Premessa
Numerosi scandali finanziari, nonché l'emergere di nuove problematiche legate ai
mercati e ai mutati contesti economici, hanno provocato un ripensamento delle maggiori
questioni riguardanti il governo societario e hanno reso necessario l'intervento del
legislatore. Intervento al tempo stesso indotto dalla globalizzazione dei mercati, nei
quali il tema del governo societario ha progressivamente assunto significato anche per le
piccole e medie imprese, come fattore di sviluppo della competitività.
Negli ultimi dieci anni, con molteplici e articolati interventi normativi, il legislatore
è intervenuto più volte per modificare l'assetto della governance societaria. A un primo
profondo intervento di riforma delle società di capitali e cooperative, contenuto nel
D.Lgs. 6/2003, sono succeduti diversi provvedimenti, taluni volti a completare la nuova
disciplina, altri destinati a incidere nuovamente dove già si era intervenuti.
Ciò che si pone in evidenza è che il generale ammodernamento della struttura
organizzativa esige l'identificazione di più efficienti meccanismi di controllo, ambito in
cui i nodi ancora aperti sono numerosi. Anche in questo contesto spesso gli interventi
non sono stati coerenti dal punto di vista sistematico, determinando talvolta delle
incongruenze con il quadro normativo esistente e costringendo a ulteriori interventi
“riparatori”.
Il presente lavoro di tesi si propone di esaminare il tema della razionalizzazione dei
controlli con riferimento alla funzione dell'organismo di vigilanza ex D.Lgs. 231/2001,
1
alla luce del dettato della c.d. “legge di stabilità 2012” che prevede la facoltà di
attribuirla al collegio sindacale.
L'intera trattazione si incardina sul fatto che, nel silenzio del legislatore, la
composizione dell'organismo di vigilanza continua a costituire uno degli argomenti più
discussi fra gli esperti e gli studiosi della “normativa 231”, atteso che Linee Guida
emanate dai soggetti autorizzati e la dottrina vi hanno ampiamente dibattuto senza
trovare unanimità di vedute.
Con la progressiva introduzione di nuove fattispecie di reato-presupposto, che
hanno ampliato la sfera di soggetti interessati a dotarsi di un organismo di vigilanza, ci
si è interrogati su quale fosse la soluzione più idonea specie per i soggetti di piccole e
medie dimensioni, che costituiscono la maggioranza del comparto imprenditoriale
italiano, per evitare eventuali duplicazioni di funzioni.
In tale ambito ha incominciato a farsi strada l'ipotesi che il collegio sindacale,
l'organo più autonomo e indipendente nella corporate governance societaria, potesse
assumere anche la veste di organismo di vigilanza.
Nelle pagine seguenti, in primo luogo, verrà fatto un excursus sui soggetti che,
nelle società di capitali, sono a vario titolo chiamati ad espletare funzioni di controllo, al
fine di mettere in rilievo l'articolazione e la complessità del sistema dei controlli.
L'attenzione verrà poi focalizzata sulla disciplina del collegio sindacale e
dell'organismo di vigilanza, in quanto l'analisi dei profili attinenti, ad esempio, la
composizione e il ruolo ricoperto, è di fondamentale importanza per comprendere se le
funzioni svolte dai due organi in questione sono sovrapponibili.
Seguirà l'esposizione del tentativo di riforma del decreto 231 ad opera della sopra
2
citata legge di stabilità, con l'illustrazione delle tesi favorevoli e contrarie che si sono
sviluppate circa l'attribuzione al collegio sindacale delle prerogative dell'organismo di
vigilanza.
Infine sarà illustrata la tendenza evidenziata dalla prassi circa la configurazione
dell'organismo di vigilanza, prendendo come campione di riferimento le società
industriali che compongono il FTSE MIB e confrontando i risultati ottenuti con indagini
empiriche di autorevole fonte svolte in epoche precedenti.
3
Capitolo Primo
I CONTROLLI SOCIETARI
SOMMARIO: 1. Gli operatori del controllo. - 2. Il “reticolo dei controlli”. - 3. Recenti interventi
normativi in ambito di controlli.
