell’uomo centro del cosmo e della storia, 4 marzo 1979
RN Lettera enciclica Rerum novarum di Leone XIII sulla condizione dei
lavoratori, 15 maggio 1891
SRS Lettera enciclica Sollecitudo rei socialis di Giovanni Paolo II nel 20°
anniversario della “Populorum progressio”, 30 dicembre 1987
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
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0. INTRODUZIONE
0.1. Dottrina sociale della Chiesa ed economia
È vero che la Chiesa attraverso il suo insegnamento sociale si rivolge anzitutto
ai cristiani che condividono la visione dell’uomo e i valori fondamentali della vita
concepiti secondo il messaggio evangelico, ma essa parla e spera di essere
compresa anche in tutta l’area del mondo non cristiano. Con papa Giovanni XXIII
i messaggi del magistero sociale sono rivolti «a tutti gli uomini di buona volontà»
(PT), cioè a tutti coloro che sono desiderosi di un dialogo che non sia puramente
teologico.
Dall’altra parte c’è un rifiuto da parte dell’uomo razionale e scientifico d'oggi
d’ogni insegnamento che venga dalla Chiesa. Molte sono le motivazioni, ma quella
che ci sembra più plausibile è quella indicata dall’aziendalista Marco Vitale.
Spesse volte quando si scende dai grandi documenti alla divulgazione, i principi
dettati dall’insegnamento sociale della Chiesa tendono a trasformarsi in un
“catechismo spicciolo”, con un profilo prevalentemente “devozionale”, suscitando
reazioni negative in persone che non conoscono tale pensiero. Esemplare sotto
questo profilo è il principio di solidarietà. Nella maggior parte dei casi, a livello
divulgativo, si trasforma in una manifestazione di “assistenzialismo pietistico”,
necessario per “sentirci buoni”, ed è posto in presunto conflitto con una serie d'altri
valori come quello dell’efficienza.
2
Ma ciò non è vero in quanto la solidarietà è la
strada maestra che ha percorso la storia dell’uomo da quando era isolato cacciatore
sino all’attuale aspirazione per una società mondiale.
2
Cfr. M. VITALE, Le speranze del centesimo anno, in «Il Sole-24 Ore» 1 maggio 1991.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
7
Dal magistero sociale della Chiesa un enorme interrogativo etico è posto
all’umanità intera. In esso c’è l’intento di cogliere, interpretare e dare voce al
profondo disagio esistenziale dell’intera umanità attuale, per lo più non espresso o
impossibilitato a farsi sentire nella società. Si tratta del disagio che sorge di fronte
all’ingiusta e inaccettabile sorte di particolari persone o porzioni d'umanità. Tali
forme d'ingiustizia pongono in gioco il senso stesso dell’esistenza dell’umanità
nella storia e il suo destino futuro.
Nel mondo attuale con le sue risorse e possibilità, una volta impensabili, di
benessere e di programmazione del proprio futuro e di distribuzione della
ricchezza, l’ingiustizia fatta ai singoli o a vaste porzioni d'umanità è diventata una
realtà talmente contraddittoria e irrazionale da suscitare inevitabilmente la
domanda sulla sensatezza dell'umanità, sulla sua capacità di gestire con senso il
suo destino. Si tratta di un’incapacità non tecnica, ma volitivo-politica dell’uomo,
che pone l’umanità stessa in profondo disagio esistenziale.
La Chiesa nel suo insegnamento sociale è certamente una delle voci più chiare
di questo disagio. La sua vuole essere una denuncia forte, senza cadere nel
moralismo. Sa di dovere e di poter dare una risposta sul piano dell’etica sociale.
Con il passaggio alla società industriale, il problema di una diversa, più equa
distribuzione dei beni e del potere, a favore di chi avviene la crescita, con quali
costi, e per quale promozione dell'uomo, è stato maggiormente preso in
considerazione dal Magistero.
La Chiesa interviene tutte le volte in cui «si tocca l’uomo». Essa «non può
rimanere insensibile a tutto ciò che serve al vero bene dell’uomo, così come non
può rimanere indifferente a ciò che lo minaccia» (RH 13). Il suo è un intervento
per «rendere la vita umana più umana» (GS 38).
