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Introduzione
Scopo di questo lavoro preliminare è la presentazione di alcuni risultati ottenuti
dall‟elaborazione dei dati ricavati dall‟analisi di un caso di interruzione di trattamento
(drop-out) in una paziente grave con Disturbo dell‟Alimentazione (Anoressia Nervosa).
Il lavoro è stato impostato come studio single-case di carattere qualitativo e descrittivo
proponendosi come obiettivo l‟idea di individuare alcuni strumenti di facile utilizzo da
poter utilizzare anche con pochi colloqui come nei casi di drop-out, per poter dare un senso
al processo terapeutico e poter valutare un eventuale cambiamento clinico. Fino ad oggi il
concetto di Alleanza Terapeutica si è posto come costrutto fondamentale, mentre nella
valutazione del process sta acquistando importanza quello di Metacognizione sia per
quanto riguarda gli studi sull‟outcome e la ricerca sul processo in generale, sia per quanto
riguarda lo studio del DA.
La ricerca è stata effettuata attraverso l‟analisi qualitativa dei colloqui di una paziente che
si è rivolta al servizio SAP e che ha interrotto la terapia dopo 9 sedute (drop-out tardivo):
inizialmente è stata fatta una valutazione diagnostica (la fase di assessment è stata
arricchita dalla comparazione di più strumenti) e successivamente è stata fatta un‟analisi
del process. Ai colloqui è stato applicato il Discourse Flow Analysis ed è stato valutato il
cambiamento del Profilo Diagnostico con il confronto della SWAP-200 iniziale e finale, è
stato analizzato l‟evolversi delle funzioni meta cognitive con la SVaM e si è cercato un
indice ci cambiamento con la CHAP di Sandell, un‟intervista semi-strutturata che può
essere utilizzata anche in base alla conoscenza del paziente. E‟ stata inoltre applicata la
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WAI-T per la valutazione dell‟alleanza di lavoro percepita dal terapeuta in fase iniziale e
finale.
La letteratura riguardo al drop-out in pazienti con Disturbo dell‟Alimentazione e in
particolare Anoressia Nervosa è poca, come poca la letteratura che offra ricerche con
strumenti (pochi e calibrati) che permettano di poter già con pochi colloqui analizzare
l‟andamento del processo terapeutico per poter centrare il focus terapeutico e prevedere
eventuali abbandoni prematuri, che nel caso di pazienti con DA sono molto elevati.
Dall‟analisi del process e tenendo conto degli aspetti diagnostici si è cercato non solo di
prendere atto dell‟abbandono della terapia (drop-out), ma di dare un significato a quanto
successo. Per questo motivo abbiamo accantonato la prospettiva del fallimento terapeutico
per valutare gli aspetti di cambiamento e gli sviluppi di questo pur breve scambio
relazionale tra paziente e terapeuta.
Per questo motivo tale lavoro si pone come spunto di riflessione in un ambito della ricerca
sul processo terapeutico in continua crescita come punto di partenza per ulteriori sviluppi e
per una futura sistematizzazione di strumenti che possano dare un aiuto nella pratica
clinica.
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La ricerca in psicoterapia e il processo terapeutico
In genere, quando si parla di ricerca in psicoterapia, si intendono due settori diversi,
chiamati rispettivamente "ricerca sul risultato" (outcome reserach) e "ricerca sul processo"
(process research): tradizionalmente, il primo settore di ricerca si occupa dei risultati
provocati sul paziente dalla terapia dopo che essa è conclusa, mentre il secondo si occupa
dello studio minuzioso di singole variabili o transazioni tra paziente e terapeuta mentre la
terapia è ancora in corso. Alcuni autori ritengono che questi due campi non siano del tutto
separati, ma siano due facce della stessa medaglia, nel senso che alla fin fine la minuziosa
ricerca delle correlazioni di singole variabili del processo terapeutico tra di loro non serva
altro che a comprendere meglio il "vero meccanismo d'azione della psicoterapia", cioè a
scoprire quali sono i fattori maggiormente legati a un risultato positivo (un esempio al
riguardo è la scoperta della correlazione positiva tra presenza di alleanza terapeutica e
miglioramento del paziente dopo la terapia).
