INTRODUZIONE
Il presente lavoro, che ha l’obiettivo di conoscere e comprendere i
disturbi d’ansia, trova motivo d’indagine nella grande diffusione di questo
male tra la popolazione mondiale e quindi anche in Italia. Le ricerche, gli studi
e, soprattutto, la consistente prescrizione di farmaci ansiolitici, volta a
controllare e alleviare i sintomi, confermano che i disturbi d’ansia sono
largamente conosciuti e diffusi. Il termine ansia, al giorno d’oggi, è entrato nel
linguaggio comune, tanto da far parte del vocabolario di tutti i giorni, ma – ci
si potrebbe domandare - l’utilizzo della parola ansia da parte dell’uomo
comune coincide con la definizione d’ansia dal punto di vista psicologico? E i
sentimenti e le angosce, a volte incontrollabili (inconfessabili), che ci fanno
star male e provare paura, giustificano il largo uso del termine ansia? Oppure
tali attribuzioni sono solo esagerazioni ed evidenziano l’uso inappropriato del
vocabolo nel linguaggio corrente, mentre è possibile che la formazione dei
disturbi d’ansia richieda situazioni particolari e vissuti predittivi per la diagnosi
sia medica che psicologica? Questo lavoro cercherà di fare luce su questi
interrogativi e di chiarire cosa si intenda per ansia e quali siano i disturbi ad
essa correlati.
Lo studio di questo stato di sentimento comincerà con la ricerca delle
definizioni dell’ansia, per proseguire successivamente con la storia dei disturbi
e della loro genesi dal punto di vista psicoanalitico. Si cercherà di capire
attraverso quali criteri si arrivi a diagnosticare un disturbo d’ansia e,
soprattutto, in quali forme esso si manifesti. Lo studio indagherà le cause dei
disturbi d’ansia dal punto di vista biologico e rivolgerà attenzione ai risultati a
cui le moderne tecniche di visualizzazione cerebrale e di trasmissione
neuronale siano giunte per comprenderne la formazione. Una parte del lavoro
1
sarà dedicata alla cura del disturbo d’ansia dal punto di vista farmacologico,
mentre un’altra indagherà quali siano i paradigmi psicologici attualmente
utilizzati per alleviare e tenere sotto controllo i sintomi. Il lavoro cercherà,
soprattutto, di capire se esistano storie personali o situazioni legate
all’ambiente familiare che possano predisporre maggiormente verso l’ansia o
verso uno specifico disturbo.
2
Capitolo I
Definizione del disturbo d’ansia
Tra tutti i disturbi mentali, i disturbi d’ansia (in passato definiti come
nevrosi d'ansia) sono probabilmente i più comuni e diffusi. Studi
epidemiologici recenti attestano che l’ansia e i fenomeni ad essa legati,
interessino il 5% della popolazione italiana, cioè circa tre milioni di persone.
1
Il termine stesso ansia gode di una larga diffusione ed è entrato a far parte
abbondantemente nel linguaggio comune. Lo ritroviamo sovente per definire
uno stato di allerta e paura in previsione di una prova, un esame scolastico, un
colloquio di lavoro e, inoltre, nell’esplicitazione di un sentimento di
preoccupazione, nell’attesa di un risultato o di una risposta. L’ansia, come
condizione fisiologica, fa parte integrante dell’esperienza di ogni essere umano
ed è sperimentata nelle situazioni in cui si vive un cambiamento,
un’evoluzione nella propria vita. L’ansia, infatti, coincide con una risposta
d’allarme accompagnata da un’ampia correlazione somatica: palpitazioni,
tachicardia, tremori, sudorazioni, sensazione di soffocamento, irrequietezza
motoria e, inoltre, da modificazioni psicologiche, insicurezza, tensione
emotiva.
