UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI DI VENEZIA
LAUREA SPECIALISTICA INTERFACOLTÀ IN
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Sabrina Isetta DISTRUZIONI DELL’OPERA D’ARTE. DESCRIZIONE DI CASI
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domande e con l’utilizzo di diverse metodologie per raggiungere vari scopi. Tutto questo ha
permesso di comprendere il fenomeno, facendo grande attenzione alle trasformazioni cronologiche
e storiche e cercando di tenere conto della particolarità degli attacchi alle opere d’arte per
individuare la specifica rilevanza che questi occupano negli attaccanti e nell’arte in generale. Un
contesto intra-disciplinare ha permesso di rilevare studi sulla distruzione dell’arte correlata alla
questione della ricezione: anche se l’attenzione sul modo in cui le opere d’arte vengono percepite,
interpretate e valutate può essere rintracciata nei contributi dati dagli storici dell’arte, infatti è noto
che lo studio della ricezione dell’arte ha le sue origini nella letteratura della storia e della critica.
Importante è anche considerare le diversi fasi delle distruzioni dell’arte come mezzi di
comunicazione, anche perché il materiale di cui fanno uso i distruttori sono loro stessi strumenti di
espressione e comunicazione.
È quindi possibile osservare distinzioni e sfumature in ogni evento distruttivo: i motivi di
aggressione (che possono essere espliciti o impliciti, oppure di natura ideologica o privata), gli
scopi, gli assalitori (che hanno agito individualmente o in collettività, che si fanno conoscere o
rimangono anonimi, che detengono o no diversi tipi di potere o autorità), le loro azioni (più o meno
violente e distruttive, dirette o indirette, visibili o clandestine, legali o illegali), gli obiettivi (di
proprietà pubblica o privata, giudicati attraenti o “offensivi”, riconosciuti come arte o non,
autonomi o associati a certi gruppi o valori), i contesti (variamente accessibili e permanentemente
dedicati all’esposizione di arte e non solo), nella loro diversità consentono di dare un’immensa
visione del fenomeno, che assume molteplici significati a seconda dell’ottica considerata per
analizzare le vicende.
La tesi è una composizione di diversi capitoli che indaga il fenomeno d’insieme consacrato
alle aggressioni dirette contro opere d’arte nell’epoca contemporanea, esplorando i motivi di questi
atti e descrivendo casi d’iconoclastia e di vandalismo avvenuti in un arco di tempo che va dal XX
secolo sino ai giorni nostri e che coinvolgono diversi Paesi del Mondo.
Il I capitolo è destinato alle investigazioni e discussioni del vandalismo dalle diverse
prospettive – criminologa, sociologica e psicologica –, in cui un numero ampio di autori, ha rilevato
diverse categorie nella distruzione di opere d’arte. Nel corso della tesi, si porrà l’accento sulla
vastità di variabili che entrano in gioco nei gesti distruttivi conducendo studiosi e critici a una
molteplicità di interpretazioni, che danno un’idea della varietà di significati che possono assumere i
danni ad opere artistiche. Verranno descritte le diverse motivazioni e metodologie degli atti
distruttivi contro opere d’arte, con risvolti a volte sorprendenti e anche curiosi: uno sfregio può
rappresentare una violazione “carnale” della persona raffigurata, mentre un gesto distruttore può
essere causato per ideologie politiche o di propaganda, o più semplicemente per motivi di protesta.
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Non si è dimenticato di descrivere l’influente ruolo esercitato dalla religione e dalla politica, che
hanno trovato nell’iconoclastia e nella censura gli strumenti ideali per attuare e giustificare la
demolizione o rimozione di opere raffiguranti idoli o regimi non più graditi nel nuovo contesto.
Introducendo un approfondimento, dal punto di vista sociologico, della particolare percezione e
ricezione delle opere nella cultura contemporanea, ci si è interrogati anche sul carattere
iconoclastico dell'arte moderna che ha condotto il mondo dell'arte e degli spettatori a interrogarsi su
questa sua qualità e sulle reazioni che scaturiscono dal contatto tra il pubblico e l’artista. L’analisi
delle caratteristiche dell’opera d’arte presa di mira e del “vandalo”, insieme a quella dell’interazione
tra i due soggetti, permette di individuare l’esistenza di un particolare e oscuro legame che si
instaura tra la vittima e il suo assalitore.
Il II capitolo raccoglie la documentazione di alcuni tra i più famosi atti lesivi contro l’arte.