L‟integrazione tra la ricerca sui risultati e quella sul processo, la cosiddetta process-
outcome research (Orlinsky et al., 2004), si propone invece di studiare la relazione tra ciò
che accade in terapia e il risultato della terapia stessa.
La ricerca in psicoterapia sembra costantemente in conflitto tra complessità clinica e rigore
metodologico, conflitto ben rappresentato da due diverse metodologie di ricerca: i disegni
single-case e i RCT (Randomized Clinical Trials).
I primi sembrano più vicini alla realtà clinica anche perché possono essere condotti
abbastanza facilmente in setting privati, ma allo stesso tempo vengono criticati per la loro
scarsa generazzibilità. Tuttavia sono indispensabili per mettere a fuoco aspetti tecnici
specifici della clinica.
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I disegni RCT sono esplicitamente pensati per rispondere alla domanda sull‟efficacia
comparata di diversi trattamenti: i pazienti vengono assegnati in maniera random a diversi
gruppi con differenti tipi di trattamento, e a condizioni di controllo, quali liste d‟attesa,
forme di non trattamento, ecc (Fonagy, 2001). Una conseguenza di questi disegni è però
che vengono validati i trattamenti, ma ignorati i protagonisti, pazienti e terapeuti, secondo
il mito dell‟uniformità dei pazienti (e dei terapeuti) (Kiesler, 1976).
RCT e disegni single case differiscono anche nella considerazione dei fattori specifici vs
aspecifici del trattamento. I RCT si basano sull‟ipotesi implicita che il successo dei
trattamenti sia dovuto a fattori specifici, caratteristici dei singoli approcci terapeutici; le
ricerche single-case, invece, permettono di scomporre i fattori e di riconoscere, nel singolo
caso studiato, i contributi specifici (per esempio, interpretazione di transfert, self-
disclosure ecc.) e quelli aspecifici (per esempio, empatia del terapeuta , alleanza
terapeutica ecc.).
In sintesi i disegni sperimentali possono essere distinti lungo due classiche dimensioni:
“ricerca sul gruppo versus ricerca sul singolo” e “dati quantitativi versus dati qualitativi”.
(Lis, Salcuni, Parolin; 2003).
Si dà luogo a quattro categorie di disegni:
Metodologia quantitativa sul gruppo;
Metodologia quantitativa sul caso singolo;
Metodologia qualitativa sul gruppo;
Metodologia qualitativa sul caso singolo;
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La ricerca single-case
Il disegno single-case è il metodo privilegiato della ricerca contemporanea in psicoterapia
poiché permette un‟ analisi macro e microanalitica che esprime, in misure confrontabili, il
funzionamento della personalità del paziente, il processo di trattamento e i risultati
raggiunti (Wallerstein, 2002).
La metodologia quantitativa sul caso singolo può realizzarsi come un disegno sperimentale
oppure come analisi di un processo che si svolge in un arco temporale.
Il disegno sperimentale è stato esteso anche allo studio del caso singolo. Il fondamento
logico che sottostà ai disegni sperimentali sul caso singolo o sul gruppo è il medesimo
(Kazdin, 1992). La metodologia si basa sulla variabilità “intra-soggetto”(Hillard, 1993) o
intrasoggettiva.
Tale tecnica prevede che vi siano più misurazioni per ogni arco temporale. La variabile
dipendente viene quindi rilevata in una serie di misurazioni, per un periodo di tempo
prolungato e successivamente viene introdotto il trattamento. Infine vengono confrontate
diverse osservazioni relative al soggetto. I disegni continui processuali analizzano il
modificarsi nel continuo temporale delle variabili oggetto d‟esame. Questo particolare tipo
di disegno si inserisce perfettamente nell‟ambito della ricerca sul process.
Storicamente, il caso singolo rappresenta l‟ultimo stadio di un‟evoluzione delle tecniche di
ricerca focalizzante sullo studio clinico: dai casi di Breuer e Freud (1892-1895; 1909),
attraverso Richard (Klein, 1961), Sammy (McDougall, Lebovici, 1969), Piggle (Winnicott,
1977), le due analisi (autobiografiche) del signor Z (Kohut, 1979) ecc., si approda al
“cambiamento paradigmatico” rappresentato dall‟uso del registratore e dall‟istituzione di
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banche dati, e agli studi clinici contemporanei, come il trattamento psicoanalitico di una pz
diabetica (Moran ,Fonagy, 1987), i casi Mrs C e Ms M (Jones, 2000), Amalia X (Kachele
et al., 1946).
