6
1. Quadri di riferimento teorico-interpretativi
Lo studio di fenomeni complessi come quelli genericamente
definibili come devianza e disagio sociale, riferiti ad una particolare
realtà organizzativa ed anche geografica, necessita di un approccio
multidisciplinare che sia campo di convergenza di differenti
conoscenze della sociologia generale, della sociologia del lavoro,
delle scienze ergonomiche, della sociologia dell’organizzazione e
della psicologia sociale.
Questa impostazione può contribuire all’analisi dei fattori che
giocano un ruolo importante nella dinamica sempre multifattoriale
che compromette l’equilibrio psichico di un individuo.
1.1 Il contributo fondamentale della sociologia
generale
Nella nostra società termini come devianza e disagio stanno
generalmente ad indicare problemi di comportamento individuale. Il
“Devoto-Oli”, infatti, definisce la devianza come “insuperabile
difficoltà di adattarsi alle fondamentali norme etiche o
comportamentali della società o del gruppo di appartenenza” ed il
disagio come “condizione o situazione sgradevole per motivi morali,
economici, di salute”. Per il pensiero comune occidentale, coloro
che si comportano in modo bizzarro (illogico, incongruo) vengono
considerati normalmente malati e la loro irrazionalità viene attribuita
ad una vera e propria malattia, circoscritta, come ogni altra infermità,
all’interno della pelle e perciò di competenza della medicina [Cirillo,
1990].
7
La sociologia si è spesso occupata di questi problemi. Ad
esempio, secondo il sociologo americano Parsons, che ha
profondamente influenzato le teorie sociologiche moderne, il
processo di socializzazione è il mezzo essenziale per il mantenimento
della coesione sociale, tanto che la devianza nasce essenzialmente da
una socializzazione non riuscita, e l’uomo ideale di Parsons è un
uomo ultrasocializzato, anche se diversità genetiche e situazionali
non consentono di riprodurre personalità perfettamente uniformi
[Ribolzi, 1993].
Per Parsons, l’integrazione rappresenta il completamento della
personalità e non la sua cancellazione: valori e norme non restano
esterni all’individuo ma, una volta interiorizzati, entrano a costituirlo.
L’impostazione più recente che segue il modello sistemico e
costruttivista [De Leo G. e Patrizi P., 1992] descrive, invece, il
significato di devianza e disagio come “costruzioni”, e non come
dati oggettivi.
Si tratterebbe, in quest’ottica di forme particolari identificate ed
utilizzate nella società per distinguere i comportamenti individuali
accettabili da quelli non accettabili, quelli conformi da quelli non
conformi. Si tratta di forme delle costruzioni sociali dei
comportamenti individuali. Esse si realizzano nella comunicazione:
l’azione di un soggetto viene costruita come deviante o come
sintomo di disagio attraverso la comprensione della responsabilità di
colui che ha agito e dell’informazione prodotta attraverso l’azione.
Questo approccio non rinuncia all’idea che ci sia qualcosa di “reale”
nella devianza e nel disagio (un atto deviante viene commesso
realmente, così come reale è manifestare un sintomo di disagio; non
si tratta cioè del mero prodotto di definizioni sociali), tuttavia,
l’azione deviante ed il sintomo di disagio esistono socialmente
soltanto se vengono narrati nella comunicazione: la devianza è
8
costruita attraverso denunce e confessioni, il disagio è costruito
attraverso la narrazione del sintomo, nel contesto sociale quotidiano
e nelle sedute terapeutiche [Baraldi, 1994]. Nel caso opposto, se
nessuno racconta che è stato commesso un delitto, questo delitto
non esiste socialmente, e se nessuno osserva un comportamento
come sintomo di disagio, questo sintomo non esiste socialmente.
La conformità e l’agio vengono generalmente considerati fatti
normali; anomali sono la devianza e il disagio. Le forme semantiche
“devianza” e “disagio” definiscono il significato narrativo dei
comportamenti, indicandoli come anomali. L’anomalia viene
associata alle responsabilità individuali dei comportamenti, che sono
considerati intenzionali nel caso di devianza e non intenzionali nel
caso di disagio.