Nella categoria dei crimini artistici si è incluso sia i gesti perpetrati entro i confini degli spazi
museali o delle gallerie, dove un’opera d’arte viene intenzionalmente danneggiata, sia gli atti di
distruzione fuori dal contesto museale. Molti di questi crimini comportano un considerevole
problema di attribuzione contro i perpetratori (se arrestati, sebbene raramente vengono severamente
puniti per il reato commesso), anche se nella maggioranza dei casi questi non tentano neppure di
scappare. La vasta serie di comportamenti distruttivi nei confronti delle opere d’arte è stata
classificata tenendo conto non della metodologia o dei mezzi impiegati per compiere questi gesti,
ma del motivo che ha spinto questi personaggi a colpire opere e monumenti artistici. In questa parte
della tesi si descrivono le vicende che hanno avuto per protagonisti iconoclasti religiosi (sia singoli
che gruppi), la politica e il suo potere di censura, contestatori (di situazioni sociali, economiche e
politiche), artisti e psicopatici, i quali hanno dato spiegazioni, più o meno valide, a giustificare il
loro gesto.
Lo studio ha introdotto la problematica del fenomeno distruttivo anche dal punto di vista
giuridico: nel III capitolo, analizziamo la disciplina sanzionatoria per i reati contro beni artistici,
vigente in Italia, perché di crimini si tratta. Negli ultimi anni, la legislazione italiana dei beni
culturali ha conosciuto un’importante evoluzione della normativa interna, con la proposizione di
leggi e decreti legislativi che hanno dato disposizioni sempre più precise e mirate sui beni e
patrimoni culturali. Nel corso del tempo, sono subentrate anche delle normative internazionali che
(una volta ratificate) hanno permesso di migliorare e potenziare la tutela penale relativa
all’alterazione del patrimonio storico-artistico-culturale nazionale ed internazionale:
Raccomandazioni, Convenzioni dell’UNESCO e disegni di legge mostrano i loro punti di forza e,
purtroppo, le loro debolezze nel definire ed applicare le pene a coloro che distruggono o,
semplicemente, deturpano intenzionalmente un bene pubblico. Dato che casi di vandalismo e
distruzioni di opere d’arte sono accadute in tutte le parti del mondo, si è preso in esame codici esteri
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per confrontarli con quello italiano, con l’intento di dare nuovo spunto ai legislatori del nostro Bel
Paese, che dovranno cercare sempre più norme efficienti contro un fenomeno sempre più frequente
e grave. Questo confronto permette di evidenziare le differenze di concezione delle opere artistiche
nei modelli continentale e statunitense, che tutelano i diritti morali d’autore distinti dai diritti
patrimoniali legati al copyright.
Conclude la tesi un’analisi della distruzione di opere d’arte dall’ottica microeconomica del
consumatore di arte e cultura. Nel tentativo di capire le relazioni che intercorrono tra arte e la sua
distruzione, nel capitolo IV abbiamo voluto provare a creare la formula economica di scelta del
distruttore tenendo conto di particolari vincoli. Facendo assumere al “vandalo” il ruolo di
consumatore (non più diverso dal semplice fruitore di beni culturali, solo perché non è “passivo”),
si è cercato di individuare i tipi di utilità che può ricavare ciascun tipo di vandalo dalla distruzione
di un particolare bene, qual è il bene culturale, con le sue caratteristiche distintive rispetto a tutti gli
altri beni normali. I diversi vincoli che sottopongono e vincolano, appunto, le persone a una scelta
più precisa e mirata degli oggetti da alterare o distruggere, rendono la formula della
massimizzazione dell’utilità sempre diversa e variegata a seconda della tipologia del distruttore
coinvolto.
In sintesi, si può dire che l’insieme delle distruzioni delle opere d’arte è diventato un problema
serio e preoccupante: una maggiore e drammatica espressione e concomitanza di aggressioni ha
portato il fenomeno ad un’attenzione pubblica e professionale sempre più crescente – anche se non
del tutto esauriente –, che ha portato a vagliare lo stato, le cause, i motivi, la prevenzione e i rimedi
al comportamento distruttivo. In conclusione, si è elencato una serie di rimedi a questa particolare
problematica, facendo leva non solo sulle predisposizioni personali delle persone coinvolte, ma
anche sulle caratteristiche fisiche e sociali del contesto ambientale dove avviene il fatto.
