5
intervenute di recente, nella disciplina dei mezzi istruttori esperibili nel processo amministrativo di
legittimità e di merito . Per ragioni di brevità espositiva, si limiterà lo sguardo al giudizio di
legittimità, nel quale l’innovazione appare più evidente, soffermandosi in particolare,
sull’introduzione della consulenza tecnica d’ufficio, anche in tale modello processuale.
Si tratta, evidentemente, di innovazioni destinate ad incidere sensibilmente sul tema oggetto della
presente analisi. Infatti, la tradizionale limitatezza dell’armamentario processuale a disposizione del
giudice amministrativo, veniva spesso intesa come indice della volontà legislativa di riservare
all’amministrazione spazi di valutazione riservata, in ordine alle scelte tecniche operate, come tali
non sindacabili da parte del giudice, se non sotto il limitato profilo di un controllo estrinseco e
formale. La stretta correlazione tra aspetti sostanziali e processuali nella valutazione complessiva
della tematica, più volte sottolineata, impone un’analisi dell’evoluzione legislativa che ha
interessato l’attività istruttoria nel processo amministrativo. Modello processuale che come noto, si
è da sempre presentato come “originale e tipico
1
” rispetto al paradigma rappresentato dal processo
civile, connotato com’era e come è tutt’oggi, nonostante le innovazioni intervenute, da un notevole
potere di iniziativa probatoria del giudice, teso a controbilanciare la prevalenza attribuita al
contenuto dell’atto impugnato nella ricostruzione dei profili di fatto della vicenda. Ricostruzione
del fatto che, tradizionalmente confinata in un ambito secondario, assume oggi, anche in ragione
della crescente complessità delle procedure tecniche seguite dall’amministrazione, un’inaspettata
quanto innovativa centralità che ha richiesto l’introduzione di strumenti processuali idonei a
consentire quel “diretto accesso al fatto del giudice amministrativo” che rappresenta, senza dubbio,
il tratto più innovativo di un modello processuale in rapida ed inesorabile trasformazione.
Descritte le coordinate interpretative entro le quali, il giudice amministrativo ha inteso, nel corso
dell’evoluzione storica, inquadrare il tema del sindacato sulla discrezionalità tecnica della pubblica
amministrazione nella seconda parte, ci occuperemo, in maniera specifica, dello scrutinio della
discrezionalità tecnica c.d. “qualificata” dell’autorità antitrust.
L’analisi condotta ci consentirà di affrontare , con maggiore consapevolezza, questa delicata
tematica, per evidenziarne le affinità ed i numerosi tratti differenziali rispetto alla tematica
complessiva. La discrezionalità “qualificata” delle autorità indipendenti, ed in particolare
dell’autorità antitrust, che ne rappresenta l’archetipo, ha soprattutto negli ultimi tempi, suscitato
l’interesse della dottrina e della giurisprudenza alla ricerca di una sistemazione concettuale organica
e coerente con i risultati conseguiti sulla discrezionalità tecnica in generale .
1
FRANCO “La consulenza tecnica d’ufficio nel processo amministrativo (dalla verificazione alla C.T.U)” in
www.pausania.it/files/franco_ctu.pdf 2007.
6
Ma la centralità del tema oggetto della nostra analisi, si apprezza, in tutta la sua estensione
concettuale, solo se lo si inserisce all’interno di un coacervo di complesse questioni problematiche
che, l’irrompere nel nostro ordinamento delle autorità indipendenti ha propiziato.
Come noto, prima degli anni novanta del secolo scorso, il nostro sistema amministrativo non
conosceva un modello di gestione dell’interesse pubblico similare a quello delle autorità
indipendenti, fermo com’era all’impostazione classica di stampo ottocentesco fondata sul legame
indissolubile tra amministrazione e potere politico. L’irrompere delle autorità, in un quadro
istituzionale immobile nella sua secolare staticità, ha quindi, fatto emergere una serie di questioni
problematiche circa la compatibilità del nuovo modello amministrativo introdotto, con il sistema
previgente.
Si è infatti, anche in tempi recenti, dubitato della copertura costituzionale delle autorità,
dell’omogeneità dei poteri dalle stesse esercitati rispetto a quelli tradizionalmente affidati
all’amministrazione, della funzione stessa delle autorità, in un sistema che non considerava il
mercato, la concorrenza, la privacy come valori degni di una protezione “rafforzata”.
