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Introduzione
Negli ultimi anni, a causa della crisi economica mondiale, una delle parole che ho
sentito pronunciare di frequente oppure ho visto scritte, è stata: “Rivoluzione”. La
necessità, quindi, di un profondo cambiamento di tendenza e di un radicale
rinnovamento in ambito economico e sociale.
Leggendo vari articoli e documenti sulla situazione femminile nel mercato del lavoro sia
in Cina che in Europa negli ultimi 60 anni, ho trovato spesso accanto alla parola
“rivoluzione”, i termini “incompiuta” o “rinviata”, per indicare trasformazioni a metà,
privilegi acquistati e poi persi dalle donne, aumenti della partecipazione lavorativa da
un lato, ma permanenza di segregazione e discriminazioni salariali dall’altro.
L'obiettivo della mia tesi è quello di tracciare il percorso dell'emancipazione femminile
sul lavoro mettendo in paragone la situazione delle lavoratrici e imprenditrici cinesi con
quelle europee.
In particolare mi sono soffermata sull'analisi del capitale umano accumulato e di come
questo possa influire sulle discriminazioni salariali tra uomini e donne.
Dopo aver approfondito ed esaminato la situazione cinese e quella europea,
considerando quindi anche il substrato culturale dei diversi paesi, ho cercato di
analizzare i progetti ed i provvedimenti messi in atto dalle associazioni e dai governi per
limitare la discriminazione di genere e per aumentare gli investimenti sulle nuove
tecnologie e la formazione delle donne sul lavoro.
Nel primo capitolo “Introduzione storica riguardo l’emancipazione della donna in
Oriente ed Occidente” ho cercato di riassumere le tappe più significative del percorso
verso l’indipendenza femminile nel mercato del lavoro, mettendo in paragone la realtà
cinese degli ultimi 60 anni con quella europea. Pur essendo geograficamente lontane,
con sistemi politici diversi e culture differenti, ho riscontrato delle somiglianze in
Europa ed in Cina, per quanto riguarda la considerazione del ruolo della donna nel
lavoro.
Ho deciso così di fare un confronto soffermandomi su quattro tematiche principali per
mettere in evidenza come l’accumulo di capitale umano nella vita di una donna, possa
influire o meno sulle discriminazioni salariali in ambito lavorativo.
Prima di tutto, utilizzando fonti secondarie sull’argomento e testi di sociologia, ho
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esaminato le modalità di accumulo di capitale umano nella vita scolastica, accademica e
lavorativa delle donne cinesi ed europee, soffermandomi sugli ostacoli riscontrati al
momento del passaggio da mondo della scuola a mondo del lavoro e sugli investimenti
da parte dei governi e delle lavoratrici stesse sul proprio bagaglio di competenze.
A questo proposito, in base ai dati della CULS (China Urban Labour Survey),
un’indagine effettuata dall’Istituto degli studi sulla popolazione in cinque grandi città
(Shenyang, Xian, Wuhan, Shanghai e Fuzhou) e le statistiche EUROSTAT dell’ultimo
decennio, ho potuto riscontrare, sia in Cina che in Europa, uno spreco di capitale umano,
così come secondo argomento di paragone, ho deciso di analizzare il fenomeno della
segregazione, cioè la difficoltà nell’accesso a determinati tipi di impiego
indipendentemente dal livello di educazione e formazione accumulato.
Per avere un quadro completo della situazione lavorativa femminile, ho analizzato
entrambi i tipi di segregazione: la segregazione orizzontale (detta anche sticky floor),
cioè il risultato della diversa allocazione nel mercato del lavoro e quindi delle differenti
posizioni nella struttura gerarchica che ha come conseguenza una maggiore
concentrazione di donne in quei settori definiti “tipicamente femminili” (educazione,
insegnamento, servizi di cura, sanità, pubblica amministrazione etc) e la segregazione
verticale (conosciuta come “effetto glass ceiling”) che indica gli ostacoli per il
raggiungimento di posizioni apicali e quindi meglio retribuite, prevalentemente
occupate dagli uomini.
Le due tematiche sopra riportate, cioè l’accumulo di capitale umano e il fenomeno della
segregazione hanno ripercussioni sulle retribuzioni delle lavoratrici e quindi sul loro
accumulo di capitale finanziario, per questo motivo, come terzo argomento di paragone,
ho deciso di analizzare la situazione delle donne cinesi ed europee, al momento della
richiesta di prestiti per lo start-up aziendale.
In base a studi sull’imprenditoria e a ricerche da parte del GEM (Global
Entrepreneurship Monitor), è risultato che, gran parte delle nuove imprenditrici, si vede
negare prestiti da parte degli istituti bancari, i quali non hanno fiducia sulla figura della
donna imprenditrice, considerata poco esperta e poco affidabile rispetto ai colleghi
uomini.
