INTRODUZIONE
“La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo di arrestare,
di fissare in forme stabili e determinate,
dentro e fuori di noi, perché noi già siamo forme fissate,
forme che si muovono in mezzo ad altre immobili(…)
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le forme sono i concetti, tutte le finzioni che ci creiamo” (Pirandello)
Scriveva così Luigi Pirandello nell‟opera “L‟Umorismo”. Questo grande scrittore
del Novecento si riferiva principalmente agli “auto-inganni” di cui l‟uomo si serve
per dare senso alla propria vita organizzandola secondo convenzioni. Questi “auto-
inganni” sono la forma dell‟esistenza, l‟apparenza in cui l‟uomo vive. Ma vivere in
questa finzione dell‟apparenza è per l‟uomo come una condanna, che lo costringe a
costruirsi una maschera, un personaggio, obbligato a recitare una parte assegnatagli.
Quando, finalmente, cerca di opporsi e uscire fuori dagli schemi, liberandosi così
della maschera, si rende conto che l‟individualità di cui si appropria lo allontana
dalla società, che continua e persevera a considerarlo unicamente per la sua funzione
di personaggio.
Da sempre sono stata attratta e portata a riflettere sul condizionamento che
l‟individuo subisce dal mondo esterno e, durante il Liceo, questo pensiero di
Pirandello ha rafforzato ancora di più in me l‟interesse sul modo in cui la
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Pirandello “L‟Umorismo”, Milano, Garzanti 2007, pag. 210
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rappresentazione che la società ha del singolo, possa contribuire a cambiare
l‟immagine che l‟individuo ha di sé stesso.
Questa tesi, pertanto, nasce da un interesse personale, quello di osservare il modo
in cui i mezzi di comunicazione di massa possano, nel tempo, riuscire a influenzare e
condizionare gli atteggiamenti individuali fornendo modelli di interpretazione della
realtà a cui tutti, volenti o nolenti, consciamente o inconsciamente, spesso si ispirano.
Il fascino dell‟osservazione delle dinamiche di condivisione degli stessi modelli
culturali e comportamentali, mi ha spinta ad avvicinarmi al mondo dei media anche
per quanto riguarda questo elaborato. Ho voluto restringere il campo di analisi alla
sola pubblicità, uno dei tanti modi attraverso i quali è possibile comunicare,
diffondendo allo stesso tempo messaggi espliciti e messaggi più celati.
È nella pubblicità, infatti, che ravviso maggiormente la tendenza alla creazione di
stereotipi che portano all‟omologazione degli individui.
Convinta che la pubblicità, in qualche modo, possa contribuire al cambiamento
della società e che possa influenzare il sistema sociale, ho deciso di prendere in
esame la figura della donna, di vedere come essa possa essere condizionata dalla
pubblicità e dalle rappresentazioni che questa ultima ha dell‟universo femminile. La
pubblicità, infatti, tende molto spesso a rappresentare figure femminili in svariate
situazioni che, al pari di ogni altra immagine diffusa dai mass media, non è il ritratto
di una condizione reale, ma la rappresentazione simbolica di un modello che segue
ideali e aspirazioni collettive.
Lo scopo ultimo di questo lavoro è pertanto quello di analizzare la
rappresentazione della donna che emerge dalla pubblicità, per vedere in che modo
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tale immagine rifletta i cambiamenti sociali. Questo tema si rivela molto interessante
e coinvolgente, perché la continua presenza della pubblicità e delle immagini che
essa propone costringe il pubblico, e in questo caso le donne, a confrontarsi
continuamente con i modelli proposti, instaurando con essi un rapporto quotidiano e
costante.
Il lavoro si articola in quattro capitoli.
Il primo capitolo propone i principali studi riguardanti i mezzi di comunicazione
di massa, in relazione al tema della pubblicità, analizzato non solo come un tipo di
comunicazione, ma come fenomeno rilevante per il cambiamento sociale e personale.
Si mostra in questo caso come la pubblicità abbia il potere di modificare gli
atteggiamenti e fornire alla società gli spunti per la rappresentazione della realtà.
Il secondo capitolo è invece una trattazione storica della pubblicità, di come essa
abbia avuto origine e di come si sia trasformata nel tempo, da puro mezzo di
informazione nei riguardi di un prodotto, di una attività, a fenomeno culturale e di
imitazione. Allo stesso tempo si sottolinea la condizione di doppia influenza che lega
società e pubblicità. Infatti, se è vero che la pubblicità fornisce alla società i modelli
ai quali ispirarsi, è anche vero che la pubblicità individua all‟interno della società
stessa le nuove tendenze, le nuove mode, i nuovi valori, riproponendoli poi al grande
pubblico.
Dopo aver mostrato il percorso di evoluzione della pubblicità, a seguito dei
cambiamenti sociali, e dopo aver sottolineato il rapporto che sussiste tra società e
pubblicità stessa, nel terzo capitolo ci si addentra nella spiegazione di quali siano
stati, nelle varie campagne pubblicitarie a partire da fine Ottocento, i ruoli principali
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interpretati dalla donna. Successivamente, utilizzando in questo gli studi di Enzo
Kermol e Marika Beltrame, si propone una vera e propria classificazione delle
tipizzazioni femminili della donna nella pubblicità.
Nel quarto capitolo viene riportata e approfondita l‟intervista, che io stessa ho
realizzato, al Dottor Guerino Delfino, presidente e amministratore delegato del
Gruppo Ogilvy Italia, una delle più grandi agenzie pubblicitarie a livello
internazionale. La scelta di intervistare il Dottor Delfino nasce dall‟importanza che
riveste l‟agenzia che egli rappresenta, non solo come notorietà, ma anche per le
scelte pubblicitarie operate per la costruzione dell‟immagine di Dove, una delle tante
marche che si sono affidate alle mani esperte del Gruppo Ogilvy.
