momento in cui l’intenzionalità di una rivisitazione della “propria visione del
mondo” si manifesta apertamente.
Il processo di emigrazione comporta necessariamente un periodo di disagio
psicologico poiché ogni emigrante ha una potenzialità (limitata) di cambiamento
e di compromesso tra la cultura originale e quella del paese d’arrivo. Così intere
parti della personalità dell’emigrata cozzano e si frantumano contro i nuovi
acquisti culturali e ciò non avviene in maniera indolore e provoca una crisi di
sentimento di identità.
Le caratteristiche proprie dell’identità “di genere” femminile, la condizione
subalterna della donna, la frequente motivazione del ricongiungimento familiare
come fattore di emigrazione, il condizionamento e la supposta inaliebilità della
cultura di origine, sono le principali precondizioni per cui il “periodo della
solitudine” diviene un vero e proprio tratto di percorrenza dell’esistenza della
donna migrante.
Proseguendo, considero il vissuto del corpo delle donne immigrate che appare
fortemente allacciato da una parte alla cultura di appartenenza, per le
rappresentazioni di genere della procreazione.
L’emigrazione comporta necessariamente per chi emigra uno spostamento che
provoca cambiamenti nello spazio linguistico e nelle coordinate spazio-temporali
e una trasformazione nella rappresentazione del corpo. E corpo, non solo nel
senso in cui lo intendono le scienze umane, ma ai vissuti del corpo.
Infine ho considerato l’integrazione della famiglia immigrata attraverso i figli, il
ruolo della scuola come laboratorio d’interculturalità, fino alla necessità di
educare, formare le menti ad una pedagogia interculturale, che promuova
l’incontro, il dialogo e la valorizzazione dell’altro.
Intercultura significa creare uno spazio per conoscersi. Uno spazio mentale,
culturale e sociale. Mentale, di disposizione a incontrarsi, ascoltasi, intendersi.
Culturale, di categorie atte ad operare tale riconoscimento, incontro, intesa.
Sociale, fatto di luoghi, di occasioni in cui le culture si confrontano alla pari e
secondo l’ottica dell’incontro.
4
DONNA MIGRANTE: MIGRAZIONI AL
FEMMINILE
Tappe dell’immigrazione femminile in Italia
“Di colpo tutto mi parve strano e complicato, al di là della mia portata. Capivo che stavo
oltrepassando una frontiera, varcando una soglia, ma non riuscivo a immaginare che tipo di
spazio fosse quello in cui mi accingevo ad entrare.
Di colpo mi sentii triste e vuota senza ragione”.
1
Oggi si parla di “femminilizzazione” dei flussi migratori per indicare sia la
portata numerica sia la specificità delle donne all’interno dei processi migratori su
scala planetaria. Negli ultimi anni infatti le donne hanno raggiunto la metà circa
della popolazione emigrata a livello mondiale.
2
A livello nazionale rappresentano
attualmente il 45,8 % del totale degli stranieri.
3
Grazie al fenomeno migratorio la nostra società si è avviata rapidamente a un
confronto tra culture in cui le difformità sono di gran lunga superiori alle affinità.
Si tratta, innanzitutto, di un confronto tra generazioni. I popoli dei Paesi poveri,
sono sostanzialmente giovani, hanno un saldo attivo della popolazione in
continuo aumento. Sono perciò portatori di attese e aspirazioni rivolte al futuro,
seppure in essi siano ancora radicati i valori della tradizione rappresentati dalla
famiglia, dagli anziani, dalla religiosità. I popoli occidentali sono invece portatori
di una cultura sempre più sradicata, senza passato, consumistica e caratterizzata
dalla rimozione della vecchiaia, della malattia e della morte.
Insieme a quello tra generazioni si realizza un confronto tra ricchezza e povertà
reso visibile da quei fatti (ad esempio, gli episodi di razzismo), che
quotidianamente sono riconoscibili per il colore della pelle dei protagonisti.
1
Cfr. R. Randhwa, Una vecchia signora, Giunti, Firenze, 1996, p. 46.
2
Cfr. G. Campani. Genere, etnia e classe. Migrazioni al femminile tra esclusione e identità, ETS,
Pisa, 2000.
3
Cfr. CARITAS DI ROMA, Immigrazione. Dossier Statistico 2001, Anterem, Roma, 2001.
