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Introduzione.
L‟economia italiana, negli ultimi venti anni, è stata caratterizzata da
numerose riforme in materia di lavoro. La prima tappa di quello che è stato
un vero e proprio processo di modernizzazione è il protocollo di luglio del
1993 in cui si modificano e regolano le relazioni industriali. Nello stesso
periodo inizia la privatizzazione del pubblico impiego. Successive sono il
pacchetto Treu e la cosiddetta legge Biagi, che hanno flessibilizzato il
mercato del lavoro.
Tutte le normative citate hanno trasformato i meccanismi di
formazione dei salari e degli stipendi e le forme di reclutamento. Viene
introdotta la concertazione, la moderazione salariale, il rapporto privato di
pubblico impiego, la contrattazione su due livelli e la flessibilità del
rapporto di lavoro.
Obiettivo del presente lavoro è di analizzare in tema di differenze di
retribuzione tra pubblico e privato cos‟è cambiato dal 1998 al 2006.
L‟analisi verrà eseguita utilizzando un doppio punto di vista. Nella prima
parte verranno analizzate nel lungo periodo le dinamiche salariali che hanno
caratterizzato il pubblico impiego, il comparto industriale e quello dei
servizi. Nella seconda il problema verrà studiato considerando le relazioni
intercorrenti tra il salario percepito e le caratteristiche personali dei
percettori, con particolare riguardo al titolo di studio e l‟esperienza
professionale, dei dipendenti sia pubblici che privati. I risultati ottenuti
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saranno comparati con quelli di un‟analoga ricerca fatta da S. Comi e P.
Ghinetti, pubblicata sulla Rivista internazionale di scienze sociali nel
numero di Aprile–Giugno 2002, utilizzando i dati del 1998 dell‟Indagine su
redditi delle famiglie della Banca d‟Italia. Daremo un ulteriore sguardo alle
prospettive future alla luce del nuovo accordo sul modello contrattuale e
delle recenti leggi riguardanti il pubblico impiego.
Uno studio accurato non può che partire dalla ricerca delle fonti
statistiche in materia di retribuzione più adeguate. Nel primo capitolo
verranno quindi analizzate le varie fonti statistiche disponibili ponendo
particolare attenzione su quelle pubblicate dall‟Istat e dalla Banca d‟Italia.
Le prime verranno utilizzate per uno studio delle dinamiche retributive
mentre la seconda verrà utilizzata per analizzare la relazione tra salario e
caratteristiche personali. Il secondo capitolo vede un breve excursus della
normativa vigente con una particolare attenzione al Protocollo di luglio del
1993 ed al meccanismo di formazione dei salari . L‟utilizzo dell‟inflazione
programmata, il meccanismo di erogazione differita degli arretrati, un
invecchiamento dei dipendenti pubblici dovuto al blocco del turn over, ma
anche il venir meno nel settore privato degli spazi economici per la
contrattazione integrativa dovuta alla stagnazione della produttività del
lavoro hanno prodotto un recupero della retribuzione dei dipendenti
pubblici tanto che negli anni più recenti essa ha superato quella dei
dipendenti privati. Alla stessa conclusione si addiviene se confrontiamo il
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livello delle retribuzioni del privato e del pubblico relative all‟anno 2006
con quelle relative al 1998. Utilizzando i dati forniti dall‟indagine sui
bilanci delle famiglie della Banca d‟Italia è possibile fare un‟ulteriore
analisi per evidenziare se e come le caratteristiche individuali dei lavoratori
abbiano influito sul livello salariale. I risultati evidenziano che le riforme
che avevano come scopo quello di innestare meccanismi privatisti nel
settore pubblico hanno prodotto risultati inaspettati: il settore pubblico
riesce a garantire livelli salariali maggiori del privato a prescindere dal
titolo di studio posseduto e si è avuta una sostanziale omogeneizzazione tra
i due settori nel rendimento dell‟esperienza lavorativa. Ciò certamente è
frutto del potere contrattuale dei lavoratori, dei criteri di reclutamento che
hanno penalizzato i possessori di elevate qualifiche professionali costretti,
nel privato, a contratti che hanno favorito la flessibilità ma non hanno
garantito continuità di carriera al lavoratore.
