Introduzione
La spinta ad approfondire e ad esaminare la partecipazione delle donne palestinesi nel
movimento di liberazione nazionale, deriva dall'unione di due tematiche a cui sono, da tempo,
profondamente interessata. Da una parte vi è l'impulso a tenere sempre viva l'attenzione per
una terra di cui troppo spesso ci dimentichiamo e dall'altra vi è la voglia di analizzare le
attività delle donne in contesti diversi ed in paesi diversi dal nostro. Da questo duplice
interesse è nato il progetto di unire i due interessi per potermi concentrare sui ruoli che hanno
svolto le donne in Palestina dall'inizio del '900 fino alla prima Intifada. Il motivo per cui ho
scelto di focalizzarmi su questo lasso temporale è dettato dal fatto che ad inizio '900 si
verificano le prime azioni a cui le donne prendono parte. Queste si configurano come reazione
a quanto avveniva nel territorio sul piano politico; in poche parole le prime iniziative delle
donne palestinesi nascono in risposta all'immigrazione ebraica, in continua crescita, e alle
politiche generate dal mandato britannico. La scelta invece di far terminare il mio studio in
concomitanza con la prima Intifada è determinata dal fatto che, almeno durante i primi anni in
cui questa ha luogo, sono davvero molte le donne a prendervi parte in qualsiasi forma. Il
motivo per cui non mi sono voluta spingere fino alla seconda Intifada invece è un altro: nella
seconda Intifada le donne sono perlopiù assenti dalla sfera pubblica.
L'obiettivo di questa tesi è quello di rendere manifesto come le donne in Palestina,
nonostante tutte le difficoltà e tutti gli ostacoli che si sono trovate ad affrontare nella sfera
economica, politica e sociale, sono riuscite in molte occasioni a mettere da parte qualsiasi
sentimento ricollegabile all'autocommiserazione per impegnarsi, invece, attivamente nella
lotta nazionale. Sicuramente il contesto palestinese è già di per sé molto difficile ed instabile
per qualsiasi essere umano; a questo occorre aggiungere il fatto che le donne agiscono
all'interno di una società patriarcale e maschilista. Questo determinato fattore si è infatti più
volte rivelato un ostacolo non solo nella vita privata di molte donne, ma anche nella loro
partecipazione alla sfera pubblica e politica. Le donne palestinesi quindi, pur essendo molto
diverse
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tra loro, sono accomunate dall'esigenza di liberarsi da una duplice oppressione al fine
di ottenere la liberazione di genere e la liberazione della Palestina dall'occupazione militare
israeliana. Le attiviste appartenenti alla sinistra radicale, inoltre, aggiungono un altro fattore:
1 Le donne palestinesi sono molto diverse tra loro perché appartengono a differenti classi sociali, godono di
diversi gradi d'istruzione, alcune provengono dalle città, altre dai villaggi ed altre ancora dai campi di
profughi.
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le donne sono oppresse anche in quanto lavoratrici salariate che si trovano ad essere
discriminate dal sistema economico.
La tesi si sviluppa in quattro capitoli, oltre all'introduzione ed alle conclusioni. Nel
primo capitolo ho deciso di contestualizzare storicamente la nascita del movimento femminile
in relazione alla lotta di liberazione nazionale, andando ad analizzare le tre fasi che lo
caratterizzano, ognuna determinata da precise circostanze storiche: dal 1920 al 1948, fase che
si conclude con la prima guerra arabo-israeliana e la nascita dello Stato di Israele, dal 1949 al
1967, anno che vede l'inizio dell'occupazione militare israeliana della Cisgiordania e di Gaza,
e dal 1967 fino alla prima Intifada nel 1987.
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Infine nell'ultima parte del capitolo ho analizzato
la nascita dei comitati popolari femminili tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80, i
quali si differenziano sostanzialmente dalle associazioni caritatevoli degli anni precedenti.
