via di sviluppo non viene rilevata come elemento di emergenza sanitaria. Per le
società con alti tassi di mortalità infantile e materna, l’apparente contrasto tra
malattie infettive e malattie mentali è tuttavia fuorviante. I tassi di mortalità, che
costituiscono il parametro statistico di salute pubblica più citati, non riescono a
rilevare la sofferenza che causano realmente. L’analisi superficiale di questi
tassi rispecchia l’atteggiamento assistenzialista e paternalista dell’opinione
pubblica internazionale: si è soliti analizzare e discutere i percorsi di morte e
non come si vive o si sopravvive in Africa. E’ più facile destare scalpore con i
tassi di mortalità tra i bambini con età inferiore ai cinque anni, che esporre il
carico di sofferenza sociale a cui le popolazioni sono soggette in gravi
condizioni di sottosviluppo.
Altri modi di calcolare il carico delle malattie mentali sono complessi e i risultati
sono più difficili da confrontare tra le varie società. Per esempio, il costo
finanziario dell’assistenza sanitaria è un cattivo indicatore di tale carico per
società con pochi operatori di salute mentale, pochi servizi psichiatrici e scarso
uso di psicofarmaci. Misurare i costi in termini di qualità di vita ed il peso che
grava sulle famiglie è difficile. Tuttavia, sappiamo che i disturbi mentali maggiori
impongono, in tutte le società, un prezzo enorme in termini di sofferenza
umana, disabilità e perdita di risorse per la collettività.
Un indicatore introdotto nelle statistiche da qualche anno, il Burden of disease
in DALYs
2
(Disability Adjusted life years), ovvero il carico di malattie misurato in
percentuali di anni di vita persi soppesati per disabilità, tenta di dare una visione
diversa del fenomeno malattia.
2
Si veda il sito ufficiale dell’organizzazione per una dettagliata esposizione dell’indice sintetico.
www.who.org
3
condizioni materne 3,3%
condizioni perinatali 6,8%
deficienze nutrizionali 2,7%
Diabete 0,3%
disordini cardiovascolari 3,3%
disordini degli organi di senso 2,7%
disordini neuropsichiatrici 5,2%
disordini nutrizionali/endocrini 0,4%
infezioni respiratorie 10,4%
lesioni involontarie 7,3%
lesioni volontarie 2,1%
malattie genitale-urinarie 0,6%
malattie della pelle 0,2%
malattie digestive (cirrosi epatiche) 1,5%
malattie infettive e parassitiche 48,6%
malattie muscolo-scheletriche 0,7%
malattie orali 0,2%
malattie respiratorie 1,6%
malformazioni congenite 0,9%
neoplasmi maligni 1,4%
Tabella 1. Burder of desease in DALYs 2003 per l’Africa, fonte WHO, The World Health Report 2003,
Geneva 2003.
Se si osservano attentamente i dati si può notare come le malattie infettive
restino ancora la grande emergenza sanitaria, ma si nota anche come le
malattie neuropsichiatriche occupino più del 5% del carico dei disturbi nel
continente. Se ad esse si sommano le lesioni volontarie (nel rapporto sono
menzionate le lesioni auto-inflitte, le violenza e le guerre), le malattie digestive
che per la maggior parte sono cirrosi epatiche dovute all’abuso di alcool e le
malformazioni congenite che colpiscono prevalentemente il sistema nervoso, la
percentuale arriva quasi a toccare il 10%. Il carico di disturbi socio-psicologici e
neurologici che grava sulle popolazioni africane è maggiore delle malattie
vascolari, dei tumori e delle malattie respiratorie.
Di questo 10%, il 32% è occupato dalle sindromi depressive. Schizofrenia,
disordini affettivi, epilessia e tossicodipendenza sono i problemi più diffusi tra la
popolazione, con rispettivamente il 12,4%, il 12,7%,11,2% e il 10,5%. A seguire
le altre indicate nel grafico (figura 1).
