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1.Introduzione
La Sardegna è una regione da sempre nota come terra povera di risorse idriche, spesso
caratterizzata da lunghi periodi siccitosi, che hanno indotto le autorità a realizzare
importanti strutture per la raccolta d'ingenti quantitativi d'acqua. In realtà, l'economia del
territorio, storicamente fondata su agricoltura e pastorizia, non si sarebbe potuta sviluppare
adeguatamente se non grazie alle risorse idriche presenti le quali, quindi, non sarebbero da
considerarsi scarse pur non essendo quantitativamente paragonabili a quelle di tante altre
regioni d'Italia.
La naturale propensione dell'isola ad attività agro-pastorali, ha fatto si che queste
continuassero nel loro sviluppo anche durante l'avvento dell'industrializzazione nel
territorio. Le esigenze sempre maggiori di guadagno hanno favorito il progredire
dell'agricoltura e dell'allevamento, talvolta anche in maniera intensiva, al punto che le
pratiche agricole e zootecniche sono state individuate come le principali responsabili
dell'inquinamento da nitrati delle acque superficiali e sotterranee. Tuttavia tali attività non
sono le uniche che determinano l'accumulo di nitrati nei corpi idrici, ma esistono numerose
fonti puntuali e non puntuali che generano il rilascio nei suoli di composti azotati: gli
insediamenti industriali, le discariche di rifiuti, le perdite dai collettori fognari, le fosse
settiche, gli insediamenti urbani e lo spargimento di letame nei campi.
Qualora la somministrazione di composti azotati nei suoli superasse la domanda da parte
delle specie vegetali, che quindi non hanno più la capacità di assimilarli, e l'attitudine
denitrificante del suolo stesso fosse inferiore agli apporti di azoto nitrico, quest'ultimo
tenderebbe a percolare, fino a raggiungere le acque sotterranee, facilitato nel movimento
anche dalle acque d'irrigazione o meteoriche.
Solo a partire dal 1970 la contaminazione delle acque superficiali e sotterranee causata dalle
specie azotate è stato considerato un problema ambientale e ha assunto rilevanza a livello
non solo locale ma anche comunitario poiché la presenza di questi componenti in acqua
determina non solo il degrado delle risorse idriche, ma anche danni per la salute umana.
Infatti, sebbene i composti azotati siano fondamentali per il metabolismo degli organismi e
per il naturale svolgimento delle loro funzioni vitali, se presenti nelle acque superficiali in
eccessive concentrazioni, possono provocare il fenomeno dell'eutrofizzazione. Questo è un
processo biochimico che conduce, progressivamente, al degrado delle acque a causa
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dell'eccessivo consumo di ossigeno dovuto all'intensa attività biologica. Infatti, la presenza di
un'eccessiva quantità di sali nutritivi, come nitrati e fosfati, e di sostanza organica, determina
un incremento di alghe e batteri aerobi e, conseguentemente, della loro attività
nell'ecosistema acquatico al punto da provocare un elevato consumo di ossigeno che, nel
tempo, diviene deficitario. La mancanza di ossigeno ha come conseguenza la morìa della
fauna acquatica e, quindi, la riduzione dei consumatori di alghe le quali, a loro volta,
tendono a proliferare con un ulteriore degrado delle acque.
I nitrati sarebbero, inoltre, la causa di alcuni problemi alla salute umana; in particolare,
l'eccessiva assunzione di questi composti attraverso l'alimentazione e l'acqua potrebbe
provocare, nei bambini, la metaemoglobinemia, anche detta sindrome del bambino blu o
blue-baby syndrome (a causa del sopravvenire di una condizione cianotica), che vede
l'incremento nel sangue dell'emoglobina non deputata al trasporto di ossigeno (la
metaemoglobina). Negli adulti l'eccessiva assunzione di nitrati potrebbe essere la causa di
cancro allo stomaco. Tuttavia, si deve sottolineare che i composti dell'azoto non si assumono
solamente attraverso l'acqua da bere ma entrano normalmente nell'organismo con gli
alimenti, soprattutto quelli preparati industrialmente, per i quali si utilizzano sia il nitrato sia
il nitrito che si ritrovano in insaccati, conserve, carni affumicate e come addittivi alimentari
(E249 ed E250 per i nitriti ed E251 ed E252 per i nitrati) con la finalità di fungere da
conservante alimentare e per svolgere un'azione antibatterica, nonché per il mantenimento
della colorazione rossastra della carne e per esaltare i sapori (ADINOLFI ET ALII, 2010).