5
Ancora, grazie all’immigrazione, che è un fenomeno di prevalenza islamica si
sviluppa un incontro tra le genti cristiane e le genti mussulmane: un raffronto con
la differenza religiosa.
Un ulteriore elemento di confronto tra diversità, e nel quale mi soffermerò
maggiormente, è legato alla condizione della donna immigrata.
Quella sessuale è, infatti, la diversità interna e originaria, quasi strutturale, del
genere umano. Le culture si differenziano tra loro anche in base al modo in cui
hanno saputo rielaborare il problema del rapporto uomo e donna. Da questo punto
di vista l’immigrazione non può essere considerata sotto l’esclusivo profilo di
contatto tra italiani e stranieri, considerati come un unico interlocutore, ma come
un incontro tra diversi gruppi umani, tra diverse concezioni della vita, della fede,
della storia, dell’essere uomo o donna.
Il problema della diversità dei sessi diventa paradigma di tutte le diversità che si
incontrano oggi nella società.
C’è un elemento che accomuna l’esperienza femminile dell’immigrazione, ed è
l’estrema fragilità del proprio status.
4
Per la donna migrare significa compiere un salto più difficile che per l’uomo,
perché comporta l’allontanamento da quella rete di relazioni con la comunità
d’origine, che se da un lato costituisce una forma di dipendenza, dall’altra è una
garanzia di difesa e di sicurezza per sé e per i figli. L’avventura intrapresa in una
società come la nostra, dura, competitiva, individualistica, rende ancora più
emarginante e servile, talvolta, la loro condizione.
La situazione delle donne immigrate è estremamente variegata sia per quanto
riguarda i paesi d’origine che la durata del soggiorno, la posizione giuridica, i
livelli d’istruzione e le appartenenze culturali e religiose.
Per comprendere meglio la natura dell’immigrazione femminile in Italia è utile
ripercorrere le tappe di questo fenomeno.
Diverse fasi migratorie si sono succedute in Italia dal 1945 ad oggi: la prima, è
stata caratterizzata dal modello della migrazione temporanea; ad essa ha fatto
4
Con il termine “status” intendo la posizione di un individuo, cioè un sistema di relazioni a cui
sono connessi determinati diritti e doveri che hanno una loro oggettivazione nel complesso. In tutte
le società lo status è correlato a simboli che lo connotano.
Cfr. U. Galimberti, Dizionario di Psicologia, Garzanti, Torino, 2001.
6
seguito la chiusura delle frontiere e la stabilizzazione delle popolazioni immigrate
già presenti sul territorio europeo; la fase attuale è caratterizzata dall’aumento dei
rifugiati e delle migrazioni clandestine nella globalizzazione dei flussi.
5
Nel periodo compreso tra gli anni cinquanta e gli anni settanta è prevalso il
modello migratorio caratterizzato dal reclutamento di manodopera (migrazione
temporanea) essenzialmente maschile, manodopera destinata ad essere assorbita
dalla grande industria e dall’edilizia. Gli immigrati giungevano in un periodo in
cui l’Europa industrializzata aveva carenza di manodopera e veniva data
preferenza agli uomini perché tradizionalmente erano loro a essere occupati
nell’industria, in parte a causa della pesantezza del lavoro offerto.
E’ in questo periodo che molte immigrate vengono in Italia per raggiungere il
coniuge; in questo modello, alle donne era riservato lo statuto di “compagne del
migrante”, semplicemente non venivano considerate come soggetti attivi nel
processo migratorio, né ci si attendeva che avessero un ruolo economicamente
attivo. E’ attraverso il ricongiungimento familiare che, dagli anni cinquanta agli
anni settanta, sono entrate la maggior parte delle donne nei paesi dell’Europa e
che ha rappresentato fino agli anni novanta l’unica forma di immigrazione legale
in Italia.
La diffusione dei ricongiungimenti familiari trasforma le caratteristiche della
popolazione straniera nel nostro Paese, sia dal punto di vista demografico che su
quello sociale, economico, culturale e formativo. Ne deriva una maggiore
presenza di donne e bambini e la nascita di comunità con richiesta di mantenere
tradizioni e culture.
