6
come si evolva ed attraverso quali comportamenti si manifesti il modello di
attaccamento disorganizzato, nel corso delle varie età della vita, sia come
questo influisca su diversi aspetti dello sviluppo dell’individuo, con un
particolare riferimento alle abilità cognitive e relazionali.
Nella sezione relativa all’età adulta verrà inoltre presa in considerazione
l’ipotesi di una trasmissione intergenerazionale del modello di attaccamento.
Lo scopo del terzo capitolo sarà invece quello di mostrare come un Modello
Operativo Interno di attaccamento disorganizzato correli spesso con la
malattia mentale, sia in epoca infantile, sia nel corso dell’adolescenza e sia
durante l’età adulta.
Per alcune patologie, come i disturbi dissociativi e borderline, tale
correlazione sarà più forte ed esplicabile anche attraverso formulazioni
teoriche; per altre si tratterà di un’evidenza clinica non ancora completamente
chiarita secondo un rapporto causa-effetto; per altre ancora, invece, si tratterà
di una semplice congettura, derivata da un numero limitato di studi, che deve
essere ancora confermata affinché si possa passare alla formulazione di
un’ipotesi causale.
In conclusione, nel quarto capitolo, si cercherà di proporre una visione
d’insieme dell’intero lavoro mostrando quali sono i punti fermi e gli argomenti
ancora da chiarire, derivanti dalla ricerca sulla disorganizzazione
dell’attaccamento.
7
CAPITOLO 1
LA DISORGANIZZAZIONE
DELL’ATTACCAMENTO
1.Classificazione dei patterns di attaccamento tramite
la “Strange Situation”
E’ capitato sicuramente ad ognuno di noi, almeno una volta, di trovarsi in
presenza di un bambino di pochi anni, ed osservarlo giocare tranquillo,
apparentemente in completa autonomia, e poi, all’ improvviso, di vederlo
correre tra le braccia della mamma, perché intimorito da un rumore molesto,
o dall’ avvicinarsi da un estraneo: questo comportamento, che i cuccioli
d’uomo hanno in comune con gli altri primati
1
, fa parte di quelli che sono stati
definiti, da Bowlby in poi, comportamenti d’ attaccamento, ovvero risposte
innate, che il piccolo mette in atto nei confronti dell’ adulto che si prende cura
di lui, specie quando si sente minacciato da un pericolo esterno.
Si crea infatti, fra il bambino e la figura di riferimento, un legame particolare, il
legame di attaccamento appunto, che sarà di fondamentale importanza per la
crescita del piccolo: sia dal punto di vista fisico, in quanto contribuirà a
tenerlo lontano dai pericoli, sia, soprattutto, dal punto di vista psicologico.
1
Gli studi di etologia hanno dimostrato che i cuccioli dei primati, a differenza degli altri mammiferi,
quando avvertono la presenza di un pericolo, non cercano rifugio nella tana, ma avvicinandosi alla figura
genitoriale.
8
Per questo motivo, la possibilità di compiere una valutazione di tale legame,
risulta essere di grande importanza nella pratica clinica.
A questo proposito, Ainsworth prima e Main e Solomon più tardi (Meins,
1999), hanno messo a punto, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ‘80,
una procedura, utilizzata ancora oggi, per classificare il legame di
attaccamento fra bambino e madre all’ età di circa un anno e metterlo in
relazione con il comportamento di quest’ultima nei confronti del figlio. Tale
procedura è l’ormai nota “Strange Situation
2
”, la quale conta otto momenti
successivi:
1) La madre e il bambino vengono accompagnati in una stanza.
2) La madre e il bambino vengono lasciati soli e il bambino è libero di
esplorare l’ambiente.
3) Entra un’estranea, si siede, parla con la madre e cerca di mettersi a
giocare con il bambino.
4) La madre esce dalla stanza. Il bambino e l’estranea rimangono da soli.
5) Prima riunione: la madre ritorna e l’estranea esce in maniera discreta. La
madre consola, se necessario, il bambino e cerca di rimettersi a sedere.
6) La madre esce dalla stanza. Il bambino rimane solo.
7) L’estranea ritorna e cerca, se necessario, di consolare il bambino. Poi si
accomoda sulla sedia.
8) Seconda riunione: la madre ritorna e l’estranea esce dalla stanza in
maniera discreta. La madre consola il bambino e cerca di ritornare sulla
sedia. (Ainsworth & Witting, 1969).
