3
Tale documento però non è stato approvato da tutti i Paesi arabi, alcuni hanno
firmato senza ratificarla, altri non hanno proprio aderito, mentre altri l’hanno
ratificata con riserva.
Il diverso approccio alla Convenzione deriva dalla minore o maggiore
conservazione della legge islamica, e dalla volontà ad entrare in un insieme
globale mettendo da parte le tradizioni e le consuetudini.
Attraverso il raggiungimento parziale dell’eliminazione di tutte le forme di
discriminazione contro le donne, la figura femminile islamica gioca un ruolo di
primo piano nella programmazione relativa alla Conferenza Mondiale sulle donne
tenutasi a Pechino.
I Paesi arabi, secondo la pianificazione, dovevano assicurare un’uguaglianza
sociale a livello scolastico e sanitario, proteggere i loro diritti e incentivare
l’attività economica femminile, eliminare ogni forma di violenza contro le donne
e abbassare l’indice di povertà femminile.
Tale pianificazione aumentò gli indici di sviluppo umano come il tasso di
alfabetismo, la speranza di vita, la sicurezza sanitaria, e la rappresentanza politica
ed economica.
La donna araba, anche se non aveva raggiunto una completa uguaglianza di
genere, ebbe la possibilità di godere dello sviluppo economico che le permise di
entrare, anche se in maniera parziale, nel mondo del lavoro.
La partecipazione della donna araba alla forza lavoro, nell’era della
globalizzazione, rappresenta la più bassa percentuale a livello mondiale.
Le donne arabe che occupano un impiego sono ben istruite e si inseriscono
maggiormente nel settore dei servizi, come insegnanti, infermiere, medici, mentre
nel settore secondario si inseriscono nell’industria leggera come quella tessile,
alimentare e farmaceutica.
Nel mondo del lavoro le diverse condizioni lavorative tra uomo e donna non
permettono a quest’ultima di fare carriera e di raggiungere una posizione
dirigenziale.
Le condizioni sfavorevoli alle donne derivano da limitazioni tradizionali, dall’alto
tasso di fertilità, dalla legislazione sulla maternità, dalla differenza di
4
remunerazione e di ore di lavoro, da un’adeguata formazione e dalla segregazione
occupazionale.
La donna araba non è uguale all’uomo né tanto meno può esserlo se la sua
sottomissione rimane legittimata dal suo volere e dal suo attaccamento ad una
cultura conservatrice.
Lo studio prosegue verso un’analisi più approfondita dell’aspetto lavorativo in
Arabia Saudita e Yemen, e sviluppa una comparazione tra la posizione della
donna saudita e quella yemenita.
L’analisi parte dal coinvolgimento che la tradizione può provocare ai fini di un
inserimento nella vita lavorativa e sociale.
Il confronto tra i due Paesi della penisola araba nasce per sottolineare come, in
Paesi così vicini e con un forte legame alla tradizione e ai veri principi islamici, si
trovi una condizione diversa della donna come lavoratrice.
In Arabia Saudita il wahhabismo mantiene la donna in una posizione marginale, la
sua partecipazione lavorativa è limitata dalla segregazione occupazionale, e dalla
concezione che la donna è un essere inferiore all’uomo e quindi portata solo a
svolgere le faccende di casa e a dedicarsi alla cura dei figli.
La contraddizione nasce dal fatto che l’Arabia Saudita è uno dei Paesi arabi con
un’enorme ricchezza economica e quindi con maggiori possibilità d’impiego per
la donna.
Tali possibilità però sono ostacolate dalla forza della religione che limita la donna
in campo lavorativo e la utilizza come mezzo per difendersi dal processo di
occidentalizzazione generato dalla globalizzazione.
Nello Yemen, al contrario, la donna anche se è estremamente legata alla
tradizione, non è segregata e non le è limitato l’accesso al mondo del lavoro, dato
che quest’ultimo rappresenta il principale sostentamento per vivere.
Le considerazioni sviluppate provano che non c’è alcun legame tra la ricchezza di
un Paese e le possibilità lavorative della donna, e che è più importante considerare
il ruolo che essa occupa nella società e nel rapporto con l’uomo.