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CAPITOLO I
STUDI SULLA PUBBLICITÀ
La pubblicità è una comunicazione molto particolare: è necessariamente di parte,
non è obiettiva, perché viene commissionata al fine di indirizzare verso determinate
scelte di consumo. La pubblicità è il luogo in cui esplicitamente le strategie
persuasive vengono impiegate per raggiungere due principali obiettivi: rendere più
probabile il consumo di un prodotto e, a lungo termine, modificare gli atteggiamenti
dell‟individuo nei confronti di un prodotto, rendendoli maggiormente favorevoli.
Bisogna però tenere conto del fatto che l‟acquisto di un prodotto non sempre è
direttamente collegato alla pubblicità, ma può dipendere da altri fattori individuali
come le possibilità economiche, di reperimento dell‟oggetto, e così via. Per tale
motivo non si può parlare di fine ultimo della pubblicità riferendoci all‟acquisto di un
bene, ma piuttosto di propensione al consumo.
La caratteristica principale della comunicazione pubblicitaria è da riscontrarsi
nella sua attitudine a convincere e sedurre il pubblico. Si può pertanto dire che la
pubblicità non è unicamente una forma di comunicazione, essa è un fenomeno
sociale e culturale rilevante e per tali motivi è stato spesso oggetto di studio di
discipline sociologiche e psicologiche.
Se si considera infatti il tempo che mediamente ogni persona trascorre guardando
la TV, ascoltando la radio o leggendo riviste, ci si rende conto di quanto sia
massiccia l‟esposizione di ogni individuo alla pubblicità. Aumentando l‟esposizione
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al messaggio pubblicitario aumenta anche il potere che la pubblicità esercita nel
proporre stili di vita, valori e mode, nel modificare atteggiamenti.
1.1 Gli studi sociologici
I primi studi sulla pubblicità nascono nel periodo compreso tra la prima e la
seconda guerra mondiale, quando, con l‟affermarsi della radio, si assiste su larga
scala alla diffusione delle comunicazioni di massa e al loro massiccio e penetrante
uso propagandistico. L‟attenzione di questi studi era incentrata prevalentemente sugli
effetti che i media possono avere sugli individui. La mente umana viene considerata
come una tabula rasa sulla quale è possibile scrivere qualsiasi informazione, e i
media, in questa situazione, risultano avere un ruolo altamente influente e
manipolatorio sulla società.
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Risale a questi anni la Teoria Ipodermica, in cui il ricorso all‟immagine dell‟ago
ipodermico rende particolarmente bene quale sia l‟assunto di base: chiunque venga
raggiunto dalla propaganda o dalla pubblicità può essere direttamente controllato e
indotto ad agire in un determinato modo. La Teoria Ipodermica si pone come
obiettivo principale lo studio degli effetti che ha sul pubblico una massiccia
esposizione ai mezzi di comunicazione di massa e al messaggio da essi veicolato. Il
pubblico, in questo ambito, era considerato totalmente passivo nell‟esposizione ai
media ed era quindi dato per scontato che esistesse una relazione diretta tra
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Chiamata anche Teoria del Proiettile magico. Non ha un vero e proprio fondatore. Pone le sue basi
nelle teorie sociologiche di fine „800. sostiene che i mezzi di comunicazione di massa abbiano effetti
istantanei e non mediati sui singoli spettatori.
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esposizione ai messaggi e comportamento. Questa ipotesi si ricollega a molte altre
teorie dell‟epoca, in particolare a quella elaborata dalla psicologia behaviorista
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introdotta fin dal 1914 da John Watson. L‟elemento cruciale del Behaviorismo è
rappresentato dallo stimolo, un elemento estraneo al mondo interno del soggetto.
Secondo il behaviorismo il comportamento umano è regolato da abitudini e istinti
che sono direttamente osservabili; dallo studio di tali dinamiche di comportamento è
possibile individuare le regolarità con cui l‟individuo agisce, riuscendo anche a
prevedere gli atti individuali e orientarli predisponendo stimoli adeguati.
Per quanto riguarda il discorso relativo ai mass media e alla pubblicità, per il
Behaviorismo il messaggio persuasorio è assimilato ad uno stimolo che, se
opportunamente predisposto e trasmesso, può produrre risposte prevedibili. La
strategia migliore sarebbe dunque quella di bombardare con le stimolazioni pub-
blicitarie il pubblico associando i prodotti alla risoluzione dei bisogni umani; in tal
modo l‟individuo risponderà allo stimolo in base alla risposta che gli pare più adatta.
La strategia pubblicitaria pertanto è quella di creare un sistema che fa leva sui
bisogni fisiologici fondamentali secondo cui ad uno stato di bisogno corrisponde, per
riflesso condizionato, il prodotto pubblicizzato.
Per riflesso condizionato si intende la risposta che il soggetto dà alla
presentazione di uno stimolo condizionato, come può essere quello pubblicitario.
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Tale concetto venne introdotto dallo scienziato russo Ivan Pavlov agli inizi del „900
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Il Behaviorismo, o Comportamentismo, è un approccio alla psicologia sviluppato agli inizi del
Novecento e basato sull‟assunto che il comportamento esplicito è l‟unica unità di analisi scien-
tificamente studiabile della psicologia.
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Fisiologo, medico ed etologo russo legato alla scoperta del riflesso condizionato, teoria da lui stesso
annunciata nel 1903.
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