Quest'ultime infatti, portando avanti attività che si limitano all'assistenzialismo, non mettono a
disposizione delle donne quegli strumenti a loro necessari ai fini dell'emancipazione
femminile. Non fornendo tali strumenti le donne, per qualsiasi bisogno, sono costrette a fare
riferimento a queste associazioni, senza perciò essere in grado di sviluppare meccanismi volti
ad affrontare da sole le più svariate circostanze. I comitati popolari femminili che vengono
istituiti a partire dalla fine degli anni Settanta sono quattro, ognuno dei quali si avvicina alle
posizioni dei quattro partiti più importanti all'interno dell'Organizzazione per la Liberazione
della Palestina: la Palestinian Federation of Women's Action Committees (FPWAC), la Union
of Palestinian Working Women's Committees (UPWWC), la Union of Palestinian Women's
Committees (UPWC), ed il Women's Committee for Social Work.
Nel secondo capitolo ho esaminato l'eterogeneità che caratterizza lo stesso movimento
femminile ed i fattori che determinano, in maniera positiva o negativa, la partecipazione delle
donne alla vita pubblica e politica palestinese. I fattori che sono stati approfonditi in questo
capitolo sono: la famiglia, la religione, la dispersione geografica causata dall'esodo del 1948,
l'affiliazione politica, il sistema economico e le differenze di classe. Ciascuno di questi fattori
non si dimostra fondamentale soltanto nel determinare la partecipazione di una donna nella
sfera pubblica e politica, ma anche nel determinare la natura stessa di tale partecipazione.
Nel terzo capitolo ho studiato il rapporto esistente tra il movimento femminile e la
leadership maschile del movimento di liberazione nazionale, andando anche a vedere
2 Nahla Abdo: “Nationalism and Feminism: Palestinian women and the Intifada- No Going Back?, Moghadam,
Gender and National Identity, Londra 1994, pp 150-152.
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l'importanza assunta dalla questione di genere. Dopo un discorso generico ho approfondito in
quale maniera i singoli partiti, in questo caso Al-Fatah, il Fronte Democratico per la
Liberazione della Palestina ed il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, affrontano
la questione di genere. Da questo studio è emerso che non esiste assolutamente una visione
condivisa dai vari partiti sull'uguaglianza di genere. Infine nell'ultimo capitolo, il quarto, ho
analizzato sia i fattori che sono stati in parte responsabili della grande partecipazione delle
donne alla prima Intifada (principalmente la nascita dei comitati popolari femminili e
l'avvento del sistema universitario), sia i fattori che si sono rivelati penalizzanti ai fini di
questa partecipazione (le politiche della Unified National Leadership of the Uprising e le
politiche di Hamas, in particolar modo ricordiamo la campagna per l'imposizione dell'hijab).
Per quanto riguarda le fonti ho utilizzato qualsiasi strumento a mia disposizione che
mi potesse essere utile: ho sfruttato al massimo internet, ma soprattutto i servizi offerti dalla
Biblioteca di Scienze Sociali di Firenze. A questo proposito mi sono risultate indispensabili le
banche dati dell'Università di Firenze, tra le quali "Jstor". Sempre online mi è stato molto utile
reperire articoli all'interno della riviste "Journal of Palestine Studies", "International Journal
of the Middle East Studies” e “Gender and Society”. Il discorso inerente ai libri è un po'
differente perché molti dei titoli che mi servivano non erano presenti in alcuna biblioteca
fiorentina e non è stato possibile reperirli neppure tramite il servizio del prestito
interbibliotecario. Il libro più utile per iniziare a dare una forma ed una connessione logica
alle mie idee è stato Gender in crisis-Women and the Palestinian Resistance Movement di
Julie M. Peteet.
Trovare le fonti, soprattutto all'inizio, non è stato certamente un lavoro semplice, ma anzi ha
richiesto non pochi mesi. Le fonti che ho reperito più facilmente sono quelle inerenti alle
associazioni caritatevoli, ai comitati femminili popolari, nascita, struttura ed attività, ed alla
partecipazione ed all'operato delle donne nella prima Intifada. Quello che invece si è rivelato
più complicato è stato trovare libri o articoli riguardanti le riflessioni sulla questione di genere
dei partiti interni all'OLP, in particolar modo non sono riuscita a reperire alcun tipo di
materiale riguardo al rapporto tra il Partito Comunista Palestinese e la questione di genere.