5
Capitolo I
Islām, un limite per la donna?
L’islām è oggi seguito da oltre un miliardo di individui abitanti in un territorio
molto esteso dall’Atlantico all’Indonesia e dall’Asia centrale all’Africa
subsahariana; esso non è solo una religione che come tale mette in relazione
l’umano con il Divino, ma è un complesso sistema di valori.
I musulmani si conformano alla parola rilevata da Dio anche per le loro
aspirazioni terrene, per i loro atteggiamenti quotidiani, per le loro attività sociali.
La religione islamica quindi, viene intesa come globale, una cultura sociale che
regola le manifestazioni dell’individuo e disciplina i rapporti dei credenti
nell’ambito della umma (comunità) islamica.
La comunità islamica segue così i precetti religiosi generali, come l’adempimento
della preghiera, il digiuno durante il mese del ramaÿ…n, il pellegrinaggio alla
Mecca, l’elemosina rituale, tutte pratiche legate alla spiritualità, al raccoglimento
e alla vita interiore osservate in maniera identica da entrambi i sessi.
Dal Corano:
“In verità i dati a Dio e le date a Dio, i credenti, i devoti e le devote, i sinceri e le
sincere, i pazienti e le pazienti, gli umili e le umili, i donatori d’elemosine e le
donatrici, i digiunanti e le digiunanti, i casti e le caste, gli oranti spesso e le oranti,
a tutti Iddio ha preparato perdono e mercede immensa.”
(Sura XXXIII,vers35).
1
Il Corano spiega che non esiste differenza di sesso nelle pratiche e nelle azioni dei
fedeli per raggiungere l’obiettivo affidato da Dio all’umanità, né precisa una
limitazione e segregazione della donna.
Al contrario il Corano promulga una dottrina di un’uguaglianza di genere, di
razza, di colore, di nazionalità, di casta o tribù, sottolineando che l’uomo e la
donna sono complementari l’uno dell’altro.
1
Il Corano è citato nella traduzione di A. Bausani, ed. Firenze 1989.
6
Infatti se esiste nel mondo islamico una discriminazione, essa deriva da una sorta
di strumentalizzazione politica del religioso che tradisce lo spirito dell’Islām.
Il processo storico della formazione delle società islamiche ha, a priori, escluso le
donne dalle strutture di potere dell’ Islām istituzionalizzato.
1
Una contraddizione nella presente società musulmana si rileva dal fatto che,
mentre l’ideologia della umma Islamica enfatizza l’uguaglianza di genere in tutte
le sfere della vita, gli uomini creano ostacoli a un’equa partecipazione delle donne
nelle istituzioni tradizionali.
Il carattere discriminatorio o il concetto della misoginia, quindi, non sono di
natura islamica ma potrebbero anche essere derivati da un processo di
acculturazione derivato dalle diverse conquiste islamiche, così sopraffacendo
l’originale visione coranica.
Oppure tale diversità, posto che esista, potrebbe essere un retaggio di un’epoca
pre- islamica, ossia antecedente ad un periodo di rinnovamento, che lascia così
immutato questo aspetto sociale negativo.
Il punto da focalizzare risiede nell’interrelazione dei sessi, analizzando come nella
comunità islamica il rapporto uomo-donna viene inteso e se esiste uno squilibrio
sociale nell’appropriazione dei diritti dovuto ad una diversa o sbagliata
interpretazione coranica.
1
Encyclopedia of Women and Islamic Cultures, Family, Law and Politics, vol.2, Leiden-Boston:
Brill, 2005, p. 311.
7
1.1 Condizione della donna in epoca pre-islamica
Il percorso di analisi storica non può prescindere da un quadro della situazione
storico-sociale antecedente all’avvento dell’Isl…m.
Il periodo pre-islamico (ğāhilīyah), considerato il periodo dell’ignoranza, è
caratterizzato da tribù nomadi. Non a caso il termine arabo ‘arab nell’attuale
accezione significa nomade. Le tribù nomadi, che appartengono etnicamente al
ramo occidentale dei Semiti, insieme con Amorrei, Armeni ed Ebrei, occuparono
la Penisola Araba in un epoca storica fra il I e il II millennio a.C. La loro
identificazione etnica apparve già agli antichi abbastanza generica, tanto che
subito venne fatta una distinzione tra gli Arabi meridionali e quelli centro-
settentrionali, identificati come due gruppi con differenti caratteristiche religiose,
linguistiche e sociali.
