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pubblicitario: “calore di un sorriso…calore del tuo brandy”, “la gente che
conta, beve…”, ecc. Infine l’alcol è rimasto un simbolo di gruppo che lega
nelle condotte collettive di carattere festivo.
Tutto questo ha fatto sì, che molto tardi siano stati avviati studi specifici
sull’alcolismo negli ospedali delle città e della provincia.
Le difficoltà di reperire il materiale relativo a vere e proprie teorie
sperimentate non mi ha scoraggiato, ma anzi ha incentivato il mio desiderio
di conoscere una realtà sommersa ed angosciante, di capire il perché
dell’incremento dell’alcolismo tra i giovani e le donne, di sapere cosa può
essere effettivamente fatto dai servizi e delle strutture pubbliche per il
recupero degli alcolisti e per la prevenzione.
Non penso infatti che il solo volontariato possa contribuire a risolvere il
problema, perché l’alcolismo non è un dramma solo per chi ne è colpito,
ma coinvolge l’intero gruppo familiare e ha ripercussioni negative per
l’intera società.
Infatti, chiunque condivida l’esistenza di un alcolista vive spesso per lunghi
anni, in uno stato di continua incertezza, perché l’alcolista attivo è un
soggetto dal carattere mutevole e dall’umore imprevedibile; è
continuamente in ansia perché non sa mai quando e quanto berrà; è
tormentato dalla paura quando l’alcolista manifesta segni di violenza, è
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pieno di vergogna ed è solo, perché per “tutelare” il familiare alcolista non
si confida con nessuno e sfugge i contatti sociali.
L’alcolista poi non è affatto innocuo per la società. Come puntualmente
registrano le cronache giornalistiche, troppi incidenti automobilistici si
verificano a causa di persone che guidano in stato di ebbrezza, molti stupri
ed omicidi volontari vedono coinvolti soggetti che a causa dell’alcol hanno
perduto i freni inibitori.
Dallo studio effettuato per la stesura di questo lavoro ho potuto verificare
che la strada da percorrere in Italia a favore di una lotta all’alcolismo è
ancora molto lunga, soprattutto per quanto riguarda i problemi dell’alcol
correlati alla donna, che sono stati per lungo tempo un tema tabù, descritto
raramente dalla letteratura professionale. Nonostante una recente crescita
del numero di pubblicazioni, la maggioranza delle conoscenze sul bere
femminile si basa ancora spesso sulle impressioni personali e non sui
risultati delle ricerche.
Ringrazio gli operatori del settore degli ospedali di Borgo Trento, Soave e
Zevio, per avermi dato la possibilità di fare assistenza di volontariato nei
loro centri di terapia consentendomi di vivere in prima persona questo tipo
di realtà e, inoltre, per avermi concesso di consultare le loro riviste. Ma non
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trovando molte riviste di letteratura medica e psicologica ho dovuto
servirmi di progetti su riviste americane ed inglesi.
Nel convincimento di non poter arrivare all’analisi completa di un
fenomeno così complesso ho indirizzato la mia ricerca sulle differenti
problematiche alcologiche che riguardano i due sessi, su quelle a livello
familiare con particolare attenzione alle ripercussioni negative che
subiscono i figli di genitori alcolisti e sulle correlazioni alcol-depressione,
sui trattamenti per la cura della dipendenza da alcol.
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I Capitolo
DIFFERENZE TRA L’ALCOLISMO MASCHILE E
FEMMINILE
Bere fa ormai parte della vita sociale di tutti i giorni, le occasioni di
consumo dell’alcol si fanno sempre più numerose: al bar, con gli amici, alle
feste, ma anche a casa davanti alla TV. Un tempo bere era un’abitudine che
riguardava prevalentemente la popolazione adulta maschile, ma oggi
l’evoluzione del costume, l’indipendenza economica delle donne e dei
giovani, un frainteso senso di emancipazione ha avvicinato le donne e i
giovani all’alcol. La pubblicità presenta sempre più insistentemente
immagini di donne sofisticate o di giovani di successo che tengono tra le
mani un bicchiere. E la pubblicità, si sa, è spesso lo specchio della realtà o
una sua anticipazione.