Quali sono le definizioni di ansia e quando si può parlare di disturbo
d’ansia? Il Prof. Cassano definisce l’ansia come un sentimento di pericolo
vago e indeterminato; caratterizzato da un allarme cronico e condizione di
attesa apprensiva accompagnata da tensione motoria e manifestazioni a carico
della vigilanza e dell’attenzione.
2
1
AA.VV., La prevalenza dei disturbi mentali in Italia, Esemed- WMH, 2004
2
G.B. Cassano, A. Tundo, Psicopatologia e Clinica Psichiatrica, Milano, Utet, 2006, p. 399
3
Per la medicina, l’ansia rappresenta una situazione psicofisica che
comporta manifestazioni della sfera psichica e somatica, coinvolgendo
complicati meccanismi e diversi circuiti neuronali.
La clinica psichiatrica definisce l’ansia come un processo psichico
attraverso il quale l’individuo reagisce a stimoli esterni di pericolo, attivando
risposte somatiche accompagnate da una serie di reazioni fisiologiche atte alla
difesa della propria persona (aumento della produzione di corticosteroidi,
tachicardia, aumento della respirazione e della pressione sanguigna), e risposte
psichiche, attraverso l’elaborazione di possibili strategie per sottrarsi alla
situazione pericolosa. Il ruolo dell’ansia, oltre a segnalare la presenza del
pericolo, è anche quello di predisporre il soggetto a due modalità
comportamentali: fuga o attacco.
3
L’ansia può essere polarizzata tra i due estremi di stato e di tratto. Il
concetto di stato si riferisce all’esperienza ansiosa di un momento particolare,
legata al vissuto attuale nel quale una situazione può averla evocata. L’ansia di
tratto è, invece, una tendenza costante ad affrontare le situazioni con ansia
eccessiva.
4
Per inquadrare meglio i disturbi d’ansia, bisogna distinguere tra
l’ansia come meccanismo adattivo e l’ansia come patologia. Per la medicina,
l’ansia diventa patologica quando le reazioni fisiologiche sono
quantitativamente esagerate, con conseguente caduta nel livello delle
prestazioni. Per la psichiatria, la patologia si evidenzia quando si esperisce uno
stato emotivo, doloroso, caratterizzato dal presentimento di pericolo
imminente e inevitabile, che insorge in assenza di pericolo reale e che si palesa
in una risposta non adeguata allo stimolo scatenante e provoca sensazioni di
disagio, incertezza, inadeguatezza.
5
3
G. Invernizzi, Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica, Milano, Mc Graw-Hill, 2003, 3°, (1996),
p. 161
4
V. Lingiardi, La Personalità e i suoi Disturbi, Milano, IL Saggiatore, 2004, p. 263
5
G. Invernizzi, Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica cit., p. 162
4
L'ansia, infatti, accompagna normalmente le diverse fasi della crescita, la
ricerca della propria identità e dello scopo nella vita. I disturbi d’ansia, invece
costituiscono uno dei gruppi più comuni e diffusi di disturbi psichiatrici oltre
che invalidanti.
I disturbi d’ansia, in passato definiti come “sindromi nevrotiche”, sono
stati studiati attraverso diversi modelli interpretativi dei disturbi mentali, in
particolare nel secolo scorso dal modello psicoanalitico, da quello
comportamentale e dal modello psicobiologico.
Secondo il paradigma psicoanalitico, e rifacendoci agli studi di Freud,
l’ansia è una funzione dell’Io, che segnala un pericolo di origine pulsionale e lo
controlla, utilizzando dei meccanismi di difesa.
6
Il modello comportamentale, nato dopo la Prima Guerra Mondiale,
considera l’ansia una risposta a stimoli condizionati.
7
Secondo l’approccio psicobiologico, i disturbi d’ansia hanno origine da
disfunzioni nella trasmissione neuronica e neurormonale.
8
1.1. Cenni storici: dalle nevrosi ai disturbi d’ansia
La storia dei disturbi dell’ansia è strettamente collegata al concetto di
nevrosi. Il termine nevrosi appare per la prima volta nel 1769, quando Cullen
utilizza tale termine per definire un gruppo di disturbi che derivano da una
compromissione generale del sistema nervoso.
