2
in un settore, altre ne coprono più di uno e spesso molti.
Significativamente, le multinazionali sono di rado senza nazionalità:
esse sono basate in un Paese del quale condividono l’identità
nazionale e culturale. La loro attitudine a fare affari nel Paese
ospitante, particolarmente riguardo all’investimento di fondi e al
trasferimento di attività, produce effetti sia in termini di flussi valutari
e loro effetti sull’economia reale ospitante, sia in termini di
abbandono degli impegni occupazionali, quando si verifica lo
spostamento verso Paesi che offrono condizioni più vantaggiose. La
loro cultura di relazioni industriali, basata sulla casa madre, può creare
problemi per i sindacati del Paese ospitante, se le differenze sono
rilevanti.
Si usa anche il termine “transnazionali” per descrivere lo stesso tipo di
società e si dibatte, talvolta, sull’uso appropriato di ciascuno dei due,
che, comunque, appaiono intercambiabili. Le transnazionali sono
importanti perché detengono il potere. Il loro potere deriva non
soltanto direttamente dalla loro posizione di grandissimi produttori o
fornitori di prodotti/servizi, ma dalla loro capacità di influenzare la
struttura e la natura dei mercati. Le multinazionali, infatti, sono
arrivate a dominare le industrie manifatturiere e produttive.
3
Sembra allora utile analizzarne caratteristiche e strategie per verificare
come queste società dall'incredibile potere, in grado di influenzare
pesantemente le negoziazioni del commercio internazionale, con un
peso economico e finanziario superiore a quello dei governi con i
quali trattano ed in grado di impedire l'accesso al mercato ai piccoli
imprenditori in maniera assai efficace, interagiscano con la realtà
economica in cui si trovano ad operare.
Il presente lavoro concentra dunque l'attenzione sul ruolo delle
imprese multinazionali nell’economia internazionale. In particolare si
metteranno a fuoco, dopo una primaria descrizione degli elementi che
le caratterizzano, la presenza delle IMN e la loro dislocazione
territoriale nel mondo con particolare riferimento all’Italia,
considerando in tale contesto anche il grado di multinazionalizzazione
e la competitività internazionale dell’industria italiana e la rilevanza
delle strategie e dell'organizzazione interna dell’IMN in ordine al tipo
di relazione che essa può instaurare col contesto locale di
insediamento, considerando come ambito di riferimento particolare la
dimensione distrettuale dell’industria. In ultima analisi si studierà, a
titolo di esempio, il caso di un’azienda multinazionale italiana, la
Merloni Elettrodomestici, che, nata nel 1975, è cresciuta in breve
4
tempo divenendo uno dei primi tre produttori europei di
elettrodomestici.
5
CAPITOLO 1
LE IMPRESE MULTINAZIONALI
6
1.1 DEFINIZIONI E DESCRIZIONE DELLE IMPRESE
MULTINAZIONALI
1.1.1. Le definizioni di Multinazionale
1
Secondo quanto afferma Wladimir Andreff (2000) «le definizioni di
“multinazionale” sono numerose e spesso contrastanti. Molte si
basano su criteri arbitrari, tipologici o statici come il numero dei paesi
interessati o di filiali estere, le dimensioni, la percentuale di volume
d'affari realizzato o il numero di dipendenti impiegati all'estero.
Secondo una celebre definizione attribuita a Vernon (1966), la
multinazionale è una grande società che ha filiali industriali in almeno
sei paesi stranieri. Fondata sulla realtà delle multinazionali statunitensi
degli anni '60, tale definizione è arbitraria e superata. Perché sei paesi
e non due o dieci? Inoltre non sono comprese le multinazionali del
terziario, le più dinamiche degli anni '80. Altre definizioni sono di
stampo ideologico. Perlmutter (1965) distingueva tra:
• impresa etnocentrica, che si identifica in un paese: le politiche
aziendali vengono stabilite e realizzate nelle sedi dirigenziali
del paese d'origine dell'azienda;
1
Fonte: Centro Librario "Knut Hamsun" da "Avanguardia" n°194 - Marzo2002
7
• impresa policentrica, che si identifica nei paesi delle filiali
gestite dalle aziende locali: in questi casi la compagnia-madre
stabilisce le linee di sviluppo generali;
• impresa geocentrica, la vera multinazionale che si realizza su
scala mondiale: strutture manageriali internazionali con una
serie di dirigenti mobili.
Esistono anche definizioni più “ampie”. La multinazionale può infatti
essere intesa come “società il cui capitale è impegnato in un processo
di accumulazione a livello internazionale”.
La multinazionale non è semplicemente una macchina per calcolare il
profitto massimo in uno spazio transnazionale. È invece
un'organizzazione, una forma di coordinamento tra interessi diversi
(azionisti-dirigenti) o divergenti (azionisti-dipendenti) che devono
riuscire a cooperare». L’IMN dispone di un enorme traffico di capitali
e in più è nelle condizioni di far circolare dei prodotti nel circuito
interno ad uso della stessa. Si calcola che tale “commercio obbligato”
-come lo definisce Andreff- costituisca il 30% degli scambi a livello
mondiale.
