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CAPITOLO 1
DONNE ALLENATRICI, UNA LOTT A CONTRO STEREOTIPI E DISCRIMINAZIONI
L’argomento della discriminazione di genere non è purtroppo un fatto ormai risolto o
peggio, un fenomeno da poter sottovalutare; ma anzi è un’incapacità della società di garantire
a tutti indipendentemente dal sesso, dalla razza, dall’età o dall’orientamento sessuale, pieno
sviluppo lavorativo, relazionale e sociale.
È ovvio che la questione pone le sue basi su convinzioni, modi, credenze e usi del passato
e in questo capitolo, andrò a sviscerare e a portare in evidenza gli aspetti teorici che
permettono, ancora, l’esistenza delle discriminazioni di genere nella società moderna.
1.1 Aspetti teorici e socioculturali del problema
Per capire la vera ragione per cui le donne allenatrici sono sempre di minor numero rispetto
agli allenatori uomini, bisogna fare un passo indietro nel tempo e dare uno sguardo alla società
del passato.
Le ragioni si basano sulle credenze che agli uomini e alle donne spettavano ruoli diversi,
ma la costruzione dei ruoli di genere deriva da alcuni aspetti che si rifanno alla sfera biologica,
fisiologica, caratteriale, religiosa, e/o riferiti direttamente all’ambito lavorativo.
Sebbene ad oggi sia appurato che tra l’organismo maschile e l’organismo femminile vi
siano differenze biologiche e fisiologiche ben diverse, in passato, queste differenze
giustificavano la convinzione dell’inferiorità della donna, la creazione di ruoli nella società,
la divisione dei lavori, obblighi e diritti diversi.
Nella storia, la donna viene percepita come fisicamente inferiore, nasce quindi il concetto
di “sesso debole”, l’uomo assume il potere e il dovere di proteggerla e assisterla. Dal punto
di vista dell’ambito lavorativo, era comune che la donna si occupasse unicamente della casa
e della progenie, era compito della donna accudire i figli, curarli, educarli e sfamarli. A questo
si associa la convinzione che le donne possedessero un carattere più gentile, più sentimentale,
docile e più adatto alla cura e alle mansioni domestiche. L’uomo d’altro canto era forte
fisicamente e mentalmente e perciò a lui spettavano tutti i lavori socialmente utili e gli affari.
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L’esclusione della donna, non si limitava soltanto all’ambito lavorativo e agli affari; La
donna era esclusa anche dallo sport.
“Non pratica, non interessante, non estetica e non abbiamo paura di aggiungere: scorretta, tale sarà secondo
noi questa mezza Olimpiade femminile”
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L’affermazione di De Coubertin, deve farci riflettere sul pensiero comune e le ideologie
dell’epoca, una olimpiade con la partecipazione delle donne, al tempo, non sarebbe stata
“corretta”, “interessante”,” pratica” e soprattutto sarebbe stata “antiestetica”. Ancora il
pedagogista francese, sempre riferendosi alle donne nelle competizioni olimpiche affermava
che “il ruolo delle donne dovrebbe essere quello di coronare i vincitori”
2
. Le donne sarebbero
state utili in ambito sportivo per dare decoro alle vittorie degli atleti, ammirate quindi ancora
una volta soltanto per l’estetica e non per il loro valore fisico, mentale e culturale. Da quello
che si sa, fin dai tempi degli antichi greci e romani, lo sport per l’uomo era un’occasione per
dimostrare la sua capacità, la sua forza e il suo dominio su altri uomini:
“For men, sport has historically been a setting for the development and display of traits and abilities
that signify masculine power and authority
3
At the same time, women's exclusion from sport or their
admission on a restricted basis has been one way in which the myth of female frailty has been
realized”
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Nel tempo quindi, l’esclusione delle donne dallo sport ha fatto sì che si confermasse la
teoria della fragilità del sesso femminile, creando la convinzione che le donne non fossero
all’altezza delle competizioni sportive, e ancor meno non fossero all’altezza di poter essere
allenatrici di sport. Grazie alle correnti femministe della fine dell’Ottocento e inizi del
Novecento, alcune pioniere, coraggiose e determinate diedero inizio allo sport moderno,
presenziato anche dalle donne. Nonostante le azioni coraggiose delle femministe, e sebbene
ad oggi ci consideriamo società evoluta e moderna, in qualche gli aspetti più retrogradi del
passato ritornano, soprattutto in ambiti sportivi, e in particolar modo in quegli sport che da
sempre sono considerati di dominanza maschile, rendendo difficile per le donne accesso sia
alla pratica che alla dirigenza di determinati sport.