Queste idee possono essere inserite in una concezione
cibernetica, evolutiva e complessa del funzionamento della psiche
dell’uomo e dei sistemi di comunicazione; l’attenzione al problema
dell’informazione e della comunicazione nei sistemi e fra i sistemi; la
focalizzazione della circolarità ricorsiva che organizza le relazioni
individuo-sistema, costituiscono gli aspetti più rappresentativi di
questo approccio sistemico.
Poiché il mondo si pone come infinita complessità, è impossibile
orientarsi in esso senza una riduzione della complessità [Luhmann e
De Giorgi, 1992].
La riduzione della complessità non è un problema meramente
teorico, ma è anche un problema pratico [Izzo, 1991]. Per
sopravvivere l’uomo è costretto a ridurre la complessità. Secondo
l’autore, le attuali società presentano un grado di complessità
superiore alle precedenti, la complessità crescerebbe in generale nel
corso dello sviluppo umano.
9
In altri termini, è la società nella sua totalità a diventare, con
l’evoluzione, più complessa, e proprio questa maggiore complessità
implica la formazione di sistemi differenziati al suo interno.
Il discorso sulla differenziazione conduce Luhmann a distinguere
all’interno del sistema della società moderna alcuni fondamentali
sottosistemi che svolgono funzioni specifiche. Essi sono costituiti
dall’economia, dalla famiglia, dalla scienza, dalla politica, etc.
Alcuni di questi sono dotati di un particolare mezzo di
comunicazione. Il mezzo di comunicazione dell’economia è il
denaro, mentre nella famiglia si comunica in termini di amore.
Quanto alla scienza, il suo mezzo di comunicazione è la verità. Infine
la politica ha come mezzo di comunicazione il potere.
Questi “mezzi di comunicazione generalizzati simbolicamente”
sono strutture particolari che assicurano probabilità di successo alla
comunicazione, poiché trasformano in probabile il fatto improbabile
che una selezione di Alter venga accettata da Ego [Baraldi, Corsi,
Esposito, 1990]. Poiché i partner della comunicazione sono in una
relazione di “doppia contingenza”, è sempre possibile da parte di
entrambi rifiutare la comunicazione. Il rifiuto diventa probabile
quando i partner non si conoscono, il contenuto della selezione è
implausibile, l’attribuzione delle selezioni diventa problematica. In tali
casi, è necessario collegare la motivazione alla selezione, senza che
tale collegamento possa essere dato per scontato. I mezzi di
comunicazione generalizzati simbolicamente si formano proprio per
affrontare il problema della motivazione ad accettare selezioni
altamente improbabili.
Il successo della comunicazione è dato dal fatto che Ego accetta
la selezione (comunicazione) di Alter e la utilizza come base per
proprie ulteriori selezioni. Ego è motivato ad accettare la selezione di
Alter dal fatto stesso che esiste il mezzo di comunicazione che la
10
regola. I problemi individuali sono prevalentemente problemi
motivazionali che devono dunque essere collegati alla partecipazione
in tali sistemi e all’accettazione della comunicazione che vi si
realizza.
La teoria sistemica ha anche cercato di reinserire il
comportamento problematico, dalla devianza psichiatrica alla
tossicomania, all’interno del contesto in cui si esprime e di cui è in
qualche misura espressione.
Non più attributo del singolo, della sua mente o di patologie
organiche, il comportamento “negativo” viene riletto come
comportamento significato e significante se riferito a un sistema
sociale.
Spiegare il comportamento sintomatico significa allora allargare
l’attenzione al contesto e ricercare le ridondanze [Bateson 1972],
ossia i rinvii significativi che legano quel comportamento al sistema
sociale nel quale si esprime.
Un’ipotesi - applicata sia in campo psichiatrico che alla
tossicodipendenza - è che il disagio del singolo sia funzionale al
mantenimento dell’equilibrio in sistemi incapaci, in una determinata
fase del ciclo vitale, di mantenere un livello organizzativo nutrendosi
dei cambiamenti esterni e della crescita dei suoi membri.