I dati sono delle stime che si basano sui dati raccolti e pubblicati dai ministeri
referenti di tutti i Paesi appartenenti all’Organizzazione. È tuttavia necessario
ricordare che spesso i dati clinici riferiti al settore delle salute mentale sono
4
spesso fuorvianti, in quanto le strutture d’accoglienza e cura non sono diffuse
nei territori nazionali dei Paesi in via di sviluppo e i sistemi di network tra
strutture per l’elaborazione dei casi sono inesistenti. Altra variabile da
considerare è che spesso il disagio viene vissuto o subito senza che ci si
rivolga a strutture pubbliche di riferimento, in quanto la popolazione non può
permettersi il costo delle visite o del trasporto e le attività terapeutiche
sembrano non conquistare la fiducia dell’utenza.
disordini depressivi
unipolari
disordini affettivi bipolari
schizofrenia
epilessia
disordini abuso alcool
alzheimer e altre
demenze
disordini da
tossicodipendenza
disordini da stress-post
traumatuco
disordini ossessivo
convulsivo
lesioni autoprovocate
Figura 1. Disabilità da problemi di salute mentale. Il grafico rappresenta il 7,3% di tutti i DALYs persi.
Fonte WHO, The World Health Report 2003, Geneva 2003.
Gli altri fattori che hanno influito nel determinare la poca attenzione a queste
malattie e al relativo settore sanitario sono eredità dei decenni passati e
dell’impostazione della psichiatria occidentale, guida assoluta dei progetti socio-
assistenziali di sviluppo e cooperazione. Eisenberg
3
ha fatto notare come la
maggior parte della ricerca e delle attività si sono focalizzate troppo
selettivamente sugli aspetti biologici e genetici delle malattie mentali a troppo
poco sui fattori sociali e culturali, cruciali per la comprensione della
distribuzione, carico e trattamento di tali condizioni in un contesto globale. Lo
3
Desjarlais R., Eisenberg L., Good B. e Kleinmann A., La salute mentale nel mondo: problemi e priorità
nelle popolazioni a basso reddito, il Mulino, Bologna 1998
5
psichiatra sostiene che la psichiatria sociale brainless, “senza cervello”, degli
anni Sessanta è stata troppo spesso sostituita, durante gli anni Ottanta e
Novanta, da una psichiatria biologica mindless, “senza mente”, deviando
l’attenzione dalle origini sociali dei disagi.
Da queste impostazioni è andata diffondendosi la percezione largamente
diffusa che vi fossero pochi o nessun trattamento efficaci per le malattie mentali
ha favorito il fatto che esse siano state trascurate dagli organismi sanitari
internazionali. In passato quest’ottica era ampiamente giustificata. Molti servizi
di salute mentale in Europa e America del Nord, come i grandi ospedali pubblici
o i manicomi senza personale sufficiente, in realtà peggioravano la sofferenza
anziché alleviarla. Fin troppo spesso queste istituzioni furono riprodotte nelle
loro forme peggiori in Asia, Africa ed America Latina come parte della medicina
coloniale. La medicina occidentale in generale, e la psichiatria in particolare, ha
impostato la loro attività nelle colonie attraverso due canali principali: quello
filantropico e quello politico
4
. Il primo era alimentato da uno spirito scientifico
finalizzato al benessere delle popolazioni assistite. Ciò, tuttavia, attraverso un
forte atteggiamento paternalistico, dove il dovere del medico era assistere la
salute locale schiacciata dalla superstizione, dall’ignoranza e dall’arretratezza
tecnica. Il secondo canale si può definire politico in quanto finalizzava le attività
e le pratiche mediche all’interno dei progetti di colonizzazione culturale: il fine
era controllare corpi e menti attraverso la de-costruzione delle culture locali (in
primo luogo l’annientamento dei sistemi medici autoctoni), e giustificare la
violenza dell’occupante interpretando pratiche religiose (cerimonie collettive,
possessioni, ecc) o ribellioni sociali (movimento Mau Mau, fenomeno amok,
pigrizia, ecc) come psicopatologie o ritardi sulla scala evolutiva umana
dell’intelligenza e della spiritualità
5
. Molto è rimasto dell’eredità coloniale.
Tuttavia, le soluzioni per le malattie mentali si sono drasticamente modificate
dagli anni Sessanta in poi e, nonostante spesso continui a influire in modo
determinante un approccio farmaceutico e neurologico, la ricerca suggerisce
che interventi psicoterapeutici e programmi riabilitativi territoriali possono
essere effettuati in maniera economicamente vantaggiosa in contesti di gravi
4
Feierman S., Struggles for control: the social roots of health and healing in modern Africa, African
Studies Review, vol.28, no.2/3, pp. 73-147; Beneduce R. Etnospichiatria, 2007, Roma Carrocci Editore.
