5
Attualmente, nel Parlamento italiano su 945 tra deputati e
senatori, le donne sono solo 96, cioè pari al 10%, un dato che
pone l’Italia all’ultimo posto in Europa in quanto a presenza
femminile nei Parlamenti nazionali e che denuncia l’esistenza di
una grave patologia del sistema democratico.
Quali sono le ragioni di una così scarsa presenza femminile nelle
istituzioni e quali le possibilità di cambiamento?
Attraverso, innanzitutto, il materiale bibliografico si cercherà di
analizzare, in maniera più o meno esaustiva, questo fenomeno in
tutta la sua complessità.
Oltre a ciò, si è voluto dare un contributo alla sua comprensione
attraverso un’indagine che ha esplorato il rapporto donne-
politica-istituzioni a livello locale, in contesto socio-culturale e
politico definito, il Comune di Nocera Inferiore.
La tesi è divisa in quattro capitoli.
Nel primo capitolo si cercherà di offrire un quadro del dibattito
scientifico e filosofico sorto intorno al problema delle differenze
che esistono tra uomini e donne, che sono all’origine del sistema
di disuguaglianze, in virtù del quale alle donne è stato assegnato
uno status inferiore.
6
Si tratta di differenze biologiche o sociali? Attraverso l’analisi
delle teorie su questo tema, non solo di alcuni degli studiosi più
noti delle scienze sociali, ma anche delle studiose femministe, si
cercherà di capire quanto ci sia di naturale e quanto di
socialmente costruito alla base delle disuguaglianze di fatto
esistenti tra i sessi.
Nel secondo capitolo, si racconterà, invece, il difficile percorso
delle donne italiane verso il raggiungimento di una piena
cittadinanza politica, economica e sociale, dall’unificazione del
paese fino ai nostri giorni. Come si vedrà l’esclusione delle
donne dalla cittadinanza rappresenta una delle principali costanti
nella storia del pensiero politico, legittimata in nome della
differenza della donna dal cittadino ideale, cioè l’uomo,
differenza legata alla sua corporeità e alla sua potenzialità
riproduttiva, che ne determina il modo d’essere e che la confina
nella dimensione privata dell’esistenza familiare.
Nel terzo capitolo si tenterà l’analisi del fenomeno della scarsa
presenza delle donne nelle istituzioni, attraverso la lettura delle
diverse ricerche che hanno provato ad analizzarlo, individuando
7
una molteplicità di fattori (istituzionali, culturali, sociali, politici)
capaci di influenzare la partecipazione politica femminile.
Infine, nell’ultimo capitolo, il quarto, si esporranno i risultati
dell’indagine condotta a Nocera Inferiore, che ha avuto lo scopo
di esplorare il rapporto donne-politica-istituzioni a livello locale,
ciò, innanzitutto, verificando il tasso di femminilizzazione delle
istituzioni elettive del Comune, nell’arco degli ultimi dieci anni,
quindi interrogando le stesse donne, che sono state impegnate
nelle competizioni politiche, affinché loro stesse riportassero
un’immagine dei loro rapporti con la politica.
8Capitolo primo
Differenze e disuguaglianze
1.1Introduzione
Le diverse società distinguono i propri membri gli uni dagli altri
adottando diversi criteri, in virtù dei quali trattano in modo
differenziato coloro che hanno certe caratteristiche da coloro che
non le hanno. Il risultato di tutte queste differenziazioni è
la “disuguaglianza sociale”.
‹‹La disuguaglianza sociale è un fenomeno universale in virtù
del quale l’accesso alle ricompense sociali, risulta determinato
dalle caratteristiche di un individuo o di un gruppo››
1
. Tra i vari
criteri, soltanto due sono utilizzati in tutte le società: il sesso e
l’età. La differenziazione operata in base a queste due
caratteristiche è universale perché esse rappresentano degli
attributi ascritti inscindibilmente connessi alla condizione umana.
1
I. Robertson, Sociologia, Zanichelli, Bologna, 1994, p. 331.
9
Tra queste due forme di differenziazione e i relativi sistemi
di disuguaglianze che ne derivano, ci occuperemo solo di quelle
operate sulla base del sesso.
‹‹Le differenze che esistono tra i sessi in natura si sono prestate,
nel corso della storia, alla costruzione di un sistema
di disuguaglianze che vede assegnato alla donna uno status
inferiore, in virtù del quale la divisione del lavoro, i compiti
quotidiani, l’accesso alla sfera intellettuale e simbolica,
la distribuzione del potere, si sono organizzati nel tempo lungo
una profonda asimmetria, a discrimine e a svantaggio delle
donne››
2
. Questa inferiorità è stata considerata un fatto di natura
autoevidente, sostenuto dalle convinzioni e tramandato da una
generazione all’altra come parte della cultura. Secondo Gallino,
‹‹storicamente e ideologicamente, la donna è stata associata alla
passività, all’emozionalità, alla sottomissione, mancandole
“strutturalmente” virtù ritenute prettamente maschili, quali la
razionalità e la capacità di astrazione››
3
.