«Non bisogna confondere cuore e portafoglio»: è un vecchio slogan che per
molto tempo ha sostenuto la contrapposizione tra etica ed economia. Da una parte
c’è il “portafoglio” (il denaro, la redditività con le sue regole), dall’altra c’è il
“cuore” (la generosità, la solidarietà, il sociale...).
Ma le decisioni finanziarie puramente tecniche sono piuttosto rare: esse
esprimono delle scelte, mettono in gioco delle priorità e dei valori, e al loro interno
possono manifestarsi un’etica e una visione dell’uomo. Allora il “cuore” può avere
una certa influenza sul volume, sulla composizione e sulla gestione del
“portafoglio”.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
8
La fede cristiana riguarda l’uomo nella sua totalità, e la dimensione economica
non può essere esclusa nell’uomo.
Il mondo dell’economia è fondamentalmente quello delle relazioni umane. Gli
sforzi per assicurare delle condizioni corrette di sussistenza, per soddisfare le
prime necessità d’ordine materiale, promuovere la qualità della vita, creare dei
posti di lavoro e distribuire la ricchezza non sono solo d’ordine tecnico, ma anche
umano: viene da uomini e riguarda gli uomini. L’uomo è portatore d’interessi, ma
anche di valori che devono essere rispettati.
La Chiesa non ha né l’ambizione né i mezzi per spiegare scientificamente i
fatti, né per descrivere con precisione i metodi d’organizzazione e di sviluppo che
risultano migliori per la società umana. Essa è profetica, ma non “analistica”:
esprime il “dover essere” che l’esistente. Si serve allora dei dati che provengono
dalle scienze positive, instaurando un «dialogo fruttuoso» (OA 4O) tra l’etica
sociale cristiana e le scienze umane, per comprendere meglio la realtà.
Con ciò essa ha rinunciato a fare della sua dottrina sociale il baluardo di un
“ordine sociale” che significhi sposare un particolare e concreto sistema
economico o politico, come magari era successo nel passato. Si riconosce invece
l’autonomia delle realtà temporali, soprattutto per quelle materie, come
quell’economica, in cui hanno particolare rilievo l’opinabilità e la contingenza.
L’economia ha una sua razionalità: ottenere il massimo risultato col minimo
sforzo. Non mira a proporre una spiegazione ultima e un significato globale
dell’esistenza, ma cerca di rilevare, di comprendere e di trasformare i fatti più che
esprimere ciò che dovrebbero essere. Il suo ambito è quello di una comprensione
rigorosa della realtà. Laddove il teologo morale interroga e interpella la realtà in
nome di una coscienza illuminata dalla fede, l’economista e l’operatore economico
si preoccupano di analizzare ciò che accade e le ragioni per cui accade, di
discernere quello che può fare e quali possono essere le conseguenze
3
.
Discordanze con la dottrina sociale della Chiesa sono presenti anche in
economia aziendale, riguardo soprattutto la finalizzazione. Lo scopo del profitto,
infatti, non è definibile in termini univoci; perciò vi sono aziende tutte rivolte verso
l’assolutizzazione del fine del profitto, vi sono aziende che tengono conto d’altri
3
Cfr. M. FALISE – J. RÉGNIER, Economia e fede, Queriniana, Brescia 1994, 9-12.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
9
fini economico-aziendali, come la competitività, infine vi sono aziende che
prendono in considerazione anche fini sociali.
D’accordo con il pensiero della Chiesa sono alcuni aziendalisti, come Coda,
secondo il quale il profitto è concepito come conseguenza di una forte capacità
competitiva e coesiva e come mezzo fondamentale necessario per alimentare tali
capacità. Allora la prosperità dell’azienda, benessere dei lavoratori e sviluppo del
territorio diventano un tutt’uno grazie a strategie creative capaci di coniugare le
esigenze economico-aziendali con le istanze di tipo sociale ed umanistico
4
.
L’insegnamento sociale della Chiesa richiama gli attori della vita aziendale,
nella definizione dei loro fini, a tenere in considerazione le superiori esigenze di
finalizzazione dell’azienda. Inoltre, già nel secolo scorso, il magistero pontificio
così si esprimeva: «né il capitale può stare senza il lavoro, né il lavoro senza
capitale» (RN 15), indicando una concezione comunitaria dell’impresa, come
collaborazione tra datori di lavoro e lavoratori.