Avendo accumulato scarso capitale finanziario a causa delle basse retribuzioni percepite
nelle occupazioni precedenti e insufficiente formazione manageriale e finanziaria, le
donne per non rinunciare ai loro progetti personali, sono spesso costrette a chiedere
prestiti ad amici o parenti.
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L’ultima delle quattro barriere alla parità di genere che influenzano le retribuzioni e
l’occupazione femminile in ambito lavorativo, è legata al desiderio di maternità e quindi
alle difficoltà nella conciliazione tra famiglia e lavoro.
Sia in Cina che in Europa, in base ai dati riportati dalla China Health and Nutrition
Survey (CHNS) e dall’ISFOL, la cosiddetta work-life balance, presenta un forte
squilibro, poiché il lavoro e le responsabilità non sono equamente condivise e per le
donne la situazione di trade-off tra avere figli da una parte e la ricerca di occupazione,
autonomia e reddito dall’altra, rimane un forte svantaggio.
Investimenti insufficienti sull’assistenza per le famiglie da parte dei governi, sistemi di
welfare poco vantaggiosi per le donne e congedi parentali utilizzati per la maggior parte
dalle madri e non dai padri, fanno si che le donne siano appesantite dal doppio fardello
famiglia-lavoro con notevoli ripercussioni sulla carriera lavorativa e sulle retribuzioni.
Dopo l’excursus storico tracciato nel primo capitolo per ripercorrere le tappe
dell’emancipazione femminile in Oriente ed Occidente, nel secondo capitolo “Capitale
umano in Cina. Analisi delle influenze sulla discriminazione salariale e sull’accumulo
di capitale finanziario delle imprenditrici”, mi sono soffermata sull’analisi della
situazione cinese esaminando le quattro tematiche sopra elencate e la situazione
imprenditoriale femminile negli ultimi 10 anni in Cina.
Nel terzo capitolo “Analisi delle influenze del capitale umano sulle discriminazioni
salariali in Europa” , utilizzando i dati ISTAT degli ultimi anni e prendendo spunto
dagli interventi durante il convegno “Tempo di donne: crescita economica e diversità di
genere” a cui ho partecipato lo scorso novembre a Venezia, ho analizzato nel dettaglio
la situazione italiana e le politiche di welfare messe in atto nella nostra penisola,
paragonandole con quelle sperimentate in Danimarca e considerate best practices a
livello europeo.
Infine, nel quarto capitolo “Azioni e progetti a sostegno delle donne in Oriente ed
Occidente” ho rintracciato alcuni progetti e strategie messe in atto dal Governo cinese e
dalla Commissione Europea, per migliorare la situazione delle donne nel mercato del
lavoro e nella società.
Per quanto riguarda la Cina, mi sono soffermata nell’analisi delle conseguenze della IV
Conferenza mondiale sulle donne del 1995 a Pechino, considerata come un vero e
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proprio spartiacque nella politica delle donne, poiché in questa occasione, a differenza
delle conferenze precedenti, i rappresentanti dei vari paesi si sono focalizzati sul
concetto di genere.
Per quanto riguarda l’Europa, invece, ho riportato le proposte della “Strategia per la
parità tra uomini e donne (2010-2015)” adottata dalla Commissione Europea nel 2010 e
il progetto comunitario “Europa 2020” che ha come obiettivo una crescita intelligente,
sostenibile ed inclusiva.
Come conseguenza di questi due programmi europei, la reazione italiana è stata la
stesura del progetto “Italia 2020” per incentivare l’empowerment femminile nel mondo
del lavoro e l’impegno da parte del governo di incrementare le forme di assistenza alla
famiglia e per la cura dei bambini, per facilitare la conciliazione tra famiglia e lavoro e
promuovere la carriera delle donne.
Alla domanda “Come vuoi contribuire con la tua tesi?”, che mi venne posta dal relatore
nei primi incontri, inizialmente non sono riuscita a rispondere, ma adesso so che, prima
di tutto, ho offerto un contributo a me stessa.
Essendo una donna ed studentessa di lingue orientali, che sta per lasciare il mondo
accademico per entrare in quello lavorativo, ritengo che sia utile, per le mie scelte future,
conoscere l’attuale situazione delle donne sia nel mercato cinese che in quello europeo.
Di conseguenza sarei contenta e soddisfatta se la mia tesi potesse servire ad altre
ragazze che si trovano nella mia stessa condizione, cioè ancora in bilico tra mondo della
scuola e mondo del lavoro, per avere un quadro generale, anche se non sempre positivo
ed incoraggiante, dell’attuale ruolo della donna in economia.
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1° CAPITOLO
Introduzione storica riguardo l’emancipazione della donna in
Oriente ed Occidente.
Il boom economico scatenatosi in Cina negli ultimi 20 anni, è uno degli argomenti più
trattati dalla stampa e dai mass media, soprattutto per le sue conseguenze che, non
hanno interessato solo l’interno del paese, ma hanno avuto effetti impressionanti
sull’economia mondiale e sugli assetti geopolitici e geo-strategici tra i vari stati.
