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CAPITOLO 1
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CAPITOLO 1
LA TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA
La teoria della dissonanza cognitiva è stata approfondita da Leon
Festinger negli anni dal 1957.
La dissonanza è uno stato di tensione dovuto ad incoerenza logica, una
tensione psicologica interiore che si crea quando il comportamento entra
in conflitto con le convinzioni, quando c’è discrepanza tra ciò che si
pensa e l’azione che si compie; produce un disagio psicologico che
riguarda il momento post-decisionale.
La teoria della dissonanza cognitiva si colloca in una delle diverse linee
di sviluppo della psicologia sociale e della psicologia in genere che negli
anni ’50 iniziano a profilarsi e che continuano tuttora nell’ambito del
sapere psicologico.
La linea di sviluppo della dissonanza cognitiva comprende i dati relativi
alla storia intellettuale di Leon Festinger che ha saputo tradurre ipotesi
interessanti in operazioni utilizzabili con esperimenti.
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La teoria della dissonanza cognitiva si colloca nell’ambito della
psicologia sociale moderna e il ragionamento festingeriano si basa
sull’idea di un costante bisogno di autovalutazione che informa l’agire
umano, la relazione tra il mondo personale e la realtà sociale esterna,
l’immagine sociale dei processi psichici di base, le operazioni di
confronto che la persona compie tra sé e il mondo.
Mentre negli USA degli anni 20 c’è stato un notevole sviluppo della
psicologia, in Europa la psicologia sociale privilegiava gli studi sulle
folle, studi messi poi a tacere dal contesto socio-politico degli anni ’30.
Il nuovo orientamento della psicologia sociale si caratterizza come
rivalutazione della psicologia della personalità: il soggetto è attivo,
capace di pensieri ed emozioni e quindi capace di valutare, prevedere e
decidere sulla base di un sapere personale dovuto alle sue percezioni,
cognizioni, emozioni e comportamenti.
Le persone effettuano delle scelte in base ai propri pensieri, stati interni e
situazioni ambientali ovvero lo “spazio vitale” in cui sono immerse quali
l’atmosfera, il caldo, il freddo, usi e costumi del luogo, il gruppo in cui si
è in quel momento, la tensione sociale. Valutano le informazioni in loro
possesso e le alternative che si offrono loro.
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Il focus delle ricerche post-belliche è l’automotivazione dell’organismo o
motivazione intrinseca; le rappresentazioni cognitive della realtà; il
controllo volontario dei processi decisionali; sugli scopi e gli obiettivi
che la persona si pone per soddisfare i suoi bisogni.
La psicologia e la psicologia sociale degli ultimi vent’anni si avvalgono
di modelli atti a studiare aspetti particolari dell’attività mentale
soprattutto nelle sue relazioni con l’ambiente sociale.
La teoria della dissonanza cognitiva assume larga importanza in quanto
centralizza il meccanismo di feedback organismo-ambiente rappresentato
dagli scambi intra ed extrapsichici presenti nel momento decisionale.
S’intende per «dissonanza cognitiva» — scoperta e descritta
dall’americano Leon Festinger nel 1957 — la compresenza nello stesso
individuo di due convinzioni, una dissonanza tra cognition (credenze,
opinioni, atteggiamenti, idee) e comportamenti, che genera disequilibrio
e tensione.
Festinger parte da due presupposti di base affinché la sua teoria sia
valida: il primo è che gli individui sono portati ad essere coerenti in
atteggiamenti, opinioni e conoscenze e se questo non dovesse avvenire
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producendo incoerenza si sarebbe mossi dall’esigenza di un ripristino
della coerenza stessa; il secondo è che queste conoscenze su se stessi e
sul mondo in cui si vive si possono raggruppare in ELEMENTI
COGNITIVI correlati tra loro.
La particolarità della dissonanza cognitiva consiste nell’aver proposto un
modello interpretativo che collega esplicitamente processi cognitivi e
azione.
È il momento dell’azione che introduce nel sistema cognitivo la tensione
e l’incoerenza, ed è attraverso una modifica che la coerenza viene
ricercata, cambiando l’elemento del sistema che presenta minor
resistenza.
Le relazioni che possono intercorrere e che qui interessano sono la
consonanza e la dissonanza: nel primo caso, considerando una coppia di
elementi, si ha che l’uno segue dall’altro e “l’inverso di un elemento
segue dall’altro”
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sono quindi contraddittori.
Festinger si è occupato di questo problema che nel caso d'incoerenza
viene denominato dissonanza cognitiva. Egli rileva che quanto più c'è
dissonanza tra le rappresentazioni che si hanno nel mondo e i propri
comportamenti, tanto più è forte il disagio per l'incoerenza che ne deriva.
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Questo disagio necessita di una risoluzione, ed è tanto più forte quanto
più importanti sono le rappresentazioni medesime.