Ma il punto di maggiore frizione tra le spinte esogene, propense al rinnovamento e la granitica
fermezza della tradizionale concezione, derivava, e deriva in parte tutt’oggi, da quello che possiamo
considerare il tratto saliente del modello delle autorità indipendenti, vale a dire, la loro autonomia
ed indipendenza rispetto al circuito politico-istituzionale. Svincolate dalla legittimazione
democratica, derivante dall’indirizzo politico del governo e, in conseguenza, non assistite dalla c.d.
responsabilità ministeriale, le autorità indipendenti mancavano di una base di legittimazione
sostanziale che le inserisse organicamente nel nostro sistema costituzionale.
Per colmare questo deficit, gli interpreti, hanno nel corso del tempo, soffermato la propria
attenzione su due profili tra loro intimamente connessi, la cui analisi rappresenterà la chiave di volta
per affermare la piena legittimazione delle autorità .
In primo luogo, si è proceduto nel senso di valorizzare gli interessi coinvolti dall’azione delle
autorità, punto sul quale solo di recente si è addivenuti ad una sistemazione soddisfacente; ci si è
poi, soffermati sul sindacato giurisdizionale sugli atti delle autorità e sull’intensità di tale scrutinio,
momento centrale per l’inserimento delle autorità nel nostro sistema amministrativo .
L’analisi di questi profili nella loro feconda connessione e nei loro reciproci rapporti, ci consentirà,
seguendo le indicazioni della migliore dottrina, di fondare su basi nuove la legittimazione
sostanziale delle autorità, cercando di colmare per tal via quel deficit di democraticità , che ha
rappresentato il più tenace ostacolo allo sviluppo del modello delle autorities nel nostro
ordinamento.
7
CAPITOLO PRIMO : “Discrezionalità tecnica e poteri del giudice
amministrativo : il confine mobile tra amministrazione e giurisdizione”.
1. La discrezionalità tecnica: generalità.
1.1. Nozione e caratteri della discrezionalità c.d. tecnica della Pubblica Amministrazione
“La discrezionalità tecnica è un istituto contingente, storico, residuo non ancora eliminato
ma che tende a restringersi sempre di più, di un ordinamento giuridico di altri tempi. Esso invero è
l’ultimo, ineliminato residuo dei grandi, estesi ed incontrollati poteri, che dovette arrogarsi il
potere regio nel così detto Stato di polizia per por fine al regime feudale
2
”.
Così , circa un secolo fa si esprimeva uno tra i più insigni studiosi del diritto amministrativo
italiano, enucleando in un’efficace quanto tagliente formula i tratti più significativi di una nozione,
quale la discrezionalità tecnica, che ancor oggi impegna studiosi ed interpreti alla ricerca di un
giusto equilibrio tra le ragion dell’autorità e quelle della libertà. L’auspicio dell’Autore citato, si
po’ dire ancora non del tutto realizzato, la sotterranea tensione tra spazi di riserva per
l’amministrazione e controllo giudiziario sulle scelte da questa effettuate, non ha ancora trovato
una sistemazione adeguata in un panorama giurisprudenziale e dottrinale quanto mai frastagliato e
disomogeneo.
La stessa nozione di discrezionalità tecnica e la sua reale portata teorica, è ancora al centro di un
accesso dibattito dottrinale, tra quanti riducono la stessa nell’alveo della discrezionalità
amministrativa prevedendone il medesimo trattamento sul piano giustiziale, e quanti, viceversa,
postulano l’autonomia di una nozione, come quella di discrezionalità tecnica davvero centrale, per
la comprensione dello svolgimento del diritto amministrativo contemporaneo.
Prima di addentrarci nello studio del problema, occorre accennare delle brevi notazioni di teoria
generale, fondamentali per la comprensione dello stesso. Come noto, il tratto peculiare dell’attività
della Pubblica Amministrazione è rappresentato dall’essere strettamente regolata da norme di legge,
l’agire della stessa è vincolato dal rispetto del principio di legalità che, sullo sfondo, governa e
regola lo svolgersi dei pubblici poteri, presidio ultimo ed ineliminabile di ogni moderno stato di
diritto.
2
PRESUTTI, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica in Giur. It. 1910, IV, 20
8
Talvolta l’attività dell’amministrazione si presenta per così dire semplice, nella relazione tra norma
e fatto e nella sussunzione di quest’ultimo nell’alveo della prima ai fini della produzione degli
effetti giuridici, dalla legge designati.
Altre volte, il collegamento tra la norma e la fattispecie sottoposta all’attenzione dei pubblici
poteri, vede la necessaria intermediazione di nozioni afferenti a discipline specialistiche , quali la
fisica la chimica la medicina: scienze alle quali la norma di legge attribuisce rilevanza diretta od
indiretta, ai fini della produzione degli effetti sostanziali dalla stessa stabiliti. Ebbene, in tali
situazioni, l’amministrazione fa uso delle nozioni derivanti dalle discipline richiamate per applicare
la norma di legge, determinando le modificazioni della realtà materiale, così come dalla stessa
predeterminati.