La serie di eventi che si susseguono nella procedura sono volti, in un primo
momento, ad innescare nel piccolo un comportamento esplorativo e, in un
secondo momento, a stimolare nello stesso la ricerca di prossimità, in modo
da poter osservare come questi si comporti nelle due diverse situazioni.
In base alle osservazioni compiute, sono stati identificati quattro diversi stili di
attaccamento: Tipo “B”, Tipo “A”, Tipo “C” (Ainsworth, 1969) e Tipo “D”,
quest’ultimo rilevato da Main e Solomon (Main & Solomon, 1986).
L’ attaccamento di tipo “B” viene anche definito sicuro: i bambini sicuri
utilizzano la madre come base sicura da cui esplorare l’ambiente, al
momento della separazione spesso mostrano segni d’angoscia, ma dopo
2
La corretta traduzione italiana di “Strange Situation” non è letteralmente situazione strana, bensì
piuttosto situazione con l’estraneo.
9
essersi ricongiunti alla figura di attaccamento si calmano e tornano all’attività
di esplorazione. La madre è, per questi bambini, un punto di riferimento
meritevole di competa fiducia, grazie alle sue caratteristiche di sensibilità e
responsività
3
.
Gli altri tipi di attaccamento sono invece denominati insicuri: il tipo “A”, o
insicuro evitante, è tipico di bambini che non mostrano disagio al momento
della separazione, ma proseguono nell’attività esploratoria e, al ritorno della
madre, reagiscono ignorandola ed evitandone la vicinanza fisica. Le madri di
questi bambini manifestano una sorta di rifiuto per l’attaccamento ed
avversione per il contatto fisico, per questo motivo il piccolo si comporta
come se avesse compreso che il modo più funzionale per comunicare con il
caregiver sia mostrare il meno possibile richieste di aiuto o espressioni di
sofferenza. (Caviglia, 2003).
Sono caratterizzati invece da un attaccamento di tipo “C”, o insicuro
resistente/ambivalente, quei bambini che durante tutta la procedura
sembrano preoccupati verso il genitore, tanto che il comportamento
esploratorio è meno presente. Alla separazione reagiscono con sgomento,
spesso piangendo e rincorrendo la figura di attaccamento, e, al ritorno di
quest’ultima, si mostrano arrabbiati nei suoi confronti e non si calmano. Le
loro madri sembrano incapaci di contenimento emotivo ed imprevedibili:
sensibili e comprensive in modo incostante, a tratti intrusive, a tratti assenti. Il
bambino resistente/ambivalente impara che non può fidarsi delle informazioni
cognitive, poiché spesso sono per lui ingannevoli, così adotta strategie
prevalentemente emotive. (Caviglia, 2003).
Ciò che accomuna gli stili appena descritti è la presenza, anche in caso di
attaccamento insicuro, di una strategia, facilmente individuabile, utilizzata dai
piccoli per rispondere alle esigenze di attaccamento. Ma nella classificazione
di Mary Ainsworth, una parte dei bambini osservati aveva comportamenti che
non rientravano in nessuna delle categorie sopraelencate, e, per questo
motivo, vennero ritenuti inclassificabili: si tratta dei bambini in seguito
chiamati “D”, con attaccamento disorganizzato/ disorientato, bambini che
mancavano, quindi, di qualsiasi organizzazione del sistema dell’
attaccamento.
3
Il termine responsività indica la capacità, da parte del caregiver, di cogliere i bisogni del bambino e di
sapervi rispondere in maniera adeguata.
10
2.Caratteristiche comportamentali dei bambini con
attaccamento disorganizzato e sottoclassificazione
Già Bowlby parlava di “segregate system”, (cit. in Solomon & George, 1999)
definendola una estrema e potenzialmente patologica forma di esclusione,
che separa le informazioni relative all’attaccamento dalla coscienza. Stando a
quanto sosteneva Bowlby stesso, tale sistema di attaccamento segregato, si
manifesterebbe nell’assenza di comportamento di attaccamento (quando ci si
aspetterebbe che venisse messo in atto), in comportamenti di attaccamento
fuori contesto o fuori controllo, o nell’alternanza di queste due condizioni;
inoltre sarebbe più comune in bambini che hanno subito una separazione dal
genitore di più settimane, in condizioni stressanti e sfavorevoli.