Il comportamento sintomatico svolgerebbe la doppia, paradossale
funzione di mantenimento dello stato stazionario rigido e di
comunicazione verso l’esterno dell’arresto evolutivo del sistema.
Il sintomo si configurerebbe così come strumento
dell’autoreferenzialità del sistema, filtrando le perturbazioni esterne e
rigenerandole nel disagio.
Queste osservazioni ci permettono di considerare alcune
dimensioni particolarmente valorizzate dall’approccio sistemico.
Intanto, la comunicazione.
11
Per Bateson e gli studiosi di Palo Alto [Watzlawick, Beavin e
Jackson, 1967] la comunicazione rappresenta il modo di costruire
l’informazione, la trasformazione dell’informazione in messaggio
rispetto agli effetti che il sistema anticipa. Nella versione più recente
della teoria sistemica [Luhmann, 1990], la comunicazione è
composta dall’unità di emissione, informazione e comprensione della
differenza tra emissione e informazione.
Quello che l’approccio sistemico ha evidenziato è che esiste un
cambiamento di codici fra l’emissione del messaggio e la sua
comprensione, che rinvia alle necessità organizzative dei soggetti
comunicanti ed alla costruzione sociale nella comunicazione.
La stessa organizzazione del contesto, all’interno del quale
avviene la comunicazione, struttura e significa il messaggio. La
comunicazione viene così ad essere definita dalle esigenze
organizzazionali dei sistemi sociali.
Così, anche la comunicazione problematica non può che essere
compresa all’interno del sistema in cui è prodotta.
Per Bateson (1972, pp. 236-243), il comportamento disturbato
sarebbe allora da vedere come una risposta adeguata da parte di un
soggetto che sia o sia stato implicato in interazioni che deviano dalla
normalità, ipotizzando, accanto a fattori genetici, anche fattori
etiologici di origine interpersonale.
Un’altra questione che definisce il modo sistemico di avvicinare la
realtà e le realtà problematiche è quella della chiusura operazionale
dei sistemi.
Luhmann parla di autoreferenzialità per indicare i processi che
permettono al sistema di muoversi in un ambiente che cambia,
evolve, produce disordine e di nutrirsi evolutivamente della
complessità crescente, mantenendo livelli di organizzazione interna.
12
Un’operazione circolare complessa che permette al sistema di
auto-riprodursi, mantenendo un’unità organizzazionale negli scambi
di complessità con l’esterno.
Si tratta di una questione che impone di considerare come e
attraverso quali processi la chiusura operazionale dei sistemi viventi
possa produrre anche una impermeabilizzazione dei confini,
determinando blocchi evolutivi e irrigidimenti patologici dell’identità.
Nella sua teoria, N.Luhmann [Luhmann 1990] definisce, per
quanto ci riguarda, le differenziazioni, il confine e le interconnessioni
fra sistemi sociali e sistemi psichici.
I sistemi sociali, che rappresentano l’oggetto centrale dell’analisi
di Luhmann, si costituiscono non attraverso gli individui, bensì sulle
necessità strutturali delle comunicazioni.
La comunicazione è alla base dei processi che formano,
mantengono e modificano i sistemi sociali; l’azione può essere
considerata una modalità di osservare la comunicazione come
imputazione (ossia l’attribuzione di specifiche azioni a soggetti
riconoscibili).
I sistemi psichici, invece, si basano, secondo lo studioso tedesco,
sulla necessità strutturale autopoietica della coscienza individuale,
concepita come autonoma rispetto alla comunicazione.
Luhmann introduce inoltre un importante meccanismo di relazione
intersistema, che definisce “interpenetrazione”, con il quale designa il
modo attraverso cui si costituiscono i rapporti tra sistemi che sono
l’uno nell’ambiente dell’altro.