2
S. Piccone Stella e C. Saraceno, Introduzione. La storia di un concetto e di un dibattito, in
S. Piccone Stella e C. Saraceno (a cura di), Genere. La costruzione sociale del femminile e
del maschile, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 11.
3
L. Gallino, Dizionario di sociologia, Torino, 1993.
10
Ma quali sono le caratteristiche che differenziano gli uomini
dalle donne, sulle quali è stato instaurato questo sistema
di disuguaglianze? Che cosa distingue gli uomini dalle donne?
Si tratta di differenze biologiche o sociali?
E’ questo, un tema molto complesso. Molteplici sono le
riflessioni teoriche filosofiche e sociologiche, anche in netto
contrasto tra loro, elaborate nel corso della storia, che hanno
aperto un acceso dibattito, non ancora esaurito. A causa di tale
complessità, in questo lavoro, non sarà possibile fornirne una
rassegna esaustiva, ma solo offrire alcune coordinate per
l’interpretazione del dibattito scientifico sorto.
11
1.2 Sesso e genere
Le differenze tra donne e uomini possono essere ricondotte a due
dimensioni: quella che ha a che fare con il sesso e quella che ha a
che fare con il genere. Con il termine sesso ci si riferisce alle
‹‹differenze biologiche e fisiche tra femmine e maschi:
differenza sessuale››
4
; con genere, invece, alle ‹‹differenze
socialmente costruite fra i due sessi e ai rapporti che si istaurano
tra essi in termini di comportamenti distintivi e ‘appropriati’:
differenza di genere››
5
. Il concetto di genere, ponendo in modo
radicale la questione della costruzione sociale della appartenenza
di sesso, contiene, da un lato, la critica al determinismo
biologico, ‹‹perché indica che non basta l’appartenenza sessuale
in quanto tale per definire l’essere donna o l’essere uomo:
femminilità e mascolinità non sono rigidamente determinate dalla
dimensione fisica e biologica, ma sono molto importanti la
cultura e l’educazione››
6
; il concetto, d’altra parte, si differenzia
da quello di condizione femminile, sia perché si tratta di un
4
E. Ruspini, Introduzione. Tra sesso e genere, in E. Ruspini, Le identità di genere,
Carocci, Roma, 2003, p.7.
5
Idem.
6
Idem, p. 8.
12
termine binario, che segnala una duplice presenza (le donne e gli
uomini costituiscono il genere); sia perché è un termine che
implica reciprocità, in quanto sposta il centro dell’attenzione
dalla “donna” e dalla sua esperienza di subordinazione, al
“rapporto” tra i due sessi, un rapporto dialettico, di scambio
continuo e in costante evoluzione, nel corso del quale si creano la
condizione femminile e la condizione maschile. Inoltre, il
concetto è anche storico e dinamico e le differenze che il genere
abbraccia corrispondono ad un fenomeno dai confini mobili, in
mutamento continuo e costante. ‹‹L’essere donna e l’essere uomo
sono il prodotto di un processo storico che ha attraversato le
diverse culture e società, all’interno delle quali sono stati
diversamente definiti il maschile e il femminile,
creando specifiche identità collettive e individuali; le
differenze biologiche tra i sessi sono state incanalate verso
differenze di genere culturalmente variabili, che sono andate
incontro a numerose variazioni e altrettante ne subiranno
in futuro››
7
.
7
Idem, p.10
13
1.3 Una nuova prospettiva
La formulazione del concetto di genere deriva la sua origine
dalla constatazione dello squilibrio esistente nella realtà sessuata.
‹‹Il pensiero femminista, riflettendo sulla subordinazione
femminile e sulla produzione, riproduzione e
istituzionalizzazione del dominio maschile, contesta la presunta
“inferiorità” del genere femminile, inferiorità che nel corso della
storia è stata data come insita nell’ordine naturale delle cose, e
individua il seme della discriminazione, nella trasformazione
della differenza biologica in differenze di ruoli e in differenze
sociali››
8
.
E’ Simone de Beauvoir ad aprire la strada a questa intuizione:
nel 1949 esce Le deuxième sexe, che pone le basi per l’apertura
di una nuova fase del discorso femminista occidentale.
La de Beauvoir sostiene la necessità del superamento di una
visione gerarchica che vede l’alterità femminile come inferiore e,
nella quale, il maschile è assunto come “norma” e il femminile
8
S. Piccone Stella e C. Saraceno, Introduzione. La storia di un concetto e di un dibattito, in
S. Piccone Stella e C. Saraceno (a cura di), Genere. La costruzione sociale del femminile e
del maschile, op. cit., p. 11
14
come “altro”, come il “secondo sesso”; in più, apre la strada a
quella che sarà definita “prospettiva del genere”, riflettendo
sull’influenza sociale nella costruzione di mascolinità e
femminilità.