Ad oggi lo studio dettagliato del processo e sulla sua influenza sull‟outcome, affidandosi a
strumenti più sofisticati e in gran parte applicati a trascrizioni di audioregistrazioni di
sedute campionate o di interi trattamenti (Wallerstein, 2002).
Se “le misure del processo terapeutico sono il cuore della ricerca single-case” (Fonagy,
Moran, 1993, p. 85), è evidente che tra i suoi meriti c‟è quello di aver promosso la
costruzione di strumenti che si cimentano nella valutazione della personalità e del
cambiamento strutturale (Sandell, 1987, Sandell et al., 2000; Lambert, 2004; Bucci, 2005).
“Lo studio del caso” (Hilliard, 1993) riguarda lo studio di casi individuali che vengono
indagati secondo una molteplicità di variabili e prospettive dandone un ricco e dettagliato
ritratto. Il metodo utilizzato è prevalentemente logico con orientamenti di tipo ideografico,
ma non sempre si riduce a questo. Quando lo studio comprende più casi assume un
carattere comparativo, utile a comprendere meglio le caratteristiche di un caso specifico
tramite il suo raffronto con altri, in una sorta di definizione al contrario. Lo studio
qualitativo del caso singolo è parte integrante della teoria e della pratica psicoanalitica; è
stato utilizzato sia per verificare ipotesi, sia in un contesto di scoperta, e tuttora mantiene la
sua utilità in entrambi i contesti. La ricerca “quantitativa” sul caso singolo di tipo continuo-
processuale ha una notevole importanza per lo studio dei processi nella valutazione
empirica in psicoterapia. Si inserisce soprattutto in quella che abbiamo definito ricerca sul
process (Lis, Salcuni, Parolin, 2003).
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Alleanza terapeutica come misura del processo
La ricerca empirica sull'alleanza terapeutica, iniziata negli anni Settanta con
l'identificazione di indici quantificabili di alleanza, ha fornirò importan-ti risultati. Il più
significativo indica l'esistenza di un legame tra indici di alleanza e outcome (Orlinsky e
Howard, 1978; Luborsky, 1996). Ulteriori studi suggeriscono che la qualità dell'alleanza
terapeutica nelle fasi iniziali del trattamento ha potere esplicativo su una parte significativa
della varianza dell'outcome finale della terapia (Horvath e Symonds, 1991; Yeomans et
al.,1994). Fino a oggi, sono state condotte relativamente poche ricerche sul ruolo che
potrebbero giocare le caratteristiche di personalità, i sintomi psicopatologici e le funzioni
dell'Io (per esempio, i meccanismi di difesa) sul processo di formazione dell'alleanza
terapeutica, specialmente con pazienti border-line e, più in generale, con disturbi di
personalità (Horvath, 1996). Il trattamento dei pazienti con disturbi di personalità, infatti, è
particolarmente difficoltoso per via di problematiche relazionali che interferiscono con la
costruzione e il mantenimento dell'alleanza. Gli studi retrospettivi sulla psicoterapia di tali
pazienti, soprattutto dei borderline, mostrano infatti un'alta percentuale (43-67%) di
dropout in fase iniziale (Skodol et al., 1983; Waldinger e Gunderson, 1984; Gunderson et
al., 1989). La maggior parte degli studi pubblicati si basa su campioni di anziani e depressi
(Gaston, 1991), o nevrotici di media gravita (Hatcher e Barends, 1996).
La validità concettuale e clinica del costrutto di alleanza terapeutica resta molto
controversa (Gaston & Marmar, 1994; Lingiardi, 2003): essa si intreccia, e a volte si
contrappone, con i concetti di transfert e controtransfert, di relazione reale, e del più
generale concetto di relazione terapeutica (Lingiardi, 2002).
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La metacognizione come fattore terapeutico
Cornoldi (1995) afferma che il suo modo di vedere la metacognizione è rappresentato
dall‟intreccio tra idee sul funzionamento mentale e comportamenti.