Si parla molto dei fattori sociali e culturali responsabili delle caratteristiche
del bere femminile che sarebbero diversi dai fattori determinanti il bere
maschile. La prevalente cultura maschile nella società, la posizione della
donna ed il suo sfruttamento sociale, sarebbero alla base di molte
peculiarità descritte dagli studiosi (Patterson, Diana, 1995; Smith, 1992)
nel bere femminile: il bere solitario, il prevalente consumo di superalcolici,
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la fase avanzata dell’alcolismo nel momento dell’inizio del trattamento e le
differenze ormonali.
Analizzando le differenze tra l’alcolismo femminile e quello maschile ho
cercato di capire se esse siano riferibili a cause di tipo fisico, psicologico,
familiare o sociale, quali siano le motivazioni che inducono una donna a
bere, quali siano le modalità con cui assume alcolici, quali siano i suoi stati
d’animo, quali siano gli atteggiamenti che la società assume nei confronti
della donna che beve.
I.1 Caratteristiche della dipendenza alcolica femminile.
La scarsa documentazione e le poche ricerche sull’alcolismo femminile
evidenziano notevoli differenze nelle modalità di abuso di alcol tra uomini
e donne e mettono in rilievo come esse siano determinate da influenze
culturali, familiari e sociali presenti all'interno delle comunità di
appartenenza.
Alcuni studi hanno inoltre chiarito come la realtà femminile sia legata allo
specifico ciclo vitale, alle caratteristiche ormonali, cioè alla gravidanza,
alla Sindrome Alcolica Fetale, alla correlazione con i tumori al seno, al
ciclo mestruale…
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Secondo Wilke (1994) poi per un’analisi completa ed attendibile
dell’alcolismo femminile si deve tenere conto di quanto i pregiudizi
maschili abbiano influito sulla ricerca, sulla valutazione e sul trattamento
dell’alcolismo delle donne. Infatti, sebbene in molti casi i motivi che
portano all’alcolismo siano simili tra i due sessi e simili siano le cure da
intraprendere, non è certamente positivo che le differenze vengano spesso
minimizzate ignorate o addirittura definite anormali.
Per Patterson e Diana (1995) la focalizzazione troppo minuziosa sui
problemi fisici, psicologici e sociali può aver impedito di comprendere le
cause diverse che inducono le donne all’alcolismo e le diverse modalità di
assunzione di alcolici.
Le indagini epidemiologiche di qualche anno fa avevano evidenziato che le
donne bevevano meno degli uomini in quasi tutte le società e che maggiore
era il numero nel gruppo degli astinenti e degli astemi.
Negli ultimi vent’anni, però, essendosi fortemente modificato il
comportamento femminile in generale si è modificato anche il rapporto che
le donne hanno con l’alcol.
Come testimoniano alcuni importanti studiosi (Filmore, 1987; Wilsnack e
Cheloha, 1987; Wilsnack et al., 1984) oggi molte più donne che nel passato
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consumano alcolici regolarmente anche se presentano problemi correlati
all’alcol in età più avanzata rispetto all’uomo.
E’ stato dimostrato che gli uomini presentano problemi di dipendenza tra i
trenta e i quarantacinque anni, mentre le donne iniziano a sviluppare questo
tipo di dipendenza intorno ai trentacinque anni, quando cioè sono ancora
nel pieno della loro fertilità o intorno ai cinquant’anni, quando si
presentano i primi sintomi della menopausa (Ray, Ksir, pp. 278, 1990).
Nelle donne quasi sempre è più breve l’intervallo tra le prime assunzioni di
bevande alcoliche e gli stadi più avanzati della dipendenza, tanto che si
parla, in relazione alle donne, di sviluppo telescopico dell’alcol, in quanto
esse tendono a diventare alcoliste e a necessitare di cure in breve tempo.
Gli studi compiuti sugli effetti dell’alcol nell’organismo femminile
confermano l’ipotesi che esso sia più vulnerabile rispetto a quello maschile.
Secondo Rimmer et al. (1971) le donne raggiungono un’alcolemia acuta
più elevata dell’uomo, definita “plateau drinking”, perché raggiungono,
come ha certificato Anglin et al. (1987), più rapidamente il massimo della
concentrazione di alcol nel sangue.
Le donne inoltre dimostrano una grande variabilità giornaliera in fase di
alcolemia acuta, collegabile in parte alle fasi del ciclo mestruale; per questo
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è più difficile prevedere l’effetto che una determinata quantità di alcol può
produrre sull’organismo.