8
1.1.2. Formazione e struttura delle IMN
Le multinazionali sono in genere imprese di grosse dimensioni (la loro
potenza economica supera spesso quella degli Stati in cui operano) e
non di rado operano sul mercato in posizione monopolistica, ottenuta
attraverso l'assorbimento di imprese più piccole e la diffusione in più
Paesi che permette di controllare fette sempre maggiori di mercato
(crescita orizzontale). Le industrie multinazionali possono infatti
nascere dall’espansione di aziende di minori dimensioni, oppure da
industrie dello stesso settore che riescono ad associarsi in modo da
diminuire i costi. Quando le aziende che operano in uno stesso settore,
invece di farsi concorrenza, si uniscono formando un’unica grande
industria, che monopolizza tutto il mercato, riescono ad imporre
prezzi molto alti.
Contemporaneamente a questo tipo di espansione le multinazionali si
ingrandiscono con la tendenza a completare il ciclo produttivo,
espandendo la propria attività a tutte le fasi lavorative: dalla fusione
delle materie prime, allo stampaggio e al montaggio finale fino alla
distribuzione del prodotto finito sul mercato mondiale (crescita
verticale).
Generalmente una multinazionale tipo è un'impresa (o meglio una
società) che possiede altre imprese dislocate in varie parti del mondo.
9
L'insieme di tutte le imprese che appartengono ad una stessa
multinazionale formano un gruppo multinazionale. All'interno del
gruppo si distinguono la società proprietaria di tutto, che si chiama
holding o capo gruppo e quelle possedute che si chiamano controllate,
affiliate o consociate. Il gruppo viene definito multinazionale se lo è la
holding.
Negli ultimi anni la loro struttura sta diventando molto complessa, in
seguito alle fusioni che hanno generato gruppi di dimensioni molto
grandi, detti conglomerati, una multinazionale può assumere il
controllo
2
di una o più società multinazionali, a loro volta holding. I
gruppi, specie quelli molto grandi, possono essere paragonati agli
imperi esistenti al tempo del feudalesimo. Tutto apparteneva al re, ma
egli aveva rapporti diretti solo con i feudatari, che a loro volta
avevano rapporti con i valvassori, e così via fino ai valvassini
3
.
Il fenomeno della multinazionalizzazione non è nuovo, inizia alla fine
dell'800 e si sviluppa negli anni che precedono la prima guerra
mondiale, ma la sua accelerazione a partire dagli anni '50 è dovuta
essenzialmente all'aumento rapidissimo degli investimenti americani
nel mondo. Le prime multinazionali si costituirono intorno al 1880,
2
Quando ci si riferisce al controllo di una multinazionale su una società non si intende
necessariamente il suo possesso, né totale, né parziale; a volte la holding non possiede neanche
un'azione della consociata, ma la sua influenza è tale da far rispettare esattamente le proprie
condizioni ed i propri programmi, volti alla massimizzazione del profitto.
3
http://www.acra.it/nord-sud/multinazionali.htm
10
giungendo poi alla loro massima espansione negli anni 1970-80. Già
nel 1970 negli Usa la metà delle esportazioni e un terzo delle
importazioni erano da attribuire alle IMN. Esse possono operare senza
incontrare limiti all'interno di altri paesi; infatti le società da esse
controllate hanno la forma legale del paese in cui producono e quindi
godono di tutti i vantaggi delle imprese nazionali. In questo modo le
multinazionali raggiungono due finalità fondamentali:
1. conquistare nuovi mercati, estendendo al massimo la
commercializzazione dei loro prodotti, nonostante le barriere
commerciali imposte dagli Stati, anche se ormai molto ridotte
dal Gatt-WTO;
2. dislocare la produzione dove siano più vantaggiose le
condizioni legate alle materie prime, alla manodopera, alle
tasse, all'energia, alle leggi di salvaguardia ambientale.
1.1.3. Tipologie di investimento internazionale
Una multinazionale nasce, dunque, in un dato paese (dove è attiva la
cosiddetta impresa madre) e apre filiali sussidiarie in altri paesi (in
inglese subsidiaries). Aprire una filiale richiede che l'impresa-madre
investa del capitale proprio in un altro paese allo scopo di creare ex
11
novo (in questo caso si parla di greenfield investments) o di acquistare
un'impresa già operante che sarà da essa controllata (per controllo
s’intende la capacità di prendere tutte le decisioni rilevanti per la vita
dell'impresa stessa). Questo flusso di capitale di controllo è indicato
nelle statistiche ufficiali come “investimento diretto all'estero” (IDE o
FDI dall'inglese foreign direct investments). Gli investimenti diretti
sono differenti da quelli in portafoglio: gli agenti che fanno
investimenti di portafoglio non sono interessati al controllo
dell'impresa ed hanno come unico interesse la remunerazione del
capitale.
