1
La ricerca qualitativa
La ricerca qualitativa svolta per questa tesi aveva l’obiettivo di comprendere gli
atteggiamenti, i comportamenti e le percezioni dei futuri e neo genitori nella fase di
acquisizione di conoscenze e competenze relative alla gravidanza, al parto e al primo
periodo di vita con il bambino. Gli strumenti utilizzati sono stati l’intervista semi-
strutturata ad alcune coppie con figli e l’analisi del contenuto di alcuni manuali e riviste
specializzate destinati alle gestanti e ai neo genitori.
L’utilizzo di ambedue le tecniche di tipo qualitativo ha consentito, attraverso i
racconti dei genitori, di evidenziare gli aspetti più individuali legati all’evento della
nascita di un figlio (ad esempio, le decisioni riguardo al concepimento, a come
affrontare la gestazione e il parto) e, in parallelo, con il sostegno dell’analisi del
contenuto, ha dato voce anche alle richieste sociali connesse a questo evento biografico.
In particolare ho potuto verificare quanto il sapere esperto cooperi a generare e
consolidare determinate visioni e aspettative rispetto alla maternità e paternità che
1
possono spesso creare confusione nei futuri genitori.
1.1 Le interviste in profondità
Per quanto riguarda le interviste, ho deciso di focalizzarmi su un gruppo di neo
genitori al primo figlio, corrispondenti a un profilo socio demografico specifico, ovvero
con un’età compresa tra i 31 e i 38 anni, residenti a Milano, con elevato titolo di studio.
Questa scelta è motivata dal fatto che una serie di indagini dell’Istat (2007b, 2007a e
2006c) ha registrato, a partire dal 1995, un aumento del tasso di fecondità proprio tra le
donne oltre i 30 anni, residenti nel Centro e nel Nord e con titolo di studio medio alto.
Risulta pertanto di grande interesse comprendere motivazioni, problematiche e punti di
vista di questa specifica popolazione.
Le interviste sono state svolte tra il 9 e il 21 febbraio 2008 e hanno visto la
partecipazione di sette persone: tre coppie di neo genitori e una neo mamma. Nel caso
1
Per una spiegazione del concetto di sapere esperto si rimanda al capitolo 3, par. 3.1.
5
delle coppie, l’intervista è stata fatta a entrambi i partners contemporaneamente, al fine
di valutare e far emergere diversi punti di vista su medesime questioni e stimolare una
dialettica di coppia che consentisse una più completa espressione di entrambi gli
intervistati. Per tutelare la privacy degli intervistati, ho utilizzato dei nomi di fantasia.
Per una visione completa delle caratteristiche socio demografiche degli intervistati, si
rimanda all’Appendice.
1.2 L’analisi del contenuto
Ho inoltre analizzato il contenuto di dodici manuali e di due opuscoli informativi
(questi ultimi, realizzati dalla Regione Lombardia e distribuiti nei consultori e nei
reparti maternità degli ospedali). I manuali sono stati scelti tra quelli più diffusi e
facilmente reperibili nelle normali librerie, editi negli ultimi dieci anni (a parte un unico
caso, edito nel 1987). L’analisi ha riguardato tre tipologie di testi dedicati a fasi diverse:
gestazione, puerperio, educazione del bambino. Gli autori sono sia italiani che stranieri.
L’analisi delle riviste italiane (a periodicità mensile) si è concentrata su cinque
numeri di alcune tra le testate più note, usciti tra il luglio 2007 e il febbraio 2008. È
stata analizzata anche una rivista tedesca al fine di rilevare eventuali differenze di
approccio.
I manuali e le riviste oggetto di analisi sono elencati in un’apposita sezione dopo la
bibliografia.
6
2
Il quadro demografico
Parlare di genitorialità nella tarda modernità significa affrontare fenomeni
demografici che stanno caratterizzando la nostra epoca in modo del tutto peculiare.
Alcune di queste tendenze, come vedremo, hanno ripercussioni dirette sulle modalità
con cui i futuri genitori si preparano alla nascita del primo figlio e ai primi mesi di vita
in tre. In estrema sintesi, questi fattori sono: a) la tendenza sempre più marcata a
limitare a uno o a due il numero di figli; b) la conseguente semplificazione delle
strutture familiari e della rete parentale; c) la genitorialità vissuta come scelta
razionalmente operata, per lo più in una fase della vita di piena maturità, accompagnata
da un fortissimo investimento affettivo.
2.1 La Seconda Transizione Demografica
È noto il fatto che le società occidentali siano investite da potenti tendenze alla
denatalità. Quella della (prima) Transizione Demografica è una teoria monocausale che
associa a una diminuzione del tasso di mortalità un conseguente calo dei tassi di
natalità. L’individualizzazione, la razionalizzazione e la secolarizzazione della società
hanno influito nel determinare questo tipo di quadro: da un equilibrio basato su alta
mortalità e alta fecondità, si è passati a un altro equilibro fondato su bassa mortalità e
bassa fecondità.
