4
agganciandosi al seguito curato da Carlo Guarna – Logoteta e portandola
fino all’anno 1908»
4
.
L’immagine di De Giorgio rimane soprattutto indissolubilmente
legata a “Historica”, rivista culturale da lui fondata nel 1948 con il preciso
intento di offrire «a tanti giovani una palestra di lavoro e di studio»
5
. E
certamente il suo intento trovò una piena e compiuta realizzazione, giacché
“Historica” si è gradualmente affermata come vera e propria fucina di
talenti, e sulle sue pagine «si sono formate intere generazioni di storici
calabresi i cui studi onorano la cultura nazionale»
6
. D’altra parte,
moltissimi sono stati gli storici che, formatisi alla scuola del De Giorgio e
su “Historica”, hanno proseguito, ormai studiosi affermati, a collaborare
con la rivista, certo mossi dalla profonda stima nei confronti del fondatore.
Stima che egli non ha mai fatto mistero di ricambiare per tanti di loro.
Era, infatti, «uomo schivo ma cordiale, disponibile, paterno, che
incoraggiava chi voleva inserirsi nel campo degli studi storici»
7
. Molteplici
sono i riconoscimenti espressi da coloro i quali lo hanno conosciuto ed
apprezzato, non solo per le indubbie qualità umane, ma anche per le sue
qualità di docente e di storico.
In particolare, innumerevoli sono gli apprezzamenti per il suo
metodo di lavoro applicato agli studi storici, fondato principalmente sulla
4
D. COPPOLA, Un uomo cui tanto deve la cultura storica, cit., p. 81.
5
DOMENICO DE GIORGIO, Venticinque anni, in “Historica”, a. XXVI (1973), f. 1, p. 3.
6
P. CRUPI, La morte ignorata di Domenico De Giorgio, cit.
7
D. COPPOLA, Un uomo cui tanto deve la cultura storica, cit., p. 81.
5
ricerca d’archivio. Amava, infatti, ripetere che «lo studioso aveva l’obbligo
morale di trascorrere molte ore in archivio, così da dotare le proprie
indagini di una solida base documentaria, che andava esaminata, per quanto
possibile, con mente sgombra da pregiudizi».
8
Coerentemente con il suo pensiero, De Giorgio orientò il suo operato
di docente, stimolando i suoi studenti alla ricerca “sul campo”, vale a dire
negli archivi, nelle biblioteche, sul territorio. Era fermamente convinto
dell’importanza di fornire ai giovani un efficace metodo di ricerca, non
stancandosi di evidenziare «quell’interrelazione tra storia e geografia… che
ancora oggi non è sempre tenuta nella dovuta considerazione»
9
.
Ma De Giorgio si faceva apprezzare dai suoi allievi anche e
soprattutto «per la chiarezza e la semplicità della sua esposizione, per la
profondità dell’analisi e per la pacatezza delle osservazioni»
10
.
Tale chiarezza e tale profondità si percepiscono anche nella
trattazione di un tema che gli stava particolarmente a cuore: i moti calabresi
del 1847 e del 1848.
Infatti, quel generale e diffuso sommovimento europeo che
caratterizzò l’anno 1848 «venne anticipato proprio nel cuore del
Mediterraneo dalla rivoluzione del settembre 1847 a Reggio e Messina»
11
.
8
FERDINANDO CORDOVA, Ricordo di un maestro, in “Historica”, 2003, a. LVI, f. 2, p. 85
9
MICHELA D’ANGELO, Uno storico sensibile alla geografia, in “Historica”, 2003, a. LVI, f.
2, p. 93.
10
ROSARIO BATTAGLIA, Ricordando Domenico De Giorgio, in “Giornale di Storia
Contemporanea”, a. VI (2003), n. 2, p. 185.
6
Proprio dalla Calabria, “classica terra di guerriglia”
12
, e dalla
dirimpettaia Messina, si sarebbe dovuto diffondere, secondo le intenzioni
dei promotori del moto, l’entusiasmo liberale e rivoluzionario che sarebbe
giunto fino a Napoli. D’altra parte, era forte nelle classi popolari la
speranza di migliori condizioni di vita e il desiderio di novità, per cui ci si
aspettava una grande e sentita partecipazione di popolo.
Ma la rivoluzione fallì miseramente, più per cause ad essa interne
che per la repressione delle forze governative. Troppa impazienza, troppa
inesperienza e soprattutto una pressoché totale assenza di coordinamento
tra i vari capi, furono le cause che portarono alla sconfitta i liberali reggini
e messinesi. Il moto del ’47 fu quindi «deleterio in rapporto a quello del
’48»
13
.