Nell’applicare tali nozioni, appartenenti ai più disparati settori disciplinari, non sempre o quasi mai
si arriva a risultati certi, univoci e non opinabili, come noto tutte le scienze per quanto progredite
nel corso dei secoli, conservano per forza di cose un margine di incertezza e di imprevedibilità
3
,
che rende i risultati conseguibili attraverso la loro applicazione suscettibili di diverse
interpretazioni ed esiti talvolta, contradditori. Nelle maglie di tali incertezza, o meglio di tale
margine di opinabilità, così come si esprime la giurisprudenza più recente
4
, si inserisce l’attività
della Pubblica Amministrazione che compie in questo senso delle scelte tra i diversi risultati tecnici
astrattamente ipotizzabili, in seguito all’applicazione delle scienze di riferimento.
In tali circostanze tradizionalmente si designa l’attività dell’amministrazione come connotata da
discrezionalità tecnica che ricorre, in definitiva, allorquando “l’amministrazione, ai fini
dell’emanazione di un determinato provvedimento deve applicare una norma tecnica cui una norma
giuridica conferisce rilevanza diretta o indiretta”
Tale completa ed in apparenza, appagante ed incontroversa definizione, dell’oggetto del presente
lavoro, potrebbe far dubitare della complessità della tematica, ma non appena si cerca di integrare
tale nozione all’interno delle articolazione del sistema amministrativo, cercando di chiarirne con
nettezza i confini rispetto ad altri istituti finitimi, ci si imbatte in un insieme di distinguo e
classificazioni, che rendono quanto mai ardua l’opera di riordino dell’interprete, chiamato ad
operare delle scelte che, come vedremo, involgono i valori di fondo del nostro ordinamento
giuridico.
3
Sul punto è nota la teoria c.d. “della falsificazione” dovuta a Carl Popper, il quale sostiene, in estrema sintesi, come
le scienze c.d. universali non esistano nella realtà concreta conservando margini di falsificazione che costituiscono
l’essenza stessa di ciascuna scienza.
4
Cons. Stato 9 aprile 1999 n. 601
9
1.2. Discrezionalità tecnica , discrezionalità amministrativa e merito : categorie a confronto.
L’opera di delimitazione della rilevanza concettuale della nozione di discrezionalità tecnica,
non può non iniziare, se non con la ricerca dei tratti differenziali di questa rispetto ad un’altra
categoria elaborata in tempi ben più risalenti
5
, che con le parole di un grande maestro “ si identifica
con la sostanza più squisita dell’attività amministrativa
6
”, vale a dire la discrezionalità
amministrativa.
Infatti, l’opinione dottrinale più risalente, sostenuta per lungo tempo anche dal Consiglio di Stato
7
,
tendeva ad assimilare le due nozioni riducendo ad un unico genus discrezionalità tecnica e
discrezionalità amministrativa. Del resto, la stessa scelta terminologica era nel senso di questa
prospettiva, quasi che entrambe le forme di discrezionalità partecipassero della stessa natura
sostanziale. Tale impostazione dottrinale, che prendeva le mosse , in particolare, dal pensiero del
Ranelletti
8
e del Mortati
9
, ripresi in tempi recenti da altri autori
10
, partendo dalla considerazione
che, nell’ordinamento giuridico vi fosse una riserva in favore dell’amministrazione, nel senso che
nell’attività amministrativa tanto le valutazioni che fossero esercizio di potere discrezionale, quanto
quelle espressione di poteri tecnico-discrezionali, dovevano considerarsi appannaggio della stessa ,
considerava l’amministrazione stessa come unica depositaria del potere di compiere la scelta più
rispondente all’interesse pubblico o alla scienza tecnica applicata. Infatti, occorre avvertire come
tale impostazione, come del resto tutte le posizioni dottrinali sviluppatesi sul tema, conservava al
suo interno diversi tratti differenziali tra i suoi fautori: vi era chi valorizzava la presenza
dell’interesse pubblico e quindi la cura esclusivo dello stesso affidata dalla legge alla pubblica
amministrazione, e chi, dal canto suo, attribuiva alla tecnica un ruolo predominante tanto da ritenere
che la stessa discrezionalità amministrativa propriamente intesa altro non fosse che applicazione di
regole non giuridiche o comunque tecniche.