Mentre nelle acque superficiali il livello di nitrati può subire una rapida variazione a causa di
processi denitrificanti, dilavamento dei fertilizzanti o prelievo da parte del fitoplancton, nei
corpi idrici sotterranei, a causa soprattutto della ridotta attività microbica e dei continui
apporti provenienti dalla superficie, il nitrato tende ad accumularsi e, in genere, la sua
diminuzione si può apprezzare solo in tempi lunghi (RIVETT ET ALII, 2008).
E' chiaro, da quanto esposto, che esiste una differenza tra il tasso di azoto fissato, sottratto
dall'atmosfera e reso disponibile per le attività vitali degli organismi e delle piante, e quello
che invece fa ritorno in atmosfera in seguito ai processi denitrificanti. Se la quantità di azoto
fissato superasse per un prolungato periodo di tempo la quantità di azoto denitrificato, si
avrebbe un surplus di composti di questo elemento in uno dei comparti ambientali
interessati dal ciclo dell'azoto. Questo comparto è rappresentato, appunto, dalle acque
sotterranee nelle quali il tasso di accumulo nel tempo potrebbe superare il tasso di
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rimozione dello stesso determinando, in questo modo, il degrado qualitativo dei corpi idrici
sotterranei.
In acqua l'azoto si trova generalmente come nitrato, nitrito, ammonio e azoto organico. Il
nitrato (NO
3
-
) è stabile in condizioni ossidanti ed è la specie che più comunemente si ritrova
nelle acque naturali. Il nitrito (NO
2
-
) è stabile in condizioni riducenti e generalmente non si
trova nelle acque naturali, se non in concentrazioni molto basse, inferiori a 1 mg/L. La sua
presenza è in genere indice di processi di denitrificazione in atto. Lo ione ammonio (NH
4
+
) è
stabile in condizioni estremamente riducenti e alcaline infatti, non si rinviene in
concentrazioni importanti, a meno di contaminazione recente poiché è velocemente
ossidato dall'ossigeno presente a nitrito e nitrato. Le principali fonti di azoto ammoniacale
sono gli scarichi fognari, la zootecnia e i reflui industriali.
A dimostrazione di come il componente in questione si ripartisca tra i diversi comparti, ci
sono una serie di dati riportati da diversi studi. Caboi et alii (1992) riportano, per le acque di
pioggia della Sardegna, valori medi di nitrato di circa 2 mg/L. Uno studio di Cidu e Biddau
(2012), riporta valori dello stesso composto per le acque superficiali (187 campioni) e
sotterranee (126 campioni) dell'isola compresi rispettivamente tra 0,1 e 31,2 mg/L e tra 0,1 e
249 mg/L. Un altro studio sulle acque sotterranee della Nurra (GHIGLIERI ET ALII, 2008) riporta
valori compresi tra il limite di rivelabilità strumentale e oltre i 500 mg/L. Come si evince da
queste cifre, i corpi idrici sotterranei sono quelli a risentire maggiormente della
contaminazione da nitrati.
I succitati dati dovrebbero far comprendere quanto sia oggi importante prevenire un
ulteriore aumento della concentrazione dei nitrati nei corpi idrici sotterranei e, se si pensa
che la Sardegna non è una regione particolarmente ricca di acque, la necessità di tutela e di
prevenzione diviene un imperativo.
