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Introduzione
L’elaborato parte dalla definizione di mania e melanconia e traccia un percorso
storico che arriva fino al primo DSM. Vengono presi in considerazione gli studi
di medici e filosofi nonché la simbologia mitologica e gli scritti di eminenti
filosofi greci. Inoltre viene affrontato il tema degli “Asili”, dell’escusione sociale
e delle trasformazioni che sono avvenute nel corso dei secoli, quali erano le cure
oppure i rimedi che venivano utilizzati per alleviare i sintomi, per arrivare al
concetto odierno di disturbo bipolare.
L’elaborato prosegue con le definizioni attuali di mania e depressione, indaga i
vari tipi di disturbi all’interno di quello che viene definito: “spettro bipolare”.
Questa parte è accompagnata da testimonianze di pazienti che sono affetti da
questa malattia. In seguito, viene dettagliata la diagnosi del disturbo bipolare nei
vari periodi della vita: bambini e adolescenti, la delicata fase del post-parto, gli
adulti. Inoltre la tematica del suicidio, tanto frequente in questo disturbo, viene
presa in considerazione sia dal punto di vista scientifico che tramite
testimonianze e riflessioni di pazienti.
Infine viene analizzato il rapporto fra la creatività ed il disturbo bipolare,
verranno esaminati i diversi studi fatti in tale ambito sia attraverso ricerche
biografiche che su pazienti creativi a noi contemporanei. Infine verranno
analizzati alcuni testi di autori affetti dalla malattia, particolarmente significativi
sia da un punto di vista scientifico che letterario, cercheremo di dare una risposta
alla difficile domanda: è possibile narrare la “follia”?
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1.1 La storia della mania e della melanconia nei secoli
In primo luogo vedremo come il disturbo bipolare, nella sua definizione attuale,
sia diverso dai concetti di mania e melancolia descritte dai medici e dai filosofi
dell’antichità. Poi definiremo le parole “mania” e “melanconia”: prenderemo in
considerazione le diverse accezioni che esse assumono nel corso dei secoli. In
seguito analizzeremo le differenze e le similitudini fra queste due condizione ed il
concetto più generico di “follia”.
Diversi studiosi, tra cui Kay Redfield Jaminson e Frederick K. Goodwin nel libro
Manic-Depressive Illness ed anche David Healy nel suo lavoro intitolato A short
History of Bipolar Disorder, mettono in evidenza il fatto che il disturbo bipolare,
come lo definiamo oggi, sia diverso dalle manifestazioni descritte dagli antichi che
riguardavano aspetti della mania e della melanconia come entità separate. La prima
definizione di “malattia-maniaco depressiva” risale al 1883, data in cui Kraepelin
pubblicò la prima versione del Compendio di Psichiatria, in cui compare per la
prima volta la distinzione fra Dementia Precox (in seguito denominata schizofrania)
e la malattia maniaco-depressiva (oggi denominata disturbo bipolare). L’opera del
famoso psichiatra è anche alla base dell’attuale DSM. Inoltre, nell’antichità, queste
patologie avevano un significato più amplio ed incorporavano diverse condizioni
mediche in cui compariva spesso la parola “delirio”, causato da febbre alta: ciò era
dovuto al fatto che non esistessero ancora antibiotici oppure altri tipi di medicinali:
“Before the antibiotics, high fevers gave rise to agitated and raving states far more
commonly than any “mental” disorder did.” (Healy, 2008 p. 75.) (“Prima degli
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antibiotici, le febbri alte provocavano stati agitati e deliri ed erano di gran lunga più
comuni di qualsiasi tipo di malattia mentale”) (trad.mia).