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Capitolo I
Contestualizzazione storica del movimento femminile nella lotta di liberazione
nazionale palestinese
Nell'ultimo secolo il mondo arabo è stato oggetto di profonde trasformazioni geopolitiche.
Infatti, in seguito alla I Guerra Mondiale, crollava l'Impero Ottomano, emblema dell'ordine
che per secoli aveva determinato la politica nella regione; da quel momento si sono susseguite
rivolte, rivoluzioni, invasioni, occupazioni, guerre ed altri avvenimenti tutt'oggi in corso.
Alla luce di questi eventi, non si è fatta attendere la risposta dei media occidentali che, tra le
altre cose, hanno contribuito alla diffusione di una visione orientalista della donna araba.
Lo stereotipo, che si è consolidato sempre di più, tende a raffigurare la donna araba come
remissiva, oppressa e velata, senza considerare ad esempio che ad oggi sono sempre più le
donne che decidono spontaneamente di velarsi.
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La realtà delle donne arabe è piuttosto composita e non può essere raffigurata come
un unico blocco monolitico; lo dimostra perfettamente il caso delle donne palestinesi, che
dalla fine del XIX secolo ad oggi hanno rivestito un ruolo fondamentale all'interno della lotta
di liberazione nazionale della Palestina, sia esso sociale che politico. Questo attivismo ha dato
loro la possibilità di scrollarsi in parte di dosso il cliché che le dipingeva come mere
riproduttrici biologiche di uomini che sarebbero poi andati ad ingrossare le file dei
combattenti per l'autodeterminazione del popolo palestinese. Storicamente la partecipazione
delle donne alla vita politica palestinese si sviluppa attraverso diverse fasi, ognuna
determinata da precise circostanze storiche: dal 1920 al 1948, dal 1949 al 1967 e dal 1967 per
poi giungere alla prima Intifada nel 1987.
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I.I Le diverse fasi della partecipazione femminile: i primi anni
Già dai primi anni del '900 in Palestina iniziano a registrarsi tensioni tra la popolazione araba
autoctona ed i nuovi insediamenti ebraici.
3 http://www.linkiesta.it/blogs/focusmediterranee/le-donne-nei-media-arabi-intervista-renata-pepicelli
(5/11/2014)
4 Nahla Abdo: “Nationalism and Feminism: Palestinian women and the Intifada- No Going Back?, Moghadam,
Gender and National Identity, Londra 1994, pp 150-152.
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Ad aumentare il malcontento contribuisce la “Dichiarazione Balfour” del 1917 che oltre a
dare un ulteriore impulso alla migrazione ebraica in Palestina, originatasi a fine '800 e
protrattasi nei primi anni del '900, fa scoppiare numerose dimostrazioni e rivolte contro il
colonialismo britannico ed il sionismo.
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In un primo momento le donne partecipano
esclusivamente alla causa palestinese portando avanti azioni socialmente utili o talvolta
prendendo parte direttamente alla lotta armata; solo in seguito, con una maggior istruzione e
coscienza critica, affiancano all'istanza di liberazione nazionale quella dell'emancipazione
femminile. Dunque in questa fase iniziale di attivismo politico-sociale le donne non minano
ancora le basi patriarcali e maschiliste della società ma iniziano a rivendicare quegli spazi
pubblici da sempre attribuiti agli uomini; infatti anch'esse in quanto cittadine stanno lottando
per la causa nazionale e pertanto non vogliono più essere relegate agli spazi privati, che le
confinano al ruolo di angeli del focolare.