La Seconda Transizione Demografica (STD), il cui inizio Micheli (1995) colloca
nella seconda metà degli anni ’60 del XX secolo, è caratterizzata invece da una
combinazione di mortalità e natalità che non assicura più la crescita zero della
popolazione. È in quest’ottica che possiamo leggere i dati sui tassi di fecondità delle
società industrializzate che, dalla seconda metà degli anni ’70, sono sistematicamente
sotto il tasso di sostituzione di 2,1 figli per donna. Nel caso dell’Unione Europea
(Figura 1) abbiamo assistito ad un calo del tasso di fecondità dal 2,69 del periodo tra il
1960-1964, all’1,40 del 1995. Nello stesso arco temporale in Italia siamo passati dal
2,46 all’1,19 (Chesnais, 1996). Il dato del 1995, per quanto riguarda l’Italia, ha
rappresentato il minimo storico e costituisce un record negativo a livello mondiale.
7
Figura 1 - Tassi totali di fecondità in Italia e UE, 1964-1995
2,8
2,6
2,4
2,2
It alia
2
Unione
1,8
Europea*
Tasso di
1,6
sostituzione
1,4
1,2
1
* Sono esclusi i dati di Austria, Finlandia e Svezia.
Fonte: Eurostat; Monnier and de Guilbert-Lantoine 1996:1020, ISTAT, 2007
Ma la STD non si riduce a una mera sintesi quantitativa del fenomeno “denatalità”. È
piuttosto il sintomo e la conseguenza di un contesto sociale e culturale in cui ogni scelta
considerata come irreversibile viene scansata e allontanata, anche solo nel tempo. In
un’epoca in cui tutto è precario e temporaneo, tutto è reversibile e intercambiabile, tutto
è potenzialmente soggetto al “diritto di recesso”, la nascita di un figlio rappresenta forse
l’ultimo e l’unico evento “per sempre”. Non solo perché crea un legame genitore-figlio
che resterà indissolubile, ma perché estende questa indissolubilità anche al legame con
il partner con cui lo si è generato. Se in passato questo punto di “non ritorno” era
rappresentato dal matrimonio, il divorzio e le nuove forme di convivenza lo hanno
spostato più avanti.
Nel contesto della STD la condizione normale per un coppia non è tanto il controllo
della procreazione, quanto l’assenza di procreazione (Saraceno e Naldini, 2007). La
rivoluzione contraccettiva ha fatto sì che la nascita di un figlio non sia più un destino
ineluttabile che si può al massimo tentare di gestire e sorvegliare, quanto una decisione
ponderata, frutto di una scelta razionale e consapevole. Per la prima volta, nella nostra
8
1960-64
1965-69
1970-74
1975-79
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
realtà sociale è divenuto possibile non solo scegliere se avere figli, ma anche decidere
2
quando averli e quanti averne.
La nascita del primo figlio si verifica inoltre sempre più in là negli anni: in Italia l’età
media della madre alla nascita del primo figlio è rimasta stabile intorno ai 25 anni per
molti decenni, ma a partire dalle generazioni di donne nate nella seconda metà degli
anni ’50 è andata progressivamente aumentando passando dai 25,7 anni del 1961 ai 29,0
del 2003, con una previsione di arrivare a 30,8 nel 2010 (Istat, 2007c). Nel 1970 l’età
media al parto delle donne era di 28,3 anni, nel 2004 era salita a 30,8 anni (Istat, 2007e).
A livello europeo, l’andamento è del tutto simile, come si può evincere dalla Figura 2.
Figura 2 - Età media della donna alla nascita del primo figlio nella EU25
30,00
29,5029,5029,50
29,4029,40
29,00
28,9028,90
28,50
28,2028,20
28,00
27,6027,60
27,50
27,1027,10
27,00
198019851990199520002003
Fonte: Report on the evolution of the family in Europe 2006, Institute for Family Policies, Madrid.
Le cause di questa posticipazione sono diverse e non è obiettivo di questo elaborato
esaminarle. In estrema sintesi, comunque, è possibile citare, oltre all’efficacia delle
tecniche contraccettive, anche il mutato ruolo femminile nella società e la lunghissima
permanenza dei giovani nella famiglia di origine. Si è quindi assistito a una dilazione
degli eventi di passaggio all’età adulta che inevitabilmente sposta più avanti nel tempo
anche l’ultimo di questi marker (la genitorialità).
2
Tuttavia, come fa notare Micheli (1995), in alcuni casi la procreazione non è più una scelta in
positivo, quanto piuttosto il risultato di una non-decisione, cioè l’esito della scelta di non decidere di non
avere un figlio.