Ma al di là dei distinguo, appena accennati, l’idea forte che sorreggeva tale impostazione,
risiedeva nell’attribuzione all’amministrazione di uno spazio di riserva entro il quale esercitare
5
Come nota MASTRANGELO ,”La tecnica nell’amministrazione fra discrezionalità pareri e merito”, Bari 2003, pag 57,
“ La questione del potere discrezionale nacque e si sviluppò nel secolo XIX, con la scienza del diritto amministrativo,
nell’ambito della ricerca degli strumenti di tutela nei confronti della pubblica amministrazione, mentre si è legata nel
secolo successivo, alle problematiche riguardanti l’atto amministrativo, sicché da una prevalente attenzione al secondo
dei termini della locuzione , ossia alla definizione della discrezionalità del potere amministrativo, si giunse a
sottolineare il rimo dei due termini, ossia il potere espresso e contenuto nell’esercizio dell’attività discrezionale”.
6
Cfr. GIANNINI “Il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione” Milano, 1939, pag. 78.
7
Cfr ex pluriuso Cons. Stato Ad. Plen., 24 novembre n.16, in Foro Amm., 1989p. 2994.
8
RANELLETTI Principi di diritto amministrativo, Napoli, 1912, pag.351 ss.
9
MORTATI , Discrezionalità, in N.mo dig. It., V, Torino 1964, 1108.
10
Tra tutti VIRGA “Appunti sulla cosiddetta discrezionalità tecnica” in Jus, 1957,95.
10
liberamente il proprio potere, connotato da elementi di natura tecnico-discrezionale. Anche nelle
ipotesi di discrezionalità tecnica, si è in presenza di una scelta tra più soluzioni tecniche
astrattamente ipotizzabili, anche in tale situazioni, quindi, secondo questi autori permane un
margine di libera volontà per l’amministrazione. Sintomatiche di questo modo di intendere il
problema sono espressioni del seguente tenore, testimonianza tra l’altro dell’humus culturale entro
il quale, gli autori citati , avevano elaborato una siffatta tesi: ”ricorre la discrezionalità tecnica
allorché l’amministrazione deve risolvere problemi utilizzando discipline specialistiche ed ove il
ricorso a tali discipline non porti a risultati certi, ma opinabili o, se vogliamo soggettivi, le
valutazioni che in questi casi compie l’autorità non differiscono da quelle che compie nei casi in
cui faccia uso del normale potere discrezionale
11
”. Logico corollario di tale impostazione,era in
definitiva, l’affermazione della totale insindacabilità giurisdizionale di siffatte valutazioni, come
vedremo, confinate nell’area del merito amministrativo: quella zona “libera, riservata ed
insindacabile delle scelte
12
”, rispetto alla quale non opererebbe, secondo autorevole dottrina
13
, il
principio della piena e generale tutela giurisdizionale, pur nella vastissima estensione oggi
riconosciutagli.
Il merito amministrativo quindi, come sfera libera dell’azione discrezionale della pubblica
amministrazione, come tale non sindacabile, se non in determinati casi nei quali la giurisdizione del
giudice amministrativo è espressamente estesa dalla legge per l’appunto, al merito della scelta
amministrativa, spazio riservato esclusivamente alla valutazione dell’amministrazione anche nelle
ipotesi di scelta per l’opzione meno opinabile tra le diverse tecnicamente conseguibili. Occorre
riconoscere tuttavia, come da parte di alcuni autori, si prospettava comunque, la possibilità di un
controllo giurisdizionale delle ipotesi di discrezionalità tecnica, similare allo scrutinio cui era
tradizionalmente sottoposta la discrezionalità amministrativa, vale a dire esclusivamente per quei
vizi di legittimità che si manifestavano per il tramite delle figure dell’eccesso di potere.
Soluzione quest’ultima, che seppur non completamente soddisfacente ad assicurare un moderno e
reale controllo giurisdizionale sui giudizi tecnici dell’Amministrazione, tendeva, con tutti i suoi
limiti, a consentire una graduale estensione del controllo sul processo decisionale della pubblica
amministrazione. Nel confine mobile tra amministrazione e giurisdizione, dei passi avanti erano
stati fatti nel senso del riconoscimento della pienezza della tutela giurisdizionale dei diritti. Ma il
11
Cfr. BARONE voce “Discrezionalità(Diritto Amministrativo”) in Enc. Giur. XI Roma 1989, 9.
12
Cfr. IANNOTTA “Merito, Discrezionalità e risultato nelle decisioni amministrative. L’arte di amministrare” in Dir.
Proc. Amm. 1/2005 pag.19.
13
Cfr SCOCA “La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva”, in Riv. Trim. dir. Pubbl., 2000,
1045 ss.
11
contributo fondamentale, nella direzione dell’autonomizzazione tra la nozione di discrezionalità
tecnica ed amministrativa, è stato certamente dato dal Giannini, che con la sua opera segna “un
punto di svolta nel corso storico degli studi sulla discrezionalità tecnica
14
”.
