6
I. FIDES
1. Le origini del culto
Il termine latino fides deriva dalla radice sanscrita *bheidh– che
voleva dire ‘legare’. Secondo il linguista Meillet il termine fungeva da
aggettivo verbale a *çraddha- da cui ‘credere’
1
. Il culto della fides,
potrebbe derivare da quello di un dio più antico, Semo Sancus Dius
Fidius, dio dei giuramenti. Questa divinità in epoca pre-romana avrebbe
condiviso la regalità con Giove, prima di divenire solo un “aspetto” del
dio.
Secondo la tradizione romana fu Numa Pompilio, sovrano piissimo,
il primo a dedicare un tempio sul Capitolino alla Fides Publica Populi
Romani.
Inoltre era stata ammessa l'esistenza di un altro santuario sul Palatino,
sulla base di una supposizione di Agatocle, la cui consacrazione era stata
fatta risalire a Rhoma, nipote di Enea subito dopo la conquista troiana
della terra italica.
Dunque nella ricostruzione della storia di Roma si fa preesistere un
tempio alla fondazione dell'Urbe. Il tempio sul Capitolino fu ricostruito
1
A. Ernout, A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Paris, Klincksieck
(2001) p. 233
7
una prima volta, all'inizio della guerra contro Cartagine da Atilio
Calatino
2
; più tardi, sul bordo meridionale della sommità del colle, da
Emilio Scauro
3
, contemporaneo di Cicerone.
Esso si trovava in prossimità
del tempio della dea Opi, dea della
fertilità e dell’abbondanza, il cui
culto corrispondeva a tutto ciò che
era connesso alla gestualità della
mano destra, come a voler creare
un’unione con la dea Fides
connessa alla gestualità della sinistra. All’intero del tempio si trovava
probabilmente una statua della dea con una cornucopia in mano, alta
all’incirca sei metri.
2
Aulo Atilio Calatino, politico e militare romano che combattè in Sicilia, nel 258 a.C., durante
la Prima guerra punica. Ebbe come collega Gaio Sulpicio Patercolo.
3
Su Marco Emilio Scauro, (95 a.C. circa – 52 a.C.), magistrato e pretore romano, oltre alle
opere generali di storia romana del periodo, si vedano nello specifico: Klebs, in Pauly-
Wissowa, Real-Encycl., I, col. 584 segg.; W. Drumann e P. Groebe, Geschicte Roms in
seine Übergang von der republ. zur. mon. Verfassung, I, Berlino 1899, p. 18; L. Bloch, M.
Aemilius Scaurus, in Mélanges d'histoire ancienne, Parigi 1909, p. 1 segg.; P.
Fraccaro, Scauriana, in Rend. dei Lincei, s. 5ª, XX (1911), p. 169 segg.; id., Studi sull'età
dei Gracchi, in Studi storici per l'ant. class., n. s., I (1912), p. 51 segg.; E. Pais, Dalle
guerre puniche a Cesare Augusto, I, Roma 1918, p. 91 segg.; H. Malcovati, Oratorum
Romanorum fragmenta, II, Torino 1930, pp. 24 segg., 120 segg.
8
La dea veniva in genere
rappresentata come una donna
anziana dai capelli bianchi, più
vecchia anche di Giove, proprio
perché era colei che guidava il
popolo e faceva rispettare le leggi.
Altre volte era invece rappresentata
come una giovane donna col capo coronato d’alloro o di spighe o di
papaveri, con accanto un cestino o una coppa, a volte in piedi mentre
regge le insegne romane; da altri
ancora come una Vergine, simbolo
della sua incorruttibilità.
Il nome stesso Fides Publica
Populi Romani spiega la funzione
del tempio, ovvero quella di
custodire i trattati stretti dai Romani
con gli altri popoli, attribuendo ad essi un carattere di sacralità; sulle
pareti del tempio inoltre venivano appese le tavole di bronzo su cui
erano incisi documenti pubblici tra cui le diplomata militaria o honestae
missionis
4
.