9
Il figlio è, di conseguenza, il frutto di una scelta della piena maturità. Spesso è
programmato, desiderato, tenacemente ricercato. E quando arriva, si trova a ricoprire un
ruolo di assoluto primo piano nella vita dei neo genitori, che in lui trovano senso e
realizzazione. I risultati di alcuni inchieste condotte dall’Istituto di Ricerche sulla
3
popolazione (IRP) sono illuminanti: l’88% del campione ritiene che quello con i figli
sia il legame più stretto che si possa avere nella vita; l’80% pensa che “fare il genitore
sia una delle più grandi soddisfazioni della vita”. La nascita di un figlio non è più
avvertita come un dovere sociale, bensì come un elemento di autorealizzazione, un
completamento della relazione di coppia e una fonte di gratificazione affettiva.
Anche le interviste che ho realizzato per questo lavoro hanno evidenziato questo
aspetto. Alla domanda sul perché gli intervistati avessero deciso di fare un figlio, ecco
tre delle risposte più significative:
In fondo, c’è sempre la domanda: alla fine della vita cosa lasci? [...] non essendo credente mi dicevo che
dovevo trovare qualcos’altro che mi desse pieno significato; ho sempre pensato che le due strade fossero:
una, affermarsi come persona nel mondo [...], l’altra strada era trasmettere qualcosa di fisico, cioè un figlio
[...] (Michele, 38 anni).
È triste invecchiare insieme e basta... non sarebbe una prospettiva... per compiere un percorso insieme.
Invece il percorso insieme, con una famiglia, diventa un percorso verso il futuro, verso una... una ascesa
(Margherita, 32 anni).
C’è sicuramente una componente egoistica... lo fai per scelta... è un ruolo che ti piace avere, quello di
padre e di educatore... forse perché ti piaci come individuo e come coppia e sei convinto che puoi anche
insegnare qualcosa di bello a un bambino... perché egoisticamente mi piace vivermi l’esperienza di padre...
poi è chiaro che si trasforma in una scelta di generosità, questo è ovvio, però ti dà un sacco di esperienze e di
emozioni che diversamente non hai (Ettore, 36 anni).
Il figlio diventa quindi oggetto di un investimento affettivo senza precedenti. E in
questo percorso assistiamo a quello che Monini e Carli (1997, p. 293) hanno
efficacemente descritto come la compresenza di due movimenti opposti: un movimento
con direzione centripeta che “ha a che fare con il progressivo circoscriversi sia delle
funzioni di cura (specie del bambino piccolo) che del sentimento di responsabilità nei
suoi confronti sulla coppia genitoriale” attraverso un processo di “insediamento tra le
3
L’Istituto di Ricerche sulla Popolazione ha condotto tre inchieste negli anni 1984, 1987-1988 e 1991
riguardanti le opinioni degli italiani su natalità e nuzialità, immigrazioni e altri temi. I risultati sono
pubblicati in Palomba (1991) e citati anche in Binda (1997).
10
mura domestiche”; un secondo movimento centrifugo “dai genitori verso le professioni.
Sempre più competenze e saperi sono riconosciuti e cercati all’esterno della propria
esperienza diretta e personale [...]”.
Così, mentre da un lato la famiglia nucleare si chiude sempre più in se stessa
perdendo progressivamente la capacità e l’opportunità di condividere le responsabilità
4
del lavoro di cura con altre figure (per esempio della cerchia parentale), dall’altra la
salute, l’educazione, l’alimentazione, la cura della gestante prima e dei figli poi
vengono sempre più delegati al sapere esperto rappresentato da ginecologi, ostetriche,
pediatri, psicologi, pedagogisti.
2.2 La famiglia e le sue trasformazioni
La famiglia di oggi è il risultato di due processi di modificazione: uno di lungo
periodo che ha avuto inizio con i processi di individualizzazione, secolarizzazione e
razionalizzazione dell’età moderna, l’altro che si è sviluppato negli ultimi quarant’anni
(in seguito alle leggi sul divorzio, sull’aborto, all’introduzione di tecniche contraccettive
efficaci, al cambiamento dei ruoli di genere, etc.).
Quello che forse caratterizza in modo distintivo la famiglia nelle società occidentali
odierne, rispetto al passato, è il ridimensionamento della famiglia nucleare. In Italia, si è
passati dai 4,2 membri per famiglia del 1931 ai 2,5 membri del 2006 (Istat, 2007d,
2007c). Il processo di semplificazione della struttura familiare è ulteriormente
testimoniato dal fatto che se nel 1961 le famiglie composte da un massimo di due
persone erano il 30,2%, nel 2001 sono salite al 52%. Nello stesso periodo, le famiglie
con 6 e più membri sono passati dal 14,4% all’1,7% (Istat, 2007c).