5
Beneduce R., Etnospichiatria, , Carrocci Editore, Roma 2007
6
difficoltà economiche
6
. Nuovi modelli teorici e studi empirici hanno trasformato
la nostra comprensione del ruolo della cultura e delle forze sociali nel dare
forma a tutti i sintomi psichiatrici e delle malattie mentali, nel causare
vulnerabilità e nello scatenare episodi di malattia, nell’organizzare la
classificazione e la risposta comportamentale alla malattia e nel fornire forme di
assistenza congrue alle culture locali
7
. L’assunto principale delle sottodiscipline
antropologiche, l’etnomedicina e l’etnospichiatria, o della psichiatria sociale è,
infatti, che tutti gli stati del corpo e della mente s’intrecciano con i vari piani della
vita e dell’ordine sociale e rinviano costantemente alle concezioni locali di
corpo, di persona e di ambiente. Il metodo etnologico di studiare salute e
malattia mentale ha posto in evidenza come non vi sia una medicina che possa
considerarsi svincolata dal contesto sociale, storico e culturale entro la quale
viene praticata.
Questi drastici cambiamenti in medicina e nelle scienze sociali offrono
l’opportunità di rivalutare la posizione delle malattie mentali e il loro trattamento
nel contesto della salute internazionale. Cosa sappiamo del carico delle
malattie mentali nel contesto africano? Sull’incidenza e la prevalenza, sui fattori
di rischio e sul peso che grava sugli individui, le famiglie, la collettività, in
contesti di povertà assoluta? Quali forme di trattamento sono disponibili? Come
possono essere utilmente utilizzate in Paesi con gravi debiti esteri? Quanto
sono efficaci i rimedi popolari e quelli basati sulla famiglia e quanto lo sono i
servizi medici esistenti? Quali sono le difficoltà e quali le priorità per migliorare i
servizi?
Queste sono le motivazioni che hanno spinto alla scelta di questo particolare e
ostico argomento. Sebbene per alcune domande sia solo in grado di abbozzare
delle risposte, spero, attraverso lo studio del caso mozambicano, di attirare
l’attenzione su problematiche sanitarie specifiche. L’esposizione nei prossimi
capitoli di modelli esplicativi e di ipotesi interpretative è finalizzato, infatti, a
mostrare nuovi modi di pensare la malattia, inclusa quella mentale, e di
6
Desjarlais R., Eisenberg L., Good B. e Kleinmann A., La salute mentale nel mondo: problemi e priorità
nelle popolazioni a basso reddito, il Mulino, Bologna 1998
7
Marsella A.J. & White G.M., Cultural conceptions of mental health and therapy, pp.39-68. Dordrecht:
D. Reidel, 1982; Kleinman A., Alcuni concetti e un modello per la comparazione dei sistemi medici intesi
come sistemi culturali, in Quaranta I. (a cura di), Antropologia Medica. Testi fondamentali, Raffaello
Cortina Editore, Milano 2006
7
analizzare servizi essenziali nel contesto dell’assistenza sanitarie e della
politica sociale internazionale.
PERCHÉ IL MOZAMBICO?
La salute mentale è soprattutto una questione di economia e politica sociale.
Sebbene i legami tra forze sociali e pregiudizi alla salute siano vari e complessi,
un’attenta indagine suggerisce che i problemi di salute mentale quasi sempre si
collegano a problemi più generali che hanno a che fare con l’economia di una
famiglia o di una collettività, con l’ambiente in cui una persona vive e con il tipo
di risorse cui può attingere. In generale la struttura dei sistemi politici ed
economici dettati da poteri internazionali stanno contribuendo e perpetuare
povertà, fame e disperazione. I problemi di salute mentale associati a disastri
naturali, alla carenza delle risorse, alle pressioni dell’urbanizzazione e alla forte
presenza di malattie fisiche fanno sentire di più la loro presenza nelle collettività
più povere a causa della mancanza di programmi e servizi che ne riducano
l’impatto. Ad un primo sguardo, potrebbe sembrare che i problemi e le
vicissitudini dei soggetti delle interviste proposte nel secondo capitolo, abbiano
origini e storie diverse. Tuttavia un’osservazione più attenta suggerisce che
come gli svantaggi economici e politici di un’indigenza si sistema sino alla base
dei disagi sofferti dagli strati più bassi della società mozambicana.