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Pierre De Coubertin, les femmes aux jeux olimpiques, a. 1912
2
De Coubertin 1935
3
Crossett 1990; Kimmel 1990
4
Nancy Theberge 1993, the construction of gender in sport: women coaching, and the naturalization of difference. In
social problem vol.40 pp.301-313
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1.2 Donne che allenano uomini, un fenomeno atipico
Come purtroppo è noto, nel comune pensare si fa distinzione tra Sport di dominanza
maschile e sport di dominanza femminile. Dietro queste distinzioni, ci sono credenze
appartenenti ad epoche passate che purtroppo sono ancora radicate nei pensieri e nelle
ideologie della società. Sport come rugby, calcio, basket, pugilato, lotta, sollevamento pesi e
molti altri, sono etichettati come sport “maschili”, viene in questi sport messa in evidenza la
virilità, la forza, l’aggressività a volte, la potenza; tutte caratteristiche associate (per
convenzione) al genere maschile e non di certo paragonabili al sesso femminile. Questo è
invece associato a caratteristiche come la docilità, l’eleganza, l’estetica, la finezza, l’agilità,
la destrezza; qualità che si ritrovano in quegli sport etichettati come sport “femminili” per
esempio la danza, la ginnastica ritmica e artistica, il nuoto sincronizzato, la pallavolo e altri.
La femminilità viene spesso messa in discussione nelle atlete che praticano sport di forza o
sport di dominanza maschile, questo perché, secondo il pensiero comune, vengono meno una
serie di canoni che identificano la figura della donna. Lo stesso discorso è applicabile anche
agli uomini che praticano sport di dominanza femminile come la danza o il nuoto
sincronizzato. Nel suo studio sulle donne alle olimpiadi Nadia Zonis conclude affermando:
“Woman athletes were frequently portrayed as unnatural and unfeminine, a monstrous
distortion of womanhood, successful as athletes only to the extent that they were not fully
women, truly feminine only when they were not particularly effective competitors. In contrast
to this assessment, however, female competitors were also shown as irresistibly attractive,
sirens whose beauty and sexual allure men would be unable to resist. And the often imminent
marriage, future motherhood, and consequent retirement of women athletes was an almost
obsessive theme, perhaps because it offered a comforting solution to the problems of the un-
womanly woman athlete and the woman athlete as a source of sexual provocation”.
5
Nella cultura europea e in particolar modo quella italiana, lo sport più praticato e con più
seguito mediatico e televisivo è senza dubbio il calcio. A riportare questo dato, sono numerose
le ricerche che dichiarano il calcio maschile lo sport più seguito in Italia
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; l’interesse per il
5
Zonis, N. (2006). City of Women: Sex and Sports at the 1960 Rome Olympic Games. In: Morris, P. (eds) Women in
Italy, 1945–1960: An Interdisciplinary Study. Italian and Italian American Studies. Palgrave Macmillan, New York.
https://doi.org/10.1057/9780230601437_6
6
Banca IFIS – Osservatorio sullo Sport System italiano – marzo 2022
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calcio maschile non si limita soltanto alle serie nazionali, ma si espande alle categorie di alto
livello europeo. In Europa a differenza degli Stati Uniti, il calcio è da sempre considerato
come uno sport prevalentemente tutto al maschile, proprio perché trova origine
nell’Inghilterra dell’Ottocento; e la condizione dell’uomo come fulcro della società, veniva
riflessa nello sport. Oltre oceano il calcio è invece molto più comune tra le donne; la nazionale
di calcio femminile statunitense, grazie ai risultati ottenuti negli ultimi anni, è considerata la
migliore squadra di calcio femminile e, questo spiega perché negli stati uniti il calcio
femminile ha sicuramente molta più rilevanza rispetto al calcio maschile che non raggiunge
gli stessi risultati. Negli Stati Uniti si contano circa 4.2 milioni di giocatori di cui 1.7 milioni
sono donne.
7
Ritornando a ciò che riguarda il nostro paese, il calcio moderno continua a far difficoltà ad
includere le donne, il calcio femminile è, come in generale molti sport femminile, concepito
come una “versione minore di quella maschile”
8
.