Questi bambini, una volta ricongiunti alla figura di attaccamento, si
comporterebbero come se si trovassero in uno stato dissociativo o di trance,
come se non riconoscessero il genitore, o tenendo un comportamento
incoerente.
Atteggiamenti simili sono stati descritti da Main e Solomon per quei piccoli
che gli stessi autori hanno classificato come disorganizzati/disorientati alla
Strange Situation, anche se non avevano subito un allontanamento dalla
figura accudente: un bambino, ad esempio, piangeva ad alta voce mentre
cercava di raggiungere la mamma, poi taceva improvvisamente e rimaneva
immobile per parecchi secondi; altri interrompevano un avvicinamento al
genitore, per dondolarsi sulle mani o sulle ginocchia, oppure chiamavano da
dietro la porta, ma non appena la madre compariva si allontanavano in
silenzio; altri ancora, al momento della riunione, mostravano segni di
apprensione o colpivano il viso del genitore, pur essendo di buon umore, con
un’espressione simile alla trance. Infine non era raro che mostrassero
espressioni spaventate, incoerenti, comportamento come “congelato” o al
rallentatore, o comunque bizzarro.
Main e Solomon (1986) decisero così, che per essere classificati
disorganizzati/disorientati, i piccoli avrebbero dovuto manifestare, durante la
Strange Situation, in presenza della figura di accudimento, uno o più dei
seguenti comportamenti:
11
1)Sequenze di atteggiamenti contraddittori: come comportamento di
attaccamento molto marcato, seguito da allontanamento dal genitore,
congelamento o espressioni di stupore.
2)Comportamenti contraddittori in simultanea: come intensi evitamento e
ricerca di contatto.
3)Movimenti ed espressione senza direzione, o mal direzionati, incompleti ed
interrotti.
4)Stereotipie, movimenti asimmetrici, o non tempestivi, posture anomale,
come inciampare senza motivo solo quando la madre è presente.
5)Movimento congelato, o al rallentatore, come sott’acqua.
6)Manifesta paura del genitore, rilevabile dall’incurvamento delle spalle o
dall’espressione del viso.
7)Palese disorganizzazione e disorientamento: il bambino si muove in
maniera disordinata, mostra espressioni confuse o stupefatte, cambia
spesso, e in modo repentino, il tono dell’umore.
Le espressioni di trance, i comportamenti bizzarri o contraddittori, la paura
del genitore, sono quindi, nel corso della Strange Situation, i segnali più
eloquenti di una disorganizzazione dell’attaccamento: una situazione che,
oltre ad essere fonte di insicurezza, è anche lungi dall’ essere adattiva per lo
sviluppo del bambino. Pur possedendo un pattern di attaccamento insicuro
infatti, ad esempio evitante, il bambino è comunque in grado di mettere in
atto una strategia per attirare l’attenzione della madre in caso di necessità:
mostrarsi il meno possibile bisognoso di cure. Lo stesso dicasi per
l’attaccamento resistente/ambivalente: i piccoli con questo pattern attirano
l’attenzione materna mediante intense manifestazioni emotive.
I bambini disorganizzati invece, mancano di qualsiasi strategia: da qui le
contraddizioni e le bizzarrie, nonché le espressioni di paura e di sorpresa.
Solo Crittenden (cit. in Lyons Ruth & Jacobvitz, 2002) offre una versione
diversa, proponendo che questi bambini evidenzino un misto di strategie
evitanti e resistenti, e assegnandoli perciò a una categoria defended/
coercive
4
.
4
Trad. it. sulla difensiva/coercitivo
12
L’ autore sostiene infatti che il loro comportamento non sia disorganizzato,
ma presenti un’organizzazione strategicamente adatta ai vincoli presenti nella
particolare situazione di accudimento cui sono sottoposti.
Main e Solomon (cit. in Solomon & George, 1999), sei anni dopo la scoperta
di questo nuovo pattern di attaccamento definito disorganizzato/ disorientato,
hanno anche proposto una sua sottoclassificazione, basata sui
comportamenti che più di frequente venivano messi in atto dai bambini “D”.
Tale sottoclassificazione consiste nell’assegnare, oltre all’etichetta di
disorganizzazione, una seconda etichetta, che corrisponda alla categoria
sicuro, evitante o resistente/ambivalente.