Mentre l’Arabia centro-settentrionale si presenta come un territorio desertico,
dove si insedia una civiltà in prevalenza nomade che nel corso dei tempi si è
trasformata in sedentaria, sistemandosi in zone climaticamente più adatte alla
coltivazione, l’Arabia meridionale è caratterizzata da una civiltà sedentaria che si
dedicava principalmente all’agricoltura come potere di sviluppo.
Tra i due gruppi esistevano differenze in campo religioso. Oltre ai diversi culti
professati in epoca pre-islamica come il Giudaismo, e il Cristianesimo, nella parte
settentrionale, con l’influenza Ellenica, si formò una civiltà molto complessa ed
evoluta, che si dedicò all’adorazione di diverse divinità oltre al Dio supremo deus
otiosus.
Nella regione dell’Arabia meridionale il mondo religioso si presentava abbastanza
frazionato da divinità locali che rappresentano ora degli stanziamenti agricoli, ora
dei gruppi nomadi, senza dimenticare l’invocazione del Dio come padrone.
La caratteristica fondamentale della religiosità nel periodo pre-islamico, risiede
nell’adorazione di molte dee, le più conosciute delle quali, e a cui erano stati
dedicati santuari, erano: al-‘Uzza, Manat e al-Lat. Tale adorazione ci fa pensare
che esisteva, prima dell’Islām, un culto religioso dominato da divinità femminili;
l’esistenza quindi, di tali culti presume sin dalle origini un’organizzazione
matriarcale.
8
Nel sistema matriarcale le donne godono una maggiore posizione, soprattutto
coloro che appartengono a casta superiore, non a caso potremo notare tale
situazione anche nel primo periodo dell’Isl…m, il quale è rappresentato da diverse
donne con posizioni sociali alte e con una certa indipendenza, è il caso di Khadīğa
la moglie del profeta, una donna ricca, con un proprio impiego e guadagno.
In epoca pre-islamica, quindi, sembra che la donna avesse una certa indipendenza
e controllo della propria vita, soprattutto nei costumi matrimoniali che la
rappresentano in maniera indipendente e senza la tutela della famiglia e del
marito, il quale, infatti, si dedicava solo a visitarla, dato che la donna viveva
ancora nella sua tribù.
Durante la ğāhilīyah in un sistema matriarcale, sembrerebbe strano ma esisteva la
poliginia, che ha mantenuto il suo stato fino all’avvento dell’Isl…m, tale pratica in
questo contesto, probabilmente, implicava le visite dei mariti alle sue diverse
mogli. Anche alla donna era concesso praticare la poliandria liberamente,
sposando più uomini. Tale relazione era, nel periodo pre-islamico, chiamata
zaw…Þ al-muš…rakah, “matrimonio condiviso”.
1
Un’altra forma di matrimonio poligamico, praticato prima dell’avvento dell’Islām,
consisteva in una relazione extra-matrimoniale concessa alla moglie di un uomo
sterile, affinché rimanesse incinta.
Altre forme di matrimonio praticate dalle donne, nell’era pre-islamica, erano lo
zaw…Þ al-mut‘a, “matrimonio di piacere”, e lo zaw…Þ al-|ib…’, “matrimonio di
sacrificio”.
“Il matrimonio di piacere” era esclusivamente una relazione a livello sessuale, il
quale concedeva ad entrambi la libertà di un piacere sessuale.
“Il matrimonio di sacrificio” consisteva in una relazione nata dal volere della
donna la quale si concede all’uomo dicendo: “ Mi dono a te” , così perdendo tutte
le libertà e sottostando al volere del marito.
Le diverse forme di matrimoni matriarcali manifestavano una forte personalità
femminile, caratterizzata dal diritto di esercitare una propria scelta matrimoniale.