Basandomi su questa prospettiva interpretativa, tipica della medicina sociale e
delle scienze sociali che si occupano di problematiche sanitarie, ho ritenuto il
Mozambico un ottimo caso di studio. Le pressioni delle violenze, a volte
istituzionalmente strutturate, subite dalla popolazione, che verranno esposte
con una prospettiva storica all’interno del primo capitolo, incorporano
pienamente i fattori di rischio per la manifestazione di questi disturbi.
Nel Human Development Report 2006 redatto dall’UNDP
8
, il Mozambico
occupa il 168° posto su 177 paesi analizzati, elencati in ordine decrescente di
sviluppo. Gli indici statistici, anche se incapaci pienamente di misurare la
sofferenza e il grado della qualità di vita, ci indicano come il Paese sia ancora
caratterizzato da una grave realtà di sottosviluppo. Il Mozambico con buona
parte dei Paesi in via di Sviluppo avvia piani di aggiustamento strutturale dalla
8
Si veda il sito ufficiale dell’agenzia, www.undp.org
8
metà degli anni Ottanta: già nel 1987 firma con la Banca Mondiale il primo
Piano di Riabilitazione Economica (PRE), che prevedeva la già rinomata
formula “Meno Stato, più Mercato”. Nonostante il governo applichi da anni alla
lettera le regole economiche neoliberiste, indicate dalle Istituzioni Finanziarie
Internazionali come panacea della crisi, la popolazione versa ancora in
condizioni di dolorosa povertà. Drastici tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni
selvagge senza trasparenza hanno fatto ricadere tutto il loro costo sociale sugli
strati più poveri della popolazione che si è vista negare, tra i tanti, uno dei
bisogni primari di una serena esistenza, il diritto alla salute.
Vorrei fortemente sottolineare perché la ricerca sul campo si sia svolta
principalmente nel Sud del Mozambico, nell’area periurbana della capitale. La
capitale è stata storicamente oggetto di programmi si sviluppo ed, infatti, nella
zona sono presenti le principali strutture sanitarie del settore della salute
mentale. Anche se l’obiettivo del ministero è garantire la territorializzazione del
servizio psichiatrico, in realtà le forze sono concentrate sulle attività della
capitale, lasciando scoperto tutto il resto del Paese. Altro motivo della mia
scelta è stata la presenza di programmi di cooperazione italiana che, attraverso
un partenariato attivo da diverso tempo, sostiene e collabora con le attività
dell’associazione locale Vangano Va Infulene. In questa realtà ho trovato
l’appoggio necessario per lo svolgimento delle attività di ricerca.
Trattare il settore della salute mentale in Mozambico sotto la lente interpretativa
della sofferenza sociale significa quindi, caricare le esperienze personali dei
malati diagnosticati o dei soggetti a rischio, di causalità politico-sociali tipiche di
realtà altamente complesse e caratterizzate da gravi condizioni di indigenza
diffusa.
Vedere quindi la sofferenza mentale come uno dei frutti della povertà creata e
definita dalle scelte economiche e politiche nazionali, ma che si inscrivono in
interventi e strategie globali, aiuta ad individuare i contemporanei meccanismi
sociali dell’oppressione
9
. La sofferenza sociale viene, infatti, definita come la
dimensione di dolore, che spesso s’incorpora in esperienza di malattia, a cui
9
Farmer P., Sofferenza e violenza strutturale, diritti sociali ed economici nell’era globale, in Quaranta I.
(a cura di), Antropologia Medica. Testi fondamentali, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006; Farmer P.,
Un’antropologia della violenza strutturale, in Quaranta I. (a cura di), Sofferenza sociale, Antropologia:
annuario, n. 8, 2006, Meltemi editore, Roma.
9
alcuni individui vengono condannati dalla violenza strutturale intimamente
presente nelle dinamiche economiche e politiche precostituite.
METODOLOGIA E FONTI DELLA RICERCA SUL CAMPO
La ricerca si è svolta durante il periodo che va dal 18 Ottobre 2007 all’ 11
Gennaio 2008. Il lavoro sperimentale sul campo e la trattazione di tematiche
fondamentali dell’esistenza umana, quali la salute e la malattia,
presupponevano una metodologia di ricerca che permettesse l’individuazione e
l’analisi di elementi caratterizzanti l’oggetto di studio (sistema di cure pluralista
mozambicano) nella specifica realtà culturale e sociale.