0.2. Funzione della dottrina sociale della Chiesa
Per il papa Giovanni Paolo II
«la dottrina sociale della Chiesa non è una “terza via” tra capitalismo liberista e collettivismo
marxista, ma costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata
formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza
dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede. Suo scopo
principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee
dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme
trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano» (SRS 41).
Compito dell’insegnamento sociale della Chiesa è:
ξ collaborare in modo decisivo ad aiutare l’umanità a precorrere, con la
riflessione e l’interpretazione etica, il dinamismo che la sta coinvolgendo,
affinché essa possa governarlo;
ξ discernere le linee autentiche di tale dinamismo da quelle distruttrici e
portatori d’ingiustizia, alla luce del Vangelo, affinché l’umanità non debba far
4
Cfr. V. CODA, L’orientamento strategico dell’impresa, UTET, Torino 1988, 19-21.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
10
pagare il costo così alto d’ingiustizia ad enormi masse di gente, ma possa
distribuire con equità i rischi, i costi e i prevedibili vantaggi
5
.
Il messaggio sociale della Chiesa non può essere considerato una teoria, ma
«un fondamento e una motivazione per l’azione» (CA 57).
Con la sua dottrina sociale, la Chiesa non intende proporre un modello unico e
definitivo di soluzione tecnica dei problemi sociali, economici e politici. È ormai
passata la logica dell’opposizione di “un” modello cristiano agli “altri” modelli.
Non parte dalla presupposizione che ci sia o possa esserci nel mondo un ordine
sociale perfetto, identificabile con un determinato sistema sociale, economico e
politico, di questa o d’altre epoche storiche. Inoltre data la variabilità dei sistemi «è
difficile pronunciare una parola unica e proporre una soluzione di valore
universale» (OA 4). Come la scienza economica, la dottrina sociale della Chiesa è
una scienza sociale perché studia l’aspetto sociale dell’economia. Essendo la
società in continuo dinamismo, non è possibile stabilire dei modelli universalmente
applicabili nel tempo e nello spazio.
Non è escluso però che in determinate congiunture storiche la Chiesa abbia
segnalato o appoggiato con la sua dottrina proposte ed esperienze d’ordinamento
sociale che sembrano più corrispondenti ai principi di diritto naturale e
d’ispirazione evangelica che essa propugna, come avvenne nell’enciclica
“Quadragesimo anno” di Pio XI nei confronti del corporativismo; ma ciò non
significa scelta o formulazione di un sistema economico e politico come suo
proprio
6
.
La “Sollicitudo rei socialis” colloca l’insegnamento sociale della Chiesa sul
piano etico e lo riferisce alla teologia morale (SRS 41), in quanto suo compito è
quello di indicare i valori di base d’ogni azione sociale, di capire ed interpretare
tutti i modelli e i sistemi dal punto di vista della loro effettiva capacità di
rispondere ai bisogni e alla dignità dell’uomo.
La dottrina sociale della Chiesa si limita ad indicare il perimetro etico entro il
quale muoversi, mentre spetterà ai cristiani trovare la via concreta d’attuazione,
5
Cfr. S. MOSSO, Nuovi contenuti e nuovi problemi nell’insegnamento sociale della Chiesa, in:
AA.VV., Il magistero sociale della Chiesa. Principi e nuovi contenuti, Vita e Pensiero, Milano
1988, 198.
6
Cfr. R. SPIAZZI, Codice sociale della Chiesa, Studio domenicano, Bologna 1988, 61.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
11
stando sempre attenti alla verifica della rispondenza dei loro progetti politici ed
economici ai valori morali.
0.3. Continuità nel rinnovamento
Il mondo secolarizzato della società attuale rifiuta l’insegnamento sociale della
Chiesa considerandolo obsoleto. Ma riguardo al suo stile la Chiesa parla di
«continuità nel rinnovamento» (SRS 3). Infatti, quando interviene vuole proporre
dei valori e non dei sistemi, in quanto i sistemi mutano, mentre i valori restano.
La sua funzione è quella d’essere luogo di giudizio e di profezia.
Giudizio perché è il tentativo di leggere le diverse realtà sociali dal punto di
vista della persona umana, per ridire nell’oggi quei valori che danno dignità
all’uomo d’ogni tempo: la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà, il bene comune.