Il maestro, come notato da un autorevole autore, muove il suo pensiero in due direzioni, da un lato,
tende ad una definizione concettuale autonoma della discrezionalità tecnica rispetto a quella
amministrativa, dall’altro, valorizza il carattere tecnico-scientifico degli apprezzamenti che guidano
il giudizio dell’amministrazione, garantendone l’univocità degli esiti.
Sotto il primo profilo, l’intuizione del Giannini è davvero rivoluzionaria, dal pensiero dell’insigne
autore infatti, muove l’idea che nulla di discrezionale vi fosse nella scelta tra più soluzioni tecniche
possibili, nella considerazione della discrezionalità come valutazione comparativa tra interesse
pubblico primario ed interessi secondari coinvolti nell’azione amministrativa. Secondo Giannini :
“la discrezionalità si riferisce infatti ad una potestà e implica giudizio e volontà insieme; a
discrezionalità tecnica si riferisce ad un momento conoscitivo, e implica solo giudizio: ciò che
attiene alla volizione viene dopo, e può coinvolgere o non coinvolgere una separata valutazione
discrezionale
15
”. Distinguendo tra l’acquisizione di dati di conoscenza e momento propriamente di
manifestazione della volontà nell’agire della pubblica amministrazione, il maestro, coglie il senso
profondo della distinzione tra le due forme di discrezionalità, impropriamente accomunate dalla
dottrina precedente. Infatti, quando l’amministrazione all’esito di una valutazione tecnica complessa
deve operare una scelta tra le diverse soluzioni raggiunte, non usa in alcun modo della
discrezionalità, ma opera una scelta privilegiando tra le varie soluzioni quella più probabile, e non
la più opportuna per la cura dell’interesse pubblico coinvolto. La discrezionalità, intesa come
“ponderazione comparativa degli interessi secondari in ordine all’interesse primario
16
”, non viene
in alcun modo in considerazione, allorquando l’amministrazione per l’emanazione di un
determinato provvedimento debba fare uso delle nozioni rinvenienti da discipline specialistiche alle
quali la legge attribuisca rilevanza diretta o indiretta: l’interesse pubblico resta sullo sfondo e non
viene in alcun modo inciso dalla scelta tecnica operata dall’amministrazione.
Le argomentazioni portate dal Giannini, convincenti e meditate, scardinano il dogma
dell’assimilazione tra le due forme di discrezionalità, fino ad allora difeso dalla dottrina e dalla
giurisprudenza maggioritarie, forme di discrezionalità che, al di là della terminologia utilizzata, non
hanno niente in comune, rappresentando fenomeni diversi sotto il profilo strutturale e sostanziale .
14
Cfr. MASTRANGELO op. cit pag. 76
15
GIANNINI “Diritto Amministrativo”, Milano, 1988, II, 483 ss.
16
GIANNINI “Il potere discrezionale della pubblica amministrazione”, Milano, 1939, 72 ss.
12
Ma il pensiero del maestro và oltre, come evidenziato in un recente saggio, il Giannini nella sua
opera lavora in profondità sulle regole tecniche di cui fa uso l’amministrazione, arrivando ad
escludere che un loro utilizzo possa condurre a risultati opinabili, con ciò quindi, scardinando un
altro degli assunti sui quali si basava l’assimilazione più volte ricordata.
L’autore, infatti, attraverso il sapiente utilizzo ad esempi pratici, ricorda come, molto di frequente,
l’utilizzo di criteri tecnici, conduca a risultati univoci o comunque tali da non ingenerare dubbi circa
l’opportunità o meno del loro pratico utilizzo. Tale ultimo assunto,descritto sommariamente per i
limiti propri della presente trattazione, desta qualche perplessità, soprattutto alla luce della crescente
specializzazione delle attività tecniche, fenomeno dal quale anche l’amministrazione non risulta
immune, la cui applicazione sovente conduce a risulti non univoci e contrastanti. Di tutto ciò era
ben conscio l’illustre autore, che nelle maglie del suo lavoro, adombra la possibilità che
l’applicazione di scienze c.d. non esatte possa condurre a risultati opinabili paventando, senza però
prendere espressamente posizione sul tema, la possibilità che in simili circostanze sussista uno
spazio di riserva per l’amministrazione, escluso dal sindacato giurisdizionale; così allineandosi alla
dottrina maggioritaria, sul punto orientata, nel senso dell’insindacabilità delle valutazioni tecniche.
