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INTRODUZIONE
“Ieri ho alzato la voce... Oggi i pensieri più scuri...
E tutti attorno a sprecare parole... Che non sento
ma inghiotto.. Come il nero la luce... Il giorno che ti
cambia la vita passa e tu sei nulla di nuovo... Le
gambe sono come remi spezzati attaccate alla vita,
ti ricordano il suolo... Ma voi? Cose ne sapete voi?”
( La nostra buona stella – Ministri, 2013)
Raccontare la disabilità è ancora oggi un processo veramente difficile. Un
mondo con molti lati oscuri che in pochi riescono a capire e comprendere fino in fondo.
Questo lavoro nasce da una forte esperienza personale che mi ha portato durante questi
anni ad entrare a stretto contatto con i problemi che un disabile deve affrontare giorno
dopo giorno. Problemi dettati certo da una condizione “particolare”, ma dovuti
principalmente anche ad una società che non riesce ancora ad accettare completamente
la diversità e ad integrarla nel suo complesso tessuto di relazioni sociali. Il disabile,
giorno dopo giorno, trova davanti a sé una lunga serie d'ostacoli difficili o addirittura
impossibili da superare. La sua colpa è semplicemente quella di non essere considerato
del tutto normale, di avere quel tratto distintivo in più che lo separa da tutto il resto. Il
disabile diventa un gruppo, una categoria minoritaria, una forma estranea di normalità.
Quando si vive da vicino la disabilità ci si rende conto quanto essa non venga del
tutto compresa, quanto ogni aspetto della realtà e ogni nostro comportamento non faccia
altro che relegare il disabile ai margini della vita. Spesso certi atteggiamenti non sono
voluti, spesso non sono nemmeno sbagliati, ma il problema sta alla base di un mondo
che fa di tutto per escludere chi non giudica adeguato. Mio fratello si ammalò all'età di
sei anni, io ne avevo dieci. A quel punto ti si apre un mondo che è completamente
diverso da quello che avevi sempre vissuto. Si entra a stretto contatto con le difficoltà,
con la voglia di farcela. Si deve essere forti, per non essere schiacciati dai problemi, che
sono veramente tanti. Solo vivendo tutto questo da vicino, solo vedendo con i propri
occhi determinate cose si può capire quanto sia ancora difficile per un disabile vivere a
pieno la propria vita ed essere riconosciuto non per la sua sedia a rotelle, ma
semplicemente per quello che è, una persona.
Ma ci si deve anche rendere conto che non tutte le persone riescono ad entrare a
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stretto contatto con il mondo della disabilità. Non tutti possono capire certe difficoltà,
perché non tutti le vivono direttamente sulla propria pelle. Effettivamente a volte non ci
si rapporta con la persona disabile o si ha un approccio sbagliato proprio perché non si
sa veramente cosa fare. Semplicemente per la maggior parte delle persone la disabilità è
un qualcosa di estraneo, un qualcosa che non si può capire perché non si conosce. La si
vede spesso in giro, ma senza comprenderla davvero. Il discorso è simile a quello che
viene fatto per le culture straniere o diverse dalla nostra. Non possiamo mai giudicarle o
comprenderle appieno, per il semplice fatto che non le viviamo in prima persona e
partiamo da un'educazione e un modo di pensare diverso. Però possiamo provare a
capirle, grazie all'aiuto di qualcuno che cerca di raccontarcele: stabiliamo un primo
contatto, proviamo a capire, modifichiamo i nostri comportamenti, miglioriamo.
Abbiamo bisogno di un punto di incontro, un qualcuno che entri a contatto con il mondo
estraneo e che ce lo racconti per quello che è, dandoci tutti gli elementi che ci servono
per capirlo veramente. Sicuramente poi sta a noi fare i passi ulteriori e modificare il
nostro comportamento alla luce delle nuove conoscenze che abbiamo acquisito.