Una grande trasformazione a cui si è assistito, è la ricollocazione delle donne in ambito
lavorativo che ha visto sbocciare una dopo l’altra, imprenditrici di successo e vere e
proprie business women di fama mondiale.
Prima di parlare dell’attuale imprenditoria femminile cinese, però, è necessario fare un
breve excursus storico riguardo l’emancipazione della donna per comprendere meglio
la scalata sociale del sesso, non più così debole, ed i privilegi sociali e lavorativi
conquistati negli ultimi decenni.
Dato che la Cina ha ormai abbandonato il suo secolare isolamento per affacciarsi ed
integrarsi a tutti gli effetti nel panorama globale, ho deciso di portare avanti la mia
analisi, facendo un parallelo tra i vari passi che hanno condotto all’emancipazione
femminile in Oriente ed in Occidente. Dai primi anni ’50 fino ad oggi, infatti, sia in
Cina che in Europa, si sono susseguite una serie di leggi e decreti per migliorare la
condizione femminile e diminuire la discriminazione tra uomini e donne da sempre
esistente e ben radicata nella società.
1. Cina e periodo maoista: “(Non) tutto ciò che un uomo può fare,
anche una donna può fare”
Come nella maggior parte delle grandi civiltà, anche in Cina le donne sono state
oppresse per secoli. L’alba della loro emancipazione va di pari passo con il collasso
dell’ultima dinastia cinese e quindi del sistema feudale: con il termine “feudalesimo” in
Cina, si indica il periodo storico compreso tra la dinastia Zhou (XII secolo – III secolo
a.C) e la dinastia Qing (1644-1912). Il periodo feudale cinese è caratterizzato da un
forte rispetto delle dottrina confuciana secondo la quale, le donne dovevano occuparsi
dei doveri domestici e familiari, obbedire all’autorità maschili, cioè padre, fratelli e
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marito. Una donna era considerata virtuosa se prima di tutto era una buona madre ed
una buona moglie. Questa mentalità si è protratta ed è rimasta radicata in Cina fino
all’instaurazione della RPC, così dal 1949, il PCC ha cercato di aumentare la
partecipazione delle donne nella forza lavoro e di includerle nel progetto di
realizzazione dello stato socialista.
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Dai primi anni del ‘900, gli intellettuali cinesi hanno fatto sempre più riferimento alla
scienza, alla tecnologia, ai sistemi e alle idee politiche di stampo occidentale al fine di
modernizzare il loro paese. Le pratiche di segregazione e la fasciatura dei piedi, simboli
dell’arretratezza della Cina e della debolezza delle donne, erano una parte del passato
che si voleva eliminare. Tuttavia, nella prima metà del ventesimo secolo, la Cina ha
sperimentato costanti agitazioni politiche, generate in sequenza da: divisione del paese
da parte dei cosiddetti signori della guerra, lotte di potere tra il Guomindang (GMD) e il
Partito comunista cinese (PCC), l’invasione giapponese (1931-1945) e la Guerra Civile
tra il PCC e il GMD (1945-1949). Per questi motivi, le questioni femminili, come molte
altre, non sono state affrontate in modo sistematico e completo.
La proclamazione di Mao Zedong come presidente della Repubblica Popolare Cinese
nel 1949, segnò una nuova fase della storia. I leader del PCC, immaginavano una Cina
socialista dove imperialismo, guerre e sfruttamento, fossero sostituiti da stabilità, pace
ed uguaglianza. Tra le varie proposte fatte e gli obiettivi posti, la liberazione femminile,
si poneva come uno dei più rivoluzionali e anti tradizionalisti. Per riuscire a governare il
vasto territorio cinese e la numerosa popolazione, il PCC sviluppò una struttura politica
molto complessa, in cui attività economiche e sociali avevano un ruolo centrale, e tra
queste spiccava il movimento per le donne cinesi.
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L’obiettivo della mia analisi è quello di tracciare l’evoluzione delle politiche a favore
delle donne sviluppate dal Partito nel periodo che va dalla creazione della Repubblica
Popolare Cinese fino ai giorni nostri, valutandone successi e fallimenti.
Con l’instaurazione della Repubblica Popolare cinese nel 1949, si è assistito ad un
cambiamento drastico dello status femminile poiché il Partito Comunista ha
riconosciuto la liberazione delle donne (che costituivano al tempo circa la metà della
popolazione cinese) come una necessità per realizzare la completa emancipazione del
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LEUNG, Alicia S.M., Feminism in Transition: Chinese Culture, Ideology and the Development of the
Women’s Movement in China. Asia Pacific Journal of Management, 20, 359-374, pp 15 (2003)
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KA YEE TSUI, Justina, Chinese Women: Active Revolutionaries or Passive Followers? A History of the All-
China Women’s Federation, 1949 to 1996. Concordia University, Montreal, Quebec, Canada (1998)