4
M. Adriani, «Traditio» romana e culto della «fides», in «Studi Romani», (1956) IV , pp. 381-
389.
9
Proprio come Zeus per i Greci, Giove era il custode della parola data,
dunque della fides e il giorno delle idi, che era quello della luna piena,
era stato chiamato anche il giorno della Iovis fiducia. Nel tempio del
Capitolino, il primo giorno di ottobre, veniva celebrato dai flamini
maggiori di Giove, Marte e Quirino un particolare sacrificio. Il rito,
anch'esso risalente al re Numa,
prevedeva che i tre officianti si
recassero al tempio su una biga
coperta trainata da due cavalli, bigis
arcuato curru, e compissero il
sacrificio con la mano destra
avvolta in un panno di lana bianco,
simbolo di purezza e lealtà
5
. Tra gli antichi Romani la fedeltà veniva di
solito rappresentata da due mani congiunte. Fidem laedere equivale a
infrangere la parola data, esemplare l'episodio di Muzio Scevola che per
aver mancato il giuramento di uccidere Porsenna bruciò come pegno la
sua mano destra
6
.
5
Liv. I 21
6
Si narra che nel 508 a.C. durante l’assedio di Roma da parte degli Etruschi, comandati da
Porsenna, mentre iniziavano a scarseggiare i viveri, un giovane romano, Muzio Cordo,
approfittando della sua origine etrusca, si introdusse nell’accampamento avversario. Dopo
aver atteso che Porsenna rimanesse solo lo pugnalò, ma sbagliò persona uccidendo lo
scriba. Arrestato e portato a cospetto di Porsenna, Muzio non esitò a rivelargli che era lui
che avrebbe voluto uccidere, e per questo errore imperdonabile egli diede fuoco alla mano
10
1.1 La fides con l'avvento del cristianesimo
Il latino ha attribuito a fides il ruolo di sostantivo di credo, si tratta
infatti di due nozioni correlate, volendo spiegare la radice indoeuropea
alla base del latino credo, dovremmo rendere l'espressione come
“compiere un atto di riconoscimento” , non si trattava dunque di un credo
teologico, in latino fides infatti indicava la capacità di un soggetto di
ricevere tale riconoscimento, e in alcune accezioni poteva significare
“riconoscere a qualcuno la fides che gli spetta” fidem habere alicui, per
indicare l'atto di fidarsi.
L'avvento del cristianesimo ha mutato il rapporto tra questi due
termini, la correlazione tra i due è rimasta, ma il termine “fede” ha avuto
una caratterizzazione più strettamente religiosa, mantenendo così
soltanto il significato secondario della nozione fides, quello di dare
fiducia, ma non quello di riceverla. Parlando di “fede in Dio” i romani
dicevano fides deorum, come se essa fosse una loro prerogativa. In
questo modo possiamo notare la grande differenza tra la fede romana e
quella cristiana, la prima era una religione civile, alla quale non ci si
convertiva e che prevedeva, in quanto membri della cittadinanza, la
partecipazione ad un culto di divinità di cui non si dubitava l'esistenza, la
seconda invece presupponeva una conversione individuale e la fiducia in
che aveva errato. ( Liv. II 12).
11
un unico Dio. Proprio per questo, essendo individuale, il giuramento
cristiano, implicava che il peccatum metteva a rischio solamente la
salvezza dell'anima di colui che giurava, invece la religione romana,
essendo un fatto sociale, non poteva interessare solo il singolo, ma
riguardava tutto il gruppo se questo non recideva i legami con il
colpevole.
Così si invocava la testimonianza degli dei in un giuramento così
come si chiedeva l'intervento di un testimone umano, poiché essi, anche
se ad un livello gerarchico superiore, facevano parte dell'ordine
universale. Dunque l'offesa derivava dall'aver violato l'ordine su cui
poggiava la pax deorum
7
.