6
A. Lis, S. Stella , G. Cesare Zavattini , Manuale di Psicologia Dinamica, Bologna, Il Mulino, 1999,
p. 57
7
P. Legrenzi, Storia della Psicologia, Bologna,IL Mulino, 1994, 4°, (1980) p. 133
8
D.J. Stein, Introduzione a , D.J. Stein, I disturbi d’ansia, Masson, 2004, p. 5
5
Per buona parte del XIX secolo, si afferma la teoria secondo la quale il
disturbo mentale è causato da una costituzione nervosa ereditaria,
caratterizzata da mutamenti organici nel cervello e nei nervi. Tali malattie, di
cui non si ravvisava una causa organica connessa ai sintomi motori, saranno
chiamate nevrastenie. Il termine nevrastenia fu coniato dal newyorkese Beard,
che lo utilizzò per indicare un’affezione generalizzabile per tutte le malattie
nervose, la cui eziologia è riconducibile ad una perdita dei costituenti solidi del
sistema nervoso centrale.
9
Tale sindrome era caratterizzata da «fatica fisica di
origine nervosa», correlata ad astenia, cefalea, dispepsie, parestesie,
costipazione, insonnia, tremore, ipersensibilità agli stimoli esterni ed
irritabilità.
La presenza di così tanti sintomi in una malattia dava adito a diverse
interpretazioni. La psichiatria utilizzava allora un vocabolario molto limitato e
termini come nevrosi, isteria, depressione, ipocondria erano spesso
interscambiabili, e il concetto di nevrosi riusciva, così, a fornire un’apparente
unitarietà ad una serie di sintomi e comportamenti disparati, altrimenti dispersi
e frammentati.
10
Freud, attraverso gli studi su pazienti affetti da malattie nevrasteniche e
nella fondazione del metodo psicoanalitico, si oppone al raggruppamento
delle entità nosografiche della sindrome di nevrastenia di Beard, da cui
estrapola una classe di nevrosi chiamate “attuali” e una classe denominata
“psiconevrosi”. Il termine “attuale” si riferiva a una sindrome messa in atto
dalla realtà presente, che trae la sua origine da un’insufficiente elaborazione
psichica delle energie sessuali, le quali, non soddisfatte o dominate, si
trasformano in angoscia. Le “psiconevrosi”, invece, furono caratterizzate da
un diffuso senso d’inquietudine o di paura, nato da un pensiero o desiderio
9
E. Shorter, L. Sosio, Psicosomatica. Storia dei Sintomi e delle Patologie dall’’800 a oggi, Milano,
Feltrinelli, 1993, p. 261
10
P. Castrogiovanni, le diverse espressioni dell’ansia e della paura, Firenze, S.E.E., 2003, p. 23
6
inaccettabile. Tra le nevrosi attuali, Freud isola la nevrosi d’angoscia. La
caratteristica di questa nevrosi era data dall’affermazione che l’angoscia,
provocata dalla tensione sessuale, non era di derivazione psichica, e che
l’eccitazione non si legava a rappresentazione psichiche, ed essa si manifestava
come angoscia libera e fluttuante pronta ad agganciarsi a ogni contenuto
rappresentativo che potesse trovare giustificazione.
11
La classe delle
psiconevrosi, invece, era determinata da un conflitto puramente psichico, e in
questo raggruppamento incluse l’isteria di conversione, la nevrosi ossessiva e
la nevrosi fobica. I primi studi su queste malattie furono attuati con pazienti
definite “isteriche”. L’isteria era considerata una malattia tipicamente
femminile e la medicina classica l’attribuiva a malformazioni o disfunzioni
uterine.