Grazie agli studi svolti nel tempo sul territorio è stato possibile, in applicazione della
normativa vigente sia in ambito comunitario che nazionale, individuare i sistemi
maggiormente interessati da carico di nitrati. In particolare, attraverso alcune attività svolte
per conto della Regione Autonoma della Sardegna, sono stati identificati negli acquiferi
carbonatici della Nurra, in quelli vulcanici Plio-quaternari del Logudoro e nelle falde
superficiali detritico-alluvionali del Campidano di Oristano e di Cagliari, della marina di Sorso
e dell'ampia valle del Cixerri, i sistemi idrici che, potenzialmente, sarebbero maggiormente
interessati a carico di nitrati di origine agricola. In tali contesti, infatti, l'arrivo dei nitrati in
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falda non è dovuto solamente al carico agricolo notevole ma anche alle caratteristiche
intrinseche degli acquiferi (quali l'elevata permeabilità per porosità, per la presenza di
sistemi carsici o fratturati, e per la vacuolarità dei complessi vulcanici) che possono esporre
maggiormente i corpi idrici sotterranei alla contaminazione, poiché sono favoriti i fenomeni
di infiltrazione. Tra i sistemi idrici della Sardegna maggiormente interessati da carico di
nitrati di origine agricola, un'area di 55 kmq compresa all'interno del territorio di Arborea,
nel Campidano di Oristano, in corrispondenza di acquiferi superficiali detritico-alluvionali, è
stata designata dalla Giunta Regionale della Sardegna come Zona Vulnerabile da Nitrati di
origine agricola (ZVN), in applicazione della Direttiva Europea 676/91/CEE e del DLgs 152/99,
con deliberazione della Giunta n. 1/12 del 18.01.2005. Nell'ambito dei procedimenti per la
designazione di tale area come Zona Vulnerabile da Nitrati di origine agricola, sono stati
evidenziati, per tutto il periodo di monitoraggio, valori medi di NO
3
-
sempre maggiori di
50mg/L (valore limite imposto dal DLgs n.152/2006) e compresi fra un minimo di 76,1 mg/L e
un massimo di 108,5 mg/L per una percentuale di campioni ricadente in tale range compresa
tra il 50 e il 66% (Regione Autonoma della Sardegna, 2005). Tuttavia quest'area non è la sola
a presentare concentrazioni particolarmente elevate di NO
3
-
nei corpi idrici sotterranei; altre
zone sarebbero da sottoporre a tutela, come ad esempio gli acquiferi carbonatici della
Nurra, caratterizzati da valori che superano i 500 mg/L. In quest'area, inoltre, elevati valori
nella concentrazione di NO
3
-
sono stati riportati anche riguardo gli acquiferi della sequenza
giurassica, le cui acque sono destinate ad uso potabile (GHIGLIERI ET ALII, 2008).
Lo studio che segue è stato realizzato nell'ambito del progetto KNOW (acronimo di
implementing the Knowledge of NitrOgen in groundWater), cofinanziato dalla Regione
Autonoma della Sardegna (L.R. 7/08/2007 n.7 sulla Promozione della Ricerca scientifica e
dell'Innovazione Tecnologica in Sardegna), Repubblica Italiana e Unione Europea, con
l'obiettivo di individuare sistemi per la definizione dei processi di degrado delle risorse
idriche sotterranee per inquinamento da nitrati in alcuni bacini pilota della Sardegna. Nello
specifico, lo studio si è svolto a scala regionale, nella Sardegna orientale, attraverso
campionamenti di acque di sorgente circolanti nei graniti e nelle metamorfiti del basamento
paleozoico. I punti di campionamento sono stati scelti in modo da essere lontani da fonti
diffuse e puntuali di pericolo al fine di poter determinare i valori di background dei nitrati
nelle acque sotterranee, in condizioni indisturbate.
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Il lavoro di tesi è così articolato:
Un primo capitolo introduttivo riguardante il ciclo naturale dell'azoto;
Un capitolo contenente un inquadramento normativo a livello comunitario e il
recepimento di tale normativa a livello nazionale e regionale;
Un inquadramento del territorio sardo e dell'area studio dai punti di vista
geografico, geologico-strutturale, idrografico, idrogeologico e
geomorfologico;
Lo studio idrogeochimico, con la descrizione delle fasi di campagna e di
laboratorio e con una discussione circa i dati analitici ricavati, con particolare
attenzione ai nitrati;
Le conclusioni.