2. Bona fides
I Romani amavano considerarsi il popolo della fides, ed è noto che
già Polibio (VI 56, 6-14) arrivava considerare il popolo romano come il
più religioso di tutti per il rispetto che esso aveva della parola data,
espressione della sua fides
8
. Cicerone nel De officiis scriveva
7
Pax deorum è l’insieme di comportamenti ai quali gli individui e la comunità dovevano
necessariamente uniformarsi per poter conservare il favore degli dei.
8
Lo afferma A. Momigliano, La religione ad Atene, Roma e Gerusalemme nel primo secolo
a.C., in Saggi di storia della religione romana, Brescia 1988, p. 28, che riprende una
definizione di P . Boyancé ispirata a una considerazione ispirata ad una considerazione di
Montesquieu, Considérations sur les causes de la grandeur del Romaians et de leur
décadence, cap.1: “ Les Romains étoient le peuple du monde le plus religieux sur le
12
Fundamentum autem est iustitiae fides, id est dictorum conventorumque
constantia et veritas
9
. La fides è un valore politico, giuridico ed etico alla
base della civiltà latina, è il fondamento
della giustizia, è il rispetto del foedus. I
due termini sono legati
etimologicamente, foedus è l'accordo
stipulato secondo le sacre regole della
fides
10
Come divinità Fides tutela e
protegge il contratto e l'impegno dato. La
fides motiva il comportamento dell'uomo
sia nella sfera pubblica che in quella
privata, si fonda essenzialmente sulla
fidelitas, lealtà e senso del dovere
11
.
serment..”. E.Fraenkel, Zur Geschichte desWortes fides, in “Rheinisches Museum fur
Philologie” 71 (1916), pp. 187-199; R. Heinze, Fides, in “Hermes”, LXIV (1929), pp. 140-
166; A. VALVO, “Fides”, “foedus”, “Iovem lapidem iurare”, in M. Sordi
(ed.), Autocoscienza e rappresentazione dei popoli nell'antichità (C.I.S.A., 18), Milano
1992, pp. 115-125.
9
De officiis, I VII 23: J. Hermann, Fundamentum est iustitiae fides. V ergleichende Betrachtung
zu Cicero (De officiis 1. 20ff).
10
Sul concetto di foedus si veda la voce curata da G .Luraschi, s.v. foedus, in Enciclopedia
Virgiliana, II, Roma 1985, pp. 546ss., con ampia bibliografia.
11
Si vedano a proposito L. Lombardi, Dalla 'fides' alla 'bona fides', Milano 1961;
S. Calderone, Pistis-Fides, Messina 1964; P. Boyancé, Études sur la religion romaine,
Rome 1972, pp. 91-152; É. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, 2 voll.,
Einaudi, Torino 1976, pp. 85-90; C. Venturini, s.v.fides, in Enciclopedia Virgiliana, II,
Roma 1985, pp. 509-511 e la relativa nota bibliografica; G. Freyburger, Fides. Etude
13
La fides si esprima gestualmente mediante la dextrarum iunctio,
unendo la destra con la destra si stringe un patto vincolato dalla fides, ci
si impegna dunque a condividere la sorte (con-sortes), così come gli
sposi che uniscono la loro vita con un patto siglato dalla stretta di mano.
La violazione della fides trasforma l'uomo bonus e probus in malus e
improbus, a costui è vietato rendere o chiedere testimonianza e in alcuni
casi esso può anche essere ucciso legittimamente. Dunque in una realtà
come quella della Roma arcaica il possesso della fides è essenziale per la
sopravvivenza nel gruppo, mentre l'improbitas coincide con la morte
civile.
Il concetto di fides nel mondo romano è impregnato di morale stoica,
importante a questo proposito ricordare quanto l'elemento filosofico, in
quella società, fosse strettamente collegato al retaggio politico e
giuridico.
Stretto è il legame del concetto di fides con quello di giuramento. Per
comprenderne il rapporto è necessario ricordare che alla base del ius
iurandum alle origini vi era la veritas, che era il rapporto tra il detto e il
mondo ordinato secondo giustizia. Le parole del bonus vir dovevano
sémantique et religieuse depuis les origines jusqua l epoque augustéenne, Paris 1986.