Alla luce di quanto indagato e rilevato, si è giunti a definire le varie tipologie di distruzione di
opere artistiche come un fenomeno dagli interessanti, e insieme, intricati risvolti che mettono a dura
prova studiosi, operatori museali, storici dell’arte, giuristi ed economisti nell’analisi delle sue
caratteristiche e nella proposizione di interventi e soluzioni che riescano a fermare questo
emorragico fenomeno.
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I. I SEI TIPI DI DISTRUZIONE DELL’OPERA D’ARTE
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I. I SEI TIPI DI DISTRUZIONE DELL’OPERA D’ARTE:
ICONOCLASTICA, POLITICA, RADICALE, “LUCRATIVA”,
ARTISTICA E ALTRO
L’arte e i suoi manufatti sono da sempre al centro del mirino di “vandali”, iconoclasti,
contestatori e “folli”, che danneggiano questi artefatti con l’intento di dare rilievo a un loro
particolare sentimento (di protesta, malessere, incomprensione, espressione artistica e via dicendo).
Nei capitoli che seguono descriviamo casi di “vandalismo” contro opere d’arte che non sono stati
compiuti in modo anonimo e furtivo, ma con particolari caratteristiche ed elementi che fanno capire
come ci sia un motivo dietro ad atteggiamenti all’apparenza irrazionali o inconcepibili.
Nel corso dell’elaborato si noteranno come molteplici variabili entrano in gioco durante gli
atti di vandalismo: una grande frammentarietà di soggetti, spinti per rispondere a una gamma
pressoché infinita di esigenze e bisogni, si accompagna alle più variegate modalità e molteplicità di
strumenti adoperati nel corso di questi gesti distruttivi. Tutte queste incognite rendono ancora più
interessante e, insieme, complesso un fenomeno dai mille risvolti, che ha attirato l’attenzione di
psicologi, sociologi e criminologi, i quali hanno cercato di analizzare e approfondire i sottesi ed
intricati legami che possono intercorrere tra l’atto “vandalico” e l’opera d’arte, danda adito a
diversificate interpretazioni.
I. 1. I molteplici significati dei danni ad opere artistiche
Gli assalti perpetrati in luoghi pubblici da persone che non hanno alcun diritto di proprietà dei
loro obiettivi colpiti, sono molto numerosi. Tra gli oggetti presi di mira da atti vandalici o alterativi,
rientrano tutti i tipi di opere d’arte, a partire dalle sculture ai dipinti, ma in particolare, sono le opere
d’arte moderna quelle frequentemente soggette ad aggressioni anonime o inspiegate. Il termine
“vandalismo” è stato usato anche per questa tipologia di azioni, che non possono venire spiegate e
che negano ogni tipo di specificità alla degradazione delle opere d’arte ed è per questo che è stato
studiato da sociologi, psicologi e criminologi, le cui ricerche e conclusioni hanno consentito alla
storia dell’arte di aggiungere un capitolo “oscuro”, quale quello della distruzione, opposto alla
tradizionale concezione della creazione artistica. È curioso notare, inoltre, la disparità tra l’interesse
pubblico e giornalistico e l’assenza di attenzione nei confronti del vandalismo da parte di
professionisti e accademici, che hanno sempre considerato il tema delle demolizioni o rimozioni
dell’arte, un tabù o un tasto dolente nella storia dell’arte.
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Molti degli attacchi odierni contro opere d’arte sono più opera di vandali1 che di iconoclasti2. I
comportamenti lesivi e distruttivi contro beni appartenenti al patrimonio artistico e culturale sono
stati classificati in due principali sottocategorie: l’iconoclastia (fenomeno collettivo che aderisce ad
un programma cosciente di distruzione selettiva) e il vandalismo (atti perpetrati a caso,
sorprendentemente, da gente normale, che agisce o da sola o in piccoli branchi). I veri iconoclasti
cercano di indebolire istituzioni religiose o politiche attaccando i dogma e le convenzioni centrali
alle autorità delle istituzioni. Piuttosto di opporsi ad una particolare politica o azione, gli
iconoclasti, nel vero senso del termine, resistono all’intera istituzione stessa. Gli attacchi dei
vandali, invece, rappresentano delle reazioni ad ideali o culture popolari. Più frequentemente, il
moderno vandalo artistico lacera per motivi personali ed egoistici. A volte è capitato che il vandalo
aspettasse pazientemente vicino all’opera danneggiata per venire catturato e dare una spiegazione
del suo gesto; altre volte gli attacchi sono stati perpetrati da entità estranee ed inesistenti; in alcune
occasioni si è voluto richiamare l’attenzione sulla propria condizione sociale o economica, o
semplicemente (come è accaduto più spesso) l’opera non piaceva al vandalo.