L'informazione è la sola a poter rappresentare questo punto di contatto della
società moderna, quello che mette in collegamento realtà diverse perché permette di
conoscerle più a fondo e di capirle per quello che sono. Il suo è un ruolo fondamentale
per darci la giusta chiave alla comprensione della società e ridurre la distanza che vi è
tra mondi apparentemente diversi e a volte inconciliabili. Vedere un disabile attraversare
la strada con la sua sedia a rotelle non vuol dire conoscere e capire la disabilità.
L'informazione ci permette di andare al di là del semplice contatto, ci da strumenti utili
per capire e studiare a fondo, per valutare il nostro comportamento e migliorarlo. Il
giornalista assume in questo modo un'importanza fondamentale, sta a lui scegliere il
modo in cui parlare di disabilità, le modalità con cui abbattere il muro che la separa dal
resto, sta a lui provare a dare alle persone con disabilità la forza per diventare parte
integrante della normalità. Il fascino della professione giornalistica sta proprio nella
forza incredibile di strumenti semplici come le notizie o l'informazione. Una sola
persona può dare conoscenza di un avvenimento o di un aspetto del mondo altrimenti
sconosciuto. Un potere immenso e dall'incredibile forza, di per sé affascinante ma anche
delicato e controverso, da usare nel miglior modo possibile. Soprattutto quando si parla
di aspetti delicati sta al giornalista trovare l'obiettività e l'imparzialità corretta per
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raccontare la sua notizia. E questo non è per niente facile. Il giornalista parte da una sua
visione del mondo che poi andrà imprescindibilmente ad influenzare il suo modo di
raccontarlo e la sua obiettività. Una notizia specifica sarà sempre la visione parziale di
un qualcosa che può essere raccontata in tantissimi altri modi.
Soprattutto quando si parla di temi o categorie delicate, come quella della
disabilità, la responsabilità del giornalista diventa esponenzialmente più alta. Non si
raccontano più solo dei fatti, ma delle persone con un forte bisogno di normalità. Il
giornalista è un membro attivo della società che descrive ed anch'egli avrà una sua
visione delle persone con disabilità. Il suo compito deve essere semplicemente quello di
conoscere, di interpretare la disabilità con la maggiore obiettività possibile, di
raccontarla al mondo e di includerla nel mondo. Il non capire porta spesso a giudicare
nel modo più sbagliato possibile e a costruirsi delle immagini della realtà che appaiono
giuste ma che giuste in realtà non sono. Giudichiamo e creiamo una realtà che ci appare
buona ma che invece è distorta. Sta al giornalista evitare queste distorsioni e riportarci
sulla retta via, capire la disabilità e darcene una visione corretta e lontana da giudizi e
concezioni sbagliate.
Questo lavoro vuole studiare il modo in cui i giornalisti raccontano la disabilità.
Partendo dall'ottica in cui la società vede e considera le persone con disabilità,
proveremo a capire, attraverso lo strumento della cronaca giornalistica, come il disabile
venga raccontato nel nostro Paese. Sottolineeremo innanzitutto i punti critici e gli errori,
le difficoltà e i problemi. Parleremo di pregiudizi e stereotipi e vedremo quanto spesso
essi influenzino le notizie distorcendone il significato. Osserveremo quali sono le
rappresentazioni sulla disabilità più utilizzate all'interno della società e come esse si
riflettano poi all'interno degli articoli di cronaca. Cercheremo in questo modo di studiare
una rappresentazione delle persone con disabilità libera da visioni distorte. Proveremo a
capire quanto i media possano influenzare la visione della società e quanto essi siano
fondamentali nell'integrazione e nell'esprimere nuovi punti di vista e quanto spesso non
svolgano a pieno questa funzione, limitandosi a dare al proprio pubblico la visione che
meglio lo identifica.