I bambini “pseudo-sicuri”, o del sottogruppo D/sicuro, preservano le
caratteristiche fondamentali dell’attaccamento sicuro: nel senso che spesso
protestano o piangono all’allontanarsi della madre e si calmano al suo ritorno,
inoltre non mostrano rabbia o comportamenti di evitamento; tuttavia, mettono
in atto altri tipi di comportamenti che possono essere definiti problematici:
vagare senza meta nelle vicinanze del genitore, sottrarsi ad un suo primo
avvicinamento, buttarsi a terra senza motivo, immobilizzarsi o muoversi al
rallentatore per parecchi secondi, assumere espressioni di paura o simili alla
trance.
I bambini D/evitanti e D/resistenti, vengono più spesso convogliati nella
comune categoria di D/insicuri. Questo sottogruppo, oltre a mostrare i tipici
segni della disorganizzazione, reagisce con più marcati comportamenti di
protesta all’allontanamento della madre, i quali proseguono anche al suo
ritorno; oppure, di contro, con risposte di evitamento, resistenza al contatto,
passività, in presenza della figura di accudimento.
Alcuni studi hanno messo in luce delle differenze basate sulla
classificazione secondaria: in particolare Lyons Ruth, Repacholi et al. (cit. in
Lyons Ruth & Jacobvitz, 2002), hanno rilevato che in campioni a basso
rischio, con status socioeconomico medio, l’incidenza di bambini
disorganizzati/insicuri era la più elevata; mentre forme disorganizzate/
insicure di attaccamento infantile erano più spesso associate allo status
socioeconomico basso e ad un maggior rischio sociale.
Sempre secondo gli autori, sembra inoltre che le madri di bambini D/insicuri
siano più intrusive e negative con i propri figli in casa, rispetto alle madri di
13
bambini aventi una classificazione secondaria sicura; viceversa le madri di
questi ultimi si isolerebbero maggiormente dal loro piccolo.
La domanda, se la classificazione secondaria dell’attaccamento
disorganizzato costituisca un antecedente alla classificazione dei bambini “D”
in età scolare, e se possa essere considerata un indice rilevante nella
previsione dello sviluppo di una psicopatologia, resta, ad oggi, ancora senza
risposta.
3.Il bambino “D” sottoposto a situazioni di stress:
battito cardiaco ed attività corticosurrenale
Nel bambino disorganizzato/disorientato, la caduta di qualsiasi strategia
difensiva e di coping, in una situazione stressante come può essere quella
che si viene a creare durante la Strange Situation, è evidenziabile anche dal
punto di vista psicofisiologico, come dimostrano studi sulla frequenza
cardiaca, o sull’attività corticosurrenale.
E’ noto, che i cambiamenti del battito cardiaco, possono essere considerati
indicatori utili a compiere una stima di come l’ambiente venga percepito
dall’individuo: in particolare, l’aumento della frequenza cardiaca, è un segnale
importante della messa in atto di una risposta difensiva, o di un’attivazione
emozionale e comportamentale, dovuta a una situazione percepita come
allarmante. Per questo motivo, dal momento in cui consideriamo la
disorganizzazione dell’attaccamento come una risposta del bambino in un
contesto stressante, dobbiamo aspettarci che essa sia accompagnata da
variazioni del battito cardiaco. In particolare, ci aspettiamo una fase di
accelerazione della frequenza, subito dopo l’evento stressogeno, che, nel
corso della Strange Situation, coincide con la separazione dalla figura di
accudimento.
Tale aumento dovrebbe poi essere superiore a quello registrato, nelle
medesime condizioni, per i bambini sicuri o insicuri organizzati, i quali, a
14
differenza dei disorganizzati, possiedono una strategia per far fronte allo
stress.
I dati in letteratura sembrano confermare quanto appena sostenuto: nel
corso del Regensburg Longitudinal Sample III, effettuato nel 1993, Spangler
e Grossman (cit. in Solomon & George, 1999) hanno infatti registrato un
notevole aumento della frequenza cardiaca, durante la fase di separazione
dalla madre, proprio per i bambini disorganizzati, in accordo con il loro
pattern di attaccamento ed il loro livello di disorganizzazione.
In realtà, tutti i bambini subiscono un aumento della velocità del battito
cardiaco al momento della separazione, in particolare durante il secondo
allontanamento dalla madre, ma i bambini “D” mostrano una risposta più
intensa.