2. Il Ciclo dell'azoto
Poiché lo studio è focalizzato sul comportamento dei nitrati nelle acque sotterranee, si
ritiene opportuno richiamare gli aspetti essenziali del ciclo dell’azoto.
Il 78% dei gas che costituisce l'atmosfera terrestre è rappresentato dall'azoto che qui si trova
sotto forma di molecola biatomica in cui i due atomi sono legati tra loro da un triplice
legame covalente che conferisce elevata stabilità al composto. Nelle altre sfere geochimiche
(Tabella 1) l'azoto è presente in misura nettamente inferiore e non sottoforma di molecola
biatomica, ma di differenti componenti in cui l'elemento si trova sotto diversi stati di
ossidazione.
Tabella 1: Ripartizione delle specie più diffuse
dell'azoto in diverse sfere geochimiche.
Numero di
ossidazione
Formula
chimica
Sfera geochimica
3- NH
3
, NH
4
+
Idrosfera
0 N
2
Atmosfera
2+ NO Atmosfera
3+ NO
2
-
Idrosfera
5+ NO
3
-
Idrosfera
Questo elemento riveste notevole importanza, legata soprattutto al fatto che è un
costituente essenziale per gli organismi animali e vegetali, in quanto è in essi presente
sottoforma di proteine, aminoacidi e acidi nucleici e poiché partecipa a importanti processi
metabolici. Tuttavia, la grande maggioranza dei sistemi viventi non utilizza, per lo
svolgimento delle proprie funzioni vitali, la molecola biatomica, poiché questa non è
biodisponibile, ossia "chimicamente accessibile". Mentre gli animali utilizzano solo l'azoto
ridotto, protonato (NH
3
) e convertito in azoto organico, le piante utilizzano l'azoto
inorganico sotto forma di sali solubili, i nitrati.
Il ciclo dell'azoto ha inizio con la fissazione della molecola biatomica che può avvenire
secondo diverse modalità:
Fissazione atmosferica o non biologica, innescata da fulmini e radiazioni
cosmiche che forniscono all'azoto l'energia necessaria per reagire con
ossigeno e idrogeno e formare ossidi di azoto i quali saranno trasportati a
terra dalle precipitazioni come acido nitrico, HNO
3
.
Fissazione biologica per via batterica, con la quale il triplo legame covalente è
attivato da una complessa reazione (detta nitrogenasi) che, in sintesi, provoca
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la riduzione e la protonazione della molecola di azoto, con conseguente
formazione di ammoniaca la quale, liberata nel terreno si combina per dar
luogo a sali di ammonio.
Se si considera il ciclo dell'azoto, l'incidenza della fissazione non biologica, per opera di
fulmini e raggi cosmici, può essere considerata trascurabile rispetto alla quantità di azoto
biodisponibile che si produce per via biologica. In natura sono pochi gli organismi deputati
alla conversione dell'azoto molecolare in composti biodisponibili poiché la reazione di
scissione della molecola stessa è fortemente endotermica, a causa dell'elevata inerzia
chimica che la caratterizza e che la rende particolarmente stabile. I batteri azotofissatori
sono soprattutto i cianobatteri (Cyanobacteria), anche detti alghe azzurre, che vivono in
ambiente acquatico, gli Azotobacter e Clostridium che vivono liberi nel suolo e Rhizobium
che vivono nelle radici delle piante leguminose, in simbiosi con queste. La fissazione
biologica per via batterica consiste nella scissione del triplice legame covalente con
successive protonazione e riduzione della molecola di azoto per formare ammoniaca la quale
nel terreno può dar luogo a sali di ammonio (1).
3 2
2 6 6 NH e H N
(1)
Figura 1: Rappresentazione schematica del ciclo dell'azoto (Rivett et alii, 2007)