Tra i tanti studiosi del fenomeno del “vandalismo artistico”, Dario Gamboni è quello che ha
condotto approfonditi studi su diversi casi e si può dire sia giunto a delineare una vasta categoria di
motivi e significati alla base degli attacchi vandalici contro le opere d’arte. Secondo Gamboni
bisogna prendere in considerazione anche la diversità non solo nei motivi, ma anche negli autori,
nei contesti e nei temi3. Lo studioso dimostra inoltre una particolare sensibilità nel parlare di potere
e status, egli indaga le relazioni tra l’attaccato e l’attaccante, ma raramente ha deciso per una mono-
causa, definitiva: si devono prendere in considerazioni più aspetti che interagiscono
simultaneamente e continuamente. L’atto del vandalismo viene visto da Gamboni come una tappa
nell’esistenza dell’opera d’arte e non come un’aberrazione completamente distaccata dal suo
significato; ciò vuol dire che l’identità di un oggetto è molteplice e insieme contraddittoria, perché
composta dall’insieme di valori con la quale si dota. In altre parole, l’alterazione e la distruzione
hanno un loro posto e un ruolo vitale nel significato complessivo di un lavoro artistico.
Le variabili ambientali giocano anche loro un ruolo decisivo nel fenomeno del vandalismo4:
all’effetto della crisi economica, sociale e politica (in cui versa un determinato contesto) si
aggiunge quello dell’aspetto fisico globale delle esposizioni, mostre o opere artistiche. Gli effetti
fisici e psicologici di una congiuntura sventurata forniscono le condizioni favorevoli ad atti
distruttivi, a cui si può aggiungere un fattore supplementare, quello dell’effetto negativo suscitato
1
Il vandalo è colui che, per ignoranza, inciviltà o puro gusto della violenza, distrugge o manomette senza motivo
specifico beni appartenenti al patrimonio artistico o culturale.
2
L’iconoclasta mira alla distruzione di immagini, simboli o comunque di ogni realizzazione tangibile propria di
una dottrina, di un’ideologia, di uno Stato e simili.
3
G. Schwartz, “Attacking art”, in Art in America, v. 86, n.° 7 – July 1998, pp. 29-31.
4
D. Gamboni, Un iconoclasme moderne. Théorie et pratiques contemporaines du vandalisme artistique,
Annuaire 1982-83 de l’Institut Suisse pour l’étude de l’Art, Zurich – 1983, p. 51.
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dalle opere artistiche. L’utilizzo sbagliato, la mancanza di serietà e le aggressioni per scandalose e
inammissibili situazioni rappresentate dalle opere hanno portato a un generale discredito
dell’insieme delle manifestazioni e della competenza professionale degli artisti. Un accurato esame
degli attrezzi e dei mezzi usati dagli iconoclasti o adoperati dai vandali per compiere il loro gesto ai
danni di oggetti artistici, mostra come essi agiscono in maniera premeditata e pubblica. Inoltre,
l’esame dei bersagli presi di mira ripropone la questione del materiale che si trova
indissolubilmente legata a quella del lavoro: la scelta di un determinato materiale è legata
all’insieme delle referenze formali e semantiche della scultura e alla formazione dell’artista e alla
sua posizione nel campo culturale e sociale.
L’analisi degli atti distruttivi e l’intensa ricerca tecnologica dei dispositivi di sicurezza
corrispondono a una riflessione museologica embrionale sulle cause psicologiche del vandalismo: il
desiderio di possedere e ammirare privatamente un oggetto unico e altamente considerato dalla
pubblica opinione; il bisogno di contestazione contro le autorità (sociali, politiche, religiose, etc.) e
la voglia irresistibile di possedere un oggetto che ha rivestito un significato mistico, danno una
primaria idea dei motivi che spingono a danneggiare artefatti artistici.
Per altri studiosi, è la desacralizzazione del museo e delle sue collezioni il motore di certi atti
vandalici. Negli ultimi decenni, gli attacchi nei musei sono saliti di numero, per una serie più o
meno definita di motivi: il desiderio di visitare un museo, composto da fattori che combinano
desideri, piaceri e doveri, ma una profonda trasformazione sociale, economica, politica e culturale
ha contribuito ad ampliare la fascia dei visitatori dei musei, portando in queste istituzioni un tasso
più intenso di vandalismo per via della tensione umana vissuta nella società moderna e per via del
maggiore e vario target di audience. Inoltre, l’incontro dei visitatori con opere d’arte che sfuggono e
sfidano ogni aspettativa estetica non ha contribuito a rallentare questo emorragico fenomeno. In
seguito a tutte queste circostanze i musei hanno dovuto innalzare la soglia di guardia per tutelarsi da
atti di aggressione fisica, che presentano un alto livello di premeditazione e di volontà.