Per fare questo analizzeremo innanzitutto l'informazione e la sua influenza nei
confronti della società. Lungo tutto il primo capitolo studieremo la complessità del
processo di costruzione dell'informazione e del processo comunicativo, concentrandoci
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principalmente sui mass media e la comunicazione di massa. Studieremo a fondo
l'influenza che essi hanno sulle persone facendo riferimento alle più importanti teorie
sull'influenza dei media, dalla teoria ipodermica sino a quella dell'agenda-setting. Sulla
base di queste considerazioni racconteremo come i media svolgano un ruolo di
fondamentale importanze nella costruzione e nella spiegazione della realtà e quanto
spesso essi la deformino per esigenze di vario tipo. Introdurremo così anche i concetti di
stereotipo e pregiudizio, due tra le costruzioni di senso della realtà più utilizzate dai
media e due tra le più dannose, spesso utilizzate anche nei confronti delle persone
disabili.
Nel secondo capitolo si spiegheranno i concetti di handicap e disabilità e la loro
difficile definizione. Vedremo poi in che modo il disabile viene visto all'interno della
società, tra aspetti positivi ed altri negativi. Tracceremo un profilo storico della
disabilità per vedere come essa si è evoluta attraverso le più importanti epoche storiche,
sottolineando quanto, sin da tempi lontani, l'integrazione sia stata un fattore molto
complicato. Successivamente applicheremo i concetti di stereotipo e pregiudizio studiati
nel primo capitolo alla disabilità e vedremo quali sono le visioni più comuni delle
persone disabili all'interno della società. Studieremo poi il rapporto tra i media e la
disabilità, in che modo esso si sia evoluto e sviluppato nel tempo e quali siano, ad oggi,
le sue più importanti rappresentazioni nel mondo dei media.
Nell'ultimo capitolo partiremo dalle basi tracciate nei primi due per entrare nel
vivo dell'analisi. Attraverso Press-IN, uno strumento di rassegna stampa dedicato alla
disabilità, ho analizzato alcuni articoli pubblicati sui maggiori quotidiani nazionali e
locali e su alcuni portali online. Rifacendomi alle categorie descritte nel secondo
capitolo ho deciso di concentrare l'attenzione su due tra le rappresentazioni mediatiche
della disabilità più utilizzate: quella che fa riferimento alla persona disabile come
bisognosa di aiuto (“Mendicante”) e quella che lo vede come eroe e autore di imprese
sportive fuori dall'ordinario (“L'Eroe”). Verranno sottolineati aspetti positivi e negativi
di questi due modelli che verranno verificati direttamente sul campo tramite un analisi
del linguaggio utilizzato all'interno degli articoli. Scopriremo così quanta strada sia stata
fatta rispetto al passato, ma quanto ancora ci sia da lavorare per eliminare
completamente stereotipi ormai entrati da tempo nell'uso comune. Racconteremo,
infine, un altro aspetto del giornalismo sulla disabilità molto in voga negli ultimi anni,
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quello che fa riferimento al tema delle barriere architettoniche.
Quest'analisi non è e non vuole essere un documento esaustivo sulla disabilità
all'interno dei media. L'obiettivo è semplicemente quello di tracciare le linee guida per
un quadro di riferimento, provando a dare il là ad alcuni spunti di riflessione. In questa
tesi ho voluto far riferimento non solo alle teorie e agli studi presi in esame e presenti in
bibliografia ma anche al mio bagaglio di esperienza personale, frutto della mia
sensibilità e del mio modo di rapportarmi all'handicap e alla disabilità. Ho voluto
provare a trovare la strada di un giornalismo diverso, finalmente attento a temi di questo
tipo e pronto per tutelare tutti gli individui, lontano da stereotipi e pregiudizi e più
vicino alle persone, senza distinzione tra normalità e disabilità.
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CAPITOLO I
I mass media e la costruzione della realtà
“Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su
questo argomento posso illuminarla, io sono
un'autorità su come far pensare la gente. Ci sono i
giornali per esempio, sono proprietario di molti
giornali da New York a San Francisco.”