Una differenza tra l’alcolismo maschile e quello femminile è rappresentata
dal fatto che, mentre gli uomini sono soliti agli eccessi di ubriachezza, le
donne bevono ogni giorno e più volte nel corso della giornata, soprattutto la
sera. L’assunzione di bevande alcoliche avviene principalmente in casa e di
nascosto, mentre gli uomini bevono in compagnia, nei luoghi ufficialmente
deputati alla vendita di bevande alcoliche, per cui assumono in una o due
occasioni la dose giornaliera indispensabile (Smith, 1992).
Le donne per bere spendono il denaro riservato al bilancio familiare e
quando questo non è sufficiente arrivano a fare anche molti debiti.
Le donne, anche quando sono delle vagabonde o delle prostitute, tendono a
nascondere la loro dipendenza dall’alcol, confermando come esse sentano
il peso del giudizio sociale pur essendo delle emarginate (Child et al., 1965,
pp. 60).
Le donne, a qualsiasi categoria sociale appartengano, associano l’alcol ai
medicinali, in particolare ai sedativi come la benzodiazepina, soprattutto in
quei paesi come il Cile in cui è possibile acquistarli senza ricetta medica
(Araya,1994).
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Gomberg (1982) ha dimostrato che l’assunzione di alcol e di sedativi dà
luogo ad un effetto sinergico o ad un potenziamento degli effetti.
Ma perché le donne hanno iniziato a bere sempre di più?
Da un’indagine di Cooke del 1985 è emerso che quasi sempre l’abuso
dell’alcol nelle donne è solo il sintomo più vistoso di un profondo disagio
esistenziale, di una fase depressiva, di un “lutto” non elaborato.
Molte donne iniziano a bere perché non riescono a superare degli eventi
drammatici, le incertezze del futuro, ecc.
Tutti gli studiosi, oggi, classificano come alcoliste primarie le donne in cui
la depressione si manifesta come sintomo e alcoliste secondarie quelle in
cui la depressione è causa di assunzione di bevande alcoliche.
La donna, quando pensa di non essere all’altezza del ruolo di madre e di
moglie, inizia ad avvertire sensi di colpa, di inadeguatezza, rallenta i suoi
interessi e si ripiega su sé stessa, avverte impulsi autolesionisti e si dà al
bere come ha evidenziato Gomberg (1988).
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I.2 La stigmatizzazione sociale (idee stereotipate sull’alcolismo
femminile).
Nonostante l’alcolismo non risparmi nessuna classe sociale, la società
reagisce in modo diverso a seconda dello Status sociale e del sesso delle
persone dedite all’alcol.
Gli studi recenti, pur rivelando che rispetto ai giovani e alle giovani
l’atteggiamento della società non presenta sostanziali differenze, hanno
confermato che si continua a manifestare molta disapprovazione nei
confronti dell’intossicazione delle donne adulte e ad esprimere
atteggiamenti fortemente repressivi e colpevolizzanti.
La donna che beve non è né compresa né giustificata perché l’abuso di
alcolici non solo è ritenuto pericoloso per la salvaguardia della specie, data
la gravità delle malformazioni che colpiscono il feto se l’assunzione
avviene durante la gravidanza, ma anche perché non è in sintonia con gli
stereotipi che identificano la figura femminile con virtù come la purezza e
la rettitudine.
Non è da sottovalutare poi il fatto che l’alcol impedendo alle donne lo
svolgimento delle incombenze domestiche porta ad una seria
compromissione dell’economia familiare e dei rapporti affettivi
(Curlee,1967; Knupfor, 1964; Lawrenoe e Maxwell, 1962).
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Le donne che bevono vengono considerate delle irresponsabili, persone
prive di valori morali, persone immature; per loro non scatta l’alibi della
socializzazione in nome della quale spesso si giustificano o si tollerano gli
uomini che bevono al bar, in compagnia.
La donna che ha iniziato a bere entra allora in una terribile spirale, perché
vede negli altri come in uno specchio quello che crede di leggere dentro di
sé, così aumentano la scarsa considerazione ed i sensi di colpa e più forte
diventa l’impulso alla fuga dalla responsabilità (Child et al., 1965).