Tuttavia, il suo studio risulta di particolare interesse storico, non
soltanto perché «lasciò un tale strascico di tensioni che fu proprio dal
Regno delle Due Sicilie»
14
, e precisamente da Palermo, che, qualche mese
più tardi, prese avvio il moto che infiammò l’Europa tutta, ma anche perché
dimostrò, pur nella sua assenza di risultati, che la Calabria partecipò al
moto risorgimentale.
11
PASQUALE AMATO, Il Risorgimento oltre i miti e i revisionismi, Città del Sole ed., Reggio
Calabria, 2005, p. 61.
12
D. DE GIORGIO, Figure e momenti del Risorgimento in Calabria, Peloritana Editrice,
Messina, 1971, p. 9.
13
Ivi, p. 10.
14
P. AMATO, Il Risorgimento oltre i miti e i revisionismi, cit., p. 69.
7
De Giorgio si domanda, infatti, se «si possa parlare di una via
calabrese all’Unità»
15
, cioè se siano esistiti, nel moto del 1847, dei caratteri
di originalità che lo distinguono dalle esperienze siciliane e napoletane.
Effettivamente, egli rileva che, pur senza un’ampia partecipazione
popolare (che non poteva esserci perché i contadini erano “per tradizione
rassegnati e fatalistici”
16
), il moto fu la dimostrazione che i liberali
calabresi, che costituivano certo un’esigua minoranza, seppero lottare «per
il risorgimento politico, ma anche sociale ed economico della loro terra»
17
.
Essi agirono su un substrato sociale e culturale particolarmente difficile,
ovvero su una popolazione la cui vita
<<non è sostanzialmente diversa da quella delle altre regioni del Regno
di Napoli, anche se con particolari caratteri dovuti ai costumi e ai
sentimenti di questo popolo che ha caratteri forti e violenti, rudi ma
sinceri, scettici e sentimentali, generosi e accoglienti coi forestieri, ma
riservati e chiusi, sobri e parchi; questo popolo assetato di giustizia non
crede alla giustizia degli uomini e spesso tenta di farsela da sé >>
18
.
15
GIUSEPPE MASI, Per una biografia critica di Domenico De Giorgio, in “La Questione
meridionale”, Pellegrini Editore, Cosenza, a. I (2003), n. 1, p. 32.
16
Ibidem.
17
D. DE GIORGIO, Benedetto Musolino e il Risorgimento in Calabria, Ed. Historica, Reggio
Calabria, 1953, p. 4.
18
Ivi, p. 5.
8
Il lavoro si sviluppa in tre capitoli. Il primo intende fornire alcuni
cenni biografici su Domenico De Giorgio, focalizzando l’attenzione sulla
sua opera di storico e sui contributi da lui forniti agli studi sul
Risorgimento calabrese, soprattutto attraverso “Historica”.
Il secondo capitolo presenta una trattazione generale degli
avvenimenti che interessarono Reggio Calabria nel 1847, cioè la
successione degli eventi che portarono allo scoppio del moto del due
settembre di quell’anno. Tale esposizione sarà supportata dai principali
contributi storiografici sulla questione, quali quelli del Visalli, del Guarna
o del Cingari, nonché da fonti d’archivio, come gli atti processuali del
tempo o le memorie dei protagonisti.
Il terzo capitolo vuole porre l’accento sull’interpretazione di De
Giorgio degli avvenimenti del tempo. In particolare, egli si sofferma
sull’esame del contesto sociale ed economico calabrese del tempo, nonché
su alcune figure di assoluto rilievo, come Domenico Romeo e Benedetto
Musolino. Altrettanto degna di nota è l’analisi che egli compie delle
singole forze sociali che si resero protagoniste degli eventi (vale a dire i
preti, il popolo, la borghesia e le forze liberali), osservate ciascuna
distintamente nei propri caratteri peculiari.
L’obiettivo che s’intende raggiungere è dimostrare che il contributo
di De Giorgio alla storiografia sui moti del 1847 è stato caratterizzato da
una certa originalità rispetto ai precedenti, e cioè che ha fornito dei nuovi e
9
validi motivi per far rientrare a pieno titolo la Calabria fra le terre che
parteciparono attivamente al processo risorgimentale italiano.