I risultati dimostrano che la politica economica non è riuscita in tutti
questi anni ad offrire uno strumento in grado di migliorare le condizioni
generali di vita e opportunità di crescita professionale e di carriera ai
giovani, spesso congelati per anni nella stessa posizione. Al contempo però
si è riusciti a migliorare le condizioni di accesso riducendo di 5 punti
percentuali il tasso di disoccupazione. La domanda da porsi è come, a parità
di condizioni di accesso, sia possibile migliorare le condizioni di vita e di
carriera dei lavoratori. Certamente il Protocollo di luglio del 1993 risulta
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non più adatto ai tempi ed è quindi necessario trovare nuove strade. In
questi ultimi mesi molte sono state le proposte in merito sia da parte
datoriale che da parte sindacale. Tante le ragioni e tanti gli errori da tutte le
parti. L‟Accordo sul modello contrattuale è stato oggetto di discussioni
accese così come l‟indice di inflazione utilizzato (IPCA). Oggetto di
riforma è anche il settore della pubblica amministrazione avendo come
obiettivo quello di migliorare ed incentivare la produttività. Nulla invece
viene detto per provare a dare una prospettiva ai lavoratori “atipici”.
Essendo solo all‟inizio di questa nuova fase è impossibile verificare i
risultati di tali riforme ma basandoci su dati oggettivi proveremo a
confrontare le varie proposte analizzando le possibile ricadute sulle
retribuzioni e sulle possibilità di carriera dei lavoratori dipendenti.
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Capitolo I. Le diverse rilevazioni delle dinamiche retributive
In tema di retribuzioni si dispone di numerose fonti statistiche: la
Contabilità nazionale e le Retribuzioni contrattuali, ambedue di fonte Istat,
il Conto annuale curato dalla Ragioneria Generale dello Stato e l‟Indagine
sui Bilanci delle famiglie italiane della Banca d‟Italia. Queste rilevazioni
che hanno come finalità principale la valutazione degli effetti delle politiche
pubbliche sulle condizioni economiche delle famiglie, si differenziano
metodologicamente secondo tre caratteristiche: la scansione temporale
assunta, la retribuzione presa a riferimento, l‟incidenza o meno di eventuali
variazioni nella composizione occupazionale.
1.1 La contabilità nazionale.
L'Istat definisce la contabilità nazionale come l'insieme di tutti i conti
economici che descrivono l'attività economica di un Paese o di una
circoscrizione territoriale.
Per attività economica si intende il risultato di una combinazione di
differenti risorse, quali attrezzature, lavoro, tecniche di lavorazione,
prodotti, che dà luogo alla produzione di specifici beni o servizi.
Visto che i flussi ruotano intorno al concetto di reddito e le
consistenze dei beni intorno a quello di ricchezza nazionale, si parla anche
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di contabilità nazionale come dell'insieme delle statistiche del reddito e
della ricchezza.
La contabilità nazionale ha come oggetto l'osservazione e l'analisi
quantitativa del sistema economico o dei sub-sistemi che lo compongono a
diversi livelli territoriali.
Per sistema economico si intende invece il complesso delle relazioni
che si realizzano tra persone imprese, enti ed altri operatori economici che
agiscono in un determinato territorio svolgendo quattro funzioni
fondamentali: produzione, consumo, accumulazione e distribuzione del
reddito e della ricchezza.
Le operazioni rilevanti per la contabilità nazionale sono quelle
compiute da operatori appartenenti al sistema economico dell'Italia, nel
senso che il centro dei loro interessi è sul territorio economico del paese.
Il sistema dei conti economici (SEC) predispone una duplice
classificazione delle unità operanti sul territorio economico dell'Italia in
funzione delle principali operazioni che intercorrono fra loro. La prima , in
settori istituzionali, mira a raggruppare insieme operatori che manifestano
autonomia e capacità di decisione in campo economico, hanno capacità
giuridica e sono dotati di una contabilità completa. Le unità che possiedono
queste caratteristiche sono dette istituzionali e sono riunite dal SEC in
cinque settori, ulteriormente suddivisi in base alla funzione esercitata e alle
risorse prevalentemente impiegate. A questi settori se ne aggiunge un sesto,
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che raccoglie tutti gli operatori non residenti sul territorio economico
nazionale
La seconda classificazione avviene in branche produttive definite
sulla base della Nomenclatura delle attività economiche della Comunità
Europea (NACE). La branca è intesa come un raggruppamento di unità di
produzione omogenea, vale a dire di unità caratterizzate da un'attività unica,
rivolta alla produzione di beni e servizi considerati omogenei in relazione
alla struttura dei costi e alla tecnica di produzione seguita.