Si tratta di valori immutabili e assoluti dettati dal Vangelo (continuità).
Profezia perché denuncia la separazione che si ha tra il progetto di Dio
sull’uomo e la concreta situazione storica. Seppure il mondo è in continuo
dinamismo, si trasforma e presenta continuamente nuovi scenari, «vivente com’è la
storia, la Chiesa deve scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del
Vangelo» (PP 13). I segni dei tempi pongono alla Chiesa il problema di calare e di
adattare nell’attualità il patrimonio della fede e della tradizione di cui essa è
depositaria (rinnovamento).
In tale prospettiva possiamo comprendere l’interesse per gli anniversari.
7
Non
si tratta di semplici commemorazioni o anche di semplici richiami, ma di una
ripresa critica, che permette di discernere quello che dipendeva dalla circostanza
del momento, da quello che appartiene all’ordine dei principi. Questa ripresa
permette di apportare delle precisazioni e di dare dei prolungamenti ad un
determinato punto dottrinale
8
.
7
Una parte delle encicliche sociali sono state pubblicate per un anniversario della “Rerum
novarum”, la prima enciclica del papa Leone XIII di carattere sociale.
8
Cfr. G. COTTIER, Persona e società, in: AA.VV., L’insegnamento sociale della Chiesa, Vita
e Pensiero, Milano 1988, 40.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
12
Anche se molto di quanto è contenuto nelle encicliche è “datato”, esse sono
ricche di pensiero lungimirante e, se lette in chiave evolutiva, attuali. Molto di
quello che è successo negli ultimi anni è stato già previsto da encicliche del
passato.
0.4. Tesi contro la dottrina sociale della Chiesa
L’insegnamento sociale della Chiesa spesso è considerato astorico, perché
basato su presupposti “metafisici”, su principi indimostrabili, posti a priori, fissi ed
immobili, contrastanti con i “fatti” empirici.
Si arriva a negare l’esistenza di un insegnamento che possa venire dalla
Chiesa: la religione è un “affare privato” e, quindi, la Chiesa esce dal suo ambito,
che sarebbe solo quello della coscienza individuale e dello spirituale, quando
pretende di pronunciarsi sui problemi socio-economici, il quale apparterrebbe
esclusivamente allo Stato e alla società civile.
9
Alla base di questa corrente d’opinione ci sarebbe sia il “secolarismo”, che
ignora o nega Dio e respinge la Chiesa, considerando inutile o rovinosa la sua
presenza nel mondo, sia l’“immanentismo”, che proclama l’autosufficienza
dell’uomo a dirigere con la propria ragione e la sua libertà se stesso e la storia
umana, senza bisogno di ricorrere ad una legge trascendente ed eteronoma, che va
respinta come contraria all’autonomia dell’uomo.
Sulla stessa separazione tra fede e storia si pongono alcuni cristiani,
giustificandola su una concezione spiritualistica della fede. Per questi esiste un
duplice fine dell’uomo:
ξ il fine naturale: la perfezione dell’uomo e della sua felicità in questo mondo;
ξ il fine soprannaturale: la partecipazione dell’uomo alla felicità stessa di Dio.
La fede non riguarda il fine naturale dell’uomo, ma il suo fine soprannaturale.
Alla Chiesa spetta lavorare per la Salvezza eterna degli uomini per mezzo della
predicazione evangelica e l’amministrazione dei Sacramenti; mentre allo Stato
9
Cfr. È legittimo l’intervento della Chiesa in campo sociale?, Editoriale, in «La Civiltà
Cattolica» 3102 (1979), 449-450.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
13
spetta lavorare per la felicità e il benessere temporale degli uomini per mezzo
dell’organizzazione politica della società, l’emanazione di leggi giuste e la
creazione di tutte quelle strutture sociali che sono utili al bene comune temporale.
Ma il credente non può dividersi in due personaggi; non può essere religioso e
credente nella vita privata, e areligioso e non credente nella vita pubblica. È
necessaria un’unità tra pensiero e vita. È impossibile che la fede non influisca sul
modo in cui il credente intende orientare la vita associata e non si lasci ispirare
nella sua vita politica, economica e sociale dai valori che la fede gli mostra come
fondamentali
10
.