10
CAPITOLO I
DOMENICO DE GIORGIO (1908-2003)
I. 1. L’uomo di cultura.
Domenico De Giorgio nasce il 23 marzo 1908 ad Oppido Mamertina,
piccolo centro in provincia di Reggio Calabria, da Pietro e Annunziata
Priolo.
Comincia a frequentare le scuole elementari del paese a partire
dall’anno scolastico 1913-14, evidenziando un buon profitto, soprattutto
nelle due ultime classi. Difatti, «con la terza classe ha termine l’impegno
scolastico presso la scuola pubblica comunale»
19
. Il padre Pietro è
dipendente del Seminario, presso il quale svolge l’attività di giardiniere, ed
è perciò naturale che questi pensi di far proseguire gli studi al figlio presso
quell’Istituto, «struttura allora quanto mai frequentata e fornita di ottimi
insegnanti»
20
.
Ancora adolescente, Domenico De Giorgio lascia il paese natale per
trasferirsi nel Capoluogo, dove consegue la licenza liceale e quella
19
ROCCO LIBERTI, Domenico De Giorgio (1908-2003), in “Calabria sconosciuta”, a.
XXVI (2003), n. 99, p. 65.
20
Ibidem.
11
magistrale. S’iscrive poi presso la Facoltà di Magistero dell’Università di
Messina, dove si laurea in filosofia con il prof. Ugo Spirito.
Ancora prima, nel 1928, è Istitutore dell’“Orfanotrofio Provinciale”
di Reggio Calabria. Proprio qui avviene l’incontro con Domenico Scoleri,
al quale lo uniscono la passione per la filosofia e la storia, e col quale
condividerà “anni di lavoro, di studio e di poesia”
21
, sempre legati da
profonda amicizia.
Nel frattempo il giovane De Giorgio si diletta di poesia: risale al
1931 la sua prima pubblicazione in versi dal titolo Zingara, sotto lo
pseudonimo di Talatta, mentre è del 1935 il volumetto Primule, che
contiene trentadue odi.
Conseguita la laurea, De Giorgio si dà all’insegnamento. Dapprima,
dal 1946 al 1958, insegna Storia e Filosofia presso il Liceo Classico
reggino “Tommaso Campanella”, facendosi subito apprezzare dagli
studenti per la sua preparazione e per la chiarezza nell’esposizione di eventi
storici e dottrine filosofiche, che «erano essenziali, senza orpelli inutili,
poiché coglievano il significato profondo degli argomenti trattati»
22
.
In seguito supera l’apposito concorso ed è nominato Preside
dell’Istituto Magistrale “Gabriele D’Annunzio” di Reggio Calabria, per poi
21
DOMENICO ROMEO, Domenico De Giorgio e la sua “Historica”, in “Historica”,
2003, a. LVI, f. 2, p. 68.
22
DOMENICO da EMPOLI, Un docente di solido spirito liberale, in “Historica”, 2003, a. LVI,
f. 2, p .88.
12
trasferirsi nei Licei Classici di Cittanova e Palmi, negli anni che vanno dal
1960 al 1963.
La sua carriera di docente ha il suo epilogo a Messina, presso il
Liceo Classico “La Farina” dove è preside dal 1964 al 1978, anno in cui si
ritira in pensione.
Proprio a Messina, De Giorgio ha modo di esprimere ad un livello
più alto le sue doti di storico e d’insegnante: è infatti libero docente di
Storia del Risorgimento presso le Facoltà di Economia, Giurisprudenza e
Scienze Politiche. In quest’ultima, tiene, fino al pensionamento, anche la
cattedra di Storia dei Movimenti e dei Partiti Politici. Per altro, gli anni
trascorsi nella facoltà di Scienze Politiche «coincisero felicemente con
quelli dell’insegnamento di un altro grande storico del Risorgimento e del
Mezzogiorno, Gaetano Cingari»
23
.
È qui, nell’ambito universitario, che De Giorgio riesce a trasmettere
a tanti studenti, una futura generazione di storici, quel metodo di ricerca
d’archivio coniugato alla ricerca sul territorio che tanta importanza ebbe
nella sua formazione di studioso. A lui, nonché a Cingari, «si deve lo
sviluppo di un filone di studi… che ha portato a risultati notevoli nella
conoscenza della società e della politica calabrese dell’Ottocento»
24
.
23
G. BUTTA’, Un’eredità scientifica e umana cui continueremo ad attingere, cit., p.
79.
24
Ibidem.