Secondo Flavell, Miller, Miller (1996) la conoscenza metacognitiva si riferisce a quella
parte della conoscenza acquisita sul mondo che ha a che fare con problemi cognitivi. Sono
le conoscenze e le credenze accumulate attraverso l‟esperienza e conservate nella memoria
a lungo termine che riguardano la mente umana ed i suoi atti. Le conoscenze metacognitive
possono essere sommariamente suddivise in conoscenze sulle persone, sui compiti e sulle
strategie.
Alcuni autori (Karasu, 1995) hanno affermato che una maggiore consapevolezza di sè
unitamente alla padronanza cognitiva delle proprie problematiche psicologiche rappresenta
l‟obiettivo principale a cui tendono la maggior parte delle psicoterapie a prescindere dalla
teoria di riferimento.
Si possono individuare nell‟ambito della metacognizione due ampi settori:
1. la conoscenza metacognitiva
2. i processi metacognitivi di controllo
La conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul
funzionamento mentale. Queste idee includono impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti,
autopercezioni... ovvero anche elementi di contenuto per i quali abbiamo difficoltà
generalmente ad usare il termine “conoscenze”, a meno di intenderlo in accezione
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allargata, e cioè riferito a qualsiasi unità del sistema di conoscenze che è “immagazzinato”
nella nostra memoria a lungo termine.
Esempi di conoscenza metacognitiva, detta anche metaconoscenza sono: sapere che le
immagini non sono una copia fedele dell‟esperienza sensoriale, possedere una strategia che
porta a raggruppare le figure simili in una serie di stimoli da memorizzare, l‟impressione di
non essere capaci di mantenere a lungo l‟attenzione in un compito, il vissuto d‟inferiorità
in compiti intellettivi.
Per quanto riguarda il ruolo di attività di controllo relativa ai processi cognitivi è stato
sottolineato in modo preciso dalla Brown et al. in numerosi lavori. In queste ricerche,
vengono evidenziati i seguenti aspetti:
1. rendersi conto dell‟esistenza di un problema
2. essere in grado di predire la propria prestazione
3. pianificare l‟attività cognitiva conoscendo l‟efficacia delle azioni programmate
4. registrare e guidare l‟attività cognitiva in relazione all‟obiettivo posto
L‟oggetto della conoscenza metacognitiva è il funzionamento mentale. Questo non implica
che l‟oggetto si identifica con quello della psicologia dei processi cognitivi, in quanto la
conoscenza metacognitiva si acquisisce, si sviluppa e si esplicita in interrelazione con il
comportamento cognitivo. La psicologia dei processi cognitivi viene invece acquisita come
un dominio culturale specifico già organizzato e definito (Cornoldi, 1995).
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La metaconoscenza non riguarda tutta la conoscenza che guida il comportamento, il
requisito necessario è che l‟oggetto della conoscenza sia la nostra attività mentale,
piuttosto che il comportamento o il mondo esterno.
Una riflessione metacognitiva non deve essere per forza consapevole. Consapevolezza e
metacognizione non si identificano, da un lato perchè si può essere consapevoli anche di
altre cose (dei contenuti del proprio pensiero, delle proprie prestazioni) e inoltre perchè
esistono diversi livelli di riflessione metacognitiva che sono associati solo a scarsissima,
parziale o potenziale consapevolezza e che certo non verrebbero descritti nei termini
classici della consapevolezza.
La conoscenza metacognitiva presenterà tipicamente caratteristiche differenti se è stata, per
esempio, acquisita spontaneamente oppure è stata oggetto di trasmissione culturale
(Cornoldi, 1995). Nel primo caso essa è certamente meno sistematica, però è
maggiormente associata alla sfera comportamentale interessata e ha un superiore
coinvolgimento emotivo. Nel secondo caso il suo statuto verbale e logico è più alto, ma
non per questo la conoscenza ha maggiore probabilità di essere utilizzata nel
comportamento effettivo quando la situazione lo richiederebbe.
Le prime ricerche sulla conoscenza metacognitiva sono state non solo focalizzate sulla
memoria, ma anche svolte con un intento ricognitivo, piuttosto che orientato verso specifici
obiettivi o verso un esame delle sue proprietà. Successivamente l‟interesse dei ricercatori è
stato guidato da obiettivi più precisi e dall‟interno di mostrare il significato funzionale
fondamentale delle idee sulla mente. Dopo che si è riconosciuto che la conoscenza
metacognitiva non può essere considerata semplicemente come un deposito di intuizioni