I cristiani impegnati storicamente nelle realtà temporali devono essere capaci
di fare sintesi tra teoria e prassi. Alla luce dei principi cristiani occorre elaborare
una proposta organica.
11
Sicuramente l’ordine storico e politico è autonomo dalla fede e ne va
riconosciuta la laicità.
Anche quando dei cristiani si associano per svolgere sul piano sociale o
politico (sindacati, partiti, movimenti, ecc.) un’azione ispirata alla dottrina sociale
della Chiesa restano validi i seguenti principi:
a) trascendenza e universalità dell’insegnamento della Chiesa e indipendenza
della sua posizione in rapporto alla formazione politica o sociale, anche se
ispirata alla sua dottrina sociale;
b) libertà dei cristiani nell’applicarla, calandola nella situazione concreta secondo
le indicazioni della loro coscienza e della loro competenza;
c) responsabilità dei cristiani per i compiti e la missione che si assumono, il
nome che impegnano, l’autorità dottrinale cui si appellano e la forza morale di
cui dispongono per essere dei portatori e realizzatori di quella dottrina
12
.
I cattolici, anche quando agiscono individualmente, dovranno operare
politiche contingenti. Le loro scelte e i loro progetti potranno divergere; nel gran
contesto delle politiche temporali essi eviteranno di affermare che agiscono in
10
Cfr. Con quale diritto la Chiesa interviene nelle questioni sociali?, Editoriale, in «La
Civiltà Cattolica» 3129 (1980), 210-212.
11
Come per esempio è avvenuto per l’elaborazione del “Codice di Malines” a livello europeo,
il “Codice di Camaldoli” a livello italiano e nella fase dell’Assemblea Costituente.
Cfr. F. DUCHINI, Insegnamento sociale della Chiesa, scienza economica, attività economica, in:
AA.VV., Il magistero sociale della Chiesa…, cit., 136-137.
12
Cfr. R. SPIAZZI, Introduzione, in: ID. (ed.), I documenti sociali della Chiesa. Da Pio IX a
Giovanni Paolo II, Massimo, Milano 1988
2
, XLIII.
Dottrina sociale della Chiesa: categorie logiche e categorie economiche
14
nome della Chiesa: una concreta scelta sociale non può essere identificata con la
posizione stessa della Chiesa.
La dottrina sociale della Chiesa offre orientamenti e ispirazioni per gli
impegni temporali dei cattolici, ma molto è lasciato alla loro creatività e alle loro
libere scelte di fronte a politiche alternative.
Ogni problema sociale, politico ed economico ha, però, un aspetto morale. La
Chiesa ritiene che faccia parte della sua missione enucleare, annunciare e difendere
la legge morale ed impegnarsi affinché ad essa si conformino tutte le attività
umane. Ma la sua competenza è limitata all’aspetto spirituale ed etico. «La
missione propria affidata da Cristo alla Chiesa non è l’ordine politico, economico e
sociale: il fine che le ha prefissato è l’ordine religioso» (GS 42).
Questo non significa che il suo ruolo sia astratto, anzi, al contrario, esso
implica applicazioni concrete. «La Chiesa non ha competenze dirette per proporre
soluzioni tecniche di natura economico-politica; tuttavia, essa invita ad una
revisione costante di qualsiasi sistema secondo il criterio della dignità della
persona umana»
13
.
Non si può, perciò, confinare la Chiesa entro le sue mura, “nella sagrestia”, né
si può impedire di parlare ogni volta che è in gioco l’uomo.
Qualche volta l’insegnamento della Chiesa è stato accusato d’astrattismo.
L’obiezione ha qualcosa di vero, riguardo alcune parti.
Come ogni dottrina sociale, anche l’insegnamento sociale della Chiesa non
può pretendere di porre da solo la sintesi dell’azione. Se così volesse l’individuo
sarebbe non un artefice del proprio agire, ma solo un semplice esecutore di una
dottrina. Invece le norme morali e di giustizia non si prestano ad un solo modo di
realizzazione.
13
GIOVANNI PAOLO II, Discorso al simposio “Da “Rerum novarum” à “Laborem
exercens””, 3 aprile 1982, in «La traccia. L’insegnamento di Giovanni Paolo II» 4 (1982), 470-
471.