( Citizen Kane - Orson Welles, 1941)
1.1 La Complessità del processo comunicativo
Sono innumerevoli gli aspetti che entrano in gioco quando si parla di
comunicazione. Destinatario e mittente sono solitamente coloro che mettono in atto il
processo comunicativo. Ad essere in qualche modo trasmessa è di solito l'informazione
e diversi possono essere i mezzi con cui quest'informazione viene diffusa. Altrettanto
numerosi sono i fattori, interni ed esterni, che vanno a condizionare il processo
comunicativo. Ad essere centrale in questo processo, se si prende come punto di vista
l'informazione, è la relazione che si instaura tra mittente e destinatario, un interscambio
complesso e multiforme. L'informazione può essere considerata come un messaggio che
viene influenzato da chi lo invia e poi dal ricevente. Il messaggio non può quindi mai
essere univoco ma cambia a seconda di chi è coinvolto.
É proprio questo scambio di senso tra emittente e destinatario ad essere centrale
all'interno del processo comunicativo. Come osserva V olli
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“il destinatario del
messaggio si ritrova a ricostruire l'intenzione dell'emittente, a interpretare il messaggio,
a reagire ad esso e a rifiutarlo”. Emittente e destinatario portano avanti un'interazione
che sarà sempre imperfetta. Entrambi partono infatti da due “orizzonti di senso”
diversi
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. Nell'atto di ricevere un messaggio il destinatario dovrà codificare e
decodificare quanto ha ricevuto e lo farà tramite il proprio orizzonte di senso, la propria
1 Volli 2000, 5
2 Corte 2006, 4
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cultura. Nasce proprio qua l'aspetto più complesso della comunicazione. Chi invia e chi
riceve le informazioni lo fa solo attraverso il proprio personale punto di vista. La
comunicazione diventa quindi un continuo evolversi di messaggi diversi che vengono
interpretati in maniera altrettanto diversa dagli attori che partecipano al processo
comunicativo. Nascono in questo modo i problemi della comunicazione: al fascino di
uno scambio di informazioni così vario e polisemico si contrappone una lunga serie di
problemi comunicativi tra emittenti e destinatari, con messaggi spesso fraintesi e
compresi in un modo del tutto diverso da quanto ci si aspettasse.
Secondo l'origine latina, comunicare sta a significare proprio mettere in comune
qualcosa. Uno degli assiomi più famosi sull'atto comunicativo è quello dello studioso
Paul Watzlaiwick
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secondo cui “è impossibile non comunicare”. Anche rifiutare di
comunicare è comunque una forma vera e propria di comunicazione. Viviamo in un
mondo in cui lo scambio comunicativo tra soggetti è continuo anche in modi di cui non
ci rendiamo nemmeno conto. Basti pensare a tutti i modi in cui possono essere diffusi i
messaggi o alla cosiddetta “comunicazione non verbale”. L'uomo, dal canto suo, ha
sempre avuto un'intrinseca voglia di comunicare che si è sviluppata coi secoli in forme
sempre più numerose e altrettanto complesse. Comunicare è parte integrante della vita
di ogni individuo e la comunicazione stessa è diventata materia di studio di molti
studiosi e discipline, e le teorie che riguardano quest'aspetto importante della nostra vita
risultano complesse ma affascinanti. Queste diventano di particolare interesse quando si
parla di messaggi che vengono inviati a una moltitudine di persone, ovvero a quella che
viene definita la “massa”.
Sarà utile all'interno di questo lavoro definire gli aspetti più importanti della
comunicazione di massa: basti immaginare quanto la complessità del processo
comunicativo sia amplificata quando i messaggi sono rivolti ad un grande numero di
persone; quanto il mittente debba fare attenzione ad offrire una comunicazione che
possa essere chiara; quanto per ogni destinatario sia diversa la decodifica di un
messaggio; quanto, infine, questo messaggio possa in qualche modo influenzarne e
modificarne l'orizzonte di senso.
3 Watzlawick 1971, 3