Come ha evidenziato Tilmore già nel 1987, la percentuale delle donne
alcoliste è in forte aumento mentre quella maschile ha registrato lievi
modifiche.
L’aumento dell’alcolismo femminile è dovuto essenzialmente ad un
malinteso senso di uguaglianza diffusosi recentemente tra le donne, le quali
recepita una minore discriminazione rispetto all’uomo in vari settori e
constatata l’affermazione di molte donne in campi un tempo di esclusivo
domino dell’uomo, hanno finito con l’assumere abitudini dannose per la
salute, come il fumo e l’alcol, un tempo quasi esclusivo appannaggio del
mondo maschile.
Per molte donne la conquista di spazi nuovi e della libertà o autonomia
sociale ed economica è avvenuta però accompagnata da squilibri e
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frustrazioni, da crisi d’identità e difficoltà ad accettare nuovi ruoli e
responsabilità.
Se difficile è stato per le donne di successo accettare il cambiamento,
traumatico è stato per molte donne che lavorano esclusivamente all’interno
dell’ambiente domestico, vedere come anche le donne, quelle in gamba,
siano riuscite a raggiungere posizioni prestigiose o a svolgere mansioni
delicate ed importanti.
Le casalinghe allora molto spesso in mancanza di forme di realizzazione
personale ricorrono all’alcol per far fronte alle loro frustrazioni.
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I.3 La donna alcolista e i rapporti con il marito, la famiglia e i
media.
Diversamente da quanto si potrebbe supporre a bere maggiormente sono le
donne sposate. Molte testimonianze di donne alcoliste rivelano che l’alcol
aveva avuto un ruolo importante nel loro matrimonio.
Spesso queste donne raccontano che hanno iniziato a bere per tenere
compagnia ai loro fidanzati o mariti, ritenendoli quasi responsabili di una
specie d’iniziazione. Molte donne hanno però confessato di avere ricevuto
dai loro partner incoraggiamenti ad entrare in centri di specializzazione per
alcolisti (Smith,1992).
In una ricerca condotta da Hessilbrock nel 1984, è stata dimostrata
l’associazione che esiste tra la donna bevitrice e chi le vive accanto. Una
donna che beve ammette di bere da tre a cinque volte al giorno se vive con
qualcuno che beve e la maggior parte delle donne in trattamento hanno
generalmente mariti o compagni alcolisti.
Durante il trattamento, contrariamente al passato, la donna alcolista decide
di divorziare, non considerando più la rottura del matrimonio come un
trauma insopportabile ma vedendola come una risoluzione di violenze
psichiche (Wilsnack,1991).
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Non tutti i mariti sollecitano le donne alcoliste ad affrontare una terapia.
Molti tendono a negare il problema fino a quando esso non diventa
evidente. Cercano allora di far controllare la moglie dai figli, tentano
ricoveri temporanei in cliniche private, cercano d’impegnarla assegnandole
nuovi lavori, ma tutti questi tentativi sono destinati al fallimento se non
seguiti da progetti terapeutici.
Molti partner inoltre, vittime della riprovazione sociale che colpisce le
donne che bevono, arrivano ad assumere un atteggiamento di totale rifiuto
delle loro compagne.
Le donne subiscono poi una notevole influenza da parte del mercato e della
moda.
Infatti il consumo di vino è progressivamente diminuito ed è aumentato il
consumo di bevande emergenti e fortemente propagandate, come i
superalcolici.
Inoltre, essendoci sul mercato amari alcolici registrati come medicinali, la
donna inizia ad abusare di questi prodotti nell’illusione che essi non siano
dannosi, dal momento che vengono esaltati i loro effetti anestetici o
psicotropi come rimedi per comuni patologie quali raffreddori o stati
dolorosi (Smith,1992).
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Sono quindi molte le cause che rendono più difficile per le donne l’uscita
dal tunnel dell’alcol, ma queste cause non sono impossibili da rimuovere.
Un radicale cambiamento culturale, la solidarietà e il sostegno affettivo dei
familiari, arrivare a capire che si possono sfruttare le proprie risorse per
affrontare la realtà e per allentare le tensioni o diminuire l’ansia, la capacità
di sopportare un disprezzo in quanto sentito immotivato, possono
assicurare alle donne alcoliste le stesse opportunità di difendere la propria
salute al pari degli uomini.