In Italia, solo da poco si sono chiarite alcune questioni relative al calcio femminile, per
esempio, solo dopo il mondiale del 2019 in Francia, tramite un iter di quasi 2 anni, le
calciatrici italiane di serie A iscritte al campionato 2022/2023 hanno conquistato il
professionismo. La situazione del movimento calcistico femminile antecedente a questo
evento è stata analizzata da Elena Marinelli nella rivista “l’ultimo uomo”, in cui scrive spesso
di calcio femminile, facendoci capire come l’evento del 2019 ha sancito per le calciatrici
italiane un passo in avanti che, seppur ancora troppo piccolo, da speranza per il futuro delle
calciatrici che da sempre praticano questo sport con passione nonostante siano sempre state
poco prese in considerazione: “il calcio femminile è uno sport dilettantistico giocato con le stesse
regole di quell’altro ma che porta a risultati completamente differenti. Nel prima, il professionismo
nel calcio femminile non esiste, come non esistono le squadre maschili che investono nella divisione
femminile.”
9
Situazione analoga, se non ancora più difficoltosa, si verifica con il comparto delle
allenatrici donna impegnate nel mondo del calcio professionistico. Riportando alcuni dati, nel
campionato di “serie A femminile TIM 2022/2023” composto da dieci squadre, di queste,
7
Wikipedia contributors. (2023, May 23). Soccer in the United States. In Wikipedia, The Free Encyclopedia. Retrieved
17:08, June 10, 2023,
from https://en.wikipedia.org/w/index.php?title=Soccer_in_the_United_States&oldid=1156586821
8
Roberta Sassatelli, lo soprt al femminile nella società moderna in “enciclopedia dello sport” a.2003
9
Elena Marinelli, cosa ha significato il professionismo per il calcio femminile in “ultimo uomo” a.2022
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soltanto due hanno avuto tecnici donna, dato che rappresenta, in percentuale, soltanto il 20%
del totale. Anche nella “serie B femminile 2022/2023” composta da 16 squadre, analogamente
a quanto evidenziato per la serie A, anche in questo caso, soltanto due squadre hanno avuto
tecnici donna.
Quanto descritto per il movimento calcistico, in termini di scarsità di allenatrici, si può
riscontrare anche in altri sport come per esempio la pallavolo, notoriamente di prevalenza
femminile.
Negli stati uniti, sono numerose le ricerche, i dati e gli studi relative al fenomeno della
decrescita della percentuale delle donne allenatrici, e in particolare in quegli sport in cui atlete
e atleti competono con le stesse regole, le stesse attrezzature e le stesse modalità di gioco, ma
le donne allenatrici rimangono comunque quasi inesistenti rispetto ai colleghi maschi,
soprattutto se si parla di “cross-gender coaching”
10
ovvero di donne che allenano uomini. Non
sarebbe ideale paragonare il modello statunitense a quello europeo in quanto lo sport negli
Stati Uniti o nelle regioni non-europee, è gestito dall’istruzione e segue le regole emanate dai
rispettivi ministeri; un esempio è infatti l’introduzione del title IX
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a gestione della parità di
genere in ambito sportivo nei piani alti delle organizzazioni sportive. Questa una mossa per
cercare di colmare il “gender gap” in ambito sportivo. È comunque curioso analizzare i dati
che risultano dalle ricerche; emerge dunque che gli uomini occupano circa il 97-98% delle
posizioni di allenatore nelle categorie maschili e il 50% nelle categorie femminili; l’altra
faccia della medaglia di questi dati indica che il numero delle donne allenatrici di uomini è
rimasto invariato dal 1972 con solo circa il 2-3% nelle categorie scolastiche.
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In “women in
sports coaching “ di Nicole M. Lavoi, viene introdotte il tema dell’egemonia mascolina
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,
ovvero il costrutto sociale che conserva l’ideologia che il genere maschile gode del potere e
domina sull’altro gruppo rappresentato dal genere femminile, che accetta il proprio ruolo nella
società perché “è così che vanno le cose”. Questa teoria, dunque, avrebbe influenzato anche
il mondo dello sport, che vede le posizioni di potere occupate per lo più da uomini, e le donne
10
Walker, N. A. (2016). Cross-gender coaching: Women coaching men. In LaV oi, N. M. (Ed.), Women in Sports
Coaching. London: Routledge.
11
Una legge introdotta dagli education emandemants pubblicati il 23 luglio 1972 che cita: “Nessuna persona negli Stati
Uniti dovrà, sulla base del sesso, essere esclusa, o vedersene negare il beneficio, o essere discriminata, rispetto a
qualsiasi programma o attività di carattere educativo che riceva sostegno finanziario Federale”. il Title IX rappresenta
una presa di posizione contro l’esclusione del genere femminile dalla pratica sportiva.
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Acosta, V . R., & Carpenter, L. J. (2014). Women in intercollegiate sport: A longitudinal, national study thirty-three
year update 1977–2010. Unpublished document. Brooklyn College, Brooklyn
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Nefertiti Walker, cross-gender coaching, women coaching men in women in sports coaching Nicole M Lavoi a.2016