E’ il femminismo della cosiddetta “seconda ondata”, poi, cioè
quello della fine degli anni settanta, che in una fase di
sistemazione e di approfondimento delle prime intuizioni, ritiene
indispensabile la messa a punto di un nuovo paradigma; ‹‹la
scelta di sussumere i due sessi e i loro rapporti
nell’espressione “genere” risponde ad un’esigenza intellettuale
ben precisa: attribuire il massimo peso a quanto vi è di
socialmente costruito nella disuguaglianza sessuale rispetto a
quanto vi è di non biologicamente dato››
9
. In quel periodo erano,
infatti, dominanti, le ipotesi biologiche sulla differenza tra
uomini e donne, sintetizzate appunto nel termine sesso, che era
quello più usato per indicare questa distinzione. Le femministe
della seconda ondata capirono che, sostenere che ciò che
differenzia la donna dall’uomo dipende dalla biologia, quindi dal
sesso, significava sostenere l’immodificabilità di tali differenze e
9
Idem
15
l’impossibilità del cambiamento; per togliere valore a questo
concetto, ricorsero all’idea della costruzione sociale delle
differenze tra i due sessi, cioè al concetto di genere.
Ad introdurre ufficialmente nel discorso scientifico il termine
genere è la studiosa Gayle Rubin, che nel suo saggio
The Traffic in Women, del 1975, utilizza l’espressione
sex-gender system, che definisce ‹‹l’insieme delle disposizioni
sulla base delle quali una società trasforma la sessualità biologica
in prodotti dell’attività umana e nelle quali questi bisogni sessuali
trasformati trovano soddisfazione››
10
. Il termine si è poi
gradualmente inserito negli studi accademici del femminismo
prima americano e poi europeo, ma anche delle scienze sociali,
andando a sostituire il concetto di sesso. In realtà, inizialmente, il
termine ha assunto il significato opposto di sesso, veniva cioè
usato per indicare una costruzione sociale in contrasto con un
dato biologico, quindi in riferimento ai tratti della personalità ed
al comportamento come diversi, rispetto al corpo.
10
L. Nicholson, Per una interpretazione di genere, in S. Piccone Stella e C. Saraceno,
Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, op. cit., p.43
16
Successivamente è stato usato per indicare qualsiasi costruzione
sociale relativa alla distinzione maschio/femmina, comprese
quelle che separano il corpo, perché fu chiaro che la società non
solo forma la personalità ed il comportamento, ma
influenza anche il modo di vedere il corpo. In questo secondo
senso i due termini non sono in opposizione, il sesso non è
separato dal corpo, ma è qualcosa che fa parte del genere.
17
1.4 Genere e teorie femministe
La relazione tra sesso e genere e la capacità del secondo di
includere in sé il primo, ha lasciato, però, alcuni interrogativi
sospesi sul sostrato biologico delle differenze tra uomini e
donne (e sulla definizione del soggetto donna). La
riflessione sulla differenza sessuale, è stato un tema
centrale per molti anni nel dibattito femminista, differenza che
è stata declinata lungo direttrici anche radicalmente diverse; tra
quelle più significative, ne ricordiamo quattro:
l’essenzialismo o culturalismo, il decostruzionismo,
il pensiero della differenza sessuale, la teoria delle differenze
locali e situate.
L’essenzialismo o culturalismo si basa su premesse e principi
determinati dalla biologia; nel riferimento al genere, si dà molta
importanza all’anatomia dei due sessi e alla loro insormontabile
differenza: ‹‹i due generi sono sì socialmente costruiti ma a
partire da un corredo biologico che ne diversifica le qualità del
18
carattere››
11
. In particolare, la prospettiva essenzialista, spinge a
riflettere su due aspetti: sulla base biologica dei corpi, che
costituisce l’essenza del soggetto e sulla funzione materna,
non nel corpo materno, quindi, ma nell’attribuzione, alle donne,
della responsabilità delle prime cure ai bambini. Tra le
sostenitrici di questa posizione, la più famosa è sicuramente
Nancy Chodorow, che ha avuto molta influenza nel dibattito tra
le sociologhe e le psicologhe. Nel suo famoso saggio
The Reproduction of Mothering, sulla base di un analisi di tipo
più clinico che sociologico, sostiene che la
differenziazione tra maschi e femmine si evolve nei primi
momenti relazionali del rapporto madre-figlia/o: il primo
rapporto significativo delle bambine avviene con una persona
dello stesso sesso, quello dei bambini con una di sesso diverso. E
così, mentre i maschi, per realizzare pienamente la propria
identità, devono operare una doppia separazione dal corpo della
madre (come individui e come genere), fino alla
rimozione stessa di quel primo legame, le femmine, invece,
11
S. Piccone Stella e C. Saraceno, Introduzione. La storia di un concetto e di un dibattito,
in S. Piccone Stella e C. Saraceno (a cura di), Genere. La costruzione sociale del femminile
e del maschile, op. cit., p. 16