La contrazione del numero di componenti della famiglia è anche un effetto del calo
della natalità. La stima dell’Istat del numero di figli per donna nel 2007 è di 1,34, valore
che si colloca sotto la media europea stimata in 1,51, ma in linea con i valori riscontrati
in Germania (1,34), Spagna (1,36) e Portogallo (1,36) (Istat, 2008). La peculiarità del
4
Nell’articolo di Linda Laura Sabbadini “Curare l’evidenza di un comportamento diffuso”, pubblicato
sul sito internet http://www.auser.it/archivio/conv_sostenere5.htm, consultato il 7 febbraio 2008,
troviamo conferma di un’altra causa di questo ripiegamento su se stessa della famiglia di oggi: “La donna
nel ’40 [...] poteva potenzialmente dividere il carico delle cure da prestare ad altri componenti più anziani
ed ai bambini con altre 9 persone intorno a lei; la donna nata nel ’60 non ne ha più 9, ma ne ha 5 [...]”.
11
caso italiano è rappresentata dal fatto che la contrazione delle nascite ha riguardato solo
in modo marginale il primo figlio. Oltre 4 donne su 5, infatti, non rinunciano ad avere
almeno un figlio (Istat, 2006d). Il modello verso cui si tende è quindi quello del figlio
unico. Tra il 1980 e il 1994, per esempio, è stato rilevato un incremento piuttosto
marcato della quota dei primogeniti, stabilizzatosi intorno al 51% dei nati (Istat, 2006d).
Inoltre, come già evidenziato in precedenza, l’età media alla nascita del primo figlio si è
notevolmente alzata, facendo quindi ridurre il numero di anni fecondi interessati dalla
nascita dei figli.
2.3 Gli sviluppi demografici recenti in Italia
A partire dal 1995, quando in Italia si è raggiunto il più basso tasso di fecondità con
1,19 figli per donna, è in atto una debole ma costante ripresa della natalità. Nel suo
ultimo rapporto con i principali indicatori demografici aggiornati al 2007, l’Istat ha
confermato questo trend di crescita (Figura 3).
Figura 3 - Numero medio di figli per donna, Italia 1995-2007
1,4
1,35
1,34
1,33
1,35
1,32
1,29
1,3
1,27
1,25
1,25
1,19
1,2
1,15
1,1
1995200120022003200420052006*2007*
*Stima
Fonte: Istat, 2008
12
Il dato nazionale è in realtà il risultato di una serie di dati regionali molto diversi tra
loro. In particolare, la ripresa demografica in atto è da attribuire quasi esclusivamente
alle regioni del Centro-nord. Nel Mezzogiorno, infatti, la fecondità continua a diminuire
(Figura 4).
Figura 4 - Variazioni relative percentuali delle nascite tra il 1995 e il 2004
Fonte: Istat, 2006c
L’impatto dei comportamenti riproduttivi delle donne straniere è piuttosto rilevante,
ma il dato interessante è che la ripresa demografica riguarda anche le donne italiane.
Analizzando infatti il solo comportamento delle donne italiane, dal 1995 al 2005 si è
assistito a un aumento della fecondità del 4,2% (Istat, 2007a). Un ulteriore elemento
interessante della ripresa demografica in atto è costituito dal fatto che il contributo
“italiano” alla ripresa dei livelli di fecondità è il risultato del recupero della
posticipazione della maternità da parte di donne con più di 30 anni. Osservando infatti i
dati dei nati per classi di età della madre, si può constatare come negli ultimi 10 anni le
nascite da madri minorenni siano diminuite del 18%, mentre la percentuale di bambini
13
nati da madri ultra quarantenni è praticamente raddoppiata, passando dal 2,4% al 4,2%
(Istat, 2006c).
5
Ma la vera novità, su cui gli studiosi si interrogano è che per la prima volta anche in
Italia sembra cambiare di segno la relazione tra occupazione femminile e fecondità:
quest’ultima è aumentata proprio nelle regioni in cui maggiori sono i tassi di
occupazione femminile. Nel 1980 solo il 44,8% dei nati aveva una madre occupata o in
cerca di occupazione; nel 2003 questa percentuale è salita al 63,3%. A questo dato si
accompagna quello sulla scolarità: nel 1980 i nati con una madre in possesso di un
diploma superiore o di una laurea erano il 23%, mentre nel 2003 rappresentavano il
70,6%; in particolare, i nati da madri laureate sono passati dal 4,1% al 16%, dato
coerente con la maggiore scolarizzazione delle giovani generazioni.
5
Confronta l’articolo di Daniela Del Boca e Alessandro Rosina L’effimero boom delle nascite,
17/10/2007, lavoce.info, link: http://www.lavoce.info/articoli/famiglia/pagina1000065.html) e la risposta
di Gianpiero Della Zuanna, Lavoro della donna, fecondità e misure di conciliazione, 24/10/2007,
lavoce.info, link: http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000084.html
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