12
Lo psichiatra francese Charcot, nel cui ospedale Freud mosse i primi
passi verso l’approccio psicoanalitico alle nevrosi, escluse definitivamente la
causa organica dell’isteria e classificò i comportamenti e i sintomi in precisi
quadri nosografici. Charcot, però, pur escludendo la componente organica,
non andò oltre l’ipotesi che le cause fossero da ricercare in suggestioni e
simulazioni da parte della paziente. Freud s’interessò alle intuizioni di Charcot
e andò ben oltre i suoi tentennamenti e cominciò a studiare l’isteria come una
morbosità, con cause specifiche da ricercare nella vita psichica del malato. È
nell’ambito dell’isteria che Freud muove i primi passi per la costruzione del
metodo psicoanalitico, e anche se tale processo si dimostrerà lungo e tortuoso,
già in questa fase esprimerà la sua potenza innovativa.
Per Freud, la formazione dei sintomi isterici è determinata da desideri
sessuali inconsci, la cui origine va ricercata nell’infanzia e i cui sintomi si
mostrano come il sostituto di qualcosa che il paziente non accetta e di cui non
11
S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi, Milano, Boringhieri, 1978, p. 358
12
S. Vegeti Finzi, Storia della Psicoanalisi, Milano, Mondadori 1986, p. 27
7
è cosciente. I sintomi rappresentati con compromissioni motorie diventano,
così, espressione simbolica di un conflitto. Il sintomo isterico ha, dunque, un
senso come hanno un senso gli atti mancati e i sogni; i sintomi, inoltre, hanno
un senso con riferimento alle esperienze individuali del paziente,
13
ma hanno
anche delle caratteristiche tipiche della malattia e possono mostrarsi come
comportamenti espressi nell’isteria o come idee ripetitive nella nevrosi
ossessiva o, ancora, paure nella nevrosi fobica.
14
Per Freud, la natura del
conflitto andava ricercata nel passato del paziente ed era causata da un trauma
di seduzione sessuale ad opera di un adulto.
Lo studio delle nevrosi era caratterizzato da una continua scoperta e
revisione delle ipotesi teoriche, mentre l’atteggiamento stesso di Freud nei
confronti dei suoi pazienti si modificò continuamente, e nuovi processi di
scoperta portarono revisioni qualitative del suo pensiero. Una di queste
scoperte fu che il trauma subito e riferito dalle pazienti non sempre era di
natura reale ma il risultato di una fantasia del paziente.
«Se gli isterici - nota Freud – riconducono i loro sintomi a traumi inventati, il
nuovo dato è precisamente che essi fantasticano tali scene e che la realtà psichica richiede di
essere apprezzata accanto alla realtà pratica».
15
La scoperta di Freud, sbalorditiva per l’autore, fu il punto di partenza
per muovere indagini su come le persone percepiscono le proprie pulsioni e
costruiscono la realtà intorno a sé. Le fantasie dei pazienti sono vissute come
se fossero state vere e le scene infantili di seduzione sono il prodotto del
fantasticare, ed esse si formano da avvenimenti precoci di ordine sessuale che
poi sono elaborati come ricordi di fatti accaduti. La verità non poteva essere
connessa con l’evidenza, e per l’autore, da questo momento, la verità si
13
A. Lis, S. Stella, G. C. Zavattini, Manuale di Psicologia Dinamica cit., p. 20
14
S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi cit., p. 245
15
S. Freud, Il Piccolo Hans, Milano, Feltrinelli, 1994, p. 11
8
prefigurerà come un processo di ricostruzione delle manifestazioni psichiche
nascoste e rimosse, rielaborate attraverso l’indagine analitica.