Healy, nella sua opera, sottolinea anche come, per molti secoli, la
preoccupazione principale dei medici riguardasse le epidemie. Alcune alterazioni
del comportamento potevano essere dovute a ciò che mangiavano o bevevano,
all’aria che respiravano: “Against a background of terrifying and lethal epidemics,
what is now called manic-depressive illness was almost an irrelevance. It was a rare
disorder.” (Healy, 2008, p.28) (“Rispetto ad uno sfondo di terribili e letali
epidemie, ciò che oggi è chiamata malattia maniaco-depressiva era alquanto
irrilevante. Era un disturbo raro.) (Trad.ita.mia)
Il contesto storico influenza e condiziona non solo il campo medico, ma la
cultura in generale ed il modo in cui gli uomini si relazionano fra di loro. Per questo
è importante tener presente l’osservazione fatta dallo scrittore, in merito al modo in
cui il medico nell’antichità si approcciava al malato, rispetto a quello che è
diventato oggi tale rapporto. L’esempio che viene illustrato è quello di Ippocrate,
il quale situa i mali, compresi quelli mentali, nel corpo. Egli considerava la persona
nella sua globalità, valutando diversi fattori, fra i quali, il posto in cui viveva il
malato e la stagione in cui si presentava la malattia. Oggi i medici, per fare delle
diagnosi, soprattutto delle malattie mentali, si basano su ciò che il paziente dice,
sulle parole. Inoltre la burocrazia ha “indebolito” ed “impoverito” quello che era il
rapporto medico-paziente, riducendo in parte la complessità che ruotava intorno al
malato “ingabbiandolo” spesso all’interno di categorie:
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That conceptual entity-…we call bipolar disease today is peculiarly a product of
our world. It is a world in which reductionist notions of disease have come to
dominate our way of thinking about sickness. It is a world of bureaucratic categories
and psychopharmaceutical practice.” (Healy, 2008, p.11)
(“L’entità concettuale, che chiamiamo oggi disturbo bipolare, è un prodotto
peculiare del nostro mondo. E’ un modo in cui nozioni riduzionistiche della
sofferenza domina il nostro modo di pensare la malattia. E’ un mondo di categorie
burocratiche e pratiche psicofarmaceutiche). (Trad.ita.mia).
Ogni epoca storica si è relazionata con le manifestazioni di questo disturbo in
maniera diversa. L’autore vuole sottolineare la modalità con la quale la molteplicità
di forme che hanno assunto sia la mania che la melanconia nei secoli passati, fino
a confluire nella definizione di malattia maniaco-depressiva di Kraepelin, abbia
subito una “semplificazione”, che si riduce ad una classificazione di sintomi e di
dati, escludendo parte di quello che rappresenta la complessità e la globalità
dell’essere umano.
Per quanto riguarda, nello specifico, il disturbo bipolare, possiamo chiederci in
cosa sia diverso dalle malattie descritte nell’antichità. La prima riflessione riguarda
il fatto che, per molto tempo, la “mania” e la “malinconia” venissero considerate
malattie separate. Inoltre nel caso della termine “malinconia” possiamo notare come
essa abbia anche assunto, in alcune sue forme particolari, il significato di quella che
oggi chiameremmo “mania”. Infatti sia nella filosofia che nella letteratura o nella
medicina veniva definita come afflizione, abbattimento, che talvolta diventava
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“furore”. Solo in seguito i due stati vennero messi in relazione, ci vollero diversi
secoli per stabilire un legame fra essi come facenti parte di una stessa sindrome,
due facce della stessa medaglia.
Fatte queste premesse, nei prossimi paragrafi, vedremo il modo in cui il passato
dialoga con il presente. Prenderemo in considerazione diversi filosofi, scrittori e
medici che descrissero “la mania” e “la malinconia”, noteremo come alcune
descrizioni fatte molti secoli fa, risuonino in quelli che sono oggi gli attuali sistemi
di classificazione delle malattie mentali, in particolar modo il DSM.
1.2 La Mania
Fin dall’era pre-ippocratica, la mania e la melanconia furono oggetto d’interesse
dei maggiori filosofi, scrittori e medici. Bisogna tener presente il contesto storico
in cui furono individualizzate e descritte, nonché il significato dato alle parole
stesse.
Per esempio la parola “mania”, che deriva dal greco “ μ αν ία (manìa) a sua volta
da μ αίν ομ αι (maìnomai): essere agitato, essere pazzo, smaniare.”