Data la mia breve permanenza nel Paese, non è stato possibile avvalermi del
metodo dell’osservazione partecipante. Per ristrettezze tempistiche non ho
avuto la possibilità di trascorrere periodi prolungati di tempo con gli attori che ho
incontrato, affinché possa ritenere la mia presenza partecipe e “dentro” il
mondo che mi accingevo a descrivere. Tuttavia, seguendo i principali approcci
delle discipline antropologiche e sociologiche, ho attuato sul campo diverse
attività di ricerca col fine di raccogliere dati interessanti dal punto di vista
analitico.
La ricerca sul campo ha seguito due fasi principali: la prima di ricerca di archivio
sugli studi di area esploranti la cultura delle popolazioni mozambicane, le scelte
di politica economica affrontate dal governo negli ultimi decenni, il servizio
sanitario nazionale. Ciò attraverso le principali strutture di ricerca a Maputo
(Historical Archive of Mozambique, Centre of African Studies, Biblioteca de
Arqueologia e Antropologia da Universidade Eduardo Mondane, Ministerio da
Sàude de Moçambique); nella seconda ho sviluppato contemporaneamente
diverse attività che mi hanno dato la possibilità di ottenere una visione più
chiara e completa della realtà in esame
10
:
1) Incontro con la Dot.ssa Paula Simbine Mogne che è stata direttrice del
Dipartimento di Salute Mentale del Ministero della Sanità e fu la coordinatrice
10
In sintesi elenco quantitativamente le fonti primarie attraverso cui ho raccolto sul campo dati
qualitativi: 13 interviste a curandeiros (9), a profeti (3) e a uno sheh, guariore musulmano; 4 interviste ai
famigliari di malati; 5 intervite ai malati; 4 interviste a famiglie vulnerabili; 1 intervista a un leader
comunitario; 3 interviste a attivisti di associazione; incontri con 2 tecnici di psichiatria; giornata di
formazione con giovani; visita a un centro diurno e interviste semistrutturate con le religiose che
gestiscono il servizio. I testi delle interviste semistrutturate sono riportati in appendice ai capitoli.
10
responsabile di uno studio antropologico approfondito, tra area rurale (Cuamba)
e area urbana (periferia di Maputo), svolto per Ministero sulle principali malattie
mentali e neurologiche del Paese. I risultati dello studio,che è stato sostenuto
con il finanziamento della WHO, è stato pubblicato sulla riviste medica
elettronica Lancet (Patel.V., Prevalence of severe mental and neurological
disorders in Mozambique: a population-based survey, Lancet, vol. 370, pp.
1055-1060, September 2007).
2) Incontro con i responsabili dei dipartimenti di Salute Mentale e di Medicina
Tradizionale, grazie ai quali sono entrata in possesso di dati statistici aggiornati
sul settore in esame.
3) Elaborazione di questionari tradotti in Changana e Sena (grazie all’aiuto di
attivisti di associazioni di quartiere), utilizzati come testo base per le interviste
semi-strutturare proposte ai medici tradizionali. Attraverso tale attività ho
individuato le posizioni e le interpretazioni delle principali sintomatologie
psichiche della popolazione da parte dei curandeiros cercando di delineare i
loro principali approcci di cura.
4) Incontro con gli operatori e tecnici di psichiatria della principale struttura
psichiatrica operante nel Paese, l’Ospedale Psichiatrico di Infulene, attraverso
cui ho analizzato gli atteggiamenti degli operatori sanitari nei confronti dei
disturbi mentali più diffusi, la condizione lavorative, di degenza e le generali
realtà familiari e affettive dei ricoverati.
5) Ho stretto contatti e collaborato con l’Associazione Vanghano Va Infulene
che, ormai da diversi anni, lavora nell’Ospedale psichiatrico creando possibilità
di reintroduzione lavorativa dei degenti ed attività ludiche di sollievo.
6) Incontri diretti con la popolazione affetta da disturbi mentali. Ho avuto incontri
sia con alcuni degenti dell’Ospedale Psichiatrico che con malati residenti in
alcuni quartieri periferici. Ho rivolto alcune domande anche alle famiglie di
malati incontrati grazie all’attività dell’Associazione Vanghano Va Infulene le cui
attività si sviluppano sia internamente che esternamente alla struttura
psichiatrica.
7) Ho partecipato alla giornata conclusiva di un ciclo di incontri formativi svolto
dall’Associazione Vanghano Va Infulene. Finanziate del progetto dell’ONG
italiana CIES, si sono svolte attività di sensibilizzazione e formazione sul tema
11