16
Freud comincia a tracciare il metodo e le tecniche d’indagine e di
risoluzione delle nevrosi. La tecnica dell’ipnosi, utilizzata nei primi approcci
con l’isteria, fu soppiantata dall’interpretazione dei sogni, dalle libere
associazioni, dall’analisi dei lapsus e degli atti mancati Il cammino della
scoperta della causa nascosta delle nevrosi si dimostrò tutt’altro che facile:
durante i tentativi di far parlare le pazienti per indurle a ricordare l'evento
traumatico, Freud s’imbatte continuamente in un comportamento di
resistenza. Questa si evidenziava, nelle verbalizzazioni, come brusca
interruzione delle libere associazioni, amnesie, distrazioni, appuntamenti in
terapia dimenticati, opposizione nei confronti del terapeuta. Freud noterà,
inoltre, che tali resistenze si mostreranno con modi diversi secondo la
tipologia di nevrosi: i malati di nevrosi ossessiva si opponevano al processo
analitico, riproponendo le caratteristiche del pensiero ossessivo anche nel
setting terapeutico, esibendo un’eccessiva scrupolosità nell’applicazione delle
tecniche ma palesando il dubbio sull’efficacia del trattamento stesso. I malati
d’isteria fobica producevano associazioni continue, che poi si dimostravano
inappropriate e, soprattutto, regnava in essi l’amnesia.
17
Freud, attraverso il metodo psicoanalitico, cerca di allentare le
resistenze del paziente, facendo emergere ricordi appartenenti al passato. Gli
indizi, emersi nel corso del trattamento, si riferiscono alla formazione sessuale
degli individui già nei primi anni di vita, e l’origine della sessualità si
dimostrerà, così, decisiva nella formazione nevrotica. Lo sviluppo sessuale o
libidico si forma già nei primi anni di vita dell’individuo e avviene attraverso
fasi di organizzazione delle pulsioni L’autore distingue tra l’organizzazione
16
S. Vegeti Finzi, Storia della Psicoanalisi cit., p. 37
17
S. Freud, Introduzione alla Psicoanalisi cit., p. 260
9
“pregenitale” e quella “genitale”. L’organizzazione sessuale pregenitale si
riferisce a quello stadio di sviluppo che interessa i primi anni di età del
bambino, in cui le pulsioni di carattere autoerotico non si sono ancora
integrate nella successiva fase genitale. Lo stadio pregenitale si estende dai
primissimi mesi di vita fino al 4° anno di età e sarà distinto in fase orale e fase
anale. La prima fase è caratterizzata dal dominio della suzione come
appagamento sessuale, e il nutrimento e l’attività sessuale sono sovrapposte,
indistinte, e condividono lo stesso oggetto, il seno materno, mentre lo scopo
sessuale si riferisce all’incorporazione dell’oggetto stesso, e in questa fase il
seno materno diventa il primo oggetto della pulsione sessuale.
18
Freud usa il concetto di “appoggio” per spiegare che, all’inizio, le
pulsioni sessuali si appoggiano alle funzioni vitali, e il soddisfacimento della
zona erogena, la mucosa labiale, è associato al soddisfacimento del bisogno di
nutrizione. L’attività sessuale si appoggia in primo luogo a una delle funzioni
che servono alla conservazione della vita, e solo in seguito se ne rende
indipendente. Il momento che maggiormente testimonia il carattere
autoreotico della fase orale si ha in seguito allo svezzamento e, da questa fase
in poi, la sessualità orale si manifesta indipendentemente dall’attività nutritiva.
L’autoerotismo non si può far risalire a una condizione originaria, ma
consegue al rapporto con il seno come oggetto esterno al soggetto, ed esso
segna un passaggio, quello della perdita dell’oggetto, e precisamente
dell’oggetto parziale (seno), che sarà sostituito da un oggetto del proprio
corpo, come si evidenzia nei bambini che si succhiano il pollice.
19
La seconda fase pregenitale dello sviluppo libidico, anch’essa
autoerotica, è la fase anale. Freud la colloca tra i 2 e i 4 anni. Anche in questa
fase una funzione vitale funge da appoggio per la pulsione sessuale. Tra i 2 e 3
18
S. Freud, Ibidem, p. 284
19
S. Freud, Tre Saggi sulla Sessualità, Roma, N. Compton, 1992, p. 50
10