E’ con il ricongiungimento familiare dunque, che si precisa la presenza di
componenti femminili nell’immigrazione. All’interno del ciclo migratorio è
questa la fase più consistente, quando gli uomini mandano a casa i soldi per il
viaggio di ricongiungimento di tutta la famiglia: è allora che la donna si muove.
La situazione delle donne che arrivano in un secondo tempo, alcuni anni dopo il
marito, per un progetto familiare in qualche modo subito o non agito in prima
persona, sembra all’apparenza riservare maggiori vantaggi o perlomeno
comportare minori traumi, rispetto all’impatto vissuto da coloro che arrivano da
5
Cfr. D. Demetrio- G. Favaro- U. Melotti- L. Ziglio [a cura di], Lontano da dove. La nuova
immigrazione e le sue culture, FrancoAngeli, Milano, 1990.
7
sole, per motivi di lavoro. Le mogli degli immigrati infatti, trovano ad accoglierle
nel nuovo paese un “involucro” protettivo, rappresentato dalla mediazione del
marito nei confronti dell’esterno, uno spazio di intimità nel quale ricostruire la
dimora d’origine. Ma questo elemento, che facilita l’accoglienza e attuisce lo
sradicamento iniziale, può rivelarsi più avanti nel tempo, elemento di
vulnerabilità. La non conoscenza della lingua italiana, erige muri e barriere
comunicative che impediscono l’espressione di bisogni, curiosità, desideri; i
servizi del territorio restano inaccessibili o oscuri nel loro funzionamento.
Si vive aspettando i momenti delle visite nel paese d’origine o le telefonate ai
parenti. La condizione di protezione può quindi trasformarsi in isolamento e
solitudine.
In merito al ricongiungimento familiare nascono però, dei problemi:
6
le donne
che usufruiscono del diritto al ricongiungimento (stabilito dagli articoli 8 e 14
della Convenzione Europea sui diritti umani), ottengono solo diritti derivati, e
pertanto diventano dipendenti dallo status del maschio capofamiglia e produttore
di reddito. Ciò crea una forma di discriminazione indiretta, e diviene un ostacolo
alla possibilità per le donne di decidere della propria vita e trovare una propria
collocazione nella società di accoglienza. Non solo, il ricongiungimento risulta un
diritto spesso precario, circondato da una fitta rete di regole, lunghi periodi
d’attesa, e subordinato a condizioni relative alla disponibilità di un alloggio
adeguato, alla durata del matrimonio, e per quanto tempo ha lavorato la persona
che è immigrata per prima. In situazioni così, riunire la famiglia e riprendere una
vita familiare normale nel paese di residenza del coniuge è spesso un processo
lungo e complesso, che impone alle famiglie un forte stress psicologico.
Un altro ostacolo riguarda il diritto ad avere un permesso di soggiorno e di lavoro
autonomamente dal marito, per ottenere accesso al mercato del lavoro ed un
lavoro regolare, la mancanza di questi diritti negano alle donne la possibilità di
mantenere se stesse e i propri figli. Anche quando il soggiorno viene
regolarizzato, le donne spesso sono costrette ad accettare qualsiasi tipo di lavoro
risulti disponibile, anche sottopagato e nel sommerso.
6
Fonte Internet http://www.dirittiumani.donne.aidos.
8
Il progressivo aumento della componente femminile nei processi migratori, ha
fatto emergere una diversa modalità interpretativa del fenomeno che si può
sintetizzare nei seguenti punti nodali:
ξ Il riconoscimento del ruolo economico centrale che le donne assolvono, sono
infatti impiegate nei lavori di cura ormai tralasciati dalle autoctone,
diventando anche i soggetti trainanti della sopravvivenza familiare in base ai
soldi che riescono a inviare alla propria famiglia.
ξ Il significativo superamento (anche se lento e ancora agli inizi), di una
rappresentazione della donna immigrata come “marginale”, sostituita con
l’idea di una donna attiva e portatrice di capacità.
ξ L’evidenziazione dell’azione delle donne immigrate nel riadattamento delle
culture d’origine, nella vita associativa, nell’inserimento professionale.
ξ La messa in rilievo di un quadro dell’immigrazione femminile variegato per
tipologie culturali, paesi di provenienza e le progettualità di spinta di
partenza.