Il matrimonio quindi concedeva libertà anche a livello sessuale e il divorzio
assumeva un carattere semplicistico, infatti sembra che in epoca pre-islamica la
1
El Saadawi, Nawal, The hidden face of Eve. London, 1980, p. 128
9
donna aveva il diritto di abbandonare il proprio marito e subito risposarsi , al
contrario tale atteggiamento risultava diverso in epoca islamica, perché la donna
prima di risposarsi era costretta ad aspettare diversi mesi dopo aver ottenuto il
divorzio.
In contrapposizione al sistema matriarcale esisteva in epoca pre-islamica anche un
sistema patriarcale, caratterizzato dal predominio maschile in tutte le pratiche
sociali.
Tale passaggio sociale deriva da un’evoluzione storica caratterizzata da una
divisione sociale provocata dall’espansione della proprietà privata.
“Questo cambiamento è stato accompagnato da una parallela degradazione nella
posizione delle donne, le quali, all’interno delle classi dominanti, e nello stesso
tempo nel resto della società, hanno subito la dominazione economica, sociale e
religiosa maschile.”
1
La donna perdeva così il suo prestigio religioso e sociale, monopolizzato
dall’uomo per scopi personali.
Nelle pratiche sociali e nei costumi matrimoniali, la tendenza patriarcale si
manifesta attraverso una segregazione femminile, e un’autorità maschile ottenuta
dopo l’ “acquisizione” di sua moglie.
L’uomo così conquista un totale dominio sulla moglie, tale da avere il solo diritto
a divorziare.
La condizione della donna pre-islamica, quindi, presenta varie sfaccettature che in
seguito prenderanno una forma patriarcale ben definita, lontana dal concetto di
libertà presente nel sistema matriarcale in epoca pre-islamica.
L’Isl…m, quindi, adotterà il sistema patriarcale e non quello matriarcale,
muovendosi verso una consapevolezza maschile, legittimata attraverso il Corano
che conferma l’uomo come capo sociale e familiare.
Sembrerebbe una contraddizione per l’Isl…m adottare un sistema sociale di stampo
patriarcale, dato che ha sempre predicato affinché fosse assicurata una sorta di
protezione alla donna, opponendosi ai principi della ğāhilīyah considerati troppo
rigidi e opprimenti alla figura della donna, la quale era controllata severamente in
ogni suo comportamento.
1
El-Saadawi, Nawal, The hidden face of Eve. cit., p. 94
10
La donna era, secondo l’Isl…m, assoggettata dalla presenza maschile sia esso
padre, fratello o marito, e addirittura era venduta in matrimonio.
L’Isl…m considera la donna, in epoca pre-islamica, assente ed estranea ad ogni
forma di decisione e di partecipazione sociale, inoltre, considera che le bambine
erano seppellite vive solo perché di sesso femminile, o perché costrette a vivere
una vita di sacrifici e di costrizioni.
“La ragione per la quale le bambine venivano seppellite è legata a questioni di
natura economica, per alleviare i parenti dal peso che esse rappresentavano, e per
alleviare la tribù dalla vergogna che una ragazza potesse causare dopo essere stata
imprigionata durante una contesa tribale o precipitando nella prostituzione”.
1
L’Isl…m condanna chiaramente l’infanticidio nei versetti coranici:
“…e quando s’annuncia a uno di loro una figlia se ne sta corrucciato nel volto,
rabbioso. E s’apparta dalla sua gente vergognoso della disgrazia annunciata, e
rimugina fra sé se ignominiosamente tenersela, o seppellirla viva nella terra!
Malvagio giudizio il loro!”
(Sura XVI, vers58-59)
2
E ancora:
“…e la sepolta viva sarà interrogata, per qual peccato fu uccisa…”
(Sura LXXXI, vers8-9)
Nella società araba la famiglia è patriarcale e gerarchica, il padre tiene una
posizione di potere ed autorità nei confronti di sua moglie e dei suoi figli, creando
così un sistema polarizzato; da una parte il sesso debole e dipendente, dall’altro il
sesso autoritario e dominante.