E' in questo contesto storico-politico che le donne si inseriscono ed iniziano a
muoversi dal piano individuale a quello collettivo formando organizzazioni e partecipando a
manifestazioni (come per esempio quella che vede scendere in piazza a Gerusalemme, nel
1920, circa 40.000 persone). Durante lo stesso anno un gruppo piuttosto consistente di donne
si riunisce a Gerusalemme col fine di richiedere all'Alto Commissario Britannico sia
l'abrogazione della Dichiarazione Balfour che la fine della migrazione ebraica in Palestina
(Aliyah).
Nel 1921 un gruppo di donne, perlopiù provenienti dalle città e appartenenti alle classi
medio-alte della società (dunque con un livello di istruzione sopra la media), dà vita alla
“Palestine Women's Union” (PWU). Si tratta della prima organizzazione femminile a carattere
politico che lavora in ambito sociale tramite azioni di welfare, con l'obiettivo di migliorare le
condizioni di vita dei più poveri e di organizzare le donne intorno ad attività di stampo
nazionale.
6
E' quindi chiaro fin da subito il differente approccio delle donne, in base alla
classe di appartenenza, ai problemi che affliggono il proprio popolo: mentre quelle delle
classi medio-alte, grazie all'istruzione e al tempo libero di cui godono, tendono a creare
associazioni caritatevoli, a firmare petizioni ed a partecipare a sit-in o a manifestazioni, quelle
delle classi più povere e nella fattispecie le contadine, intraprendono una resistenza attiva,
volta a contrastare la confisca o l'espropriazione delle loro terre e danno un grande supporto
5 http://www.tmcrew.org/femm/donnedalmondo/palestina1.htm (6/11/2014)
6 Julie M. Peetet, Gender in crisis, Women and the Palestinian Resistance Movement, New York, 1991, pp 42-
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alla guerriglia nelle campagne, portando viveri e munizioni oppure combattendo in prima
persona.
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E' infatti sempre più grande la perdita delle terre coltivate, in parte vendute dai
palestinesi agli ebrei ed in parte oggetto di confische; questo oltre a peggiorare in generale
l'economia palestinese che si fonda sull'agricoltura, va a peggiorare nello specifico la
condizione delle contadine che da sempre avevano lavorato in queste terre. E' molto forte il
vincolo che lega le contadine alla terra: in questo spazio hanno la possibilità di essere
produttive e provvedere così al sostentamento economico familiare, hanno libertà di scelta e
di azione, possono farci giocare i bambini, possono socializzare con le altre donne e
trascorrere lì il loro tempo libero; è un luogo in cui si sentono sicure e godono di un certo
livello di autonomia.
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Risulta dunque evidente che siano le classi più povere ad essere colpite
per prime dalle politiche coloniali britanniche e dall'immigrazione ebraica.
Nel frattempo si aggrava la crisi in Palestina; l'economia nazionale tradizionale viene
smantellata a vantaggio di un'economia industriale dominata dai sionisti, la mancanza di terra
costringe i contadini a spostarsi nelle città andando a costituire una grande massa di
disoccupati e di lavoratori al servizio di questo settore emergente; inoltre il tasso
d'immigrazione continua ad aumentare.
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Questa situazione, tesa ed insostenibile, sfocia nei moti del 1929 in cui si verificano disordini
tra la popolazione palestinese e quella ebraica. I moti vengono celermente sedati dal governo
britannico tramite un ampio ricorso allo strumento della punizione collettiva, che porta amche
alla distruzione di molte case, e tramite la reclusione (di circa 1.300 arabi
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), la condanna a
morte e l'uccisione di numerosi palestinesi. In questo contesto oltre 200 donne appartenenti a
diverse associazioni ed organizzazioni di tutto il paese, per andare incontro alle richieste di
aiuto dell'Esecutivo arabo, decidono di organizzarsi in un movimento politico e si riuniscono
a Gerusalemme, per tenere il Primo congresso delle donne arabe di Palestina (First Arab
Women's Congress of Palestine) il 26 Ottobre del 1929 .