1. Gli operatori del controllo
La materia dei controlli nelle società di capitali rappresenta uno dei temi
fondamentali della corporate governance negli ordinamenti dei paesi industriali
avanzati. La corporate governance può essere intesa, con i limiti propri di ogni
semplificazione, come l'insieme dei meccanismi di governo e di controllo delle
imprese
1
.
Il “governo” ha sempre costituito oggetto di attenzioni ben superiori rispetto al
“controllo”, almeno fino agli anni più recenti, quando il tema è assurto agli onori delle
cronache nazionali e internazionali in seguito al manifestarsi di noti crac economico-
finanziari; ciò è avvenuto nel 2000 con i casi Enron, Worldcom, Vivendi e
successivamente in Italia, con gli scandali Parmalat e Cirio risalenti al 2004.
I controlli societari hanno la funzione sociale di tutelare gli interessi di tutti gli
stakeholders, anche se è opportuno che nelle diverse realtà vengano modulati in
1 Cfr. AA.VV ., Il sistema dei controlli, in Collana di Management no. 10 (Corporate governance), Il
Sole 24 Ore – Università Bocconi Editore – La Repubblica, Milano, 2006, p. 432.
4
funzione delle specifiche caratteristiche aziendali. Si pensi al differente contesto
normativo in cui si opera (c.c., Tuf, etc.), al modello di governance adottato
(tradizionale, monistico, dualistico), nonché alle numerose altre variabili (dimensioni,
settore, etc.) che impongono o suggeriscono una determinata articolazione del sistema
dei controlli
2
.
Per questo motivo, ad esempio, gli enti di interesse pubblico sono sottoposti, in
linea generale, a controlli più rigidi, proceduralizzati e svolti da numerosi soggetti.
Considerato il ruolo fondamentale dei controlli, si è riscontrata nel tempo la
tendenza del legislatore a intensificarli. Qualora si desideri individuare i principali attori
del controllo, appare di immediata evidenza che i soggetti interessati sono assai
numerosi. Nel seguito della trattazione ne viene fornita una panoramica, evidenziando
brevemente la funzione ricoperta da ciascuno e le interazioni fra di essi.
1.1. Il consiglio di amministrazione
Dinanzi alla crescente complessità dell'organizzazione d'impresa, la funzione
primaria del consiglio di amministrazione (di seguito anche CdA), almeno nelle società
medio-grandi, non consiste nell'amministrazione della società, ma nel controllo
dell'attività di gestione svolta dai managers; tale dovere deve ritenersi adempiuto non
tanto attraverso l'osservazione diretta e costante dell'attività dei managers, bensì
piuttosto mediante l'installazione e il monitoraggio di sistemi che forniscano agli
amministratori le informazioni necessarie per valutare la correttezza del processo
decisionale
3
.
2 Cfr. AA.VV ., Il sistema dei controlli, cit., p. 432 ss.
3 Cfr. EISENBERG M.A., Obblighi e responsabilità degli amministratori e dei funzionari delle società
nel diritto americano, in Giurisprudenza Commerciale, 1992, p. 617 ss.; ID., Corporations and Other
5
La tendenza a considerare il ruolo del consiglio di amministrazione incentrato sulla
direzione strategica e sulla supervisione dell'attività di gestione emerge dal contesto
internazionale ed ha influito anche sul legislatore italiano che, con la riforma del 2003,
ha introdotto l'obbligo di costruire assetti organizzativi, amministrativi e contabili
adeguati e di vigilare sui medesimi
4
.
In particolare gli organi delegati curano che gli assetti siano adeguati alla natura e
alle dimensioni dell'impresa (art. 2381 c.c., 5 comma), mentre il consiglio di
amministrazione ne valuta l'adeguatezza sulla base delle informazioni ricevute (art.
2381 c.c., 3 comma).
1.2. Il collegio sindacale
Della funzione di controllo del collegio sindacale (di seguito anche collegio) ci si
occuperà dettagliatamente nel capitolo successivo, al paragrafo titolato “Ruolo del
collegio sindacale”; in questa sede ci si limita a sottolineare che il collegio, come
sancito dall'art. 2403 c.c., vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto
dei principi di corretta amministrazione e, in particolare, sull'adeguatezza degli assetti
adottati dalla società e sul loro concreto funzionamento.