Inoltre, nei piccoli disorganizzati, si ha un’accelerazione cardiaca anche al
ritorno del genitore, segno del forte stress che avvertono in sua presenza, ciò
significa che l’allontanamento del caregiver, così come il suo ritorno, sono,
per questi bambini, eventi fortemente stressogeni, esattamente come si può
dedurre dalle loro risposte comportamentali descritte nel precedente
paragrafo.
Anche il sistema corticosurrenale sembra essere sensibile alle situazioni
stressanti, sia che abbiano caratteristiche di novità, di incertezza, o che
suscitino emozioni negative. Per questo motivo, dal punto di vista teorico,
sarebbe sensato aspettarsi un vistoso aumento dell’attività di questo sistema,
nei bambini disorganizzati, quando sottoposti a situazioni fortemente
allarmanti, o quando incontrano serie difficoltà a dare un’organizzazione al
loro comportamento, poiché privi di un’adeguata strategia di coping.
Anche in questo caso i dati empirici hanno dato una conferma alle ipotesi
teoriche: nel già citato studio di Spangler e Grossman, infatti, i due ricercatori
hanno registrato, nei bambini disorganizzati sottoposti alla Strange Situation,
un forte aumento del livello del cortisolo, per lo più assente nei bambini
classificati come sicuri e di intensità inferiore nei piccoli insicuri evitanti o
resistenti/ambivalenti; questi risultati sono poi stati replicati nel successivo
studio di Herstgaard, Gunnar, Erickson e Nachmias del 1995 (cit. in Solomon
& George, 1999).
15
E’ quindi chiaro, che la disorganizzazione ed il disorientamento osservabili
in questi bambini a livello comportamentale, hanno anche correlati
significativi a livello psicofisiologico, che testimoniano il loro intenso disagio
nelle situazioni che implicano l’attivazione del sistema dell’attaccamento, per
l’incapacità di mettere in atto una strategia di coping adeguata. Questo vale
per quanto riguarda situazioni di laboratorio strutturate, come può essere la
Strange Situation, ma anche nella vita di ogni giorno: in uno studio recente,
ad esempio, Ahnert, Gunnar, Lamb e Bathel (2004), hanno riscontrato che la
sicurezza dell’attaccamento influisce notevolmente sulle modalità di
ambientamento dei bambini ai servizi per la prima infanzia, con un
prevedibile aumento dell’attività corticosurrenale, nella fase di
ambientamento, per i piccoli insicuri, piuttosto che sicuri, e in maniera
significativamente più marcata, in caso di presenza di un pattern
disorganizzato/disorientato.
Nella consapevolezza che elevati livelli di cortisolo possano provocare deficit
alla memoria, al sistema immunitario e persino ai circuiti neuronali e ai
neuroni, ci si rende conto come i bambini “D” siano sottoposti ad un grado
superiore di rischio anche sotto questo punto di vista.
Per concludere, è doveroso ricordare che la ricerca contemporanea sui
correlati fisiologici della disorganizzazione si sta attualmente occupando
anche dell’associazione tra poliformismi
5
del gene per il recettore D4 (DRD4)
e l’attaccamento disorganizzato. I lavori di Lakatos e coll.(2000, 2002, 2003)
hanno già trovato risultati positivi per quanto riguarda bambini non a rischio,
mentre, al presente, Alessandra Frigerio (2004) sta testando tale
associazione in un gruppo di bambini maltrattati e trascurati, accolti in
comunità di Pronto Intervento per madri e figli e di età compresa fra i 12 ed i
18 mesi. I piccoli saranno sottoposti alla Strange Situation ed al prelievo di
materiale organico
6
esaminato in cieco da un biologo, che non sarà a
conoscenza della classificazioni di attaccamento; si passerà poi al confronto
degli esiti rinvenuti con quelli di un gruppo di controllo comparabile, per
quanto possibile, per età e sesso. I primi risultati vedranno la pubblicazione
presumibilmente fra un paio d’anni.
5
48bp e 521C/T promoter.
6
Si tratta di asportazione di cellule epiteliali boccali tramite apposite spatoline.
16
4.Comportamento genitoriale ed attaccamento
disorganizzato: madri spaventate/madri spaventanti
7
Durante il primo anno di vita, il bambino mette in atto una serie di
comportamenti, biologicamente determinati (come piangere, orientarsi,
cercare la prossimità fisica), volti a cercare l’aiuto dell’adulto in situazioni di
stress, dolore, fatica o comunque disagio: questo emergente comportamento
di regolazione nei confronti del caregiver è l’attaccamento.