L'unità elementare che viene classificata non è più l'istituzione bensì
la cellula operativa di tipo funzionale quale lo stabilimento, la bottega
artigiana, il negozio, ovvero l'unità di produzione caratterizzata da un'unica
attività e un processo di produzione e un output omogeneo. Questa cellula è
detta Unità di Attività Economica a livello Locale (UAEL) o,
semplicemente, unità produttiva locale. Nella maggior parte dei casi
l'UAEL coincide con l'unità istituzionale, come ad esempio lo stabilimento
che coincide con la ditta.
Le innumerevoli operazioni che gli operatori economici compiono
tra loro vengono ricondotte a quattro classi fondamentali: operazioni su
beni e servizi, operazioni di distribuzione del reddito e della ricchezza,
operazioni su strumenti finanziari, altri flussi. Le operazioni relative al
primo e al terzo gruppo sono bilaterali, in quanto prevedono uno scambio
tra una prestazione e una controprestazione. Le prestazioni unilaterali sono
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dette invece trasferimenti. Alternativamente, le operazioni possono essere
classificate in: operazioni correnti e operazioni in conto capitale.
Ai fini del presente lavoro risultano interessanti le rilevazioni che
l‟Istat fa sul totale della spesa erogata per retribuzioni, arretrati inclusi,
rapportata alla effettiva occupazione dell‟anno. I dati sono disponibili solo
con riferimento al settore nel suo complesso: industria, servizi e Pubblica
Amministrazione e non per i singoli comparti che li compongono.
1.2 Le statistiche congiunturali sulle retribuzioni e il costo del lavoro
L‟Istat nell'ambito della produzione di statistiche congiunturali sulle
retribuzioni, effettua tre indagini: la rilevazione mensile sulle retribuzioni
contrattuali, la rilevazione trimestrale sulle retribuzioni lorde di fatto, la
rilevazione mensile sul lavoro e le retribuzioni nelle grandi imprese.
Queste indagini vengono utilizzate per produrre diversi indicatori: le
retribuzioni contrattuali, le retribuzioni di fatto ed il costo del lavoro.
La retribuzione contrattuale è la retribuzione annua riportata a
media mensile. Viene calcolata facendo riferimento alle tabelle stipendiali
previste dai contratti collettivi nazionali al lordo delle trattenute
previdenziali e fiscali. Si basa sul concetto di "prezzo della prestazione di
lavoro" e fa riferimento a un collettivo di lavoratori costante e caratterizzato
da una composizione fissa per qualifica a seconda che si sia operai,
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impiegati o dirigenti e per livello di inquadramento contrattuale. La
retribuzione contrattuale soddisfa l'esigenza di valutare la dinamica delle
retribuzioni al netto degli effetti dovuti a mutamenti nella struttura
dell'occupazione per qualifica, livello di inquadramento, regime orario,
anzianità, straordinari, contrattazione decentrata, assenze, conflitti, ecc.
L'Istat produce due statistiche sulle retribuzioni contrattuali: l'indice
mensile delle retribuzioni contrattuali (IRC) e l’indice dei livelli della
retribuzione contrattuale annua (RCA). Entrambi misurano le componenti
retributive attribuibili esclusivamente alla contrattazione nazionale e cioè
gli importi tabellari e le voci a carattere generale e continuativo,
quantificabili attraverso i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL),
comprese le mensilità aggiuntive e le altre erogazioni corrisposte soltanto in
alcuni periodi dell'anno. Sono esclusi i trattamenti stabiliti da accordi
aziendali o territoriali ad eccezione di quelli riguardanti il settore agricolo e
quello dell'edilizia, da accordi individuali o per decisione unilaterale del
datore di lavoro, le retribuzioni in natura e le poste indicate ma non
quantificate dai contratti nazionali (indennità particolari) e quelle non aventi
carattere generale e continuativo (straordinari, premi individuali, ecc.).
L'indice mensile delle retribuzioni contrattuali misura la dinamica
dei compensi che spettano ai dipendenti a tempo pieno sulla base dei
contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) e delle norme vigenti. La