Egli ha indicato quattro situazioni fondamentali che possono rendere
dissonanti i due elementi: l’incoerenza logica, credere, ad esempio, che
l’uomo raggiungerà la luna in futuro (l’esempio è del 1956) e pensare
che non riusciremo mai a costruire un congegno per uscire dall’atmosfera
terrestre; il contrasto di costumi culturali: mangiare un pollo con le mani
a un pranzo ufficiale pur conoscendo bene le regole dell’etichetta;
l’incongruenza di un elemento cognitivo con uno più grande di cui è
parte: essere di un partito e favorire il candidato del partito opposto; il
contrasto con una esperienza passata.
Essendo l’individuo per sua natura portato alla coerenza, la dissonanza
crea uno stato di malessere psicologico che spingerà il soggetto a ridurla
e ad evitare situazioni che invece potrebbero accrescerla. Questo
fenomeno è assai comune e si presenta ogni qualvolta un individuo entra
in contatto con nuove conoscenze che contrastano con quelle preesistenti
o quando una qualsiasi decisione induce a scartare un’alternativa a favore
di un’altra.
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Nella formulazione stessa di base la dissonanza cognitiva ha implicito il
carattere di motivazione a una sua risoluzione: essa è uno stato di disagio
che genera automaticamente una spinta a risolverlo. Si può affermare
quindi che insorgenza e riduzione della dissonanza andrebbero visti
come due processi strettamente uniti nella misura in cui l’unica
possibilità di verificare empiricamente sul piano obiettivo l’esistenza
della dissonanza è quella di analizzare le operazioni messe in atto per
ridurla.
La risoluzione della dissonanza può avvenire attraverso una modifica del
proprio comportamento, o attraverso la modifica dell’atteggiamento
ovvero attraverso la modificazione della realtà esterna.
È possibile definire l’atteggiamento come tendenza psicologica, aspetto
non stabile nel tempo che influisce la condotta, che viene espressa
valutando una particolare entità con un determinato grado di favore o
sfavore.
L’atteggiamento comprende tre componenti psicologiche: una
componente cognitiva, costituita dalle credenze associate alla valutazione
globale che consta dell’atteggiamento; una componente affettiva, che
comprende i sentimenti, gli stati d’animo, le emozioni e le reazioni del
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sistema nervoso che accompagnano l’atteggiamento stesso; una
componente comportamentale, definibile come la spinta ad azioni
esplicite o implicite alla base della valutazione che l’atteggiamento
veicola.
L’atteggiamento è un processo mentale che determina le risposte
effettive e potenziali di ogni individuo al suo ambiente sociale. Nella
prospettiva comportamentista l’atteggiamento è “una disposizione
verso”. Con l’avvento del cognitivismo si iniziò a considerarlo la
disposizione verso un oggetto / persona indicando, così, l’impostazione
individuocentrica.
Nel momento in cui dentro di noi la dissonanza si è originata, si è creato
in noi quello squilibrio cognitivo che genera tensione, una sorta di
eccitamento (arousal) spiacevole; si tenta, allora, di ridurre questo stato
anomalo modificando uno degli elementi che creano contraddizione in
modo da renderlo consonante con la nuova cognizione: cambiamento
non sempre possibile, così come non è quasi mai possibile controllare il
contesto in cui si trova l’individuo, cambiare un elemento cognitivo
ambientale, la situazione in cui la dissonanza si è creata.
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La difficoltà a modificare i comportamenti induce a modificare gli
atteggiamenti, valutazioni emotive o credenze, aggiungendo nuove
riflessioni consonanti con quelle preesistenti; ovvero modificando la
propria cognition a livello intrapsichico, arrivando anche a distorcere le
personali opinioni razionali.
Nella teoria di Festinger esistono tre componenti: controllo del
comportamento, controllo dei pensieri, controllo delle emozioni. Ognuna
di queste componenti può influire sulle altre due.
Comportamento, pensieri ed emozioni: la ricerca psicologica ha
dimostrato che se una qualsiasi di queste tre componenti cambia, le altre
due si modificheranno per ridurre la dissonanza cognitiva. Questa
tendenza può manifestarsi in molti modi diversi.
Una quarta componente altrettanto importante è il controllo
dell’informazione. Quando si controlla l’informazione che una persona è
autorizzata a ricevere, si limita la sua capacità di pensiero indipendente.
Controllo del comportamento, dell’informazione, dei pensieri e delle
emozioni costituiscono il modello BITE, linea guida per identificare e
comprendere gli aspetti del controllo mentale. Singolarmente ognuno di
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essi ha il potenziale per alterare in modo significativo l’identità della
persona. Quando queste forme di controllo vengono usate tutte insieme
l’effetto è molto più estremo.
Quando ci si comporta in un modo che si considera stupido o immorale
si cambia atteggiamento al fine di credere che quel comportamento sia
sensato e giustificato. Il controllo del comportamento è la
regolamentazione dell’ambiente fisico (dove si vive, chi si frequenta, che
cosa si mangia, quando si dorme) e del comportamento (compiti ed altre
attività). Il controllo del comportamento avviene in molte forme tra cui
manipolazione o privazione del sonno, cambio della dieta, invasione
della privacy, separazione da amici. I culti impongono spesso alla vita
dei propri membri un orario oppressivo per controllarne il
comportamento. La struttura piramidale dei culti permette ai leader di
imporre un rigido sistema di premi e punizioni in relazione ai diversi
comportamenti.