La volontà di distruggere richiama un antico aneddoto dell’iconoclastia: Erostrato, l’oscuro
abitante di Efeso, diede fuoco al famoso tempio di Artemide nel 356 a.C., per mantenere vivo il suo
nome nella posterità. Tra i motivi degli atti vandalici, c’è quindi il desiderio di pubblicità per sé
stesso o per una causa o ideologia, che deriva non solo dal valore pubblicamente attribuito alle
opere d’arte, in particolare a quelle famose, ma anche per la straordinaria attenzione da parte della
stampa per il minimo dettaglio di ogni attacco. Il vandalismo continua ad esistere grazie al suo
potenziale di attirare l’attenzione e di guadagnare visibilità sociale: la campagna mediatica che
accompagna gli assalti ad opere d’arte ha un valore narcisistico e anche effetti terapeutici
sull’aggressore.
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Distruzioni di ogni tipo hanno cominciato a diventare un’epidemia globale e si comincia a
respirare un’aria tesa dove chiunque viene visto come un potenziale assalitore e nessuno riesce a
partecipare all’atto mistico dell’arte. Ecco perché il personale, i responsabili e i curatori dei musei
trattano l’argomento del vandalismo come un tabù, senza alcuna voglia di discuterne e questo
silenzio complica ulteriormente la comprensione di questo fenomeno e dei suoi motivi. Cosa fanno
le persone che attaccano l’arte e come può il museo proteggersi da questo flagello? Innanzitutto si è
dovuto riconoscere la diversità nei metodi, nei motivi e nei personaggi coinvolti negli attacchi ad
opere d’arte: alcuni dei vandali sono stati riconosciuti come psicologicamente instabili (Laszlo Toth
che acclamava di essere ispirato da Gesù), militanti politici (Mary Richardson che protestava contro
il Governo, nel nome del movimento femminista), contestatori socio-economici (Joseph Kleer che
dichiarava la sua contrarietà all’agiatezza degli artisti), ignoranti o sprezzanti dell’arte moderna
(gente comune e pubblico eterogeneo incapace di capire e recepire certe nuove regole estetiche).
Ricerche in questo campo sono state molto scarse, specialmente a fronte delle immense
perdite culturali e finanziarie, ma negli ultimi anni ’70 criminologi, storici e sociologi hanno
cominciato ad esaminare il fenomeno, riscontrando che la maggior parte dei vandali non è né
psicopatico né psicologicamente insano e buona parte degli assalti colpisce oggetti dell’arte
moderna e contemporanea. Il maggior contributo allo studio di questo fenomeno è stato dato dagli
adepti della labelling theory of deviance, sorta negli anni ’60 del ‘900 in Inghilterra. Invece di
chiedersi perché le persone fanno queste “brutte cose”, la “teoria della devianza” studia
scientificamente il vandalismo come comportamento deviante, dove la motivazione è centrale
nell’analisi del comportamento del vandalo, chiedendosi perché queste cose sono state definite
cattive, devianti o socialmente problematiche e sono giunti a definire le azioni vandaliche come
archetipo di azioni senza senso, immotivate, gratuite, fortuite e insignificanti.
Un altro mezzo di investigazione e analisi del vandalismo è la psicologia ambientale, in cui la
sua archeologia psicologica è fondata sulle vestigia dei comportamenti vandalici e su alcune
osservazioni: tutti gli ambienti non sono ugualmente vandalizzati (le proprietà pubbliche sono le
predilette dei “vandali”), la novità attira il vandalismo (il vandalismo è espressione della resistenza
al cambiamento), il vandalismo attira altro vandalismo e il vandalismo risulta spesso dall’accumulo
di comportamenti negligenti. Altro ambito di indagine non è stato quello del contesto degli atti
vandalici, bensì del significato dato dagli autori o gruppi coinvolti nel vandalismo, dando
l’occasione agli studiosi di psicologia ambientale di raccogliere dati di carattere soggettivo,
fondamentali all’interpretazione degli atti distruttivi.