La parabola del pensiero di Giannini descritta in queste brevi notazioni ci consente di capire come
difficile sia stato il cammino del problema della discrezionalità tecnica, connotato da una costante
gradualità sulla strada del riconoscimento della pienezza del sindacato giurisdizionale , risultato
conseguito solo di recente e non senza difficoltà, per l’opera della giurisprudenza che
dettagliatamente analizzeremo nel proseguo dell’odierna trattazione.
13
1.3. Ancora sui confini della discrezionalità tecnica: discrezionalità c.d. mista e accertamenti
tecnici
Così distinta sul piano dogmatico la discrezionalità tecnica da altre nozioni solo apparentemente
similari, come abbiamo visto, occorre in conclusione, di tale preliminare inquadramento,
soffermarsi su altre due situazioni spesso accomunate al fenomeno sottoposto alla nostra attenzione.
La prima è comunemente designata come discrezionalità mista, e ricorrerebbe allorquando il
legislatore dopo che sia stato valutato un certo fatto da parte dell’amministrazione attraverso il
ricorso a cognizioni tecnico-specialistiche non predetermina il provvedimento da adottare ma
demanda all’amministrazione il compito di emanare il provvedimento più confacente ala cura
dell’interesse pubblico specifico affidatole. In questi casi, la dottrina minoritaria, individua un
tertium genus, distinto nei tratti sostanziali tanto dalla discrezionalità tecnica, quanto da quella
propriamente amministrativa. In realtà, già da tempo questa impostazione, priva di alcun
addentellato sostanziale, è stata abbandonata a favore di una sistemazione più coerente con i
risultati dottrinali conseguiti.
Nelle circostanze descritte, infatti, per un corretto inquadramento del fenomeno, bisogna distinguere
i due momenti della scelta tecnica, o tecnico-discrezionale, e di quella successiva, espressione
questa sì, di discrezionalità amministrativa. In questi casi si assiste ad una profonda commistione tra
le due situazioni, che però, pur influenzandosi reciprocamente, manterranno uno spazio di
autonomia almeno su di un piano concettuale. In tali circostanze, con le parole di un grande maestro
la distinzione tra le due ipotesi risulta “più ideale che reale
17
”, perché sul piano pratico appare
arduo distinguere i due momenti compartimentando l’attività dell’amministrazione, ma la
distinzione sussiste e va, per le ragioni suesposte, in questa sede riaffermata.
Da ultimo, un breve cenno, merita, per ragioni di completezza, la differenza tra la discrezionalità
tecnica ed un'altra categoria cui spesso viene accostata, vale a dire gli accertamenti tecnici.
Secondo l’opinione dominante e per la verità non controversa in dottrina, si ha accertamento
tecnico allorquando “l’amministrazione pone in essere delle operazioni tecniche non connotate dal
requisito dell’opinabilità
18
”che, quindi, conducono a risultati univoci. Si tratta delle ipotesi nelle
quali l’amministrazione utilizzando cognizioni specialistiche , anche attraverso procedimenti
complessi, fa so delle cognizioni rinvenienti dalle scienze esatte (matematica, fisica, chimica etc.)
che, come tali, conducono a risultati non confutabili e quindi, agevolmente controllabili anche da
17
GIANNINI Diritto Amministrativo cit. pag. 75
18
CARINGELLA Corso di Diritto Amministrativo, Milano 2005, II,pag. 1238
14
parte di soggetti estranei all’amministrazione procedente. Infatti, una delle caratteristiche salienti
degli accertamenti tecnici, risiede nell’essere stati sempre considerati sindacabili da parte del
giudice amministrativo nelle condizioni, attraverso lo strumento processuale della verificazione,
previsto dall’art. 44 primo comma del Testo Unico sul Consiglio di Stato
19
, di valutare pienamente
l’attendibilità della valutazione operata dall’amministrazione.
Si tratta, evidentemente, di una categoria distinta dalla discrezionalità tecnica, che, invece, proprio
nell’opinabilità della soluzione conserva il suo tratto caratterizzante e maggiormente controverso,
tratto che, nel proseguo, andremo ad analizzare alla luce degli orientamenti giurisprudenziali così
come formatisi negli ultimi anni.
19
R.d. 1054/1924
15
2. L’EVOLUZIONE DOTTRINALE E GIURISPRUDENZIALE DEL SINDACATO SULLA
DISCREZIONALITA’ TECNICA: PROFILI RICOSTRUTTIVI .