Come si è visto nei paragrafi precedenti però, sebbene l’emergere
dell’attaccamento sia innato, già ad un anno di età si riscontrano notevoli
differenze interindividuali nell’organizzazione della sua messa in atto, fino al
caso estremo di un pattern di completa disorganizzazione.
Il fattore cruciale per lo sviluppo di un pattern di attaccamento sicuro,
piuttosto che insicuro evitante o resistente/ambivalente, sembra essere la
risposta che il genitore offre al comportamento di attaccamento del figlio;
quindi anche la disorganizzazione deriva dal tipo di relazione instaurata con
la figura di accudimento, o almeno così è lecito pensare.
Tutti i bambini, nel corso della Strange Situation, mettono in atto
comportamenti che segnalano il loro alto livello di stress durante l’assenza
della madre, ma i piccoli classificati come “D” rivelano un forte stato di disagio
anche in sua presenza: quali atteggiamenti materni possono dare una
spiegazione a tutto questo?
Main e Hesse (1990) hanno ipotizzato che il bambino disorganizzato
sperimenti, nei primi anni di vita, la propria figura di attaccamento come fonte
di paura, in diverse situazioni.
Gli autori hanno osservato che alcuni genitori assumono comportamenti
direttamente spaventanti, come muoversi di soppiatto dietro al bambino
senza farsi vedere e poi portare le mani alla sua gola, avvicinarsi moltissimo
al viso del piccolo mostrando i denti, fargli il solletico finché non scoppia in
lacrime, apparire improvvisamente davanti al viso del figlio, usare modelli
vocali inusuali, assumere movimenti e posture che assomigliano a sequenze
7
Trad. dall’inglese frightened/frightening (Main & Hesse, 1990)
17
del tipo inseguimento/caccia, fino ad arrivare a prolungate separazioni dal
bambino, o addirittura all’abuso fisico e sessuale.
Altri invece appaiono ai propri figli come fortemente spaventati, entrando in
stati dissociativi o di trance, tenendo in braccio il piccolo alla stregua di un
oggetto inanimato, congelando i movimenti, fissando lo sguardo nel vuoto,
cercando conforto nel bambino o, di contro, allontanandosene come
terrorizzati dalla sua presenza, o spostando repentinamente la sua mano
come per timore di essere colpiti.
Tali comportamenti, che genitori evidentemente disturbati mettono in atto a
causa di impulsi interni, dovuti alle esperienze traumatiche del passato,
come si vedrà nel paragrafo seguente, appaiono al bambino come
incomprensibili e, pertanto, decisamente allarmanti e fonte di spavento.
Trovandosi in una condizione di paura e disagio, il piccolo sarà portato
all’attivazione del sistema dell’attaccamento, cercando la vicinanza del
caregiver, il quale, paradossalmente, è la fonte stessa della paura.
In una simile situazione, il bambino si trova di fronte a un dilemma
irrisolvibile: da una parte vorrebbe avvicinarsi alla figura accudente, in quanto
sta sperimentando un’intensa sensazione d’allarme; dall’altra però, sente il
desiderio di fuggire dal caregiver perché è spaventato dal suo
comportamento. Main rende bene questa esperienza usando l’espressione
“paura senza via d’uscita” (Main, 1995), per l’impossibilità di trovare una
soluzione al paradosso di temere la persona della quale è necessaria la
prossimità per ottenere conforto.
Tutto questo esita nel collasso, da parte del bambino, di qualsiasi strategia
coerente, il che si rende visibile nei comportamenti disorganizzati e
disorientati, in situazioni di stress, descritti nel secondo paragrafo.
Nel 1997, Schuengel, van Ijzendoorn, Bakermans- Kranenburg e Blom (cit.
in Solomon & George, 1999) hanno verificato sperimentalmente l’ipotesi di
Main e Hesse, secondo la quale il comportamento spaventato o spaventante
della madre sarebbe predittivo dell’attaccamento disorganizzato del figlio,
trovando una debole correlazione fra le due variabili; tuttavia, comportamenti
dissociati materni erano maggiormente predittivi della disorganizzazione
infantile, così come lo erano anche alcuni comportamenti disorganizzati della
madre, codificati come spaventati o spaventanti.