ξ L’impossibilità di considerare le donne migranti come un gruppo omogeneo;
tuttavia va anche detto come esse condividano, una serie di problemi specifici
(come ad esempio le problematiche legate alla maternità, al mancato
riconoscimento del titolo di studio conseguito nel paese d’origine e il mancato
uso dei diritti inerenti la cittadinanza).
Verso la metà degli anni settanta, è iniziata una nuova fase, caratterizzata da
politiche restrittive e parallelamente alla chiusura delle frontiere, si è consolidato
il processo di stabilizzazione delle popolazioni immigrate già presenti. Le
politiche migratorie in questa fase inaugurano il binomio chiusura (per i nuovi
potenziali immigrati) /integrazione (per chi è già residente), tale binomio viene
considerato un punto fermo: non è possibile integrare senza un forte controllo
delle frontiere.
7
L’equilibrio stabilizzazione/integrazione/chiusura nei confronti dei nuovi arrivi, si
è rivelato assolutamente inadeguato difronte al nuovo panorama migratorio.
7
Cfr. G. Campani, Genere, etnia e classe. Migrazioni al femminile tra esclusione e identità, ETS,
Pisa, 2000.
9
Negli anni ottanta infatti, le migrazioni internazionali hanno assunto nuove
caratteristiche, difronte alle quali le politiche di chiusura hanno rivelato una
estrema fragilità. Nell’epoca della globalizzazione, la migrazione è divenuta essa
stessa un fenomeno globale che interessa il mondo intero. Le trasformazioni
economiche, sociali, politiche e culturali connesse alla moltiplicazione delle
comunicazioni e dell’informazione, prodottesi tanto nei paesi di partenza quanto
in quelli di destinazione, s’inseriscono nel processo di globalizzazione
dell’economia, che fa del mercato l’unica forza regolatrice e tende a rompere
qualsiasi barriera. L’era globale ha rappresentato la fine della crescita nazionale
per molti paesi cosiddetti in via di sviluppo: le popolazioni non credono più
nell’avvenire dei propri paesi e considerano l’emigrazione in un paese ricco una
prospettiva molto più interessante per il loro avvenire personale.
In questa fase mutano le dinamiche stesse del reclutamento degli immigrati e
delle immigrate, nonché il tipo di inserimento professionale possibile e la
composizione dei flussi.
Mentre nella fase della migrazione temporanea, i flussi rispondevano
principalmente a politiche ufficiali di reclutamento, dei governi o delle imprese,
nella fase attuale gli immigrati sono necessari solo per alcune nicchie di mercato
e per spazi occupazionali limitati, l’immigrazione non arriva nei mercati del
lavoro dove, come negli anni precedenti, vi era la piena occupazione, ma dove
anzi la disoccupazione è alta. Ne è una prova la disponibilità di posti di lavoro
come domestiche, causata dall’abbandono di certi lavori di cura, nei confronti dei
bambini e degli anziani, da parte delle donne autoctone, che preferiscono svolgere
un’attività extra-domestica e dalla crescente ricchezza dei paesi ricchi, che
permette alla famiglie di pagare una domestica, che non sarà autoctona per il
basso status, la bassa paga e le precarie condizioni di lavoro.
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Le immigrate sono chiamate a svolgere il lavoro domestico, lavoro eseguito fino ad allora da
italiane appartenenti ai ceti più bassi che in seguito alla crescente industrializzazione hanno
preferito il lavoro in fabbrica.
Cfr. G. Alteri, i colori del lavoro, in G. Vicarelli [a cura di], Le mani invisibili. La vita e il lavoro
delle donne immigrate, Ediesse, Roma, 1994.
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In definitiva, il panorama della migrazione in Italia ci indica una popolazione
giovane e in età riproduttiva, una sostenuta presenza femminile, una buona
presenza di nuovi nati e minori figli di immigrati, che ci fa pensare ad una
popolazione immigrata stabile e/o tendente alla stabilità.
Questo è un fattore importante che deve farci prendere seriamente in
considerazione la presenza di queste persone in tutti gli ambiti della vita sociale
(lavoro, scuola, salute, diritti, cittadinanza), le loro esigenze e le loro richieste
nonché i cambiamenti che l’incontro tra popolazioni, culture, abitudini diverse
apportano sia per le comunità migranti che per quelle ospitanti.
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