2.1. La tesi tradizionale : l’insindacabilità delle valutazioni tecniche della p.a.
Come già accennato, gli orientamenti giurisprudenziali formatisi prima della storica decisione
citata, si attestavano lungo due filoni principali, entrambi orientati seppur con diverse sfaccettature,
ad escludere un controllo pieno del giudice amministrativo sulle valutazioni frutto di discrezionalità
tecnica . Il primo affermava la totale insindacabilità della discrezionalità tecnica da parte del giudice
amministrativo, ponendo così il problema della relazione tra quest’ultima ed il merito
amministrativo, l’altro viceversa, largamente maggioritario in giurisprudenza, considerava la
discrezionalità tecnica sindacabile solo dal punto di vista della manifesta illogicità, incongruità e
contraddittorietà, ponendo quindi, il problema, già affrontato, della distinzione tra le due forme di
discrezionalità. Lungo questi due percorsi alternativi si è dipanata la giurisprudenza, per decenni
accompagnata in questo senso da una dottrina che, come vedremo, fin da tempi non recenti,
reclamava un più ampio spazio per il giudice, nell’ottica di una più piena tutela giurisdizionale dei
diritti e degli interessi dei cittadini.
Andando con ordine e seguendo l’itinerario argomentativo prospettato, possiamo apprezzare come
il primo sentiero interpretativo percorso dalla giurisprudenza, fermo nel senso della totale
insindacabilità delle valutazioni tecniche, sia stato per lungo tempo predominante e fondato, su
quello che potremmo definire, un vero e proprio dogma nella considerazione della discrezionalità
tecnica, come “potere di valutazione del fatto esclusivamente riservato alla pubblica
amministrazione
20
”.
Tale impostazione, che ha portato la giurisprudenza ad una sostanziale assimilazione tra
discrezionalità tecnica e merito amministrativo o , al più tra discrezionalità tecnica e ricostruzione
dei fatti, riservata all’amministrazione, si basava su argomentazioni, talvolta difficilmente
intellegibili che hanno attraversato la giurisprudenza in maniera talvolta sotterranea ed inespressa.
Dall’analisi del tenore letterale delle decisioni rese sul tema, infatti, si colgono espressioni di un
sentire inespresso e latente nella giurisdizione, teso ad attribuire al merito amministrativo una
valenza quasi sacrale, affidato come tale, in via esclusiva all’amministrazione, unica depositaria del
potere di valutazione in ipotesi che, come più volte ricordato, nulla avevano a che fare con il
coinvolgimento dell’interesse pubblico.
20
Cfr MARZUOLI “Potere Amministrativo e valutazioni tecniche”, Milano, 1985, 145
16
Scorrendo le decisioni più significative,tanto delle giurisdizioni superiori quanto dei TAR, in una
giurisprudenza decennale e pressoché alluvionale,troviamo conferma dell’orientamento descritto e
possiamo apprezzare come il settore in cui maggiormente si sia esercitata la giurisprudenza su
questo problema sia quello delle valutazioni medico-legali derivanti da causa di servizio.
In diverse decisioni
21
anche recenti, si sostiene ad esempio, che : “in sede di procedimento
per il riconoscimento dell’infermità da causa di servizio, rientra nella discrezionalità tecnica il
parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie che esclude ogni influenza causale dei
fattori genetici, tale valutazione è insindacabile dal giudice amministrativo”
22
o ancora, in una
fattispecie dai contorni similari “gli atti di esercizio della discrezionalità tecnica che comportano
un potere di valutazione dei fatti alla stregua di conoscenze scientifiche, sono sottratti in via
generale dal sindacato di legittimità
23
” . Espressioni dello stesso tenore, si reperiscono, altresì, nella
giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali
24
, allineati per lo più sulle posizioni del
Supremo Consesso. Emblematiche sono espressioni del genere frequenti nella giurisprudenza dei
Tribunali Regionali : “la discrezionalità tecnica comporta un potere di valutazione dei fatti-
costituenti presupposto dell’azione amministrativa- alla stregua di conoscenze o regole tecniche e
scientifiche per cui il suo esercizio attiene al merito e non alla legittimità dell’attività della
pubblica amministrazione; da ciò si deduce che gli atti predetti sono sottratti in via generale al
sindacato del giudice di legittimità nei cui poteri non rientra la rinnovazione degli apprezzamenti
che soltanto la P.A. può e deve fare
25
”.
Dai sintetici richiami operati, possiamo apprezzare come, l’idea di un potere riservato ed in
conseguenza di ciò, di un’assoluta insindacabilità delle valutazioni operate dalla P.A., fosse ben
radicata nella giurisprudenza precedente alla 601. Giurisprudenza, ferma nella graniticità di questo
primo orientamento, certamente criticabile ed in contrasto palese con i parametri costituzionali di
cui agli artt.24 e 113 della Carta Fondamentale, ma che è stato per lungo tempo sostenuto, seppur
con molti distinguo, da una parte autorevole della dottrina. Si allude in questo senso, al pensiero del
21
Tra le più significative: Cons. Stato Sez. V, 22 gennaio 1982, n. 55 in Riv. Amm., 1982,209; Cons. Stato sez. IV, 4 aprile
1991 n. 231, in Riv. Giur. Ed. 1991,I, 769;Cons. Stato sez. VI, 27 febbraio 1992 n.139, in Cons. st. 1992,I,284; Cons.