L’IDE è quel tipo di investimento internazionale effettuato, da parte di
un soggetto residente in un dato paese (investitore diretto estero), in
una impresa residente presso un altro paese (impresa oggetto di
investimento diretto). Tale investimento ha l’obiettivo di ottenere un
interesse durevole, cioè esso mira a stabilire una relazione di lungo
termine tra il soggetto partecipante e l’impresa partecipata nonché un
grado di influenza significativo nella gestione dell’impresa.
L’IDE può essere:
• in entrata (inward FDI): investimento diretto effettuato nel
paese che effettua la rilevazione;
12
• in uscita (outward FDI): investimento diretto realizzato
all’estero dal paese che effettua la rilevazione.
L’impresa oggetto di investimento diretto (direct investment
enterprise, DIE) è quell’impresa nella quale un investitore diretto
estero possiede almeno il 10% delle azioni ordinarie o dei diritti di
voto (nel caso di un’impresa societaria) oppure l’equivalente (nel caso
di un’impresa senza personalità giuridica). Un’effettiva voce nella
gestione, come evidenziata dalla proprietà di almeno il 10% del
capitale sociale, implica che l’investitore estero, pur non avendo il
controllo assoluto dell’impresa, sia capace di influenzare la gestione
dell’impresa o di partecipare ad essa.
Le imprese oggetto di investimento diretto (o affiliates) comprendono:
a. le società controllate (subsidiary companies), cioè quelle imprese
nelle quali:
i)l’investitore estero detiene, direttamente o indirettamente, più del
50% del capitale sociale, oppure
ii) l’investitore estero ha il diritto di nominare o di rimuovere la
maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione.
b. le società consociate (associate companies), cioè quelle imprese
nelle quali l’investitore estero e le sue società controllate
13
detengono una quota del capitale sociale compresa tra il 10 e il
50%;
c. le filiali (branches) cioè, quelle imprese, anche senza personalità
giuridica (possedute interamente o congiuntamente) che sono:
i) stabilimenti o uffici permanenti dell’investitore diretto
estero;
ii) partecipazioni non registrate o joint-ventures tra un
investitore diretto estero e soggetti terzi;
iii) terreni, strutture ed attrezzature fisse direttamente possedute
da un residente estero;
iv) attrezzature mobili che si trovano all’interno di un paese per
almeno un anno se registrate separatamente dall’operatore
(ad esempio, navi, aeroplani, impianti di trivellazione per
gas e petrolio);
Gli investimenti adottati dalle imprese transnazionali si distinguono
in particolare tra quattro diverse tipologie (Ghilarducci, 2003):
• resource seeking: investimenti realizzati per ottenere risorse a
un costo più basso di quello domestico;
• market seeking: investimenti realizzati per entrare in un
mercato;
14
• efficiency seeking: investimenti volti a razionalizzare la struttura
di imprese già esistenti;
• strategic assets seeking: investimenti realizzati per ottenere
obiettivi di tipo strategico e rafforzare la competitività
internazionale
4
.
Nel caso del resource seeking gli investimenti vengono effettuati
soprattutto per ottenere risorse materiali e manodopera a basso costo.
E’ per questo che si andrà ad investire in paesi ricchi di risorse e con
un’abbondante quantità di manodopera: i paesi cosiddetti
“sottosviluppati”.
Nel caso del market seeking, gli investimenti all’estero verranno
effettuati per seguire clienti o fornitori importanti che si sono
internazionalizzati; qualora si offrano prodotti che devono essere
frequentemente adeguati ai gusti locali; per essere presenti su mercati
dove sono presenti anche concorrenti importanti.
Gli investimenti di efficiency seeking servono a razionalizzare una
struttura produttiva già internazionale soprattutto per ottenere
economie di scala ed una diversificazione del rischio.
Per quanto riguarda gli investimenti di tipo strategico si possono
elencare gli accordi con altre imprese per evitare che queste si leghino
4
Ibidem, pag.76.
15
con i concorrenti; le fusioni per raggiungere dimensioni che
permettano di affrontare la concorrenza; l’acquisto di imprese
fornitrici per ottenere posizioni di monopolio sul mercato; l’acquisto
di catene distributive per promuovere la vendita dei propri prodotti.
Esistono inoltre ulteriori categorie di investimenti, che pur rimanendo
“in sordina” svolgono un ruolo estremamente centrale per l’esistenza
di una compagnia transnazionale e sono gli investimenti esteri volti ad
evitare imposizioni legislative o politiche non gradite; investimenti
realizzati per sostenere altri investimenti; investimenti “passivi”,
ovvero di carattere puramente speculativo e finanziario
5
.
E’ facile, quindi, comprendere i motivi per cui le compagnie
transnazionali si configurano ormai come il soggetto economico per
eccellenza avendo la capacità di poter differenziare la propria
produzione, spostare i propri investimenti in tempo reale da una parte
all’altra del globo, avendo come unico principio la massimizzazione
del profitto ed effettuando le proprie scelte secondo criteri puramente
utilitaristici che le porteranno ad investire laddove risulterà più
redditizio.
5
A. Wladimir, le multinazionali globali, Trieste, Asterios, 2002, pag.64.