1
Introduzione
Lo scopo primario del doppiaggio è riprodurre il parlato di un film in una
lingua diversa, favorendo la circolazione di un prodotto cinematografico
al di là dei confini nazionali. Il doppiaggio si è affermato come unico
sistema in grado di risolvere il problema della comprensione universale
del linguaggio filmico dopo l’avvento del sonoro
1
. È la procedura di
traduzione audiovisiva più nota e diffusa in Italia, Francia, Gran
Bretagna, Spagna e in Paesi germanofoni come Austria, Germania e
Svizzera. Come vedremo, dagli anni Trenta ad oggi l’industria del
doppiaggio italiano si è tanto evoluta da sfornare una scuola di doppiatori
professionisti che hanno saputo creare il nostro immaginario: ci siamo
affezionati a Robert De Niro, Marlon Brando o Woody Allen anche
grazie alle loro voci italiane.
Ad un certo punto, con la crisi e con la crescente irruzione nel
“doppiaggese” di dialetti e registri popolari, la qualità è venuta meno e
gli amanti del cinema hanno cominciato a manifestare un disagio sempre
più grande. Autori, registi di culto che creano vere e proprie opere d’arte,
vengono traditi, per sciatteria, fretta o arroganza. Finanche i titoli dei film
vengono storpiati, vizio che viene da lontano. Stagecoach (Diligenza) di
John Ford divenne Ombre rosse e lo stesso Ford non ha mai capito
perché. Con il mondo globalizzato e la diffusione tra i giovani
dell’esperanto della lingua inglese diviene sempre più incomprensibile
per quale motivo nella capitale d’Italia un solo cinema su 300 proietti
film in lingua originale, mentre a Parigi le sale sono cento. La lobby
familista dei doppiatori italiani difende il proprio ruolo e fortilizio,
naturalmente in nome del pubblico che non amerebbe i sottotitoli. Ma
forse molto semplicemente sarebbe il pubblico a dover scegliere, se ne
avesse la possibilità. I film in lingua originale non tutelerebbero soltanto
l’integrità di un’opera d’arte o dell’ingegno. Consentirebbero di mandare
un segnale importante all’esterno, vale a dire che l’Italia, invece di
1
Storia del doppiaggio, http://www.studioenterprise.it/storia_doppiaggio.htm.
2
delegare solo al sistema istruzione la formazione di competenze
linguistiche, intende affrontare un problema serio. Il problema di
affiancare alla lingua materna un seconda lingua parlata che consenta alle
nuove generazioni di sentirsi davvero cittadini del mondo, trovando il
lavoro dove c’è, comunicando meglio con gli stranieri e muovendosi con
maggiore libertà. Quello che abbiamo saputo fare negli anni Sessanta per
debellare l’analfabetismo e quello che ha fatto una piccola nazione molto
innovativa come la Finlandia. Essendo in tanti a ritenere che questo non
sia un problema vero, si continua a parole, di tanto in tanto, a evocare
l’importanza delle famose tre i: Inglese, Informatica, Innovazione. Parole
che il tempo porta via mentre ci teniamo le nostre care e vecchie
abitudini.
3
Capitolo I
IL DOPPIAGGIO
1.1 L’avvento del cinema sonoro e gli anni Trenta
Il cinema nasce il 28 dicembre 1895 con la prima proiezione pubblica a
pagamento dei fratelli Lumière presso il Salon Indien del Grand Café di
Parigi in Boulevard des Capucines 14. Per un franco i clienti del Grand
Café poterono assistere ad uno spettacolo di 25 minuti in cui furono
proiettati dieci film.
2
Dieci mesi prima, i due fratelli avevano brevettato il
cinematografo, diretto discendente del kinetoscopio inventato da Thomas
Edison. Inizialmente, i film erano muti, o, nel migliore dei casi, le
proiezioni erano accompagnate dalla musica di orchestrine posizionate ai
piedi dello schermo. L'avvento del sonoro, che rappresentò nel cinema un
mutamento epocale, in tutti i sensi, per l’Italia significò una grave crisi
per l'esercizio delle sale. Non erano ancora attrezzate tecnologicamente e
i divieti mussoliniani impedivano di distribuire film stranieri parlati.
Nell'aprile del 1929 uscì in Italia The jazz singer (1927; Il cantante di
jazz) di Alan Crosland e in quello stesso anno il governo fascista decretò
che le pellicole straniere non potevano circolare in lingua
originale. Soltanto dopo il 1930 lo Stato permise di proiettare pellicole
degli altri paesi, ma le sequenze erano di continuo interrotte da didascalie
e traduzioni dei dialoghi. Della colonna sonora originale rimanevano
pertanto solo le musiche e i rumori. Storicamente è vero quel che afferma
lo studioso Mario Quargnolo, e cioè che furono gli eventi italiani a
indurre l’industria americana a percorrere la strada del doppiato
3
. Fu nel
1932 che il fisico austriaco Jacob Karol inventò il sistema del doppiaggio
(dubbing) che consentì di poter esportare all’estero i propri film. La
colonna sonora del parlato veniva sostituita con un’altra, contenente
dialoghi tradotti in un’altra lingua, e ciò rappresentò un grande risparmio
2
Breve storia del cinema, http://brevestoriadelcinema.