Stato sez II, 15 marzo 1995 n. 2113 in Cons. St. 1996,I,117; Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 1995 n.682 in Foro Amm.
1995,926; Cons.Stato, sez. II, 25 marzo 1996 n.380, in Foro Amm. 1996,863.
22
Consiglio di stato, Sez. IV, 23 ottobre 1991 n. 846, in Cons. St., 1991,I,1471.
23
Consiglio di Stato sez. II, 15 marzo 1995 n.1963 in Cons. St., 1996,I,116.
24
Nella giurisprudenza dei T.A.R. : Tar Sicilia Catania, sez. i, 5 giugno 1991 n. 399, in Giurisprudenza amministrativa
siciliana, 1991,509; Tar Sicilia Palermo, sez. I, n.118 del 1992 ivi 1992, 431; Tar Emilia Romagna, parma,21 dicembre
1994 n. 406, in Foro Amm. 1995,1056;Tar Piemonte, sez.II 23 ottobre 1997 n. 512 in Rivista personale Enti
Locali,1998,582; Tar Piemonte,sez.I, 24 aprile 1997 n. 249, in Foro Amm. 1997,3150; Tar Lazio,Latina, 10 ottobre 1998
n.994, in I TAR,1998,I,3963;
25
Tar Sicilia palermo, sez.I, 4 aprile 1992 n. 118, in Giurisprudenza Amministrativa siciliana 1992,278.
17
Marzuoli, cui si deve la qualificazione della discrezionalità per l’appunto come “potere riservato di
valutazione”. L’autore citato,(nota efficacemente annotato dal Lazzara), pur considerando
“discrezionalità amministrativa e potere di valutazione come “categorie prive di qualsiasi punto di
contatto”, si impegna alla ricerca un’autonoma giustificazione dogmatica sulla base della quale
fondare un potere riservato di valutazione, in capo all’amministrazione.
La chiave di volta, viene trovata nella caratteristica propria dell’attività tecnico-discrezionale, vale a
dire nell’uso della tecnica, come tale ritenuta idonea ad alterare “l’assetto formale dei poteri” così
come voluti dal legislatore.
Questo punto merita, senza dubbio, un approfondimento, soprattutto alla luce della profondità
dell’analisi condotta dall’autore ed in considerazione della suggestione delle argomentazioni portate
a supporto. L’autore nella considerazione della tecnica come “quell’insieme di regole e cognizioni
che, anche grazie ad esperimenti scientifici, permettono di conoscere un certo fenomeno
26
”ritiene
che, allorquando l’utilizzo di cognizioni tecniche non conduca a soluzioni univoche ma a più
possibili risultati alternativi , i criteri per la scelta della soluzione del caso concreto dipendono dai
valori, dalle convinzioni proprie del ceto professionale di appartenenza dei tecnici chiamati ad
operare le scelte.
In queste circostanze, continuando con l’autore, riconoscere la possibilità per il giudice
amministrativo di sindacare le scelte operate dall’amministrazione, significherebbe attribuire al ceto
professionale dei giudici, portatori di valori ed interessi per forza di cose parziali, in ultima analisi
un ruolo centrale nella scelta dei valori di riferimento della collettività. Per scongiurare il pericolo
che “il tecnicismo diventi il mezzo per imporre a tutti i valori solo di alcuni
27
” il Marzuoli,
riconosce alla Pubblica Amministrazione, intesa come apparato rappresentativo dell’intero corpo
sociale, un potere riservato di valutazione escludendo che il giudice amministrativo possa conoscere
degli apprezzamenti dalla stessa valutati in sede di attività tecnico-discezionale.
Non è questa la sede più opportuna per sottoporre a vaglio critico la teoria appena descritta
28
,
sembra, tuttavia, opportuno notare, volendo anticipare delle riflessioni, come l’impostazione
dell’autore citato, pur fondandosi su argomentazioni condivisibili, nella considerazione
dell’amministrazione come soggetto portatore degli interessi esponenziali dell’intera collettività,
conduce a conseguenze paradossali nell’esclusione di una qualsiasi forma di controllo dell’attività
dalla stessa espletata.
26
Cfr. MARZUOLI op cit. 345.
27
Cfr. MARZUOLI op. cit. 219.
28
Già autorevolmente sottoposta a vaglio critico da LAZZARA “Autorità indipendenti e discrezionalità” Padova, 2002,
pag. 123 ss.