(Https://www.etimoitaliano.it/2016/06/mania.html) designava sia uno stato
particolare di agitazione, sovente accompagnata dalla “furia”, un termine che
troveremo spesso negli scritti dei vari autori del tempo, che uno condizione più
amplia di “follia”.
Nell’antica Grecia venivano venerati diversi dei che potevano sia proteggere gli
uomini, ma anche condannarli, punirli. Il fato dell’uomo, quindi, veniva “segnato”
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e “legato” alla volontà delle divinità. La malattia mentale, in particolar modo oscilla
fra due poli distinti, uno riguarda quello della “punizione”, l’altro invece quello
della “sacralità”: la visione del folle come di colui che entra in stretto contatto con
le divinità, colui il quale riesce a sondare nella profondità il mistero e la complessità
della natura umana. Quindi possiamo notare come, anche nell’antica Grecia, non ci
fosse una visione unitaria della follia in quanto veniva riconosciuto al “folle” sia il
ruolo di profeta che quello di “insensato”.
Nella cultura Greca l’interesse per la follia è testimoniata da innumerevoli
filosofi e scrittori fra cui Platone, Omero, Euripide.
La parola “furore”, come indicata nella definizione sopra citata, è molto
importante: la “mania” viene spesso designata dalla parola “furore”, sia dagli autori
greci, ma anche dai medici dell’epoca, al fine di descrivere reazioni violente,
istintive, prive di “ragionamento” delle persone che ne erano afflitte.
Attraverso alcuni esempi, tratti dalla letteratura e dalla filosofia, noteremo le
diverse accezioni che il concetto di mania ha assunto in questo periodo storico.
Iniziamo con l’opera di Euripide: Baccanti. Nella tragedia compare un dio
importante, spesso associato alla follia: Dioniso, per vendicarsi dei suoi nemici, egli
ricorreva spesso a tale punizione: “The Gods, however, are also able to curse,
human with madness. One particular incidence of vengeance concerned the God of
wine, ecstasy and natural madness, Dionysus.” (Tyson et al, 2019 p.34) (“Gli dei
comunque erano capaci di maledire gli esseri umani con la follia, una particolare
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incidenza di vendetta riguardava il dio del vino, estasi e follia rituale, Fioniso”)
(Trad.ita.mia).
Nella tragedia di Euripide, infatti, egli si vendica del fatto di non essere
riconosciuto in quanto Dio dalle donne che decise di condannare alla follia: Le
Baccanti vengono raffigurate come donne in preda al “furore” e ad un istinto
animalesco, come possiamo notare dal racconto riportato dal Messaggero di Panteo:
“Ho visto le sacre Baccanti, che si sono lanciate fuori dalla nostra terra, correndo
con le gambe candida sferzate dal furore”. (Euripide, 2014, p.49).
In questo passaggio ritroviamo due parole importanti “sacre” riferite alle
Baccanti e le gambe sferzate dal “furore”. In questo modo viene riconosciuto loro
sia uno statuto di sacralità derivato dal dio Dioniso, che un impeto violento. La
parola “furore”, che ricorre spesso nella tragedia di Euripide, è qui carica di
significato, assume una valenza che avvicina le Baccanti più alle bestie che agli
uomini. Lo stesso termine, spesso, viene associato alla parola mania come
movimento perpetuo, incessante della mente e del corpo: “Tutto il monte, tutti gli
animali erano pervasi dal sacro furore: più nulla era immobile, ogni cosa era
coinvolta nella corsa.”, (Euripide, 2014, p. 53) così continua il messaggero, la
“furia” era talmente potente da investire ogni cosa, sia animata che inanimata.
In seguito nella tragedia di Euripide vedremo opporsi la razionalità di Panteo,
alla forza senza freni delle donne: “A questo punto ò arrivata la furia senza freni
delle Baccanti. Eccola, divampa ormai come un incendio. Che vergogna davanti ai
Greci!” (Euripide, 2014, p 55)