Nel caso qui citato, ad esempio, i sistemi psichici rappresentano
un ambiente per i sistemi sociali, e viceversa. Tuttavia, vi è
interpenetrazione fra i due livelli sistemici, tale per cui <<entrambi si
rendono vicendevolmente possibili in quanto ciascuno di essi
immette nell’altro la propria complessità interna precostituita>>
13
[Luhmann 1990, 354]. Il che produce conseguenze fondamentali:
ognuno dei due livelli sistemici retroagisce sull’altro rifornendolo di
<<sufficiente disordine>>, ma contribuendo anche alla formazione
della struttura dei confini e della <<costituzione selettiva>>.
Questo rafforzamento delle dipendenze reciproche, sostiene
Luhmann, rende possibili maggiori gradi di libertà, <<e precisamente
libertà di condizionare diversamente la selezione. La determinazione
dell’agire ha dunque normalmente fonti diverse, fonti psichiche e
sociali. Ne consegue che la stabilità (=prevedibilità) delle azioni di un
determinato tipo è il risultato di un gioco combinatorio, di un mixed
motive game>> [Luhmann 1990, 355].
Questo percorso relativo all’analisi di alcuni contributi teorici
proposti dalla sociologia generale, consente di tracciare le linee
guida che costituiranno la base della ricerca empirica che sarà
affrontata.
Utilizzando il modello sistemico e costruttivista, sarà possibile
studiare i dati che saranno raccolti dalle interviste e, nella stessa
ottica si cercherà di ricavare una interpretazione adeguata.
Prima però di procedere, è necessario passare da un ambito
generale ad alcuni ambiti specifici, quali la famiglia, gli amici,
l’organizzazione del lavoro, il lavoro e la carriera, per capire a quali
possibili cause possono legarsi i comportamenti problematici di
soggetti inseriti in un’organizzazione complessa.
1.2 I problemi della famiglia moderna
Come vedremo, molti dei casi seguiti dal Servizio Sociale
dell’organizzazione da noi considerata presentano problematiche
14
legate al nucleo familiare. I problemi familiari sono quindi centrali
nella definizione dei problemi dei casi in esame.
E’ importante inquadrare ed analizzare le descrizioni delle famiglie
desunte dalle schede dei casi rilevati e dalle interviste al fine di
distinguere famiglie “normali” e problematiche all’interno delle
famiglie moderne.
1.2.1 Famiglie moderne e famiglie problematiche
Tra le varie possibilità di analizzare la famiglia in una prospettiva
sociologica, viene qui scelta quella che la analizza a partire dalle
forme di comunicazione che vi si producono [Baraldi, 1994].
Questa scelta riflette l’importanza data alla comunicazione,
ritenuta fondamentale per descrivere la realtà sociale [Luhmann e De
Giorgi, 1992], la produzione di cultura che in essa avviene e la
socializzazione degli individui che ne consegue [Baraldi, 1992].
La famiglia di oggi è un prodotto della società moderna. Prima del
XVII secolo, la famiglia che oggi definiremmo nucleare era
incorporata in strutture più ampie di parentela e, di conseguenza, era
priva di una forma propria di comunicazione. Essa era, inoltre,
caratterizzata primariamente da strutture di obblighi tra i membri che
riproducevano quelle della comunità più vasta. A partire dal XVII
secolo, la trasformazione generale della società [Luhmann e De
Giorgi, 1992] ha prodotto cambiamenti rilevanti anche per la
famiglia, ponendo la questione relativa alla sua coesione interna.
Questi mutamenti si riflettono nella rappresentazione di una
comunità di vita fondata sul matrimonio per amore; una comunità di
vita che, ciononostante, è durevole, legata in modo personale e
15
intimo, e nella quale l’individuo può trovare comprensione e
sostegno per la sua concreta peculiarità.
L’amore è diventato la base per la comunicazione tra i coniugi,
autonomizzandola rispetto all’ambiente sociale. La famiglia moderna
può quindi essere considerata un sistema sociale definito e
delimitato dall’amore, e che, attraverso l’amore, include le persone
dei partecipanti alla comunicazione [Baraldi, 1994]. “Amore” viene
qui inteso come una forma intensa ed emotivamente vincolante della
comunicazione interpersonale: la comunicazione considera i
partecipanti come persone uniche e specifiche alle quali viene
attribuita un’importanza primaria.