Svolge dunque innanzitutto un controllo di legalità, sia formale che sostanziale,
mentre non può sindacare il merito della gestione, ovvero l'opportunità e la convenienza
delle scelte manageriali, che sono assistite dalla c.d. business judgement rule: le
operazioni gestorie degli amministratori non sono sindacabili se non in caso di
manifesta irrazionalità oppure di palese assenza di procedimenti di valutazione dei
Business Organizations: Cases and Materials, New York, 2000, p. 204.
4 Cfr. IRRERA M., Assetti organizzativi adeguati e governo delle società di capitali, Milano, Giuffrè,
2005, p. 8 ss.
6
profili economici, finanziari, tecnici dell'operazione e cioè, in sostanza, per violazione
delle regole di corretta gestione
5
.
Il controllo di correttezza gestionale consiste nella verifica dell'osservanza delle
regole tecnico-aziendalistiche che concretano la diligenza professionale del buon
amministratore (cfr. art. 2392 c.c.)
6
. Dalla lettera dell'art. 2403 c.c. si evince che
l'obbligo di costruire assetti adeguati rappresenta un'espressa esplicitazione del dovere
di corretta amministrazione (la dottrina ha definito gli assetti come presidio avanzato
della corretta gestione
7
).
Da evidenziarsi che il controllo sull'adeguatezza degli assetti è affidato sia
all'organo di gestione che all'organo di controllo, anche se viene esercitato con modalità
differenti in quanto il primo valuta, il secondo vigila, anche sul concreto funzionamento.
1.3. Il revisore legale dei conti
Il controllo contabile, fatta eccezione dei casi in cui può essere svolto dal collegio
sindacale
8
, viene esercitato da un revisore legale o da una società di revisione legale.
La revisione è un'attività svolta da parte di revisori indipendenti che applicano
statuite procedure al fine di accertare la conformità del bilancio alla legge, interpretata e
integrata dai principi contabili di riferimento. Tale attività conduce alla formazione e
all'espressione, con apposita relazione, di un giudizio professionale sull'attendibilità
sostanziale del bilancio
9
.
5 Sul punto si veda, tra le decisioni più recenti, Sentenza della Corte di Cassazione, 12 agosto 2009, n.
18231, in Diritto & Giustizia, 2009.
6 Cfr. MONTALENTI P., Controlli societari: recenti riforme, antichi problemi, in Giurisprudenza
Commerciale, 2011, volume 64, fascicolo 5, p. 539.
7 Cfr. CA V ALLI G., Sub. art. 149 Tuf, in Testo Unico della Finanza, commentario diretto da G.F.
Campobasso, II, Torino, Emittenti, 2002, p. 1241.
8 Cfr. art. 2409-bis, 2 comma, c.c.
9 Cfr. AA.VV ., Il sistema dei controlli, cit., p. 463.
7
Il soggetto incaricato del controllo contabile deve informare senza indugio la
Consob e il collegio sindacale dei fatti ritenuti censurabili (art. 155, 2 comma, Tuf) e
quindi anche di eventuali criticità nelle procedure di controllo interno, in particolare in
materia contabile; da notarsi che tali procedure sono comunque parte integrante degli
assetti
10
.
1.4. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari
La legge n. 262/2005, contenente disposizioni finalizzate a rafforzare la tutela dei
risparmiatori in seguito alle vicende finanziarie che hanno interessato alcuni importanti
gruppi italiani, ha introdotto la figura del dirigente preposto alla redazione dei
documenti contabili societari, attribuendo ad essa significative funzioni di controllo
sull'informativa contabile e finanziaria e rendendone obbligatoria la nomina nelle
società quotate (le società non quotate possono comunque nominarlo su base
volontaria).
Il dirigente preposto, in base al disposto dell'art. 154-bis del Tuf, deve redigere una
dichiarazione scritta che attesti la corrispondenza ai libri e alle scritture contabili degli
atti e delle comunicazioni della società diffusi al mercato e relativi all'informativa
finanziaria. In particolare viene dettagliato il contenuto della relazione sul bilancio, che
deve sottoscrivere unitamente agli amministratori delegati.
Inoltre, predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la
formazione del bilancio d'esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato, nonché di
ogni altra comunicazione di carattere finanziario.
Anche tali procedure fanno certamente parte degli assetti organizzativi, dunque
10 Cfr. MONTALENTI P., op. cit., p. 545.
8