Un famoso teologo e giurista Abū ðāmid Ibn Mu|ammad al-Ġazālī nella sua
opera: “Ihya ‘Ul™m ad-d†n” (Vivificazione delle scienze religiose) sottolinea
l’importanza delle donne come individui autonomi nelle scelte sociali ed etiche,
come l’approvazione di un nuovo messaggio divino.
Le pagine scritte da al-Ġazālī, si presume che fossero rivolte ai soli maschi e
suggeriscono: «Considerate le vicende delle donne che hanno lottato nella via di
Dio e poi dite: “Anima mia, non accontentarti di essere da meno di una donna,
1
Al-Munajjed, Mona, Women in Saudi Arabia today. Hound mills: Macmillan, 1997, pp. 11-12.
2
Il Corano è citato nella traduzione di A. Bausani, ed. Firenze, 1989.
11
perché è riprovevole per un maschio essere inferiore ad una femmina in materia di
religione o di questo mondo”».
1
Quindi l’idea di una società misogina percepibile nel Corano, potrebbe essere
coltivata da gruppi sociali che volgevano lo sguardo più verso una visione di
debolezza o di incapacità femminile che verso la consapevolezza di una
prevalente indipendenza femminile nella società.
Invece il teologo egiziano Muhammad ‘Abduh, considera il divario tra uomo e
donna nell’Isl…m una questione biologica, sostenendo: “l’uomo merita questo
comando perché la sua costituzione fisica è più forte, più bella e più completa.
Questa superiorità fisica è collegata ad una forte mente ed a un più profondo
giudizio. Il ruolo delle donne in questo ordine naturale deve farsi carico degli
affari domestici, e queste forme sono l’esatta equivalenza dei loro doveri di
sposa.”
2
Il pensiero di Muhammad ‘Abduh si concilia con l’interpretazione tradizionalista,
la quale sostiene che la diversità biologica fra uomo e donna determina i diversi
ruoli e responsabilità all’interno della società: mentre l’uomo, dotato di forza,
lavora fuori casa, si occupa di affari e politica e in famiglia è il capo assoluto, il
ruolo della donna, dotata invece di sensibilità, si svolge esclusivamente all’interno
della famiglia in qualità di madre e moglie.
3
Secondo l’interpretazione modernista, al contrario, nell’Islām gli uomini e le
donne hanno uguali diritti e doveri e la reclusione femminile, raccomandata nei
versi coranici, si riferiva esclusivamente alle mogli del Profeta. Inoltre già al
tempo di Maometto, le donne non solo avevano contatti sociali con gli uomini, sia
in pubblico che in privato, ma molte si occupavano di affari economici e politici.
4
Diverse e varie sono le concezioni che ideologi e commentatori svilupparono a
riguardo del ruolo sociale e religioso della donna, ma in realtà, la poca conoscenza
e scarsa documentazione della situazione storica e delle forze sociali che
1
Ahmed, Leyla, Women and Gender in Islām: Historical Roots of a Modern Debate. New Haven
– London: Yale University Press,1992, pp.67-68.
2
Ghada, Karmi, Women, Islām and Patriarchalism. p. 80 in Yamani, Mai (ed.), Feminism and
Islām : legal and literary perspectives. London: University of London, 1996.
3
www.sociopoliticavelletri.it Kouider, Samia, La donna nella religione musulmana. in “Le figlie
di Abramo - Donne sessualità e religione” Sozzi M.A. (a cura di), 1998.
4
Ibid.
12
caratterizzavano la società del VII secolo, in piena transizione non legittimano e
convalidano le diverse posizioni.
I sottili movimenti sociali e il decorrere del tempo provocano impercettibili
movimenti di trasformazione di cui la società si veste, adattandoli a quelli che
sono i precetti coranici.
L’evoluzione di una società è un argomento alquanto difficile da affrontare, ma è
chiaro che qualsiasi cambiamento sociale presuppone un lento procedimento e lo
scontro di elementi culturali derivato, porterà all’assimilazione o all’espulsione di
uno di questi.
In epoca islamica, quindi, l’introduzione del sistema patriarcale ha mantenuto il
suo proprio status essendo, probabilmente, un elemento culturalmente forte.