Chi ama agisce in conseguenza dell’esperienza del partner, poiché
considera tale esperienza (e quindi la persona del partner) come
primaria per se stesso.
L’amore orienta la comunicazione alla significatività reciproca dei
partecipanti come persone capaci di esprimere la loro unicità. Chi
agisce esprime ciò è che per lui/lei significativo nella comunicazione,
nulla di ciò che è rilevante per un partecipante può essere escluso
dalla comunicazione [Luhmann 1988]: questo fatto può essere
definito intimità.
L’amore è quindi la forma primaria della comunicazione
interpersonale intima: i partecipanti sono considerati persone dotate
di aspettative uniche e specifiche che sono in grado di esprimere
nella comunicazione.
Un aspetto centrale nell’amore è la reciprocità: ogni persona è
trattata come assolutamente rilevante da ogni altra. Ogni partecipante
alla comunicazione vale come persona, e l’uno vale perché vale
l’altro.
L’autoconferma richiede la costruzione del mondo dell’altro come
prospettiva privilegiata, quindi la conferma dell’altro.
16
Per poter confermare se stesso, ogni partecipante deve
confermare l’altro: aspettarsi come fondamentale l’auto-espressione
dell’altro.
Per queste sue caratteristiche, l’amore motiva i partners a
partecipare alla comunicazione e rende quindi probabile il successo
della comunicazione stessa. Ciascun partecipante è motivato perché
trova la conferma di se stesso nella prospettiva dell’altro: la
comunicazione costruisce un mondo nel quale ciascun partner è
rilevante per l’altro, nella sua unicità e specificità.
Queste caratteristiche non riguardano soltanto l’amore coniugale
(di coppia), ma si estendono anche all’amore genitoriale (tra genitori
e figli), sebbene vi siano consistenti differenze tra queste due forme
di amore. Il fatto cruciale è che comunque la persona (coniuge o
figlio/a) è amata quando viene confermata come persona, quando la
sua esperienza viene tematizzata come primaria per i partners
(coniuge, genitori o figli) e quando la comunicazione è intima.
La famiglia, fondandosi sull’amore, può includere tutti i
comportamenti (tutte le azioni e tutte le esperienze) dei partecipanti
come rilevanti per la comunicazione: in questo senso, essa è l’unico
sistema sociale che è in grado di includere e tematizzare come
rilevante l’intera persona degli individui.
L’amore è, però, spesso problematico e ciò può creare seri
problemi nelle famiglie, sia nei rapporti tra i coniugi che nei rapporti
tra genitori e figli, poiché i problemi dell’amore portano a problemi
dell’inclusione delle persone.
La crisi dell’amore sembra dipendere dalla necessità di autonomia
personale dei partners, autonomia che può essere minacciata
dall’eccesso di intimità e di vicinanza e che può portare al rifiuto
dell’amore.
17
L’amore ha una natura paradossale: per essere confermato come
unico, ciascun partner deve essere vincolato all’altro, e quindi il
primato dell’auto-espressione è vincolato al primato dell’espressione
dell’altro.
Questo paradosso può essere osservato sia dai coniugi che dai
figli (ad esempio, dagli adolescenti che si svincolano dalla famiglia).
Messo di fronte al paradosso, un individuo può desiderare
un’autonomia incondizionata, demotivarsi e abbandonare la
comunicazione, soprattutto se è stato socializzato in una famiglia
nella quale si è insistito sull’autonomia personale.
L’individuo può essere incapace di sopportare l’obbligo di
impegnarsi. La comunicazione tematizza necessariamente i motivi, le
intenzioni, i desideri, i bisogni, le responsabilità di chi vi partecipa;
un partecipante può sentirsi oppresso dal peso di questo impegno
all’auto-espressione e può trovare insopportabile doversi affidare al
partner per l’autoconferma.