3
http://www.studioenterprise.it/storia_doppiaggio.ibid.
4
di tempo e di risorse perché prima lo stesso film veniva girato con attori
di nazionalità diversa, oppure erano gli stessi attori americani che
recitavano in altre lingue. In altri casi, essi facevano finta e dal vivo
venivano doppiati. Proprio per non perdere i lucrosi contratti con
l'esercizio di casa nostra, Hollywood pensò bene di correre ai ripari
sperimentando, dopo le poco soddisfacenti plurime versioni di alcuni
film in presa diretta (le scene della stessa pellicola venivano girate con
attori di varia nazionalità), la strada del doppiaggio.
Nel 1931 iniziò la Metro Goldwyn Mayer, sotto la direzione dell'italiano
Carlo Boeuf. I doppiatori erano i coniugi Augusto e Rosina Galli,
quest'ultima attrice molto nota in America, Argentina Ferraù, la cantante
Milly e Francesca Braggiotti, la prima voce di Greta Garbo alla quale si
deve il celebre birignao "Dammi una sigaretta!" in Mata Hari. Seguì poi
la Fox mentre la Paramount invece decise di doppiare i propri film a
Joinville, in Francia, sotto la direzione di Pier Luigi Melani. Già
nell'estate del 1932 tutte le case americane decisero di proseguire il
doppiaggio in ognuno dei paesi interessati e non più in America, perché
la dizione, per esempio, degli italiani ormai residenti in America risentiva
o dell’origine regionale oppure del nuovo accento inglese.
Dopo questi iniziali esperimenti americani, anche l'industria
cinematografica italiana comprese che il settore si sarebbe incrementato,
e un pioniere come il commendator Fritz Curioni ebbe l’idea di far
doppiare in italiano Stan Laurel e Oliver Hardy con quell’ accento italo
americano rimasto da allora indimenticabile. Aveva capito cioè che nei
vari paesi i loro film facevano ridere non solo per i loro corpi ma anche
per il loro modo di parlare, in quanto Stanlio e Ollio si doppiavano
personalmente nelle varie lingue straniere per le versioni destinate
all'estero, e la loro pronuncia era un elemento comico aggiunto, seppur
involontario. I primi italiani a doppiarli furono Carlo Cassola e Paolo
Canali, due giovani che soggiornavano a Roma per motivi di studio.
Successivamente anche un giovanissimo Alberto Sordi, scelto dopo un
concorso bandito dalla MGM, nel 1937 cominciò per più di dieci anni a
5
prestare la sua voce ad Oliver Hardy
4
. Sordi, però, apportò una modifica
importante alla voce del personaggio trasformandolo in basso, mentre,
nella realtà, Oliver Hardy era tenore.
1.2 I primi stabilimenti di doppiaggio in Italia
Il primo stabilimento di doppiaggio in Italia venne aperto nell'estate del
1932 dalla Casa Cines Pittaluga di Emilio Cecchi e il suo primo direttore
fu il regista Mario Almirante. Già a fine 1932 il pubblico italiano potè
vedere doppiati alcuni indiscussi capolavori come “A me la libertà” di
René Clair. Da allora cominciò la caratteristica italiana di modificare
finanche i titoli originali dei film doppiati. Il pronome personale
singolare, infatti, sostituì il più "sovversivo" e dunque pericoloso "nous"
del titolo originale A nous la liberté.
In questa prima fase del doppiaggio italiano si lavorava con molta
approssimazione, con tempo limitato e dialoghi adattati alla buona. Gli
inconvenienti tecnici erano inevitabili perché, come ha detto Franco
Schirato, direttore artistico della Fotovox, "Si lavorava al buio, senza
nessuna guida sonora. Occorrevano memoria pronta, riflessi immediati,
disposizione al ritmo e il saper dominare inizialmente l'inevitabile
orgasmo”
5
. La scuola italiana nasce in quegli anni sulla base del
proverbiale “fare di necessità virtù”: se i mezzi tecnici sono quel che
sono, utilizziamo allora buoni doppiatori e gli unici che lo possono
diventare sono i buoni attori. Andreina Pagnani, Umberto Melnati,
Mario Ferrari, Tina Lattanzi, furono quindi tutti interpreti con forte
esperienza teatrale alle spalle che diventarono le voci più assidue e
riconoscibili, per poi passare essi stessi a lavorare nel cinema. Nacque
allora una bottega artigianale italiana (diventata con i progressi della
tecnica una vera professione) attraverso intraprendenti antesignani che
col tempo riuscirono finanche a convincere la critica, all’inizio molto
4
La storia del doppiaggio, http://www.claudiosorrentino.it/storia.html.
5
http://www.studioenterprise.it/storia_doppiaggio.htm, ibid.