Persone con opinioni diverse sono propense ad interpretare le medesime
notizie o materiale fattuale in modo completamente diverso - ognuno
vede o ricorda ciò che sostiene la sua opinione, ma glissa e dimentica ciò
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che creerebbe dissonanza. La pubblicità cerca di indottrinare i soggetti
incanalando i loro pensieri in un’unica direzione, così come avviene
nelle religioni dove la dottrina del gruppo viene considerata “Verità”
assoluta e unica risposta ai problemi dei fedeli facendo così diminuire la
dissonanza.
Quando chi si ritiene ragionevolmente caritatevole si trova in una
posizione in cui danneggia persone innocenti, cerca di ridurre la
conseguente dissonanza marginalizzando o "denigrando" le sue vittime.
Le emozioni ci dicono cose che abbiamo bisogno di sapere. Il controllo
emotivo diminuisce l’auto-consapevolezza distorcendo e restringendo la
portata dei sentimenti. Le sette conquistano il controllo emotivo dei
membri tenendoli in situazioni di squilibrio.
Esiste l'inclinazione umana a ridurre la dissonanza cognitiva con la
razionalizzazione.
Per fare un esempio semplice, se si disprezza chi ruba, e si sta per
comprare un’autoradio presumibilmente rubata, si può decidere, nei
termini della risoluzione della dissonanza, di non comprare più
l'autoradio o si cambia la propria opinione su chi ruba, giustificandolo
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con la situazione di bisogno. Il bisogno di coerenza cognitiva può
influenzare il cambiamento negli atteggiamenti, infatti ad una coerenza
logica si associa una coerenza di atteggiamenti. La riduzione della
dissonanza implica quindi un cambiamento negli atteggiamenti avendo
determinato una modifica del comportamento.
Gli sforzi cognitivi che il soggetto compie per ridurre la dissonanza sono
proporzionali alla grandezza del disagio percepito. Questa a sua volta
dipende da quanto sono ritenuti importanti dall’individuo gli elementi
dissonanti: se i due elementi per il soggetto sono irrilevanti è molto
probabile che non avvertirà nemmeno il disagio della dissonanza o
comunque non farà alcuno sforzo atto a cambiarne uno per renderlo
consonante all’altro. Inoltre la grandezza cresce all’aumentare del
numero di elementi attinenti dissonanti a uno dato: se rispetto a un
comportamento un solo elemento attinente sarà dissonante, la grandezza
del disagio sarà minore di quella percepita nel caso in cui vi fossero un
numero elevato di cognizioni dissonanti a quel comportamento.
Si è affermato che il soggetto tenta di ridurre la dissonanza: non è affatto
detto che nonostante i suoi sforzi riesca poi effettivamente nel suo scopo.
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Infatti ogni elemento cognitivo avrà un grado di resistenza al
cambiamento che può dipendere da vari fattori. Per quanto concerne la
modifica di un comportamento può “essere penosa o implicare una
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, può portare a non soddisfare più alcuni bisogni oppure il
soggetto può aver compiuto un’azione irrevocabile o non concepire un
altro comportamento perché non vi è stato socializzato. Riguardo agli
elementi ambientali si è già affermato che non sempre il soggetto può
modificare il contesto in cui è immerso solo perché lo vorrebbe. Se ciò di
cui necessita è l’accordo di altri individui appartenenti alla sua stessa
realtà sociale, la resistenza può essere determinata semplicemente dalla
difficoltà a reperirli.
È importante sottolineare che gli sforzi per la riduzione della dissonanza
dipendono dalla grandezza di questa. “Il massimo della dissonanza che
può esistere tra due elementi qualsiasi è uguale alla resistenza totale
opposta al cambiamento dell’elemento meno resistente. L’intensità della
dissonanza non può superare questa entità perché a questo punto di
massima dissonanza possibile, l’elemento meno resistente cambierebbe,
eliminando così la dissonanza stessa”.
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La paura di incorrere nella dissonanza può anche portare alla riluttanza a
compromettersi sul piano comportamentale; potrebbe condurre al rifiuto
di compiere azioni e di compromettersi.
È infine fondamentale chiarire la differenza tra conflitto e dissonanza: il
primo è un fenomeno tipicamente pre-decisionale, una tensione
psicologica anteriore alla decisione, in quanto il soggetto dovendo
scegliere tra due alternative è spinto in due direzioni diverse; la
dissonanza è, invece, un fenomeno tipicamente post-decisionale; fatta la
scelta, l’individuo si muove solo nella direzione della riduzione del
disagio.
Quindi la risoluzione del conflitto avviene nella decisione e dopo la presa
di decisione insorge la dissonanza.