Alla fine, la comunicazione intima può diventare insopportabile.
Questa crisi è tipica di famiglie moderne basate sull’amore e porta
a conflitti e/o a separazioni fra i coniugi, così come alla rottura del
legame tra genitori e figli.
1.2.2 Incompatibilità coniugali e devianze familiari
Occorre ora indagare su ciò che accade all’interno delle famiglie
problematiche, prendendo le mosse dalla comunicazione coniugale.
Si può partire dalla constatazione che in una famiglia “non c’è
soltanto amore”. Riguardando in linea di massima tutte le famiglie,
questo fatto non è di per sé un indicatore di problemi.
18
Due sono le forme di comunicazione che possono più
frequentemente combinarsi all’amore in famiglia.
Anzitutto, insieme all’amore sorge nella famiglia una forma del
Noi, intesa come unità della famiglia stessa: la comunicazione tra i
coniugi si orienta ad un’unità inscindibile e consensuale, ad un Noi
dello “stare insieme” che fissa i confini dell’intimità rispetto al non-
Noi esterno e che consente di considerare uguali e consenzienti i
partners.
Questa forma è in parte un retaggio della famiglia tradizionale,
nella quale l’unità del Noi e il consenso tra i partners erano valori
decisivi ed è in parte il prodotto dell’amore, che porta i coniugi a
considerarsi “una cosa sola”.
In secondo luogo, poiché in base all’amore si è affermato in
misura crescente nella famiglia un orientamento all’autonomia
personale dei partecipanti [Dizard e Gadlin, 1990, cit. in Baraldi
1994], è stata anche per essi creata la libertà di essere ognuno
diverso dall’altro.
La comunicazione familiare produce e stabilizza il riconoscimento
ed il rispetto delle differenze tra i partners, e questa produzione è
storicamente in aumento. Di conseguenza, le famiglie sono oggi
forme articolate di riconoscimento e rispetto per la differenza tra i
partners, ovvero forme di differenza e di confronto tra un Io ed un
Tu (che è un altro Io).
Così come l’amore, la forma del Noi e la forma della differenza
tra un Io ed un Tu sono strutture della comunicazione. Esse sono
strutture relazionali, poiché orientano la comunicazione
rispettivamente all’uguaglianza di motivi (o consenso) ed al
confronto tra motivi diversi (o conflitto relazionale).
19
La struttura relazionale del Noi, di origine più antica, crea
aspettative di legami tra i membri della famiglia intesi come parte di
un tutto, come membri di un insieme unitario e consensuale.
La struttura relazionale Io/Tu, sorta in tempi moderni, crea invece
aspettative di differenza e confronto tra i partners [Piazzi, 1989 e
1995].
Entrambe le strutture relazionali possono essere combinate
all’amore. La comunicazione familiare non si orienta solo
all’importanza delle persone dei partecipanti, bensì anche
all’importanza delle loro differenze oppure della loro uguaglianza di
motivi, intenzioni, punti di vista, opinioni.
Se la comunicazione produce un orientamento al Noi, le
differenze tra i partecipanti vengono annullate in un’unità consensuale
che li rende uguali. Se invece essa produce un orientamento alla loro
libera scelta, le differenze conducono a relazioni di confronto tra un
Io ed un Tu.
Sebbene questo discorso valga sia per l’amore coniugale che per
quello genitoriale, qui ci interessa approfondire in modo particolare il
primo.
Queste strutture relazionali si affermano perché possono essere
un sostegno per l’amore coniugale. Esse consentono di confermare
un partecipante attraverso l’altro (diverso o uguale), e quindi di
sostenere l’orientamento alla persona.
Una routine coniugale “di successo” sembra dunque doversi
basare sulla combinazione tra amore e strutture relazionali, come la
“negoziazione” tra soggetti o il mantenimento del consenso su
aspetti centrali del rapporto.
Queste strutture relazionali possono però prendere il sopravvento
sull’amore e creare problemi nella coppia; in tal caso, l’orientamento