L'obiettivo del congresso è quello di fronteggiare le incombenti esigenze politiche e sociali e
per questo motivo vengono approvate alcune risoluzioni da presentare all'Alto Commissario
7 Nahla Abdo, “Feminism and Difference, the struggle of Palestinian Women”in Canadian Women Studies/ Les
Cahiers de la femme, V ol. XV n° 2-3, 1995, pag 142
8 Ilham Abu-Ghazaleh, “Reconstructing place for Palestinian refugee women, The Dialectics of
Empowerment” in Canadian Women Studies/Les Chaiers de la femme, V ol XV , n° 2-3, 1995, pp 81-82.
9 Elena Zambelli, "Le donne palestinesi nel movimento di liberazione nazionale", terrelibere.org,
http://old.terrelibere.org/doc/le-donne-palestinesi-nel-movimento-di-liberazione-nazionale; Julie M. Peteet,
Gender in crisis,Women and the Resistance Movement, New York, 1991, pag 46.
10 Ellen L. Fleischmann, “The Emergence of the Palestinian Women's Movement, 1929-39” in Journal of
Palestinian Studies, V ol. XXIX, n°3, 2000, pag 17.
8
britannico: innanzitutto la condanna della “Dichiarazione Balfour” come causa della
distruzione della natura araba della Palestina; in secondo luogo il supporto all'indipendenza
della Palestina ed al movimento nazionale; infine il sostegno all'indipendenza economica e
commerciale della Palestina e la necessità di porre un freno alla vendita di terre ai sionisti.
11
Una delegazione di donne del congresso, tra cui la leader Matiel Mogannam, incontra il
governatore di Gerusalemme per ottenere l'autorizzazione allo svolgimento di una
dimostrazione; in un primo momento il governatore rifiuta loro il permesso ma poi accetta a
condizione che queste non camminino per strada.
Per ovviare a questa limitazione, le donne organizzano una processione di 120 macchine che
sfila attraverso la città e si ferma presso il consolato britannico dove la delegazione avrebbe
dovuto consegnare personalmente le risoluzioni all'Alto Commissario.
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Questa azione dà loro
molta visibilità.
Sul piano amministrativo, all'interno del congresso, viene eletto il “comitato esecutivo
delle donne arabe” (Arab Women's Executive Committee, AWE), composto da 14 membri,
che ha l'obiettivo di eseguire ed amministrare le risoluzioni approvate e deve supportare
l'Esecutivo arabo. L'“Arab Women's Executive Committee costituisce”, inoltre, l'organo
esecutivo de “l'associazione delle donne arabe di Palestina” (Arab Women's Association of
Palestine, AWA
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) che ha l'obiettivo di radicarsi e diventare operativa nelle città più importanti
della Palestina mediante l'istituzione e il successivo coordinamento di associazioni di donne
che praticano attività caritatevoli.
Il congresso, per aiutare le donne arabe a migliorare gradualmente le loro condizioni, dà vita
alla “Jerusalem Women's Association” (l'associazione delle donne di Gerusalemme ).
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Per
giungere a questo miglioramento è necessario che alla creazione di una nuova istituzione
venga affiancato uno sviluppo coordinato sia dell'economia che dell'istruzione.
Le donne che stanno alla base di questo movimento sono giovani, appartengono
all'élite urbana e molto spesso capita che i loro mariti, padri o fratelli siano impegnati nella
politica nazionale.
E' importante sottolineare che questo movimento, nonostante abbia delle lacune non
11 Elena Zambelli, "Le donne palestinesi nel movimento di liberazione nazionale", terrelibere.org,
http://old.terrelibere.org/doc/le-donne-palestinesi-nel-movimento-di-liberazione-nazionale pag 32.
12 Julie M. Peteet, Gender in crisis,Women and the Resistance Movement, New York, 1991, pp 46-47.
13 http://www.encyclopedia.com/doc/1G2-3424600297.html (9/11/2014)
14 Ellen L. Fleischmann, “The Emergence of the Palestinian Women's Movement, 1929-39” in Journal of
Palestinian Studies, V ol. XXIX, n°3, 2000, pag 19.
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